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Articolo 7 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Reati commessi all'estero

Dispositivo dell'art. 7 Codice Penale

È punito secondo la legge italiana il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero(1) taluno dei seguenti reati:

  1. 1) delitti contro la personalità dello Stato italiano(2) [241-313; c. nav. 1088];
  2. 2) delitti di contraffazione del sigillo dello Stato e di uso di tale sigillo contraffatto [467];
  3. 3) delitti di falsità in monete aventi corso legale nel territorio dello Stato, o in valori di bollo o in carte di pubblico credito italiano [453-461, 464-466];
  4. 4) delitti commessi da pubblici ufficiali [357] a servizio dello Stato, abusando dei poteri o violando i doveri inerenti alle loro funzioni [314 ss.];
  5. 5) ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge [501 4, 537, 591 2, 604, 642 4; c. nav. 1080](3) o convenzioni internazionali(4) stabiliscono l'applicabilità della legge penale italiana.

Note

(1) Per quanto attiene al mercato finanziario si rimanda alla specifica disciplina contenuta agli artt. 180 e ss del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, (c.d. T.U. Draghi).
(2) All'indomani degli attentati terroristici dell'11 settembre 2001, il legislatore è intervenuto, introducendo la parola «italiano», attraverso l'art. 1, comma 5, d.l. 18 ottobre 2001, n. 374, conv. in l. 15 dicembre 2001, n. 438 (Disposizioni urgenti per contrastare il terrorismo internazionale), al fine di limitare l'ambito investigativo della magistratura italiana ai confini nazionali. La scelta legislativa si spiega alla luce della riscrittura dell'art. 270bis c.p., avvenuta per opera dello stesso provvedimento di modifica, che ha equiparato i fatti di terrorismo «interno» a quelli che si traducono in atti di violenza rivolti contro uno Stato estero, un' istituzione o un organismo internazionale. La precedente formulazione dell'art. 7 rischiava, a quel punto, di legittimare un eccessivo ed incontrollato allargamento del raggio d'azione della magistratura italiana.
(3) Si rimanda alla disciplina speciale degli art. 48, l. 24-1-1979, n. 18; art. 2, l. 24-7-1980, n. 488.
(4) Il riferimento alla fonte internazionale non permette di collegare alla stessa degli effetti di penalizzazione, in quanto verrebbe così violato il principio di riserva di legge statale in materia penale di cui all'art art. 1 del c.p.. Lo Stato potrà, ma non dovrà, quindi criminalizzare un determinato comportamento anche in ottemperanza agli obblighi scaturenti da fonti sovrastatali.

Ratio Legis

La norma tratta della prima deroga al c.d. principio di territorialità sancito dall'art. 6. Stabilisce infatti che quattro gruppi di reati, anche se commessi all'estero, sono puniti secondo la legge italiana senza che debbano concorrere altre condizioni. La ratio di tale disposizione si coglie nel principio di difesa per le ipotesi contemplate nei nn. 1-4 , dal momento che si applica la legge dello Stato cui appartengono i beni offesi. Mentre l'ultimo punto si ispira per lo più al principio di universalità, in quanto consente di applicare la legge italiana a quei delitti che, in ragione della loro natura, interessano tutte le nazioni (c.d. delicta iuris gentium).

Spiegazione dell'art. 7 Codice Penale

Per talune tipologie di delitti lo Stato può estendere la propria pretesa punitiva, normalmente circoscritta entro i confini del territorio dello Stato (art. 4 co. 2). I reati elencato nell'articolo in oggetto presentano una caratteristica in comune, ossia il fatto che il bene giuridico tutelato coincide sempre con un interesse statale rilevante.
Con ciò si intende che il soggetto passivo preminente da tutelare non è una persona fisica o un bene giuridico ben preciso (ad. es il patrimonio), bensì lo Stato inteso come ordinamento, i cui interessi vanno e possono essere difesi anche fuori dal proprio territorio di competenza. È chiaro infatti come un delitto come quello previsto e disciplinato dall'art [[n241cp] c.p., debba essere punito anche al di fuori dei confini statali, anzi, nella normalità dei casi l'attacco diretto a menomare l'indipendenza o l'unità dello Stato o a sottoporlo alla sovranità di uno Stato straniero avrà origine proprio oltreconfine.

Anche la punibilità dei pubblici ufficiali (o di soggetti a loro equiparati) per atti compiuti all'estero rivela il medesimo scopo, ovvero perseguire chi ha abusato dei propri poteri concessigli dallo Stato, offendendo dunque il corretto andamento dell'Amministrazione, lesione che può benissimo essere posta in essere da qualunque angolo del mondo.

I delitti di cui al n. 5) presentano invece caratteristiche più varie e sono posti a tutela non solo dello Stato italiano, ma anche delle altre nazioni, secondo norme speciali o convenzioni internazionali.

