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Articolo 55 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Eccesso colposo

Dispositivo dell'art. 55 Codice Penale

Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54(1), si eccedono colposamente(2) i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'Autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo(3).

Nei casi di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 52, la punibilità è esclusa se chi ha commesso il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità ha agito nelle condizioni di cui all'articolo 61, primo comma, n. 5) ovvero in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto(4).

Note

(1) Ogniqualvolta sussistano i presupposti di fatto di una delle cause di giustificazione e il soggetto ne travalica i limiti, agendo colposamente, si parla di eccesso colposo. Si ricordi che sebbene la norma in esame non menzioni il consenso dell'avente diritto (v. 50), la dottrina prevalente ritiene che l'eccesso di potere abbia carattere generale, di conseguenza estensibile anche alla suddetta scriminante, insieme alle scriminanti specifiche (si pensi al caso di reazione sproporzionata agli atti arbitrari del pubblico ufficiale (v. 4 d.l.l. 14 settembre 1944, n. 288) ed alle scriminanti putative (v. 59). Una teoria minoritaria non è d'accordo, in quanto ritiene che si dovrebbe rispettare quanto prevede letteralmente la norma.
Stabilito ciò, senza criticità particolari sono invece riconosciuti l'eccesso colposo nell'esercizio del diritto o adempimento del dovere (in cui l'attività deve essere iniziata nell'esercizio di un diritto o nell'adempimento di un dovere e, quindi, si siano superati, per colpa, i limiti posti dalla legge o dall'ordine), l'eccesso colposo nella legittima difesa (in cui si palesa una situazione di fatto in cui si può avere difesa legittima, i cui i limiti di proporzionalità difesa-offesa sono superati colposamente), l'eccesso colposo nello stato di necessità (che si verifica per eccesso dei mezzi, nella proporzione fra il pericolo e l'azione lesiva) e l'eccesso colposo nell'uso legittimo delle armi (in merito si ricordi il caso in cui un soggetto abbia fatto uso delle armi per impedire la fuga dei rapinatori, causando la morte dell'ostaggio).
(2) Affinché possa applicarsi la norma in esame non si richiede solamente che sussistano i presupposti per l'applicazione di una delle scriminanti . Si richiede inoltre il superamento per colpa dei limiti dell'agire consentito dalla scriminante, ovvero il cd eccesso.
Quest'ultimo è stato dalla dottrina classificato nelle sue due manifestazione. Si può parlare, infatti, di eccesso colposo sia quando l'agente eccede perché valuta erroneamente la situazione di fatto sia quando, valutata esattamente la situazione di fatto, l'agente per imprudenza, imperizia o negligenza nell'attività esecutiva, eccede producendo un evento più grave di quello che sarebbe stato necessario cagionare.
(3) La natura giuridica di tale fattispecie è oggetto di dibattito in dottrina, la quale si è espressa attraverso due differenti concezioni. Secondo la dottrina dominante si ratta di colpa in senso stretto ovvero il reato commesso a seguito dell'eccesso è considerato colposo a tutti gli effetti ,mentre un orientamento rimasto minoritario ha parlato di colpa impropria, attinente soltanto al piano del trattamento sanzionatorio, in quanto l'evento è comunque voluto dal soggetto.
Non si tratta di un dibattito teoretico privo di conseguenze pratiche, in quanto la configurabilità dell'eccesso colposo nella categoria dei reati dolosi o colposi comporta l'applicazione di una disciplina completamente differente. Infatti, se l'eccesso si considera doloso, vi è compatibilità tra la figura in esame ed il tentativo (v. 56), il concorso di persone nel reato (v. 110 ss.) e la continuazione (v. 81), non però con l'aggravante della previsione dell'evento di cui all'art. 61 n. 3, che invece è compatibile con l'eccesso colposo se questo si considera colposo. In tale ultimo caso non vi è compatibilità con il tentativo (v. 56), con il concorso di persone nel reato (v. 110 ss).
(4) Tale disposizione è stata introdotta dall'art. 2 comma 1 della L. 26 aprile 2019 n. 36.

