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Articolo 67 Disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie

(R.D. 30 marzo 1942, n. 318)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Dispositivo dell'art. 67 Disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie

Ogni condomino può intervenire all'assemblea anche a mezzo di rappresentante, munito di delega scritta. Se i condomini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale.

Qualora un'unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell'assemblea, che è designato dai comproprietari interessati a norma dell'articolo 1106 del codice.

Nei casi di cui all'articolo 1117-bis del codice, quando i partecipanti sono complessivamente più di sessanta, ciascun condominio deve designare, con la maggioranza di cui all'articolo 1136, quinto comma, del codice, il proprio rappresentante all'assemblea per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condominii e per la nomina dell'amministratore. In mancanza, ciascun partecipante può chiedere che l'autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio. Qualora alcuni dei condominii interessati non abbiano nominato il proprio rappresentante, l'autorità giudiziaria provvede alla nomina su ricorso anche di uno solo dei rappresentanti già nominati, previa diffida a provvedervi entro un congruo termine. La diffida ed il ricorso all'autorità giudiziaria sono notificati al condominio cui si riferiscono in persona dell'amministratore o, in mancanza, a tutti i condomini.

Ogni limite o condizione al potere di rappresentanza si considera non apposto. Il rappresentante risponde con le regole del mandato e comunica tempestivamente all'amministratore di ciascun condominio l'ordine del giorno e le decisioni assunte dall'assemblea dei rappresentanti dei condominii. L'amministratore riferisce in assemblea.

All'amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione a qualunque assemblea.

L'usufruttuario di un piano o porzione di piano dell'edificio esercita il diritto di voto negli affari che attengono all'ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni.

Nelle altre deliberazioni, il diritto di voto spetta ai proprietari, salvi i casi in cui l'usufruttuario intenda avvalersi del diritto di cui all'articolo 1006 del codice ovvero si tratti di lavori od opere ai sensi degli articoli 985 e 986 del codice. In tutti questi casi l'avviso di convocazione deve essere comunicato sia all'usufruttuario sia al nudo proprietario.

Il nudo proprietario e l'usufruttuario rispondono solidalmente per il pagamento dei contributi dovuti all'amministrazione condominiale.

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Consulenze legali
relative all'articolo 67 Disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

L. G. chiede
giovedì 26/10/2023
“L'art. 67 delle disp. att. cc reccita: "Il rappresentante risponde con le regole del mandato e comunica tempestivamente all'amministratore di ciascun condominio l'ordine del giorno e le decisioni assunte dall'assemblea dei rappresentanti dei condominii. L'amministratore riferisce in assemblea.".

Supponiamo che l'amministratore del condominio (facente parte di un supercondominio) riceva la comunicazione, dal relativo rappresentante, dell"ordine del giorno di una assemblea del supercondominio.
Supponiamo che l'amministratore del condominio (facente parte di un supercondominio) convochi l'assemblea del proprio condominio per discutere ed esprimere pareri sui punti dell'ODG dell'assemblea del supercondominio.
Supponiamo che l'assemblea del condominio (facente parte di un supercondominio) esprima pareri su alcuni punti dell'ODG dell'assemblea del supercondominio e li comunichi al rappresentante.

Domanda:
Il rappresentante è vincolato, nella assemblea del supercondominio, dai pareri espressi dal condominio che egli rappresenta?”
Consulenza legale i 31/10/2023
L’art. 1711 del c.c. dispone come regola generale che il mandatario non può eccedere i limiti del mandato ricevuto. Applicando tale norma al caso prospettato, si deve necessariamente concludere che se l’assemblea del condominio ha conferito al suo rappresentante specifiche istruzioni su come eseguire il mandato ricevuto durante l’assemblea dei rappresentanti egli è obbligato ad attenersi a tali direttive.

Si possono però ipotizzare due ipotesi che giustificano l'iniziativa di discostarsi da parte dell’amministratore dalle istruzioni ricevute.
  • La prima ipotesi è che in realtà l’assemblea di condominio non abbia impartito delle istruzioni chiare e soprattutto vincolanti al proprio rappresentante: ma per capire se ciò è avvenuto nella realtà si dovrebbero esaminare i verbali della riunione condominiale in cui tale mandato è stato conferito.
  • La seconda ipotesi è rappresentata dal 2° co. dello stesso art. 1711 del c.c. Secondo, infatti, tale comma il mandatario resta autorizzato a discostarsi dalle istruzioni ricevute qualora siano emerse circostanze ignote al mandante le quali non possono essere a lui comunicate tempestivamente e che facciano ragionevolmente ritenere che egli avrebbe comunque dato la sua approvazione alla attività compiuta dal mandatario.
Il quesito non offre sufficienti elementi per capire se tale seconda ipotesi si sia effettivamente concretizzata: l’unica cosa che si può dire è che se essa si è realizzata nella realtà l’amministratore rappresentante avrebbe l’obbligo di convocare prontamente l’assemblea del suo condominio al fine di rendere edotti i proprietari mandanti di ciò che avvenuto e al fine di chiedere all'assemblea la ratifica del suo operato, ammesso e non concesso che l’assemblea ritenga opportuno rilasciargliela.

Se l’amministratore si è illegittimamente discostato dalle istruzioni ricevute dai suoi proprietari, ciò ai sensi del co. 11° e 12° dell’ art. 1129 del c.c. potrebbe costituire una grave irregolarità che ne giustificherebbe la revoca anche per via giudiziaria.
In teoria sarebbe possibile pensare anche ad una ipotetica richiesta risarcitoria da parte del condominio nei confronti del suo amministratore rappresentante, ma tale strada non è per nulla certo che possa considerarsi percorribile con frutto e comunque il quesito non offre sufficienti elementi per un approfondimento in tale direzione.


Aninimo chiede
venerdì 14/07/2023
“Buonasera.
Sono un condomino di un supercondominio.

L'art. 67 delle dsp.att.cc prevede che l'assemblea dei rappresentanti dei condominii possa riunirsi solo "per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condominii e per la nomina dell'amministratore.".

Ma cosa si intende per gestione ordinaria?
Quella effettuata dalla assemblea ordinaria obbligatoria di cui all'art. 1129 cc punto 10?

Le assemblee straordinarie (diverse da quella prevista dall'art. 1129 cc punto 10) sono di competenza dell'assemblea generale dei condomini e non dell'assemblea dei rappresentanti dei condominii?


Consulenza legale i 18/07/2023
Nel diritto, il concetto di gestione ordinaria e straordinaria non è sempre di facile individuazione. La giurisprudenza al fine di distinguere tra gestione ordinaria e straordinaria fa spesso ricorso al concetto di normalità e ricorrenza dell’atto di gestione e all’importo della spesa che deriva da tale atto (anche se questo non è l’unico criterio utilizzato). Rientrano, quindi, nella gestione ordinaria tutte quelle attività normali e ricorrenti durante l’anno necessarie per garantire il corretto funzionamento del condominio e dei servizi in essi ricompresi. Rientrano, invece, nella gestione straordinaria, tutte quelle attività che vengono eseguite una tantum e che comportano un notevole esborso di spesa (Cass.Civ.Sez.II, n.20136 del 17.08.17).

Facendo degli esempi pratici, ai fini dell’art. 67 disp. att. del c.c. possono rientrare nella gestione ordinaria di competenza dell'assemblea dei rappresentanti:
  • l’individuazione dell’istituto bancario presso cui accendere il conto corrente del super condominio (distinto da quello dei condomini che lo compongono);
  • la scelta della impresa di giardinaggio che dovrà curare la manutenzione del verde del giardino ricompreso tra due stabili;
  • l’approvazione del fondo spese necessario per la piccole riparazioni dei beni comuni supercondominiali (ad esempio, riparazione e manutenzione del cancello che dà sull’ ingresso carraio dell’ intero complesso).

Viceversa, rientrano nella gestione straordinaria tutti quegli interventi da effettuare una tantum, di grossa entità, come ad esempio il rifacimento di un impianto supercondominiale, il rifacimento della pavimentazione di una area parcheggio ecc. ecc. Per la gestione straordinaria rimane competente a decidere la assemblea del supercondominio e non la semplice assemblea dei rappresentanti.



R. F. chiede
mercoledì 05/07/2023
“se il condominio è formato da 18 proprietari quante deleghe posso avere?”
Consulenza legale i 07/07/2023
L’art 67 disp.att. del c.c. come principio generale prevede che il condomino possa intervenire in assemblea per mezzo di rappresentante munito di delega scritta.
Tale norma precisa subito dopo che ciascun delegato non può rappresentare più di 1/5 dei condomini e del valore proporzionale quando il condominio è composto da più di venti proprietari.

Nei condomini composti da un numero inferiore di proprietari tale limite per espressa disposizione di legge non trova applicazione e quindi il delegato può avere tutte le deleghe che desidera e anche in teoria accentrare su di sé la totalità dei millesimi divenendo quindi dal lato pratico l’unico partecipante fisico alla riunione condominiale. Questo è vero però se nel regolamento di condominio non vi sono norme derogatorie a quanto detto finora, le norme del regolamento infatti possano contenere del tutto legittimamente anche limiti più stringenti a quanto disposto dall’art. 67 disp. att. del c.c.