Massime relative all'art. 7 Codice Penale

Cass. pen. n. 15084/2021

Sussiste la giurisdizione dello Stato italiano per il delitto di procurato ingresso illegale nel territorio dello Stato di cittadini extra-comunitari quando i migranti, provenienti dall'estero a bordo di navi "madre", siano abbandonati in acque internazionali, su natanti inadeguati a raggiungere le coste italiane, allo scopo di provocare l'intervento dei soccorritori che li condurranno in territorio italiano, poiché la condotta di questi ultimi, che operano sotto la copertura della scriminante dello stato di necessità, è riconducibile alla figura dell'autore mediato di cui all'art. 48 cod. pen., in quanto conseguente allo stato di pericolo volutamente provocato dai trafficanti, e si lega senza soluzione di continuità alle azioni poste in essere in ambito extraterritoriale. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato la giurisdizione italiana nonostante l'intervento dei soccorritori non fosse stato causato da un abbandono volontario in acque internazionali ma da un'avaria ampiamente prevedibile date le condizioni di trasporto del natante).

Cass. pen. n. 17225/2020

In tema di mandato di arresto europeo, ai fini dell'applicazione del motivo di rifiuto della consegna di cui all'art. 18, lett. p), legge 22 aprile 2005, n. 69, nell'ipotesi di reato commesso da cittadino straniero fuori dal territorio dello Stato richiedente, occorre verificare la procedibilità secondo la legge italiana non con riferimento alla fattispecie concreta "sub iudice", bensì in relazione alla corrispondente ipotesi di reato commesso all'estero da cittadino italiano. (Fattispecie relativa al reato di omicidio).

Cass. pen. n. 43848/2008

È perseguibile secondo la legge italiana, ai sensi dell'art. 7, n. 4 c.p. l'appuntato dei carabinieri, in servizio presso una sede diplomatica italiana all'estero, che si attivi, dietro compenso, per procurare visti d'ingresso illegale in Italia a cittadini extracomunitari.

Cass. pen. n. 25889/2006

Il reato commesso all'estero non può rientrare nella giurisdizione del giudice italiano per il solo fatto che sia legato dal vincolo della continuazione con altro reato commesso in Italia, trattandosi di ipotesi non compresa tra quelle che, ai sensi degli artt. da 7 a 10 del c.p., comportano deroga al principio di territorialità sul quale si basa la giurisdizione dello Stato italiano.

Cass. pen. n. 21088/2004

Ai fini della perseguibilità secondo la legge italiana dei reati commessi in territorio estero da parte di pubblici ufficiali a servizio dello Stato, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla loro funzione, non è necessario un rapporto stabile di servizio con la pubblica Amministrazione, ben potendo rientrare nella previsione normativa anche lo svolgimento di compiti temporanei e/o di una missione occasionale. (Principio affermato con riferimento a concussione commessa all'estero da contrattiste dell'Amministrazione degli affari esteri).

Cass. pen. n. 4089/2000

Ai fini della perseguibilità secondo la legge italiana dei reati commessi in territorio estero da parte di pubblici ufficiali a servizio dello Stato, abusando dei poteri o violando i doveri inerenti alla loro funzione, secondo quanto previsto dall'art. 4, comma 4, c.p. non è necessario un rapporto stabile di servizio con l'amministrazione, ben potendo rientrare nella previsione normativa anche lo svolgimento di una missione occasionale. (Fattispecie relativa a missione di aiuti in Albania).

Cass. pen. n. 2860/1992

In tema di reati commessi all'estero e di rinnovamento del giudizio (artt. 7 e seguenti, 11 c.p.), la qualificazione delle fattispecie penali deve avvenire esclusivamente alla stregua della legge penale italiana, a nulla rilevando che l'ordinamento dello Stato nel cui territorio il fatto è stato commesso non preveda una persecuzione penale dello stesso fatto. Le norme in questione prevedono, infatti, limitatamente ai casi da esse contemplati e in presenza di alcune condizioni, la perseguibilità dei fatti penalmente rilevanti «secondo la legge italiana» al di là dei limiti territoriali, senza richiedere che tali fatti siano penalmente perseguiti anche nel territorio dello Stato in cui sono stati commessi. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso, premesso che il principio della doppia incriminazione, invocato dal ricorrente è sancito dalla legge penale esclusivamente in tema di estradizione, è stato ritenuto del tutto indifferente che l'evasione e il porto e detenzione illegale di armi siano o non siano perseguiti penalmente nell'ordinamento della Confederazione elvetica).

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A. R. chiede
venerdì 05/04/2024
“Salve,

pur essendo consulente legale, questo articolo mi pone dei dubbi atroci.