Ratio Legis

Il legislatore si è qui preoccupato di considerare il caso in cui il soggetto realizzi un evento più grave di quello che bastava produrre perché trovasse applicazione una scriminante. La norma quindi non lascia impunito chi, in questi casi, abbia erroneamente valutato la necessità di usare detrimenti mezzi o i limiti che la situazione imponeva. Si tratta quindi di situazioni che non devono essere confuse con l'erronea supposizione di una scriminante, che si caratterizza in quanto la causa di giustificazione non esiste nella realtà ma soltanto nella mente di chi agisce. Infatti nell'eccesso colposo la scriminante di fatto esiste, ma l'agente supera colposamente i limiti del comportamento consentito.

Spiegazione dell'art. 55 Codice Penale

L'eccesso colposo è applicabile a tutte le cause di giustificazione, compreso il consenso dell'avente diritto, e ad altre scriminanti previste in leggi speciali, anche se non espressamente contemplato dall'articolo, in quanto principio generale della responsabilità penale.

Per l'operatività del principio in esame è richiesta la presenza di alcune condizioni:
  • la presenza di tutti gli elementi della scriminante rilevante nel caso specifico;
  • il colposo superamento dei limiti tracciati dalla scriminante;
  • la punibilità a titolo di colpa della condotta eccedente i limiti.

Vi possono essere due modalità tramite cui incorrere nell'eccesso colposo:
  • l'eccesso nei mezzi, ovvero il colpevole valuta correttamente i limiti entro cui agire o reagire, ma per errore nell'esecuzione, travalica colposamente i limiti suddetti;
  • l'errore nel fine che si ha invece quando il colpevole sbagli nel valutare i limiti entro cui potrebbe legittimamente agire o reagire.

Essendo un reato strutturalmente colposo, esso andrà valutato secondo i crismi di cui all'art. 43 comma 3.