G. I. M. chiede
giovedì 04/05/2023
“Spett.le Studio,
essendo lo scrivente amministratore di un super condominio, ha rilevato che in dispregio dell'art. 67 disp. att. c.c. ogni amministratore ha fatto nominare, come rappresentante, l'amministratore di altro lotto, scambiandosi così gli incarichi.
Ciò premesso, ed essendo in contrasto con i suddetti, sono a richiedere:
1 se tale comportamento è corretto o si ritiene previsto;
2 se dopo la mia defenestrazione potrò agire nei confronti del condominio per l'irregolarità sopra descritta.”
Consulenza legale i 09/05/2023
Il comma 3° dell’art. 67 disp. att. del c.c. introduce il singolare istituto della assemblea dei rappresentanti per la gestione ordinaria dei servizi supercondominiali, prevista nel momento in cui i partecipanti al super condominio siano in numero maggiore di sessanta.
La norma è piuttosto avara di informazioni e sicuramente mal scritta: l’unica cosa che si può concludere dalla sua lettura con una relativa certezza è che non può essere eletto rappresentante con diritto di voto in tale assemblea uno degli amministratori dei singoli condomini che complessivamente vanno a comporre l’intero supercondominio. Il 5° co. dell’art. 67 disp. att. del c.c., dispone infatti che: "All'amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione a qualunque assemblea".
Al contrario, non vi è nessuna norma che vieti di eleggere quale rappresentante del condominio alla assemblea dei delegati un soggetto terzo, del tutto estraneo alla compagine condominiale rappresentata e non legato ad essa da rapporti professionali di sorta.

Il comportamento tenuto dagli amministratori dei singoli lotti da un punto di vista formale parrebbe quindi legittimo: il singolo rappresentante del condominio non ha alcun vincolo con lo stabile che rappresenta, in quanto egli non è né condominoamministratore del medesimo, ma di fatto è palesemente elusivo del divieto previsto dal già citato 5° comma dell’art. 67 disp. att. del c.c.
Attraverso un furto delle etichette infatti questi amministratori riescono ad avere diritto di voto in una assemblea in cui non avrebbero alcuna possibilità di partecipare, per non parlare del fatto che tale condotta potrebbe portare a pericolosi conflitti di interesse tra il condominio che si sta amministrando e il condominio che in quel momento si sta rappresentando nella assemblea dei rappresentanti.

Per questi motivi a parere di chi scrive ogni delibera della assemblea dei rappresentanti del supercondominio descritto nasce viziata e come tale potenzialmente annullabile per violazione dell’art 67 disp. att. del c.c., ma sotto questo aspetto i poteri di intervento dell’autore del quesito in qualità di amministratore del supercondominio sono piuttosto limitati.
Per giurisprudenza assolutamente costante e pacifica (basti qui solo citare le due SSUU n. 4806/2005 e n.9839/2021) ogni vizio della delibera assembleare inerente la violazione dell’art 67 disp. att. del c.c. è un mero vizio di annullabilità, e come tale può essere fatto valere solo dai condomini ed entro i termini previsti dall’ art. 1137 del c.c.: tale norma però non prevede in alcun modo la legittimazione dell’amministratore di condominio ad impugnare una delibera assembleare.
L’unico modo per far emergere tale anomalia quindi è quella di coinvolgere direttamente i proprietari e sperare che un condomino (o un gruppo di essi), diligente e responsabile si attivi in prima persona. In questo senso quindi potrebbe essere utile far ricorso ai propri poteri di convocazione della assemblea generale del super condominio previsti dall’art. 66 delle disp. att. c.c.

Vi è da dire inoltre che la giurisprudenza ha precisato come la assemblea dei delegati non possa procedere a revocare il mandato all’amministratore supercondominiale, in quanto questa è una prerogativa propria solo della assemblea del supercondominio e non della assemblea dei delegati.
"L’art. 67 disp, att. cod. civ. è norma di carattere eccezionale non applicabile al di fuori dei casi ivi previsti posto che costituisce un vistoso vulnus al principio di democrazia partecipata in seno al condominio che vede quali protagonisti unicamente i condomini e non soggetti delegati: i rappresentanti dei palazzi deliberano in merito alla gestione ordinaria delle cose comuni ed in merito alla nomina dell’amministratore di Super-condominio e nulla più. Non è dunque possibile ricomprendere tra le competenze dell’assemblea dei rappresentanti anche la revoca dell’amministratore di supercondominio, e ciò per il semplice fatto che non si è in presenza di una lacuna normativa ma di una precisa scelta del legislatore che ha menzionato tra le materie da demandare ai rappresentanti unicamente la gestione ordinaria delle cose comuni ed la nomina dell’amministratore di supercondominio e non anche la revoca di quest’ultimo. Spetta solamente all’assemblea ordinaria decidere in qualsiasi momento di sostituire l’amministratore (peraltro, senza necessità di giusta causa) purché a deliberarlo sia la maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà del valore millesimale del supercondominio, attribuendo ai rappresentanti di ogni condominio il diritto di statuire esclusivamente sulle questioni riguardanti la «gestione ordinaria delle parti comuni» e la «nomina dell’amministratore" (Trib. Milano, Sez.XIII, 30 agosto 2016 n. 9844).

Supponendo quindi che la defenestrazione ipotizzata nel quesito avvenga per opera di una delibera della assemblea dei delegati, facendosi forza della giurisprudenza citata se ne potrebbe sostenere la radicale nullità. Come è sicuramente noto a chi legge a differenza della mera annullabilità, la nullità di una delibera assembleare può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, e quindi, in questo caso, anche dall’amministratore revocato, e questo può essere fatto ben oltre i termini di 30 giorni previsti dall’art. 1137 del c.c.

A stretto rigore la nullità della delibera di revoca, inoltre, legittimerebbe l’attuale amministratore ad ignorarla e a considerarsi pienamente in carica (con tutti gli onori, ma anche con tutti gli oneri), fino a che la revoca non sia adottata dalla assemblea del supercondominio composta da tutti i proprietari partecipanti.
Ovviamente il vizio della nullità potrebbe anche essere speso in un ipotetico giudizio incardinato nei confronti dell’amministratore in carica che si rifiutasse di svolgere un eventuale passaggio di consegne con un nuovo professionista se prima non venga sostituito per mezzo di una regolare delibera assembleare.

Anonimo chiede
sabato 15/04/2023
“Questo Condominio è costituito da 33 unità abitative, e un solo soggetto è proprietario di 7 unità che rappresentano il valore mill. 220,35.
In forza dell'art. 67, comma 1, disp. att. c.c. risulterebbe obbligato a partecipare di persona alle riunioni di assemblea, atteso che per il citato valore non può essere rappresentato da altri. Si è formata giurisprudenza in senso diverso?
Resto in attesa del Vs parere legale. Distinti saluti.

Consulenza legale i 20/04/2023
Sicuramente il 1° comma dell’art. 67 delle disp. att. del c.c. non brilla per chiarezza e all’oggi la giurisprudenza reperita sull’argomento è piuttosto scarna, ma se si riflette con attenzione il problema manifestato nel quesito è facilmente superabile.
Se si analizza l’intera normativa condominiale, possiamo ricavarne un principio generale: tutte le maggioranze espresse hanno una doppia componente, vi deve essere infatti una maggioranza per teste, la quale deve essere portatrice di un determinato quorum millesimale. Se in assemblea non si concretizza la maggioranza per teste il valore millesimale perde qualsiasi importanza. Questo principio vale per tutte le norme che disciplinano il funzionamento della assemblea, compreso ovviamente l’art. 67 delle disp.att. del c.c.

Applichiamo tale principio ad un condominio composto da 10 unità abitative aventi ciascuno un numero di millesimi pari a 100. Sei di queste unità abitative appartengono al Signor Rossi il quale è portatore di 600 millesimi complessivi, le altre quattro sono di proprietà dei Signori: “Giallo”, “Verde”, “Bianco” e “Rosa” portatori di 100 millesimi ciascuno.
In una situazione di questo tipo il Signor Rossi non potrà mai averla vinta in assemblea, nonostante la sua evidente maggioranza millesimale, se gli altri quattro condomini voteranno compatti e contrari contro di lui, in quanto, nonostante il suo peso millesimale, egli non otterrà mai una maggioranza per teste.

Lo stesso principio deve applicarsi nel momento in cui si devono conteggiare le deleghe ai fini dell’art. 67 disp. att. del c.c. Tale norma al primo comma recita: "Se i condomini sono più di venti il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini (teste n.d.r.) e del valore proporzionale (millesimi n.d.r.)".
Anche qui come è facile notare si ha una doppia componente per teste e millesimi, ma ai fini del conteggio delle teste colui che è portatore da solo di un valore millesimale superiore ad un quinto, vale sempre come una testa, e poco importa di quanti millesimi egli sia portatore: in questo senso è molto chiaro ad esempio il Tribunale di Verona con la sentenza del 15.10.2019, proprio in merito alla applicabilità dei limiti di cui all’art. 67 disp. att. del c.c. in un caso simile a quello prospettato. Questa tra l’altro a ben pensare è una interpretazione corretta anche perché se non fosse così si negherebbe a colui che è proprietario di più appartamenti di farsi rappresentare da terzi in assemblea.

Per tale motivo colui che è portatore di 220 millesimi può tranquillamente concedere delega ad un terzo soggetto sia esso un condomino od un soggetto esterno in condominio perchè egli vale sempre uno nel computo delle teste. Inoltre, considerando che il condominio è composto da 33 proprietari, il delegato a sua volta non potrà essere portatore di un numero di deleghe non superiore a 6 (33/5= 6,6), al di là del valore millesimale di cui ciascuna delega è portatrice.


A. M. chiede
sabato 17/12/2022 - Campania
“Vivo in un condominio costituito da 8 condomini. Quante deleghe può avere un condomino secondo la normativa vigente?”
Consulenza legale i 20/12/2022
L’art. 67 delle disp. att. del codice civile, stabilisce la possibilità per ciascun condomino di partecipare all’assemblea anche rappresentato da un delegato purché munito di delega scritta.
Nei Condominii con più di venti partecipanti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale.
Il limite quindi andrà calcolato su un duplice dato: il numero dei condomini e i millesimi di proprietà.
Ne deriva, a contrario, che nei Condominii con meno di venti partecipanti non ci è alcuna limitazione al numero di deleghe che possono essere rilasciate al rappresentante, salvo eventuali divieti specifici contenuti nel regolamento condominiale.
Nel caso trattato, quindi, non ci sono limitazioni al numero di deleghe che possono essere rilasciate al singolo condomino.

