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Articolo 38 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Condizione giuridica del condannato alla pena di morte

[ABROGATO]

Dispositivo dell'art. 38 Codice Penale

Articolo abrogato a seguito dell'abolizione della pena di morte con D. Lgs. n. 224/1944.

[Il condannato alla pena di morte è equiparato al condannato all'ergastolo, per quanto riguarda la sua condizione giuridica(1).]

Note

(1) La pena di morte è stata soppressa, con conseguente assorbimento nell'ergastolo, dapprima per i delitti previsti dal codice penale ex art. 1 d.lgs-lt. 10 agosto 1944, n. 224 e poi per i delitti previsti dalle leggi speciali (art. 1 dlgs. 22 gennaio 1948, n.21). La Costituzione, attraverso l'art. 27, introducendo il cd principio di umanizzazione della pena,l'aveva abolita quasi totalmente, circoscrivendone l'applicazione solo ai casi previsti dalle leggi militari di guerra. Ma anche rispetto a tali ipotesi è stata abrogata con l'art. 1 l. 13 ottobre 1994, n. 589. Tale abrogazione venne però operata con legge ordinaria, mantenendo così la possibilità di reintrodurla nelle leggi militari di guerra, in caso di dichiarazione di guerra. Il riferimento alle leggi penali di guerra è stato eliminato definitivamente dal testo costituzionale quando l'Italia ha ratificato il protocollo n. 13 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, relativo all'abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza, attraverso la l. cost. 2 ottobre 2007, n. 1 ("Modifica all'articolo 27 della Costituzione, concernente l'abolizione della pena di morte"), sancendo per via costituzionale la non applicabilità della stessa in ogni caso.

Spiegazione dell'art. 38 Codice Penale

La pena di morte è stata abrogata con il D.Lgs. n. 224/44, in quanto non solo contraria ai principi di umanità, bensì anche completamente incompatibile con la finalità rieducativa della pena di cui all'art. 27, la quale inevitabilmente si scontra con la messa a morte del condannato.

Per tale motivo la norma in esame, che equiparava la condizione giuridica del condannato a morte a quella dell'ergastolano per quanto riguardava il tempo tra la condanna e la messa a morte, è stata implicitamente abrogata.

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