///SPIEGAZIONE ESTESA

L’art. 55 contempla la possibilità che l’autore del fatto di reato, pur scriminato, ecceda colposamente “i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’Autorità ovvero imposti dalla necessità”.
I presupposti della scriminante, quindi, sono effettivamente esistenti; tuttavia l’agente, per colpa, supera i limiti oggettivi per la stessa stabiliti.
Il risultato prodotto dall’agente può essere causato, alternativamente, da un erroneo convincimento circa la situazione di fatto esistente, oppure, pur in presenza di una situazione correttamente valutata, da un errore nell’esecuzione della condotta posta in essere.
In particolare, spunti interessanti rivela l’art. 55 con riferimento alla scriminante della legittima difesa, disciplinata dall’art. 52 c.p..
Per comprendere se vi sia stato un colposo superamento dei limiti stabiliti dalle leggi, occorrerà guardare alla inadeguatezza della reazione difensiva dell’aggredito, anche a causa dei mezzi particolarmente violenti utilizzati.
Ovviamente, occorrerà in tal caso, come anche nel caso delle altre scriminanti, che l’eccesso sia del tutto involontario, ricadendo altrimenti il comportamento nella sfera della condotta dolosa, autonomamente punibile.
L’art. 2 comma 1 della L. 26 aprile 2019 n. 36. ha introdotto nella disposizione in commento un secondo comma, in armonia con la riforma della legittima difesa che ha inciso in primo luogo sull’art. 52 c.p..
Il secondo comma prevede che “nei casi di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 52, la punibilità è esclusa se chi ha commesso il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità ha agito nelle condizioni di cui all'articolo 61, primo comma, n. 5) ovvero in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto”.
È quindi stata inserita, ad opera del legislatore della riforma, una causa di non punibilità per colui che abbia agito:
  • in condizioni di minorata difesa, tipizzate nell’art. 61 n. 5 c.p. come circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa. La minorata difesa andrà accertata in concreto dal giudice di volta in volta, tant’è che la giurisprudenza, con sentenza 6 marzo 2018, n. 15214, ha affermato che “solo un accertamento in concreto, caso per caso, delle condizioni che consentano, attraverso una complessiva valutazione, di ritenere effettivamente realizzata una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata è idoneo ad assicurare la coerenza dell’applicazione della circostanza aggravante con il suo fondamento giustificativo”;
  • in uno stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto.
Il requisito dello stato di grave turbamento, per la sua connotazione psicologica, ha sollevato diverse critiche della dottrina, la quale ha osservato come l’eccesso colposo nel commettere un fatto scriminato attenga solitamente a requisiti di tipo oggettivo, obiettivamente verificabili
Il grave turbamento costituisce un requisito non solo “elastico”, ma addirittura vago e indeterminato, esponendosi per questo a censure di illegittimità costituzionale, per contrasto con il principio di legalità, del quale la determinatezza e la tassatività della fattispecie costituiscono inderogabile corollario, presidiato dall’art. 25 Cost..
Inoltre, ha osservato la dottrina, un risultato analogo avrebbe potuto essere raggiunto (e così ha fatto la giurisprudenza in diverse pronunce), tramite l’applicazione del quarto comma dell’art. 59 c.p., considerando che lo stato di paura dell’aggredito possa essere stato provocato da un errore di percezione in merito alla gravità della situazione di fatto.
Il “grave turbamento” è stato associato alla categoria, di creazione dottrinale, della inesigibilità.
Si è ritenuto, infatti, che il soggetto che agisca in uno stato di grave turbamento emotivo non sia libero di determinarsi, e agisca anzi preda di un istinto di “sopravvivenza” dato dalla paura dovuta dalle circostanze, che rende quindi inesigibile il comportamento che avrebbe avuto un “agente modello” in una situazione astrattamente diversa.
Tale nuova nozione di “grave turbamento” va poi posta in relazione con altri istituti simili, già presenti nell’ordinamento penale, volti in qualche modo, pur con delle precisazioni, a dare rilievo agli “stati emotivi” dell’agente.
Innanzitutto, istituto che presenta della analogie con la nozione di grave turbamento è quello della provocazione, attenuante prevista dal n. 2 dell’art. 62 del c.p., il quale prevede che il reato è attenuato quando l’agente ha posto in essere la condotta reagendo, in stato d’ira, ad un fatto ingiusto altrui.
Tuttavia, mentre nel caso dell’art. 55 la reazione dovrà essere strettamente contestuale rispetto all’aggressione, si ritiene che, nel caso della provocazione, la risposta possa anche arrivare “a freddo” in un momento successivo rispetto all’azione aggressiva.
In secondo luogo, l’art. 90 del c.p. prevede che “gli stati emotivi o passionali non escludono né diminuiscono l'imputabilità”.
Sebbene la giurisprudenza abbia cercato di attenuare il rigore di quest’ultima disposizione, permettendo al giudice di incidere se non nell’”an” almeno sul “quantum” della pena, concedendo le circostanze attenuanti generiche, non ci si era mai spinti prima d’ora fino ad attribuire una rilevanza autonoma allo stato emotivo del soggetto agente, ed è questa la portata innovativa del secondo comma dell’art. 55.
Nonostante i primi commentatori abbiano riscontrato non poche difficoltà in ordine alla individuazione degli stati psicologici che possono integrare il “grave turbamento”, un punto sembra certo: quello per cui la reazione dell’aggredito deve essere esclusivamente volta al respingimento e all’autoconservazione, mai all’attacco o, addirittura, alla punizione.
Risulta evidente come l’applicazione della norma de quo solleverà particolari difficoltà soprattutto con riguardo alla dimensione probatoria, a causa delle note difficoltà di accertamento da sempre riscontrate in giurisprudenza quando si tratti di analizzare atteggiamenti psicologici interni del soggetto agente (si pensi in tal senso agli indici presuntivi elaborati dalla giurisprudenza al fine di distinguere, in modo più obiettivo, tra l’ipotesi del dolo eventuale e quella della colpa cosciente o alle difficoltà riscontrate ai fini della determinazione del “perdurante e grave stato di ansia e di paura” richiesto per la configurazione del reato di stalking).
In ogni caso, di fondamentale importanza risulterà l’analisi del contesto e delle circostanze nelle quali si è svolta la reazione all’aggressione (tra cui rientrano in generale le circostanze di tempo e luogo), che permetteranno di conferire un aspetto di obiettività ad uno stato emotivo che potrebbe altrimenti risultare, a causa della sua soggettività, oggetto di un accertamento altamente discrezionale.