V. C. chiede
martedì 25/10/2022 - Calabria
“Spett.le Brocardi.it,
amministro da circa un anno un complesso residenziale costituito da tre fabbricati con 45 appartamenti ciascuno e da due fabbricati con 12 appartamenti ciascuno. I cinque fabbricati sono strutturalmente e catastalmente autonomi e il numero complessivo dei condomini è di 160 unità.
Il complesso ha ampi spazi comuni destinati a verde e parcheggio, un pozzo d’acqua potabile che alimenta tutti gli appartamenti e un dipendente assunto a tempo indeterminato.
Il complesso ha un regolamento condominiale approvato dall’assemblea nel 1987.
Tutti gli Amministratori che si sono succeduti hanno ripartito tutte le spese utilizzando la sola tabella di proprietà generale.
Nella prima assemblea tenuta dal sottoscritto ho fatto presente le novità normative introdotte dalla nuova riforma del condominio Legge 220/2012.
A seguito di ciò, circa la meta dei condomini, attraverso il supporto di un legale, chiede che il condominio continui ad essere gestito come nei precedenti anni, l’altra metà chiede che vengano costituiti i condomini di palazzina per la nomina dei rispettivi delegati, l’amministratore di palazzina e di tutto quanto previsto dalla nuova normativa.
Per quanto sopra si chiede di avere una risposta chiara e motivata al seguente quesito:

Devo continuare a gestire il condominio allo stesso modo dei precedenti amministratori oppure ho il dovere di convocare le assemblee dei singoli fabbricati per la nomina dei delegati di palazzina, l’amministratore di palazzina e gestire le parti comuni come stabilito dall’art. 67 disp. Att. Cod, Civ.

Grazie

Distinti saluti”
Consulenza legale i 31/10/2022
La risposta ai suoi dubbi ci viene senza dubbio data da Cass. Civ.,Sez.II, n. 1344 del 19.01.2018, la quale ribadendo un orientamento assolutamente costante in giurisprudenza ci dice: "al pari del condominio negli edifici, regolato dagli artt. 1117 e segg. cod.civ., anche il c.d. supercondominio, viene in essere ipso iure et facto (di fatto n.d.r), se il titolo non dispone altrimenti, senza bisogno d’apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni e tanto meno d’ approvazioni assembleari, sol che singoli edifici, costituiti in altrettanti condomini, abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati, attraverso la relazione di accessorio e principale, con gli edifici medesimi".

Sulla base della sua descrizione, possiamo dire che il complesso che Lei è chiamato ad amministrare è sicuramente un supercondominio in quanto abbiamo diversi corpi di fabbrica, i quali di per sé sono dei condomini autonomi l’uno con gli altri, che però hanno in comune alcuni beni, impianti e servizi.
Applicando la giurisprudenza sopra richiamata, assolutamente granitica sul punto - lo si ribadisce - , il complesso doveva essere amministrato come un supercondominio fin dal momento in cui è sorto, indipendentemente dalla volontà dei proprietari o da una delibera condominiale che lo costituisse: in questo senso è assolutamente irrilevante l’entrata in vigore della L. 220/2012.

La riforma del diritto condominiale non fa altro che recepire e normare alcuni aspetti del supercondominio: si fa riferimento ovviamente anche al 3° co. dell’art. 67 disp. att. del c.c., che sicuramente in un complesso di tali dimensioni deve trovare piena applicazione, nonostante che, a parere di chi scrive, una norma del genere crei più problemi di quanto non ne risolva soprattutto per complessi con un numero elevato di proprietari.

Detto ciò, anche applicando la normativa antecedente alla entrata in vigore della L. 220/2012 e la giurisprudenza sviluppatasi fino ad allora, in teoria nel complesso si sarebbero dovuti costituire tanti condomini quanti sono i corpi di fabbrica, ciascuno con i propri organi assembleari ed amministrativi, ed un supercondominio, chiamato ad amministrare i beni e i servizi comuni a tutti i palazzi. Ovviamente per la suddivisione delle spese riguardanti la manutenzione dei beni e servizi super condominiali dovrebbe esistere (si spera), stante la importanza del complesso edile una tabella dei millesimi generali riferibile al supercondominio. Nella malaugurata ipotesi che tale tabella non fosse reperibile, sarebbe opportuno commissionare un professionista per redigerla.


SANDRO A. chiede
mercoledì 08/09/2021 - Lazio
“Multiproprietà di 90 appartamenti ciascuno, proprietà di 9 diversi proprietari, pertanto 810 multiproprietà. Due regolamenti, uno per il condominio (parti comuni) ed altro per le proprietà appartamenti. Il nuovo amministratore per il conferimento deleghe nella assemblea condominiale oppure per la nomina dei rappresentanti di appartamento o per la delega ad amministratore delle comunioni, richiede oltre la delega firmata dal multiproprietario anche il suo documento d'identità. Cosa che complica le registrazioni...mai richiesto in 40 anni ne richiesto dai regolamenti in uso peraltro mai cambiati. Può annullare deleghe se prive di documenti del delegante anche se conferite a multiproprietario?

Consulenza legale i 15/09/2021
L’art 67 disp.att. del c.c. dispone come unico requisito per la validità della delega che essa sia rilasciata per iscritto. Il rappresentante delle singole multiproprietà deve essere nominato nei modi previsti dagli artt. 1105 e 1106 del c.c., ovvero con una decisione assembleare dei multiproprietari adottata dalla maggioranza calcolata secondo il valore delle loro rispettive quote, e quindi anche nei rapporti tra i singoli multiproprietari è implicito che vi sia la forma scritta nel conferimento della delega.

Affinché tale requisito possa considerarsi rispettato è sufficiente che il delegante sottoscriva un semplice documento in cui vi siano contenute queste semplici righe:
"Io sottoscritto… delego…. affinchè mi rappresenti alla riunione condominiale che si terrà il giorno… in prima convocazione e il giorno… in seconda convocazione approvando fin d’ora il suo operato.”
La legge non prevede nessun ulteriore requisito, tanto meno l’allegazione del documento d'identità del delegante.
L’ obbligo di allegazione di un documento d'identità a pena di invalidità viene previsto dal D.P.R. n.445/00 nel solo caso in cui si rilasci una autocertificazione di atto notorio, con il quale il soggetto dichiarante si auto attribuisca il possesso di determinati status e qualità, ma tale documento viene solitamente utilizzato nei rapporti con la pubblica amministrazione e non è certamente previsto nella normativa attinente allacomunione, alla multiproprietà o al condominio.

Allegare il documento d'identità a ulteriore garanzia della genuinità della firma apposta sul documento di delega non è sicuramente una prassi sbagliata da parte dell’amministratore, ma la sua mancata allegazione non si deve tradurre in un impedimento alla validità del documento stesso o una scusa per contestare l’operato del delegato durante la riunione.

Per tale motivo se il Presidente della assemblea di condominiosu sollecitazione errata dell’amministratore ritenesse non valida una delega non munita di documento di riconoscimento del delegante, compirebbe una grave irregolarità che potrebbe giustificare l’impugnazione della delibera assembleare nei termini e nei modi di cui all’art.1137 del c.c.


A. SANDRO chiede
mercoledì 25/08/2021 - Lazio
“Sono un multiproprietario di un residence di 90 appartamenti condivisi ciascuno da 9 multiproprietari, pertanto 810 multiproprietari. Due contabilità diverse, una per il condominio (reception, sala attesa, giardini, piscina, lavanderia..), altra contabilità per le singole multiproprietà. Gestite entrambe da un unico amministratore.
Può l'amministratore rappresentare e votare nella assemblea annuale del condominio di approvazione bilanci complessivi anche se distinti sia del condominio che delle singole proprietà, deleghe dei MP non presenti o che non abbiano data specifica delega a lui amministratore ? Preciso che nel regolamento delle comunioni (fatto dal costruttore più di 30 anni fa) gli sarebbe consentito. Ma è ammissibile che un amministratore si approvi da solo i bilanci ? Grazie della risposta.”
Consulenza legale i 02/09/2021
Il regolamento della multiproprietà inevitabilmente è antecedente alla riforma del condominio e le sue disposizioni in materia di delega in assemblea devono considerarsi superate, almeno in parte.

Prima della novella del 2012, infatti, era assolutamente lecito e prassi assolutamente diffusa dare delega all’amministratore affinché votasse in nome e per conto del proprietario delegante. Inoltre, era ben possibile che l’amministratore per mezzo della delega accentrasse su di sé la totalità dei millesimi dei componenti il condominio, di fatto auto approvandosi il bilancio. La normativa ante riforma, infatti, non prevedeva alcun limite di teste e millesimi alla raccolta delle deleghe e un unico soggetto poteva trovarsi portatore del consenso della totalità dei condomini; l’unico limite a ciò era rappresentato da specifiche disposizioni nei regolamenti di condominio che comunque non erano sempre presenti, come in questo caso.

Il nuovo art. 67 disp. att. del c.c. mantiene la possibilità che si possa intervenire alla assemblea di condominio per mezzo di delega scritta, ma qualora i proprietari siano più di venti il singolo delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale, accentrando su di se non più di 200 millesimi. La riforma del 2012 introduce, inoltre, il divieto assoluto di conferire deleghe all’amministratore: il 5° co. dell’articolo in commento dispone che "all'amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione a qualunque assemblea". Per la validità della delega, inoltre, è necessario a pena di nullità la forma scritta.

Per espressa disposizione del successivo art. 73 disp. att. del c.c., quanto disposto in materia di delega non può essere derogato dai regolamenti di condominio o comunque da accordi presi dalla unanimità dei proprietari, e quindi le norme del regolamento vigenti nella multiproprietà descritta nel quesito devono considerarsi superate dalle disposizioni di legge sopravvenute e quindi non più in vigore.

