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Articolo 4 Costituzione

[Aggiornato al 22/10/2023]

Dispositivo dell'art. 4 Costituzione

La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro [35 ss.; c.c. 2060 ss.] e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto (1).

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società (3).

Note

(1) L'indirizzo politico dovrà essere il principale strumento attraverso cui attuare l'articolo in esame: esso soffre l'evoluzione dei rapporti sociali quanto il mutare delle condizioni economiche, per cui oltre alla regolamentazione risulterà necessaria la politica attiva dell'agevolazione e protezione del lavoro. Dibattuti e sempre attuali sono poi l'ambito delle cd. fasce deboli, del collocamento obbligatorio e delle varie forme di licenziamento, individuale e collettivo.
(3) Il dovere di solidarietà, per il fine supremo del progresso materiale e spirituale, implica la cooperazione e la compartecipazione di tutti, nello svolgimento del proprio lavoro ai fini dell'utilità sociale.

Spiegazione dell'art. 4 Costituzione

La Carta Costituzionale contiene, all'interno dei primi dodici articoli, i principi fondamentali dell'ordinamento repubblicano.

A differenza di altre Costituzioni straniere, il Costituente ha preferito inserire tali principi direttamente nel testo della Carta fondamentale, senza cioè relegarli in un preambolo separato, al fine di evitare qualsiasi dubbio sull'ampiezza della propria efficacia e sulla immediata applicabilità.

Così facendo, i principi non fungono solamente da criteri guida cui i poteri pubblici devono conformarsi, ma altresì come norme che vincolano l'interprete.

L'articolo in esame, nello specifico, sancisce il principio lavorista, secondo il quale il lavoro rappresenta un valore centrale dell'ordinamento, oltre ad un fine ben preciso cui deve aspirare la legislazione, indirizzata verso la massima occupazione.

Il lavoro è infatti il primo diritto sociale, dato che costituisce la fonte privilegiata di sostentamento della persona e strumento irrinunciabile per la sua affermazione sociale e per poter ambire ad una effettiva indipendenza ed autonomia.

Grazie all'affermazione di tale principio, lo Stato mira a superare le differenza tra ordinamento politico e società civile (tipico dello Stato preunitario), incoraggiando l'intervento dei pubblici poteri.

La nostra Costituzione affida altresì al legislatore il compito di indirizzare la proprietà dei beni e l'iniziative economica verso una funzione sociale (v. art 42 Cost.).

Il lavoro non è ovviamente preso in considerazione come diritto soggettivo perfetto (data la materiale impossibilità di assicurarlo a tutti), bensì come indirizzo fondamentale per il legislatore, al fine di promuovere le condizioni utili a renderlo effettivo. Il lavoro si configura piuttosto come diritto di libertà (ovvero la libertà di scegliere quale attività svolgere) e come diritto civico (in quanto il cittadino ha diritto ad esigere dallo Stato il promuovimento delle condizioni che lo rendano effettivo).

Il lavoro è inoltre considerato come dovere di solidarietà, cui ciascun cittadino è tenuto ad adempiere onde contribuire al progresso economico e sociale dello Stato e della collettività.

Relazione al Progetto della Costituzione

(Relazione del Presidente della Commissione per la Costituzione Meuccio Ruini che accompagna il Progetto di Costituzione della Repubblica italiana, 1947)

4 L'affermazione del «diritto al lavoro», e cioè ad una occupazione piena per tutti, ha dato luogo a dubbi da un punto di vista strettamente giuridico, in quanto non si tratta di un diritto già assicurato e provvisto di azione giudiziaria; ma la Commissione ha ritenuto, ed anche giuristi rigorosi hanno ammesso che, trattandosi di un diritto potenziale, la costituzione può indicarlo, come avviene in altri casi, perché il legislatore ne promuova l'attuazione, secondo l'impegno che la Repubblica nella costituzione stessa si assume.
Al diritto si accompagna il dovere di lavorare; come è nel grande motto di San Paolo, riprodotto anche nella costituzione russa: «chi non lavora non mangia». Ad evitare applicazioni unilaterali, si chiarisce che il lavoro non si esplica soltanto nelle sue forme materiali, ma anche in quelle spirituali e morali che contribuiscono allo sviluppo della società. È lavoratore lo studioso ed il missionario; lo è l'imprenditore, in quanto lavoratore qualificato che organizza la produzione. Posto il dovere del lavoro, è inevitabile sanzione — e la larga accezione toglie il pericolo di abusi — che il suo adempimento sia condizione per l'esercizio dei diritti politici.

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