///FINE SPIEGAZIONE ESTESA

Massime relative all'art. 55 Codice Penale

Cass. pen. n. 34345/2020

In tema di legittima difesa, lo stato di grave turbamento, che funge da presupposto, in alternativa alla minorata difesa, per l'applicazione della causa di non punibilità prevista dall'art. 55, comma secondo, cod. pen, come introdotto dalla legge 26 aprile 2019, n. 36, richiede che esso sia prodotto dalla situazione di pericolo in atto, rendendo, di conseguenza, irrilevanti stati d'animo che abbiano cause preesistenti o diverse e necessario, invece, da parte del giudice, un esame di tutti gli elementi della situazione di specie, per accertare se la concretezza e gravità del pericolo in atto possa avere ingenerato un turbamento così grave da rendere inesigibile quella razionale valutazione sull'eccesso di difesa che costituisce oggetto del rimprovero mosso a titolo di colpa. (Nella specie la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di condanna dell'imputato che, intervenuto in una normale lite tra madre e figlio, aveva cagionato lesioni personali alla donna, essendosi escluso che da tale lite potesse essere derivato nel soggetto agente un turbamento nei termini richiesti dalla norma).

Cass. pen. n. 52120/2017

Il delitto commesso per eccesso colposo di una causa di giustificazione ha una natura sostanzialmente colposa con conseguente applicazione di tutte le disposizioni concernenti i delitti colposi, ivi comprese quelle sulla procedibilità. (In applicazione del suddetto principio la S.C. ha censurato la decisione del giudice di merito che, avendo riqualificato il reato di lesioni personali volontarie alla stregua degli artt. 52, 55 e 590 cod. pen., in mancanza di querela della persona offesa, aveva condannato l'imputato, riconoscendo che lo stesso avesse agito in stato di legittima difesa ancorché con reazione sproporzionata rispetto all'entità del pericolo, ritenendo procedibile d'ufficio il reato così individuato).

Cass. pen. n. 3148/2014

Il riconoscimento o l'esclusione della legittima difesa, reale o putativa, e dell'eccesso colposo nella stessa costituiscono un giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità quando gli elementi di prova siano stati puntualmente accertati e logicamente valutati dal giudice di merito.

Cass. pen. n. 18926/2013

Non può essere configurato l'eccesso colposo previsto dall'art. 55 cod. pen. in mancanza di una situazione di effettiva sussistenza della singola scriminante, di cui si eccedono colposamente i limiti.

Cass. pen. n. 26172/2010

L'assenza dei presupposti della scriminante della legittima difesa, in specie del bisogno di rimuovere il pericolo di un'aggressione mediante una reazione proporzionata e adeguata, impedisce di ravvisare l'eccesso colposo, che si caratterizza per l'erronea valutazione di detto pericolo e della adeguatezza dei mezzi usati. (Nella specie si è escluso che la scriminante di cui all'art. 52 c.p., nei confronti dell'imputata, in ordine al delitto di cui all'art. 575 c.p. - la quale, aggredita dal marito, lo aveva colpito con un coltello della lunghezza non inferiore a 10 cm - ritenendo che l'utilizzo del coltello non poteva configurarsi quale eccesso colposo di legittima difesa, posto che la vittima non aveva usato arma alcuna e non aveva inferto lesioni all'imputata, che costei aveva forza fisica sufficiente per sottrarsi alle percosse, che in casa vi erano altri soggetti cui chiedere aiuto e che, pertanto, doveva ritenersi che l'imputata fosse consapevole di non essere in pericolo grave per la propria incolumità).