Alla luce del nuovo art 67 disp. att. del c.c. è opportuno che ciascuna delle 90 multiproprietà elegga tra i suoi 9 partecipanti un rappresentante comune, il quale sarà chiamato a partecipare in nome e per conto degli altri 8 deleganti alle assemblee (si veda il 2°co. dell’art. 67 disp. att. del c.c.). I rappresentanti delle multiproprietà potranno a loro volta conferire delega o a soggetti estranei al complesso (ma mai all’amministratore!), o a determinati proprietari individuati volta per volta. I soggetti delegati dai rappresentanti potranno però essere portatori di tante deleghe che rappresentino non più di 18 teste (90/5= 18), le quali teste dovranno essere portatrici di non più di 200 millesimi.

E’ chiaro che alla luce di quanto descritto se l’amministratore continuerà ad auto approvarsi i bilanci la delibera assembleare potrà essere impugnata innanzi all'autorità giudiziaria da ciascun condomino. L’ impugnazione dovrà però essere proposta nei rigidi termini previsti dall’art. 1137 del c.c.: 30 giorni decorrenti dal giorno in cui il verbale di approvazione del bilancio è stato comunicato ai singoli multiproprietari.

Le considerazioni finora svolte, trovano applicazione solo per l’approvazione del bilancio condominiale, ma non per l’approvazione del bilancio delle singole multiproprietà.
Per quest'ultima esigenza, infatti, deve necessariamente trovare applicazione non la normativa sul condominio, ma quella sulla comunione ordinaria di cui agli artt. 1100 e ss. del c.c. Anche nella disciplina della comunione ordinaria l’art.1105 del c.c. prevede l’operatività di una assemblea dei partecipanti che deve essere convocata dall’amministratore per l’approvazione del bilancio, ma in assenza di una specifica disposizione di senso contrario in tale organo non opera l’art. 67 disp. att. del c.c. e i limiti alla delega in essa contenuti.
Pertanto l’amministratore può essere destinatario delle deleghe da parte degli altri partecipanti e senza alcun limite di teste e millesimi. Anche, però, per l’approvazione del bilancio della singola multiproprietà è necessario che una delega sia presente e rilasciata in forma scritta, anche a fini probatori in caso di eventuali contestazioni: ma per un miglior approfondimento di questo ultimo aspetto, sarebbe necessario esaminare le specifiche disposizioni che regolano la multiproprietà.


Alberto G. chiede
martedì 03/08/2021 - Lombardia
“Buongiorno.
In assemblea condominiale, durante la quale avevo 3 deleghe da altri condomini, ho votato no per un punto all'ordine del giorno, voto per cui erano d'accordo anche i miei delegati. Durante il voto non ho specificato che anche gli altri 3 condomini erano per il no, pensando che fosse sufficiente alzare la mano e votare no a mio nome, avendo le deleghe (capivo se avessi dovuto votare si per uno dei condomini, in tal caso avrei specificato e distinto). Mi è arrivato il verbale dell'assemblea e risulto solo io per il no, mentre gli altri tre condomini risultano a favore. Ho rappresentato il fatto all'amministratore, chiedendo di correggere il verbale ma mi ha riferito che non è possibile in quanto non avevo specificato che anche gli altri condomini votavano no. Cosa posso fare? Qual'è la giusta interpretazione? Grazie”
Consulenza legale i 24/08/2021
L’art. 67 disp.att. del c.c. dispone che: "Ogni condomino può intervenire all'assembleaanche a mezzo di rappresentante, munito di delega scritta". Le disposizioni di attuazione al codice civile ammettono quindi che un proprietario possa intervenire in assemblea di condominio per mezzo di una terza persona munita di apposita delega: l’unica condizione posta dalla legge affinché la delega possa considerarsi valida è che essa sia rilasciata per iscritto e ovviamente firmata dal delegante (i classici moduli forniti dall’amministratore riportati in calce all’ ordine del giorno, sono solitamente più che sufficienti allo scopo).

A parte la forma scritta, nessun altro formalismo è prescritto dall’art. 67 disp.att. del c.c. La sezione II della Corte di Cassazione con la sentenza n. 18192 del 10.08.2009, ha ritenuto opportuno che il proprietario delegante inserisca nella delega le indicazioni di voto per ogni punto all’ordine del giorno, ma l’inserimento di tali indicazioni di voto, seppur pacificamente ammissibile, non deve considerarsi un requisito necessario per la validità della delega, ma solo un suo ulteriore elemento, utile per evitare possibili contestazioni e per la verità nella pratica scarsamente utilizzato.

Ragionando al contrario, in assenza di una specifica indicazione di voto, si deve necessariamente presumere che la volontà espressa dal delegato in sede assembleare sia coincidente con quella del delegante e pertanto il comportamento tenuto dall’amministratore (ma anche dal Presidente della assemblea) non trova assolutamente alcun fondamento giuridico.

Si potrebbe quindi ipotizzare sia per i proprietari deleganti che per il delegato la possibilità di proporre impugnazione innanzi alla autorità giudiziaria nei termini indicati dall’art. 1137 del c.c.: ovvero, 30 giorni decorrenti dal giorno della riunione condominiale. È importante però precisare che tale impugnazione potrà essere accolta solo nel caso in cui il voto erroneamente verbalizzato favorevole espresso dai deleganti sia stato decisivo per il raggiungimento delle maggioranze prescritte dalla legge per l’adozione dello specifico punto all’ ordine del giorno. In altre parole, se al di là del voto dei due proprietari deleganti le maggioranze prescritte dall’art. 1136 del c.c. sarebbero state comunque raggiunte in seno all’assise, l’autorità giudiziaria respingerebbe comunque l’impugnazione per mancanza di interesse ad agire ai sensi dell’art. 100 del c.p.c.

Maria L. C. chiede
giovedì 29/10/2020 - Emilia-Romagna
“LA VICENDA

1 - Nel 1988 ho acquistato, (cointestandolo a mio Marito ), un unico blocco immobiliare costituito da più unità e dotato di un lungo box, facente parte di un complesso comprendente un secondo blocco di 4 distinte unità immobiliari; comuni ai 2 blocchi vi erano -ad uso comune- un cortile interno, scale di accesso ai piani superiori e portone di accesso dalla pubblica via.

2 - Nel 1990 ho poi acquistato a mio nome un appartamento facente parte del secondo blocco.

3 - nel 1994 ho venduto l'intero 1° blocco e SOLO 1/2 del box (che avevo opportunamente diviso), mantenendo quindi l'altra metà (cointestata con mio Marito ); tale 1° blocco veniva da me alienato isolandolo dal 2°, vale a dire privandolo del diritto di accesso dal portone, dall'uso delle scale originariamente comuni e del cortile.
Essendo proprietaria dell'appatamento acquistato nel 1990 sul quale ultimo però restava affacciato il mio mezzo del box con tutti gli originari diritti originariamente competenti al blocco alienato.

4 - nel 1995 mi separavo da mio Marito (che rimaneva proprietario di 1/2 del box).

5 - I condomini del 2° blocco convenivano di costituirsi in condominio e su unanime consenso veniva officiato un Geometra affinchè provvedesse a redigere le varie Tabelle Millesimali, la bozza di Regolamento Condominiale, le relative piantine tecniche, di verificare le conformità urbanistiche, nonchè per fare da tramite con il Notaio.

6 - Il predetto Geometra, nell'elencare i vari immobili facenti parte del condominio, attribuiva IL BOX SOLAMENTE AL MIO APPARTAMENTO includendolo quindi nel condominio ( con relativi millesimi a carico mio appartamento), anzichè censirlo come autonoma unità e senza ricomprendere nel condominio anche il mio ex Marito, atteso che egli era proprietario e con me cointestatario del 50 % del box, per il quale pagava (e paga a tutt'oggi) relativi oneri al Consorzio Bonifica e imposte agli altri Enti Pubblici.

LA DOMANDA

Atteso che il mio ex Marito, non è stato incluso nel Condominio, sono a chiederVi se sia oggi possibile (su richiesta mia o del predetto) pretendere dal Condominio chiedere che Gli venga attribuito la qualità di condomino, attribuendoGli i millesimi di Sua competenza, nonchè tutti i relativi diritti (tra i quali quello di VOTO in Assemblea ) e gli obblighi nei confronti del Condominio.”
Consulenza legale i 02/11/2020
Sulla base di quanto descritto siamo di fronte ad un supercondominio composto da due edifici i quali avevano in comune alcuni beni e servizi. La posizione del box auto appare poco chiara, in quanto sembrerebbe da quanto descritto che esso, per quanto in proprietà esclusiva, possa essere considerato sia facente parte del primo blocco per una parte, ma anche del secondo blocco per un’altra. Capire quindi se la parte di box rimasta in proprietà possa architettonicamente considerarsi parte anche del 2° condominio è compito di un tecnico edile a cui ci si può rivolgere per chiedere un parere sul lavoro svolto dal geometra nominato dagli altri condomini.

Dando per presupposto che il box sia un elemento anche del 2° condominio, possiamo dire che l’ex marito, in quanto comproprietario dell’immobile, è da considerarsi condomino ad ogni effetto di legge. In caso di comproprietà di una unità immobiliare in condominio il 2° co. dell’art 67 disp. att. del c.c. dispone che ciascun comunista abbia diritto a un solo rappresentante nell'assemblea, che è designato dai comproprietari interessati a norma dell'art. 1106 del c.c. Tale principio si estende anche in ambito di suddivisione delle spese condominiali: l’amministratore deve attribuire le spese (riferibili al solo box, e non anche all’appartamento!) a quella singola unità immobiliare in base ai millesimi a lei complessivamente riferiti, sarà poi compito dei singoli comproprietari dividersi le spese internamente sulla base della singola quota di partecipazione in applicazione delle norme sulla comunione. In altre parole, dando per scontato la parità di quote tra i due ex coniugi, colui che ha soddisfatto per intero il condominio avrà diritto a richiedere all’altro comproprietario il rimborso della metà di quanto pagato in forza dell’art.1110 del c.c.

