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Articolo 335 bis Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Limiti all'efficacia dell'iscrizione ai fini civili e amministrativi

Dispositivo dell'art. 335 bis Codice di procedura penale

1. (1)La mera iscrizione nel registro di cui all'articolo 335 non può, da sola, determinare effetti pregiudizievoli di natura civile o amministrativa per la persona alla quale il reato è attribuito.

Note

(1) Disposizione introdotta dall'art. 15, co. 1, lett. b) del D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. "Riforma Cartabia").

Ratio Legis

La ratio della norma si ritrova nella volontà del legislatore di garantire l’indagato con la generale neutralizzazione delle conseguenze in malam partem previste da norme extrapenali, in virtù della presunzione di non colpevolezza ex comma 2 dell’art. 27 Cost..

Spiegazione dell'art. 335 bis Codice di procedura penale

L’art. 335-bis c.p.p. (introdotto dalla riforma Cartabia, d.lgs. n. 150 del 2022) stabilisce che dalla semplice iscrizione nel registro delle notizie di reato ex art. 335 del c.p.p. non è possibile far discendere conseguenze di natura amministrativa o civile nei confronti dell’indagato.

Lo scopo è quello di tutelare l’indagato dagli effetti pregiudizievoli previsti da norme extrapenali, alla luce del principio di non colpevolezza a norma del comma 2 dell’art. 27 Cost..

Tuttavia, il legislatore ha rilevato come ci siano casi in cui – per la natura degli interessi dedotti in sede di procedimento civile o amministrativo o per le particolarità della vicenda concreta – sussistano esigenze tali da poter avere una limitazione della portata del divieto previsto dall’art. 335-bis c.p.p.. Ecco perché, con il nuovo art. 110 delle disp. att. c.p.p., si è stabilito che le disposizioni, da cui derivano effetti pregiudizievoli in sede civile o amministrativa per l’indagato, si applicano comunque a colui che è sottoposto a misura cautelare personale e a colui nei cui confronti è stata esercitata l’azione penale (e, quindi, è divenuto imputato).

Relazione al D.Lgs. 150/2022

(Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: "Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari")

1 
Il criterio di delega, che riprende testualmente quello indicato alla lettera l-quater) dell’articolato proposto dalla Commissione Lattanzi, risulta chiaramente finalizzato a circoscrivere all’ambito del procedimento penale la rilevanza della valutazione compiuta dal P.M. al momento dell’iscrizione della persona sottoposta a indagini nel registro di cui all’articolo 335 del codice.


Si tratta, senz’alcun dubbio, di uno dei profili più importanti e innovativi della riforma. Proprio in ragione di ciò, la Commissione ha ritenuto che il principio enunciato nella delega meritasse d’essere riprodotto in un apposito articolo del codice di rito.
La disposizione è stata così inserita all’articolo 335 bis, sotto la rubrica «Limiti all’efficacia dell’iscrizione ai fini civili e amministrativi». Questa soluzione è stata confermata, precisando che, ad essere precluso, deve essere l'utilizzo, in via esclusiva, del solo dato relativo all'iscrizione, che, da solo, non può essere posto a fondamento della motivazione di provvedimenti o, in ogni caso, di determinazioni pregiudizievoli per il cittadino.


In proposito, giova premettere che, secondo quanto si legge nella Relazione predisposta dalla Commissione Lattanzi, il legislatore delegato avrebbe dovuto «rived[ere], rimuovendole, le ipotesi normative in cui dalla mera iscrizione nel registro delle notizie di reato discenda un effetto pregiudizievole per l’interessato».
In fase di attuazione del criterio di delega si è, tuttavia, dovuto prendere atto di come, in realtà, la dichiarata intenzione “soppressiva” non si sia tradotta in una direttiva di delega volta ad autorizzare interventi di tipo abrogativo sulle norme in questione.


Tali norme, d’altro canto, oltre che non esaustivamente censibili, risultano talora strutturate in modo da accordare rilievo alla sola posizione dell’«indagato» o della «persona sottoposta a procedimento penale» (v., rispettivamente, artt. 463 bis cod. civ. e 12, legge 7 luglio 2016, n. 122, in tema di indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti), senza menzionare quella dell’«imputato», e cioè del soggetto nei cui confronti il P.M. si sia determinato ad esercitare l’azione penale: sicché, in questi casi, l’intervento “ablativo” (peraltro solo incidentalmente) ipotizzato nel citato passo della Relazione, interdicendo effetti pregiudizievoli in relazione a valutazioni ben più pregnanti (e, addirittura, espresse da un giudice: si pensi all’applicazione di una misura cautelare personale), avrebbe finito per esorbitare lo stesso ambito di operatività delineato in via generale per il principio di garanzia introdotto dalla delega.


Ebbene, è alla stregua di tali considerazioni che il nuovo articolo 110 ter disp. att. opera una sorta di generale “conversione” del riferimento alla mera sottoposizione ad indagini, cui vengono sostituiti snodi procedimentali più pregnanti, quali l’applicazione di una misura cautelare personale o l’avvenuto esercizio dell’azione penale. È evidente peraltro, tenuto conto del tenore della nuova disposizione di cui all'articolo 335 bis c.p.p., che, ove non ricorrano dette specifiche ipotesi, l'autorità amministrativa o civile potrà tenere conto di qualunque altro elemento che ritenga di valorizzare purché non si risolva nel solo dato della mera iscrizione formale del nome della persona nel registro di cui all'articolo 335 c.p.p.

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