Cass. pen. n. 17923/2009

In tema di cosiddette lesioni sportive, non è applicabile la previsione di eccesso colposo (art. 55 c.p.) in quanto la causa di giustificazione, cosiddetta non codificata, dell'esercizio di attività sportiva presuppone che l'azione lesiva non integri infrazione di regola sportiva o comunque, laddove la integri, sia compatibile con la natura della disciplina sportiva praticata ed il contesto agonistico di svolgimento; in assenza della causa di giustificazione detta, il fatto di reato sarà doloso o colposo a seconda che la condotta sia connotata da volontà diretta a ledere l'incolumità dell'avversario o a preventiva accettazione del relativo rischio ovvero sia meramente colposa.

Cass. pen. n. 45425/2005

I presupposti essenziali della legittima difesa sono costituiti da un'aggressione ingiusta e da una reazione legittima: mentre la prima deve concretarsi nel pericolo attuale di un'offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione di un diritto (personale o patrimoniale) tutelato dalla legge, la seconda deve inerire alla necessità di difendersi, alla inevitabilità del pericolo e alla proporzione tra difesa e offesa. L'eccesso colposo sottintende i presupposti della scriminante con il superamento dei limiti a quest'ultima collegati, sicché, per stabilire se nel fatto si siano ecceduti colposamente i limiti della difesa legittima, bisogna prima accertare la inadeguatezza della reazione difensiva, per l'eccesso nell'uso dei mezzi a disposizione dell'aggredito in un preciso contesto spazio temporale e con valutazione ex ante, e occorre poi procedere ad un'ulteriore differenziazione tra eccesso dovuto ad errore di valutazione ed eccesso consapevole e volontario, dato che solo il primo rientra nello schema dell'eccesso colposo delineato dall'art. 55 c.p., mentre il secondo consiste in una scelta volontaria, la quale comporta il superamento doloso degli schemi della scriminante. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito che avevano ravvisato gli estremi del delitto di omicidio colposo nel comportamento di colui che, brutalmente assalito in presenza di altri da una persona dalla notoria fama criminale, a lui fisicamente superiore, abbia colpito con un coltello l'avversario cagionandone la morte).

Cass. pen. n. 45407/2004

L'eccesso colposo nella legittima difesa si verifica quando la giusta proporzione fra offesa e difesa venga meno per colpa, intesa come errore inescusabile, per precipitazione, imprudenza o imperizia nel calcolare il pericolo e i mezzi di salvezza. Mentre, si fuoriesce dall'eccesso colposo tutte le volte in cui i limiti imposti dalla necessità della difesa vengano superati in conseguenza della scelta deliberata di una condotta reattiva, la quale comporta il superamento, cosciente e volontario, dei suddetti limiti, trasfigurandosi in uno strumento di aggressione. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto che l'impiego di un fucile puntato in direzione del capo della vittima eccedesse i limiti della necessità di difendere il proprio bestiame da un tentativo di furto, e non potesse quindi attribuirsi ad un errore scusabile, bensì ad una condotta difensiva sproporzionata).

Cass. pen. n. 538/1995

Il presupposto su cui si fondano sia l'esimente della legittima difesa che l'eccesso colposo, è costituito dall'esigenza di rimuovere il pericolo di un'aggressione, attraverso una reazione proporzionata ed adeguata; cosicché il secondo si distingue per un'erronea valutazione del pericolo e dell'adeguatezza dei mezzi usati.