Per fare in modo che i due ex coniugi siano considerati come due condomini autonomi ed indipendenti è necessario procedere ad una divisione della comunione insistente sul box auto in comproprietà: operazione senza dubbio fattibile da un punto di vista giuridico, ma per capire se tale strada sia altrettanto percorribile da un punto di vista edile e catastale è opportuno rivolgersi ad un professionista del settore (es. geometra, architetto od ingegnere edile).

Ciro B. chiede
venerdì 25/09/2020 - Campania
“Abito in un immobile facente parte di una palazzina di sette condomini. Mia figlia, proprietaria di tale immobile, mi ha dato in comodato d'uso tale abitazione. La palazzina fa parte di un gruppo di altre 14 unità, tutte autonome con propria scala, ascensore, citofono ed impianto elettrico.
Siamo quindi in un supercondominio. Ogni palazzina ha un suo rappresentante che fa parte del consiglio di gestione del supercondominio ed elegge l'amministratore.
L'amministratore di ogni scala è lo stesso rappresentante perchè i condomini sono sette e quindi non c'è l'obbligo della sua nomina.
Anni addietro, per la mia scala, questo ruolo veniva fatto a rotazione dai sette condomini, Un condomino proprietario si è opposto a farmi svolgere questo incarico perchè non sono proprietario e svolge lui questo ruolo commettendo svariate irregolarità.
Numerose sono le irregolarità svolte da questo falso amministratore.
Egli è un bravo manipolatore ed io sono ormai in minoranza, le mie osservazioni non vengono mai messe a verbale e gli altri condomni non sono ineressati sia perchè anziani sia perchè inesperti.
Mia figlia non può e non vuole avere rogne ed io sono costretto spesso a pagare quote inesatte.
Quando mi rifiuto di pagare qualche quota sbagliata relativa alla gestione della mia scala, questo signore fa pervenie a mia figlia, tramite l'amministratore del supercondominio, una intimazione a pagare, pena un decreto ingiuntivo.
Questa azione penso sia gravissima perchè, a mio parere, si tratta di una intimazione calunniosa per i seguenti motivi:
1) Mia figlia abita in Sardegna ed io sto a Torre Annunziata (NA), lei inoltre è affetta da una grave malattia e non può
sopportare stress fisici o psicologici;
2) Per superare tale handicap ha sottoscritto e consegnato un atto notorio all'amministratore del parco col quale mi ha conferito ogni potere e delega nei rapporti col supercondominio e del derivato condominio di scala d ha chiesto di trasmettere al mio indirizzo, ogni convocazione inerente i rapporti condominiali ovvero convocazioni ordinarie e straordinarie;
3) L'amministratore del supercondominio non può intervenire nella gestione autonoma di ciascuna scala;
4) Ne io ne mia figlia possiamo fare versamenti relativi alla gestione della scala sul conto corrente del supercondominio;
5) Anche se per il minicondominio non c'è l'obbligo dell'amministratore, comunque deve esserci una persona responsabile
che svolge le sue funzioni e che non può essere il rappresentante di scala.
3) Sembra ovvio che lo scopo è quello di intmidazione nel perseguire atti illeciti.

Consulenza legale i 01/10/2020
È giusto considerare il supercondominio come qualcosa di distinto rispetto ai singoli condomini che lo compongono: esso ha infatti una sua assemblea, un suo amministratore e, infine, un suo bilancio, ove vengono indicati gli oneri riferibili ai servizi e ai beni del super condominio. Tra gli obblighi fondamentali dell’amministratore del super condominio, a mente dei n.ri 3) e 4) del co.12 dell’art.1129 del c.c., vi è senza dubbio l’apertura di un conto corrente che deve essere distinto rispetto a quello dei singoli condomini che lo compongono.

La riforma del 2012 si è specificatamente occupata del super condominio sotto diversi aspetti, tra i più importanti vi è senza dubbio l’introduzione della assemblea dei rappresentanti introdotta dal co. 3° dell’art. 67 disp. att. del c.c. Tale organo deve essere costituito nel caso in cui i componenti del super condominio siano più di 60, ed ha competenza solo ed esclusivamente per decidere sulla gestione ordinaria delle parti comuni del supercondominio e per la nomina dell’amministratore super condominiale; esso è composto da rappresentanti dei singoli condomini, che a loro volta compongono il supercondominio, eletti nelle loro specifiche assemblee con le maggioranze di cui al 5° co. dell’art. 1136 del c.c. In assenza di uno specifico divieto di legge, si ritiene che chi non è condomino poiché non proprietario di una unità immobiliare in condominio, come appunto è il caso del comodatario, possa rivestire il ruolo di rappresentate nella assemblea di cui al 3°co. dell’art.67 disp.att. del c.c. Ovviamente egli dovrà essere nominato dalla assemblea del suo condominio di riferimento con le maggioranze che si sono sopra riferite.

Tra i poteri che la legge attribuisce alla assemblea dei rappresentanti vi è la gestione dei servizi e delle parti comuni del super condominio: pertanto al suo interno verrà approvato il bilancio relativo alla gestione ordinaria dello stesso, dalla cui approvazione deriverà l’obbligo per tutti i proprietari di pagare gli oneri riferibili al supercondominio. Parallelamente a ciò in seno alle assemblee dei singoli condominii, ricompresi nel super condominio, verrà approvato il bilancio a loro riferibile, dalla cui approvazione deriverà l’obbligo di pagare gli oneri per i servizi e le parti comuni della singola palazzina.
È giusto precisare che le spese del super condominio dovranno essere corrisposte sul conto corrente ad esso intestato, come parimenti le spese relative al singolo edificio dovranno essere corrisposte sul conto corrente intestato al singolo condominio.

Come è noto, nel rapporto condominio-condomino, l’unico soggetto che è obbligato a far fronte al pagamento delle spese condominiali è il proprietario della unità immobiliare, e non l’inquilino o il comodatario che la occupa. In caso di mancato pagamento l’amministratore nell’ambito dei poteri a lui attribuiti dal n.3) dell’art.1130 del c.c., dovrà mettere in mora il proprietario dell’appartamento (e non il comodatario), e nel caso si persista a non corrispondere il dovuto adire le vie legali, con l’ausilio di un avvocato. Se l’inadempimento riguarda oneri riferibili al super condominio, l’unico soggetto che sarà tenuto ad intraprendere le procedure di recupero e avrà la legittimazione processuale in giudizio è il l’amministratore, e non quello della singola palazzina, anche se sotto questo aspetto è giusto sottolineare come in molte realtà sovente capita come l’amministratore del singolo edificio ricopra anche l’ufficio di amministratore del super condominio: ciò, infatti, non è vietato.

Venendo a trattare il caso specifico, se la suddivisione di competenze che si è sopra tratteggiata è stata rispettata, è perfettamente corretto il comportamento dell’amministratore che in caso di mancato pagamento, ha inviato il sollecito alla figlia dell’autore del quesito, non essendo in alcun modo rilevante la sua condizione di salute.
Se si ritiene che il bilancio super condominiale presenti delle irregolarità e pertanto determinati spese condominiali non siano dovute è onere del proprietario, e non del padre comodatario, impugnare la delibera che approva il bilancio nei termini di cui all’art.1137del c.c., decorsi i quali il bilancio diventa incontestabile e pertanto non rimane altra alternativa che corrispondere il dovuto.

Se all’interno del super condominio vi è un edificio con meno di otto proprietari, effettivamente non vi e l’obbligo di nominare un singolo amministratore per quella palazzina, ma come giustamente è stato sottolineato dall’autore del quesito, rimangono in piedi tutti gli altri adempimenti riferibili alla conduzione dello stabile. In particolare i condomini devono, o meglio dire dovrebbero, redigere un bilancio di condominio, convocare annualmente l’assemblea per approvarlo, nominare un rappresentante dei condomini che farà le loro veci nella assemblea dei rappresentanti super condominiale e riscuotere gli oneri condominiali; a tal proposito vi dovrà essere un proprietario che si assume l’obbligo di gestire il conto corrente del piccolo condominio. Se munito di idonea delega gestoria da parte del proprietario, non vi è ostacoli al fatto che tali compiti amministrativi vengano svolti anche dal comodatario. Tuttavia, stante il contesto in cui è inserito il piccolo condominio in cui vive l’autore del quesito, si consiglia di fare in modo che venga nominato comunque un amministratore esterno. La sua nomina, infatti, seppur non obbligatoria, può essere fatta con le maggioranze di cui al 2° co. dell’art. 1136 del c.c.



Luciano M. chiede
domenica 23/02/2020 - Toscana
“In data 27 novembre 2019 l'assemblea ha deliberato il rifacimento delle facciate e dei terrazzi. (spesa per il mio appartamento circa 20.000€). Io ho votato contro. In data 02 gennaio 2020 ho inviato al Condomnio una raccomandata in cui chiedevo di posticipare tali lavori per almeno un anno in quanto in questo mommento non potrei provvedere al pagamento di tale cifra in quanto disoccupato. Ad oggi non ho ricevuto risposta. Arrivata convocazione assemblea (02 marzo 2020) per l'esame delle offerte da varie imprese.
Cosa posso fare?
Ps. Il geometra incaricato nelle precedenti assemblee ha sempre affermato che tali lavori potevano essere posticipati di due/tre anni.
Chi scrive è l'usufruttario. Mio figlio (disoccupato) ha la nuda proprietà.
Saluti”
Consulenza legale i 24/02/2020
Nel caso descritto abbiamo una tipica situazione, molto frequente nella pratica, in cui l’assemblea condominiale ha prima deliberato se effettuare o meno un determinato lavoro straordinario sull’edificio (rifacimento delle facciate e dei terrazzi), per poi riservarsi di prendere successivamente in una differente riunione delle decisioni volte ad attuare quanto già stabilito.
Il 1°comma dell’art. 1137 del c.c. detta un principio molto importante in tema condominiale, e dispone che le delibere adottate dalla assemblea, ovviamente nel rispetto della normativa vigente, sono obbligatorie per tutti i condomini, anche, quindi, per chi abbia votato contro a quanto deciso.