Innanzitutto, voglio sottolineare ciò che dice V. F. MANTOVANI, Diritto penale, Parte generale, Milano, 2020, 991 e 992; T. PADOVANI, Diritto penale, Parte generale, Milano, 2012, 57 ss.; Cfr. Cass. pen. sez. V, sent. n. 13525/2016, secondo cui “al di là delle contrapposizioni dottrinali, è controversa anche presso la giurisprudenza la questione se, per punire secondo la legge italiana il reato commesso all’estero, sia necessario che si tratti di fatto previsto come reato anche nello stato in cui fu commesso (cosiddetta doppia incriminabilità). Ed, infatti, in alcune decisioni si afferma che tale principio opera esclusivamente ai fini dell’estradizione, mentre, in tema di reati commessi all’estero e di rinnovamento del giudizio (artt. 7 e segg., 11 c.p.), la qualificazione delle fattispecie penali deve avvenire esclusivamente alla stregua della legge penale italiana, a nulla rilevando che l’ordinamento dello Stato nel cui territorio il fatto è stato commesso non preveda una persecuzione penale dello stesso fatto (Sez. 2, n. 2860 del 6 dicembre 1991 – dep. 16 marzo 1992, Buquicchio, Rv. 189895).

Inoltre, la presenza del cittadino italiano sul territorio dello Statio italiano deve essere una presenza fisica o basta che il cittadino italiano sia residente in Italia al momento dell'esercizio dell'azione penale?

Per concludere, da quello che ho capito per i reati il cui minimo edittale è inferiore a 3 anni come nel caso di Calunnia o Favoreggiamento personale è richiesta l'autorizzazione del Ministro della Giustizia oltre alla querela o denuncia? Dopo estense ricerche e dopo aver consultato varie riviste, sono giunto alla conclusione che non l'autorizzazione del Ministro della Giustizia non sia necesseria in quanto il codice usa chiaramente la parola ovvero che vuol dire o, quindi o uno o l'alto. Oltretutto in casi di cronaca abbastanza noti, tra cui l'omicidio della studentessa Martina Rossa a Palma di Mallora non fu necessaria la richiesta del ministro della giustizia e il reato fu commesso in spagna da cittadini italiani contro cittadina italiana. La mia conclusione è quindi che l'autorizzazione non serva, ma siccome si tratta di un ginepraio vorrei un vostro parare, confidando nella vostra alta reputazione.

Grazie mille”
Consulenza legale i 09/04/2024
Cerchiamo di rispondere ai quesiti singolarmente.

Innanzi tutto, quanto al requisito della doppia incriminabilità, si conferma che lo stesso è richiesto solo per le procedure di estradizione, a nulla rilevando in merito alle disposizioni di cui agli articoli 7 e seguenti del c.p.

Quanto, in via più generale, alle questioni di giurisdizione, valga quanto segue.

Il concetto di giurisdizione attiene alla titolarità dell’ordinamento giudiziario di uno stato a conoscere di un determinato fatto costituente reato.
Con riferimento all’ordinamento penale, possiamo dire in via generale che il codice penale pone una bipartizione tra:
- I reati commessi nel territorio dello Stato;
- I reati commessi all’estero.

Quanto ai primi, sul punto rileva l’ art. 6 del c.p. stando al quale la giurisdizione italiana si incardina correttamente – e senza alcuna condizione ulteriore – laddove il reato risulta commesso in Italia. Si considera commesso in Italia il reato che ivi si è consumato ovvero è ivi avvenuta parte della condotta o l’evento che lo caratterizza (cd. teoria dell’ubiquità in quanto si opera una sorta di fictio iuris nella misura in cui la commissione del fatto in Italia viene connessa tanto alla condotta quanto all’evento).

Stando, dunque, alla mera prescrizione dell’articolo predetto, laddove il reato non sia commesso in Italia, non vi sarebbe giurisdizione dell’ordinamento italiano in relazione a quel determinato fatto.

E’ proprio questa la ragione per cui il legislatore, attraverso gli articoli 7 e seguenti del c.p., ha approntato diverse eccezioni alla regola sopra indicata, così consentendo la punibilità, secondo l’ordinamento e la giurisdizione italiana, di taluni fatti-reato, pur se commessi all’estero.
La ragione va ricercata nella particolare gravità dei fatti commessi, come evidenziato dall’ art. 7 che punisce delitti commessi all’estero enormemente pericolosi, come quelli contro la personalità dello Stato o l’ art. 8 del c.p. che punisce il delitto politico commesso all’estero.

Resta il fatto che è il medesimo codice a imporre che la punibilità scatti soltanto in presenza di determinati presupposti, condizioni di procedibilità e/o limiti di pena.

Così, rispondendo ai successivi quesiti, quanto alla presenza del soggetto sul territorio dello stato, la stessa deve intendersi come presenza fisica.

Quanto alla questione del favoreggiamento e della calunnia, si tratta di reati che non prevedono affatto una pena minima di 3 anni e, dunque, laddove il cittadino italiano commetta tali reati all’estero, sarà punibile secondo la legge italiana solo in presenza dei presupposti dell’ art. 9 del c.p., comma 2, ovvero laddove vi sia, in via alternativa, la richiesta del Ministro, l’istanza o la querela della persona offesa dal reato.