Cass. pen. n. 11840/1994

In tema di eccesso colposo in legittima difesa, l'azione antigiuridica che ha determinato la reazione difensiva dell'aggredito si connota con il ruolo di semplice occasione, rispetto all'eccesso. Pertanto, il risultato di questo non può che fare capo all'aggredito, mentre il contegno dell'offensore, rilevante ai fini dell'indagine sulla ricorrenza o meno della difesa legittima, resta causalmente estraneo all'eccesso, che è atto esclusivo dell'offeso. (Nella fattispecie, l'imputato sosteneva che la corte d'appello, accreditata l'ipotesi dell'eccesso colposo in legittima difesa, avrebbe dovuto conferire un diverso assetto alle statuizioni civili, proporzionandole alla concorrente colpa della persona che aveva determinato la sua reazione difensiva, da intendersi quale causa mediata del danno da lei riportato).

Cass. pen. n. 2561/1993

Il presupposto su cui si fonda sia l'esimente della legittima difesa che l'eccesso colposo è costituito dall'esigenza di rimuovere il pericolo di un'aggressione attraverso una reazione proporzionata ed adeguata, così il secondo si distingue solo per un'erronea valutazione del pericolo e dell'adeguatezza dei mezzi usati. Pertanto, la scelta di mezzi di reazione o la prosecuzione di una condotta reattiva che, per consapevole determinazione, superi i limiti imposti o comunque non sia più necessaria, esclude qualsiasi collegamento tra l'iniziale situazione, che eliminava l'antigiuridicità della condotta, e l'evento, perseguito per autonoma decisione. (Nella specie, la ritenuta insussistenza di legittima difesa, nemmeno sotto l'aspetto dell'eccesso colposo trovava il suo fondamento nell'insorgere di una volontà omicida autonoma rispetto all'iniziale necessità di difesa per avere l'imputato sparato il colpo letale al capo, dopo che la persona offesa era stata attinta da un primo proiettile e resa inoffensiva).

Cass. pen. n. 2099/1993

In tema di legittima difesa, l'eccesso colposo si verifica allorché per un errore di valutazione si apprestano o si usano mezzi eccessivi di difesa in rapporto all'entità del pericolo; in tal caso la colpa è, invero, identificabile nella sopravalutazione erronea dell'entità del pericolo e quindi nell'errore sulla necessità di una reazione sproporzionata. Si deve, perciò, ritenere l'eccesso colposo invece della legittima difesa soltanto ove si dimostri che i mezzi adoperati potevano essere evitati o sostituiti da altri più proporzionati al pericolo di modo che la reazione, iniziatasi in condizioni che giustificano la legittima difesa diventa in seguito eccessiva per colpa sopraggiunta.

Cass. pen. n. 8773/1992

Nella legittima difesa quando manca la proporzione tra difesa ed offesa, per eccesso nell'uso dei mezzi adoperati dall'aggredito nel difendersi, occorre differenziare tra eccesso dovuto a negligenza, imperizia, imprudenza ed, in genere, a colpa nella valutazione dell'entità dell'offesa o della misura della difesa, ed eccesso consapevole e volontario. Nel primo caso ricorre l'eccesso colposo, nel secondo il delitto è doloso perché la condotta e l'evento sono volontari e previsti. La scelta deliberata di una determinata condotta, ancorché reattiva, la quale superi i limiti imposti dalla necessità della difesa, e non per precipitazione, imprudenza od errata valutazione delle circostanze di fatto, bensì per consapevole determinazione, esclude l'eccesso colposo perché radica la volontarietà dell'evento, che diviene semplicemente punitivo, trovando nella precedente azione altrui pretesto, non causale.