Posto che nel caso specifico l’assise ha già deliberato da tempo di realizzare un determinato lavoro straordinario stabilendo anche il budget da destinare alla sua esecuzione, tale decisione è oramai vincolante e non c’è alcun modo per sottrarsi agli obblighi che ne derivano.
È assolutamente possibile però, che l’organo assembleare nell’ambito dei suoi poteri e in tutta autonomia, possa rivedere e ritornare sulle sue decisioni: tale comportamento, tra l’altro, non avrebbe alcuna conseguenza giuridica od economica per il condominio di cui al quesito in quanto, per quanto ci è dato capire, non si è ancora firmato alcun contratto con una impresa esterna per l’esecuzione dei lavori.

Se quindi si saprà fare una buona opera di convincimento nei confronti degli altri condomini, il giorno in cui si terrà la riunione per scegliere l’impresa a cui affidare i lavori, è giuridicamente lecito che l’assise decida di sospendere ogni determinazione in merito rinviando la questione per un certo periodo di tempo. È bene precisare che una tale decisione dovrà essere adottata con le maggioranze di cui al 2° e 4° comma dell’art. 1136 del c.c. (maggioranza degli intervenuti che rappresentino la metà del valore dell’edificio: 500 millesimi).

Se questo, come molto probabile, non accadrà l’usufruttuario e il nudo proprietario saranno tenuti a far fronte ai costi della ristrutturazione deliberata dalla assemblea.
Il comma 8 dell’art. 67 disp. att. del c.c. dispone, infatti, che:” Il nudo proprietario e l'usufruttuario rispondono solidalmente per il pagamento dei contributi dovuti all'amministrazione condominiale.” In altre parole l’amministratore di condominio potrà pretendere il pagamento dei lavori deliberati sia nei confronti dell’usufruttuario che del nudo proprietario, e il primo dei due che esegue il pagamento libera l’altro dal debito nei confronti del condominio.

È utile anche precisare che nel rapporto usufruttuario-nudo proprietario interviene l’art. 1006 del c.c., il quale dispone che, nel caso vi siano da eseguire riparazioni che la legge pone e a carico del nudo proprietario (come nel caso descritto), e quest’ultimo rifiuti o non possa farvi fronte, le stesse possono essere eseguite a cure e spese dell’usufruttuario.

Riccardo F. chiede
venerdì 14/02/2020 - Lombardia
“Buongiorno, vi scrivo per proporvi un caso molto particolare al quale non sono riuscito a dare in autonomia una risposta.
Alcuni Condomini di un Condominio da me amministrato rappresentanti oltre 540 millesimi, mi hanno recapitato una Raccomandata per chiedermi un Assemblea Straordinaria per la mia Revoca. Ho già convocato l'Assemblea per il prossimo 21/02/20.
A mio favore ho circa 460 millesimi; pertanto i millesimi di una singola Unità Immobiliare rappresentato "l'ago della bilancia" se Revocarmi o Confermarmi.
Nello specifico c'è una Unità Immobiliare intestata al Nudo Proprietario (che è il figlio Residente nell'immobile) e all'usufruttuario (padre che risiede altrove). L'Usufruttuario è contrario alla mia Revoca e ha già dato la propria delega ad una terza persona per essere rappresentato nell'Assemblea Straordinaria e per far votare appunto contro la mia Revoca. Al contrario il Nudo Proprietario è favorevole alla mia Revoca e probabilmente verrà in Assemblea.

Come mi devo comportare se in Assemblea ci saranno presenti sia l'usufruttuario per delega che il Nudo Proprietario?

Ringraziando, resto in attesa di Vs. cortese riscontro e porgo i miei più cordiali saluti.”
Consulenza legale i 18/02/2020
Il legislatore da sempre si è premurato di suddividere il diritto di voto per argomenti tra usufruttuario e nudo proprietario. Secondo il comma 6° dell’art. 67 disp. att. del c.c. il diritto di voto in assemblea spetta all’usufruttuario negli affari che attengono alla ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni. Negli altri casi, ovvero negli affari attinenti alla straordinaria amministrazione come specificava il legislatore ante riforma del 2012, il successivo 7° comma della norma in commento attribuisce il diritto di voto al nudo proprietario (fatte salve alcune ipotesi specificatamente elencate, il cui voto può essere espresso dall’ usufruttuario ma che non rilevano per il caso specifico).

In forza di questa suddivisione di competenze, l’avviso di convocazione alla assemblea condominiale deve essere inviato vuoi all’usufruttuario vuoi al nudo proprietario a seconda degli argomenti messi all’ordine del giorno, o eventualmente ad entrambi se all’ ordine del giorno sono messi in discussione argomenti sia di ordinaria che di straordinaria amministrazione.

La distinzione tra affari di ordinaria e straordinaria amministrazione è estremamente importante per molti settori del diritto civile, ma non sempre è agevole individuare i confini di tali due categorie.
La giurisprudenza sviluppatasi in tema di comunione, ma tranquillamente applicabile anche nell’ambito del condominio, ha chiarito che la distinzione tra ordinaria e straordinaria amministrazione deve essere fatta tenendo conto degli effetti dell’affare che si andrà a discutere in assemblea. Sono quindi di ordinaria amministrazione tutti quegli atti che si riflettono sulla conservazione, sulle modalità di godimento del bene e sulla disposizione delle rendite; sono di straordinaria amministrazione tutti quegli atti che si riflettono sulla consistenza e struttura del bene in comunione.

Traducendo quanto detto in esempi concreti, la decisione circa l’introduzione di un servizio ascensore prima non presente nel palazzo, trattandosi di una innovazione ex. art. 1120 del c.c., è un affare il cui diritto di voto spetta al nudo proprietario.
Non vi è dubbio, invece, che la discussione riguardante la revoca o la nomina di chi deve ricoprire l’ufficio di amministratore di condominio è un affare che attiene alla gestione del bene e al suo godimento, pertanto l’unica figura che ha il diritto di voto su tale argomento è l’usufruttuario (su tale aspetto, a dire il vero, non vi sono particolari dubbi tra gli interpreti).

Sulla base di quanto è stato detto, qualora il giorno della riunione condominiale dovessero presentarsi sia l’usufruttuario, per mezzo di rappresentante munito di regolare delega, che il nudo proprietario, l’unico voto di cui si dovrà tenere conto nel momento in cui si inizierà la discussione sulla revoca dell’attuale amministratore sarà quello del rappresentante dell’usufruttuario, sia per stabilire i quorum costitutivi che deliberativi della assise. La presenza del nudo proprietario è, quindi, del tutto irrilevante e, ipotizzando che l’usufruttuario non si presenti alla riunione neppure per mezzo di un delegato, i millesimi di quella unità abitativa non avranno alcun peso in assemblea, non potendo il nudo proprietario votare in sostituzione dell’usufruttuario negli argomenti di sua competenza, salvo il caso, che però non si è verificato nel caso specifico, in cui l’usufruttuario dia delega al nudo proprietario per votare in suo nome e per conto.

CLAUDIO M. chiede
sabato 09/03/2019 - Emilia-Romagna
“Buon giorno, sono un privato cittadino (non laureato), ed in passato ho già usufruito di questo servizio. Vengo al quesito:
- sono proprietario da diversi anni, della sola nuda proprietà di un appartamentino in Parma città, il cui godimento lo ha ovviamente l' usufruttuario, che peraltro vive da anni in una casa di riposo in altro comune e lo dà saltuariamente in uso a nipoti, ecc. .
Questo appartamentino è fornito di tutte le utenze di acqua luce e gas, (con contatore / misuratore/erogatore del gas all' interno dello stesso);
- recentemente per ragioni di sicurezza, su sollecitazione dell' ente erogatore del gas, (iren), l' assemblea dei condomini, (alla quale io non ho partecipato, non ritenendomi coinvolto), ha deliberato di spostare tutti i contatori del gas, compreso questi, in una rastrelliera al piano terreno del condominio stesso; per quanto ovvio si è reso necessario ricreare una nuova tubazione in rame che dal contatore/erogatore posto al piano terreno, porti il gas al 2° piano, con l' intervento di idraulico, muratore, ponteggi vari, tecnico per direzione lavori e per la sicurezza come prevede la legge, con un costo per questo intervento di notevole importo; l' amministratore del condominio, nonostante le mie rimostranze ha ritenuto di attribuirne il costo anzichè all' usufruttuario che ne ha il godimento, al sottoscritto che ne è solo nudo proprietario e non ne ha nè avrà alcun beneficio anche per il futuro, in quanto essendo completamente da ristrutturare, in futuro, quando ne entrerò in possesso, non intendo usufruire di gas alcuno all' interno, ma adottare piastre a induzione, climatizzatori ecc.
- or bene a norma e per effetto degli art. 1004 e 1005 del cod. civ., credo che al nudo proprietario competano le sole spese strutturali, relative alla solidità e stabilità dell' edificio e null' altro mentre tutte le altre spese dovrebbero essere sostenute da chi ne ha il godimento e cioè l' usufruttuario.
- sono pertanto a chiedere il vostro parere con cortese sollecitudine e vi ringrazio sin d'ora,
claudio m.”
Consulenza legale i 13/03/2019
Si dà per presupposto che i lavori straordinari descritti nel quesito siano stati approvati in epoca successiva al 18.06.2013, data di entrata in vigore della riforma del diritto condominiale apportata dalla L. n.220/2012, la quale ha apportato notevoli cambiamenti nella disciplina che riguarda il pagamento degli oneri condominiali da parte del nudo proprietario e usufruttuario.