Cass. pen. n. 298/1992

In coerenza con la sistematica adottata dal legislatore, per cui si distingue tra errore sul fatto che costituisce reato (art. 47 c.p.) ed errore sulle scriminanti (art. 59 c.p.), l'art. 55 contempla un'ipotesi particolare di errore sulle scriminanti, o più esattamente una particolare modalità della condotta caratterizzata da errore sulle scriminanti. La previsione normativa dell'art. 55 c.p. disciplina, infatti, quelle situazioni particolari nelle quali, per colpa, determinata da imperizia, negligenza o imprudenza, si superano i limiti oggettivi di scriminanti effettivamente esistenti, nel senso che il comportamento dell'agente, fino ad un certo punto del suo svolgimento, è sorretto da una causa di giustificazione realmente esistente; mentre in una fase successiva è accompagnato dalla mera putatività di un elemento scriminante, della quale, vengono in realtà ecceduti i limiti. Accanto a questa figura di eccesso colposo, che costituisce un eccesso modale, è tuttavia possibile parlare di eccesso anche quando questo si innesta su di una situazione di scriminante erroneamente supposta: l'agente ritiene per errore incolpevole che esista una scriminante, che nella realtà non esiste, ma nell'agire trascende colposamente i limiti consentiti dalla disposizione. Tale forma di eccesso, che esula dalla disciplina dell'art. 55 c.p., è riconducibile alla figura generale dell'art. 59 terzo comma seconda parte, che implicitamente prevede anche una forma di eccesso: l'agente, cioè, opera nella erronea ma giustificata convinzione della esistenza di una scriminante, che nella realtà, non sussiste (e che sarebbe quindi coperta dalla scriminante positiva) ma, per colpa, non si rappresenti o non osservi i limiti della scriminante stessa e, concretamente li trascenda.

L'art. 55 c.p. dispone che quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli artt. 51, 52, 53 e 54 si eccedono, colposamente i limiti, stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo. L'espresso richiamo alle disposizioni, che disciplinano le cause di giustificazione e la specificazione che l'eccesso ricorre quando, per colpa, si eccedono i limiti stabiliti dalla legge o dall'autorità, nell'ipotesi preveduta dagli artt. 51 e 53 o dalla necessità, di difendere il proprio o l'altrui diritto, o sé stesso da un danno grave alla persona, che costituiscono gli elementi strutturalmente necessari, per la configurabilità della legittima difesa e dello stato di necessità, consentono di affermare, che l'art. 55, necessariamente, postula un collegamento tra eccesso colposo e situazioni scriminanti, e dunque l'impossibilità di ritenere la fattispecie descritta dall'art. 55, come una fattispecie colposa ab origine autonoma, svincolata dalle previsioni delle singole scriminanti.

Cass. pen. n. 12067/1991

In tema di legittima difesa, l'eccesso colposo si verifica allorché per un errore di valutazione della necessità di difendersi, si apprestano o si usano mezzi eccessivi di difesa in rapporto all'entità del pericolo; in tal caso la colpa è, invero, identificabile nella sopravalutazione erronea dell'entità del pericolo e quindi nell'errore sulla necessità di una reazione sproporzionata. Si deve perciò ritenere l'eccesso colposo invece della legittima difesa soltanto ove si dimostri che i mezzi adoperati potevano essere evitati o sostituiti da altri più consentanei e proporzionati al pericolo, di modo che la reazione, iniziatasi in condizioni che giustificano la legittima difesa, diventa in seguito eccessiva per colpa sopraggiunta. (Fattispecie in cui mentre si è considerato proporzionato l'uso da parte dell'imputato di un coltello per fermare una violenta aggressione portata nei confronti suoi e del fratello, tenuto conto delle particolari modalità dell'aggressione e delle differenti condizioni fisiche dei soggetti interessati ed attesa la mancanza di altri mezzi reattivi idonei nella disponibilità dell'imputato medesimo, si è peraltro ritenuto che costui avesse per precipitazione ed imprudenza ecceduto dai limiti della necessità, sferrando all'aggressore una pluralità di colpi di coltello, cagionandogli così gravi lesioni).