Prima del 18.06.2013 la giurisprudenza costante, infatti, riteneva che l’ amministratore di condominio dovesse suddividere in bilancio gli oneri condominiali tra usufruttuario e nudo proprietario, applicando gli artt.1004 e 1005 del c.c. In forza di tali due articoli del codice all’usufruttuario devono essere attribuiti le spese e, in genere, gli oneri relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria della cosa, mentre il nudo proprietario deve sobbarcarsi gli oneri derivanti dalle riparazioni straordinarie sul bene.
Essendo gli oneri condominiali delle obligatio propter rem la cui debenza deriva dalla titolarità del diritto reale a cui sono ricollegate, i giudici concludevano che la compagine condominiale non poteva richiedere all’usufruttario gli oneri condominiali attribuiti dalla legge al nudo proprietario piuttosto che all’usufruttuario.

Tale giurisprudenza, che era granitica prima della riforma del condominio del 2012, è stata completamente disattesa dalla L. n.220/2012, la quale ha introdotto il comma 8° dell’art. 67 disp. att. del c.c. Tale norma dispone che: Il nudo proprietario e l'usufruttuario rispondono solidalmente per il pagamento dei contributi dovuti all'amministrazione condominiale.
Alla luce di quanto detto, il comportamento tenuto dall’amministratore di condominio è perfettamente in linea con il nuovo art. 67 disp. att. del c.c., in quanto egli può tranquillamente pretendere il pagamento degli oneri condominiali, siano essi derivati da spese straordinarie o ordinarie, tanto dall’usufruttuario quanto dal nudo proprietario, non avendo neppure l’obbligo di una preventiva escussione vuoi all’uno vuoi all’altro soggetto.
Non sussiste neppure più l’obbligo per l’amministratore, prima preteso dalla giurisprudenza ante 2012, di dividere nel rendiconto condominiale gli oneri che spettano all’usufruttuario e al nudo proprietario secondo gli artt. 1004 e 1005 del c.c.

Tali articoli però non sono stati abrogati dalla riforma del diritto condominiale: essi sono perfettamente in vigore, ma hanno perso la loro forza vincolante nei confronti della compagine condominiale, dovendo essere utilizzati solo nel rapporto usufruttuario-nudo proprietario per capire una, volta che uno di questi soggetti ha pagato il condominio, come devono essere suddivise le spese tra di loro. In altri termini, se su richiesta dell’amministratore l’usufruttuario ha pagato al condominio oneri condominiali derivati da spese straordinarie, in base a quanto dispone l’art. 1005 del c.c. egli avrà diritto di richiedere al nudo proprietario la ripetizione di quanto sborsato.

Vi è da dire però, che le pretese avanzate dall’autore del quesito non possono trovare accoglimento neppure nel rapporto usufruttuario-nudo proprietario. I lavori descritti nel quesito devono considerarsi assolutamente riparazioni straordinarie e pertanto ai sensi dell’art. 1005 del c.c. devono essere attribuiti al nudo proprietario. Il 2°comma dell’art. 1005 del c.c. dispone che: “riparazioni straordinarie sono quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta”. La giurisprudenza ritiene che l’elenco racchiuso in tale comma non sia tassativo e abbia solo una efficacia esemplificativa, rientrando nel concetto di riparazione straordinaria tutte le spese che siano imprevedibili, straordinarie ed onerose non tese al solo mantenimento della funzionalità ordinaria del bene (Si veda Cass. Civ. n.2726 del 14.10.1963).
Male quindi ha fatto il nudo proprietario a non partecipare alla riunione condominiale che ha deliberato i lavori straordinari, in quanto essi sono oneri a cui è chiamato a fare fronte. L'unico modo per evitare il pagamento degli stessi sarebbe quello di verificare se la delibera assembleare che ha disposto i lavori straordinari sia affetta da qualche vizio, vuoi nella convocazione, vuoi nei quorum costitutivi o deliberativi, che possano fondare una sua impugnazione, la quale, però, dovrà proporsi entro i termini previsti dall'art. 1137 del c.c.

Quinto P. chiede
domenica 03/03/2019 - Campania
“Quesito: limite massimo di deleghe per singola persona.
Il condominio di cui parlo è formato da 32 condomini e vige un Regolamento Condominiale scritto ed approvato dai condomini che limita le deleghe a non più di tre a persona.
Ebbene, la nuova legge che limita ad 1/5 e non più di 200 millesimi, prevale sulla norma del Regolamento Condominiale oppure no?”
Consulenza legale i 15/03/2019
L’art. 67 disp.att. del c.c. nel testo antecedente alla L. n.220/2012 si limitava a prevedere che il singolo condomino potesse intervenire all’assemblea condominiale anche a mezzo rappresentante munito di delega scritta. La norma non prevedeva alcuna limitazione alla possibilità di intervento a mezzo delega.
Ciò ha fatto sì che in alcuni regolamenti condominiali, venissero inserite specifiche norme che integrassero quanto previsto dall’art. 67 disp. att. del c.c. disponendo alcune limitazioni all’intervento del condomino in assemblea a mezzo soggetto delegato: questo è, appunto, il caso del regolamento descritto nel quesito posto.

La situazione descritta è radicalmente mutata con l’entrata in vigore della L. n.220/2012, la quale è andata a modificare profondamente il testo dell’art. 67 disp. att. del c.c. prevedendo importanti limiti alla possibilità di intervento in assemblea a mezzo delega. Uno dei più importanti è, appunto, quello che dispone che nei condomini con più di 20 proprietari, ogni delegato non può rappresentare più di 1/5 dei condomini e più di 1/5 del valore proporzionale del valore dell’edificio (200 millesimi). L’evidente intenzione del legislatore è quella di evitare che in capo ad un unico soggetto possa concentrarsi un eccessivo potere di condizionare e orientare le scelte del consesso.
L’art. 72 disp.att. del c.c. dispone che il regolamento di condominio, sia esso assembleare o contrattuale, non possa derogare a quanto disposto dall’art 67 disp. att del c.c.

Questo ha comportato che le disposizioni dei regolamenti condominiali previgenti alla riforma debbano essere coordinate con i nuovi limiti alla rappresentatività in assemblea introdotti dalla L. n.220/2012. In questo senso, devono considerarsi non più in vigore tutti quei regolamenti condominiali che prevedono limiti di rappresentatività in assemblea più elevati rispetto a quelli previsti dal 1°co. dell’art. 67 disp. att del c.c., in quanto violano il combinato disposto degli artt. 67 e 72 delle disp. att. del c.c.
Rimangono invece in vigore tutte le disposizioni regolamentari che prevedono limiti inferiori, rispetto a quanto disposto dalla legge di riforma dell’ordinamento condominiale.

Venendo a trattare ora il caso specifico, il limite delle tre deleghe previsto nel regolamento di cui al quesito non deroga il comma 1° dell’art. 67 disp. att. del c.c., poiché tale limite è inferiore a quello previsto nella norma di legge. Se trovasse applicazione, infatti, tale norma, un singolo soggetto potrebbe essere portatore di un massimo di 6 deleghe (infatti: 32/5=6,4). Bisogna però tenere presente che affianco al limite per teste, il co. 1 dell’art 67 disp. att. del c.c. prevede anche un limite per millesimi, e quindi, in applicazione di questo secondo limite, le tre deleghe in capo ad un singolo soggetto non devono superare i 200 millesimi (infatti 1000/5=200).

Cosa succede se viene violata la normativa che si è appena descritta? Bisogna tenere distinto il caso in cui la anomalia emerga durante la assemblea di condominio, dal caso in cui venga fatta valere quando il verbale della riunione sia già stato formato.

Nel primo caso è compito del presidente della riunione verificare la corretta costituzione della stessa, e quindi verificare anche la legittimità delle deleghe e il rispetto dei limiti regolamentari e legislativi alla rappresentatività in assemblea. In tal senso se le deleghe sono sottoscritte e datate sarà possibile riscostruire un ordine cronologico circa il momento in cui le stesse sono state rilasciate. In questo senso il presidente potrà escludere solo quelle deleghe successive che eccedono i limiti vigenti. Se non è possibile in alcun modo ricostruire un ordine cronologico, sarà compito del presidente non ammettere nessuna delega ed escludere quindi dal computo dei quorum costitutivi e deliberativi tutti i condomini intervenuti a mezzo rappresentante.

Se invece l’anomalia delle deleghe non viene rilevata durante lo svolgimento della riunione ma emerge successivamente alla chiusura dei lavori della assemblea, la delibera emessa sarà da considerarsi annullabile e quindi impugnabile, ai sensi dell’art.1137 del c.c., entro 30 giorni che decorrono: per i condomini assenti, dal giorno della comunicazione del verbale della assemblea, per i condomini presenti ma astenuti o che hanno espresso voto contrario, dal giorno in cui la riunione ha avuto luogo.

Eugenio G. chiede
mercoledì 11/04/2018 - Lombardia
“Buongiorno,
desidererei sapere se esiste una norma che disciplini le deleghe nelle riunioni di condominio. Nel senso che il delegato deve esibire un documento del delegato in modo da verficare che la firma sulla delega sia quella del delegante, così come è richiesto quando si ritira un documento non nostro alle posta o quando si ritirano esami clinici o quantaltro.
Dopo l'ultima riunione di condominio ho scoperto che un delegante "x" era ricoverato presso una struttura sanitaria molto distante dal ns luogo di residenza. Il periodo di degenza era cominciato prima della convocazione dell'assemblea. Come faceva il delegato "y" ad esibire la delega firmata?

Consulenza legale i 14/04/2018
La possibilità per un condomino di intervenire in assemblea munito di delega scritta, è disciplinata dall’art 67 disp.att. del c.c.; tale normativa deve poi essere integrata da quanto previsto in materia di rappresentanza e mandato dal nostro codice civile.

L’ art. 67 disp. att del c.c. è stato profondamente modificato dalla riforma dell’ordinamento condominiale portata dalla L n.220 del 11.12.12; tra le novità più significative è opportuno ricordare: la inefficacia, contrariamente al passato, di qualsiasi delega conferita all'amministratore di condominio; se i proprietari componenti il condominio sono più di 20, il delegato non può rappresentare più di 1/5 dei condomini che rappresentano 1/5 del valore dell’edificio.

Nonostante la profonda riforma che ha coinvolto l’istituto in esame, non vi è alcuna norma che impone un controllo specifico e puntuale della genuinità della firma apposta sulla delega. L’amministratore di condominio nell’organizzare l’inizio della riunione assembleare, non è obbligato ad effettuare sulle deleghe un controllo che vada al di là di quanto previsto dall’art. 1393 del c.c.
Tale norma prevede la possibilità per chi entra in contatto con il rappresentante, di chiedere la giustificazione dei suoi poteri rappresentativi, domandando che gli venga fornita copia della delega scritta firmata dal delegante.
Nelle assemblee condominiali tale facoltà viene solitamente esercitata nel momento in cui il condomino, munito di delega di un altro proprietario assente, consegna all’amministratore copia della stessa prima dell’inizio dei lavori assembleari. Tuttalpiù, per un discorso puramente prudenziale, al fine di evitare qualsiasi responsabilità all’amministratore di condominio, è opportuno richiedere copia della carta di identità del soggetto delegato, nel caso in cui quest’ultimo sia un soggetto solitamente non conosciuto ed estraneo alla compagine condominiale.

La falsità della firma apposta sulla delega non sarebbe neanche un valido motivo per poter impugnare avanti alla autorità giudizaria la delibera assembleare, adottata con la partecipazione del finto rappresentante. La giurisprudenza, sia di merito che di Cassazione, con pronunce ormai costanti, ha infatti statuito che solo il condomino delegante deve ritenersi legittimato a far valere gli eventuali vizi della delega scritta, e non anche gli altri condomini estranei a tale rapporto. La giurisprudenza ha inoltre precisato che, essendo i rapporti fra delegante e delegato disciplinati dalle regole sul mandato, l'operato del delegato nel corso dell'assemblea non è nullo e neppure annullabile, ma inefficace nei confronti del delegante fino alla ratifica di questi (si veda: Cass.Civ.,Sez.II,n.2218 del 30.01.2013; Trib. Roma, sez V, del 22.05.2012).

A. Q. chiede
venerdì 07/07/2023
“Vorrei sapere se il coniuge di una proprietaria di un appartamento sito in condominio con più di 8 unità immobiliari, può essere nominato amministratore del condominio stesso e se lo stesso coniuge, in quanto amministratore del medesimo condominio, possa partecipare alle asssemblee non solo come amministratore ma anche come delegato della coniuge proprietaria di appartamento e quindi partecipare alle votazioni delle delibere assembleari.
Grazie.

Consulenza legale i 12/07/2023
La riforma del condominio è intervenuta in maniera piuttosto profonda in merito ai requisiti per ricoprire l’ufficio di amministratore di condominio, il quale richiede sempre più una preparazione specialistica.
In particolare l’art. 71 bis delle disp.att. del c.c. elenca in maniera molto puntuale i requisiti per poter amministrare uno stabile:
a) godere dei diritti civili;
b) non essere stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni;
c) non essere stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione;
d) non essere interdetti o inabilitati;
e) non avere il proprio nome nei registri dei protesti cambiari;
I requisiti appena elencati devono essere posseduti sia dal singolo proprietario che desidera amministrare il proprio condominio, sia da coloro che amministrano in maniera professionale. Per questi ultimi però la norma in commento impone ulteriori due requisiti: l’aver conseguito un diploma di scuola secondaria di secondo grado (lett. f), e la frequentazione di un corso di formazione iniziale e l’attività di formazione periodica (lett.g).

L’art. 71 bis disp.att. del c.c. è norma ovviamente inderogabile e pertanto la delibera assembleare che nominasse amministratore un soggetto che non possiede i requisiti appena elencati sarebbe nulla e quindi impugnabile in ogni tempo da qualsiasi condomino anche oltre i termini di cui all’art. 1137 del c.c.
Secondo poi quanto dispone il 4° co. della norma in commento la perdita dei requisiti indicati dalle lettere dalla a) alla e), comporta per l’amministratore in carica l’immediata cessazione dall’incarico. Addirittura, in tale evenienza ciascun condomino può convocare senza formalità l'assemblea (quindi anche in totale deroga alla procedura prevista dall’ art. 66 delle disp. att. c.c. ) per la nomina del nuovo amministratore.
Venendo, quindi, al caso specifico è ovvio che il coniuge del condomino, il quale non è proprietario a sua volta di una unità immobiliare nello stabile e quindi non può considerarsi condomino, può sicuramente essere nominato amministratore, a condizione che possieda tutti i requisiti indicati dall’art. 71 disp. att. del c.c., quindi anche i requisiti indicati dalle lettere f) e g).

L’art 67 disp. att. del c.c. al suo 5° comma dispone che: "All'amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione a qualunque assemblea".
Pertanto, se il coniuge della proprietaria riveste il ruolo di amministratore, egli non può certamente essere destinatario di delega da parte del coniuge.
Lo svolgimento di una riunione condominiale in violazione del divieto in esame comporta un vizio di annullabilità della delibera assembleare che deve essere fatto valere tassativamente entro i termini previsti dall’ art. 1137 del c.c.. Una impugnazione tardiva renderebbe la delibera assolutamente inoppugnabile e vincolante nonostante l’evidente violazione delle norme di legge.

Se invece il coniuge della proprietaria non riveste il ruolo di amministratore egli ovviamente può essere destinatario di deleghe, anche se non è un condomino, salvo norme derogatorie previste nel regolamento.


A.F. chiede
mercoledì 13/10/2021 - Campania
“Vorrei impugnare il verbale di assemblea condominiale datato 8 ottobre 2021 relativo ad una palazzina in Napoli alla Via (omissis), in quanto io quale usufruttuaria dell'appartamento al primo piano, ove ho anche la residenza, non sono stata mai convocata, precisando che non ho mai comunicato all'Amministratore del condominio di essere usufruttuaria dell'appartamento, mentre nuda proprietaria è mia sorella con la quale non convivo, la quale è stata sempre convocata via PEC. Inoltre, ho appreso per caso che anche i due figli di altro condomino sono nudi proprietari e non sono stati mai convocati, mentre è stato convocato sempre il di loro padre titolare di diritto di abitazione, sulla sua email personale.”
Consulenza legale i 19/10/2021
Gli errori che attengono alla convocazione dei condomini alla riunione condominiale possono essere messi a fondamento di una eventuale impugnazione della delibera assembleare. Ai sensi del 2° co. dell’art. 1137 del c.c. l’impugnazione deve essere proposta entro il termine perentorio e obbligatorio di 30 gg., che per i condomini non presenti alla riunione decorrono dal giorno in cui viene loro comunicato il verbale della assemblea.

Visto che la riunione di condominio ha avuto luogo il giorno 8 ottobre scorso, si è ancora nei termini per avanzare una qualche contestazione a ciò che l’assise ha deciso. Tale probabilità è resa ancora più reale dal fatto che il termine indicato dall’art. 1137 del c.c. può ritenersi rispettato nel momento in cui si propone davanti ad un organismo abilitato un'istanza di mediazione: atto che può sicuramente redigersi anche in tempi molto brevi e ristretti rispetto ad un atto di citazione nei confronti del condominio, che dovrà essere poi notificato all’amministratore e iscritto successivamente a ruolo.

Si ricorda che ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs n.28/2010, nelle cause condominiali l’instaurazione del procedimento di mediazione diviene un passaggio obbligatorio e condizione necessaria per proporre poi opposizione innanzi al giudice.

Se da un punto di vista processuale si è nei termini per proporre opposizione, non è però detto che poi la stessa possa essere considerata fondata nel merito. I commi 6°e 7° dell’art. 67 disp.att. del c.c. ci dicono che l’usufruttuario ha diritto di voto in assemblea, e quindi vi è l’obbligo di convocarlo, solo se l’assise è chiamata a discutere affari di ordinaria amministrazione, salvo che egli non intenda avvalersi del diritto di cui all’art. 1006 del c.c. ovvero si tratti di opere o lavori ai sensi degli art.985 e 986 del c.c. In tutti gli altri casi, il diritto di voto, e quindi l’obbligo di convocazione, spetta al nudo proprietario.

Per capire quindi se una ipotetica contestazione possa trovare accoglimento è necessario sapere gli argomenti che sono stati trattati durante la riunione dell’8.10 us.
Se tale riunione era la classica riunione condominiale annuale è molto probabile che tra i suoi argomenti all’ordine del giorno siano stati trattati affari attinenti alla ordinaria amministrazione dello stabile, come approvazione del bilancio, nomina revoca amministratore, incarico ad impresa di giardinaggio, etc. In questo caso vi era sicuramente l’obbligo di convocare l’usufruttuario.
Se la riunione, invece, aveva ad oggetto la discussione circa lavori straordinari da eseguirsi nel palazzo, allora il diritto di voto spettava senz'altro al nudo proprietario, salvo che quest’ultimo si rifiuti di partecipare alla spesa: in questo caso l’usufruttuario può sopportare lui i costi d'intervento invocando la facoltà di cui all’ art. 1006 del c.c., avendo quindi diritto di voto nell'assemblea condominiale che tratta detti interventi.

Lo stesso discorso può dirsi nel caso in cui l’assemblea discuta sulla realizzazione di determinate innovazioni sulla cosa comune ai sensi degli artt. 1120e ss. del c.c. e l’usufruttuario voglia esercitare le facoltà di cui agli art. 985 e 986 del c.c.



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