Cass. pen. n. 8133/1991

In tema di legittima difesa, occorre differenziare dall'eccesso dovuto a negligenza, imperizia, imprudenza e, in genere, a colpa nella valutazione dell'entità dell'offesa e della misura della difesa, l'eccesso consapevole e volontario. Mentre nel primo caso ricorre l'eccesso colposo previsto dall'art. 55 c.p., nel secondo il delitto è doloso perché la condotta e l'evento sono volontari e previsti. La scelta deliberata di una condotta reattiva supera, in tal caso, i limiti imposti dalla necessità della difesa e non per precipitazione, imprudenza od errata valutazione, bensì per consapevole determinazione.

Cass. pen. n. 3204/1991

In tema di legittima difesa, l'eccesso colposo presuppone l'esistenza della causa di giustificazione e si qualifica ulteriormente per l'oltrepassamento colposo dei limiti stabiliti per l'esercizio della causa stessa.

Cass. pen. n. 672/1990

La legittima difesa putativa e l'eccesso colposo in legittima difesa postulano gli identici presupposti, con la differenza peraltro che nella prima la situazione di pericolo non esiste ma è erroneamente e giustificatamente supposta dall'agente, mentre nel secondo tutti i requisiti della difesa legittima reale sono presenti eccedendosi colposamente da parte dell'agente nella difesa del diritto verso il quale si rivolge l'offesa.

Cass. pen. n. 11526/1987

Colui che sfida o accetta la sfida, per risolvere la contesa o dar sfogo al proprio risentimento, versa consapevolmente nell'illecito e da tale suo stato non può invocare, non solo la legittima difesa e l'eccesso colposo, ma neppure l'attenuante della provocazione, proprio in forza della illiceità totale del suo comportamento, anche se occasionato da un precedente fatto dell'avversario, sia esso giusto o ingiusto.

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“Buongiorno,
È punibile l'agente di pubblica sicurezza che, titolare di porto d'armi ad uso sportivo, porta con sé durante il servizio un esiguo quantitativo di munizioni suppletive rispetto a quelle fornite dall'Amministrazione (dello stesso Calibro e tipo dell'arma d'ordinanza), ma acquistate privatamente con tale licenza, al fine di avere colpi di scorta nel caso di scontro a fuoco?
Grazie”
Consulenza legale i 23/08/2023
Dal punto di vista penale no in quanto non c’è alcuna fattispecie che punisca l’agente di pubblica sicurezza che detenga munizioni in esubero rispetto a quelle date in dotazione (a patto che ovviamente il porto d'armi non fosse stato revocato o sospeso).

Tuttavia, va considerato quanto segue.

Vi possono essere linee guida e/o specifici regolamenti che facciano divieto al soggetto di detenere maggiori munizioni rispetto a quelle in dotazioni. In tal caso, se il soggetto dovesse essere sorpreso con maggiori munizioni, sarebbe passibile di sanzione disciplinare e/o revoca del porto d’armi in casi particolarmente gravi.

Di solito le munizioni fornite sono più che sufficienti rispetto alle esigenze di difesa personale. Da ciò se ne deduce che laddove il soggetto dovesse usare più munizioni di quelle in dotazione per scopi difensivi evidentemente esuberanti rispetto alle esigenze di difesa, il pericolo dell’eccesso colposo nelle cause di giustificazione sussiste.

Facciamo un esempio pratico. Tizio ha 10 munizioni in dotazione. In uno scontro a fuoco tizio potrebbe benissimo difendersi con quelle 10 munizioni ma, avendone altre, decide di difendersi con maggiore veemenza sparando 20 munizioni e ferendo l’aggressore.
In questo caso potrebbe essere configurabile un eccesso colposo in - ad esempio - legittima difesa ex art. 55 c.p. con conseguente punibilità per l’ipotesi colposa di lesioni.

Certo è che si tratterebbe di un caso limite e probabilmente difficile da provare ma un tale pericolo è comunque sussistente.