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Articolo 55 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Funzioni della polizia giudiziaria

Dispositivo dell'art. 55 Codice di procedura penale

1. La polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale [347-357 c.p.p.].

2. Svolge ogni indagine e attività disposta o delegata [131, 370 c.p.p.; 77 disp. att.] dall'autorità giudiziaria(1).

3. Le funzioni indicate nei commi 1 e 2 sono svolte dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria.

Note

(1) Anche quando la polizia agisce dietro impulso del pubblico ministero o del giudice che li autorizza a compiere determinati atti, si tratta comunque di poteri che già spettano alla polizia giudiziaria, ma la cui esecuzione è ordinata dall'autorità giudiziaria.

Ratio Legis

Da quanto emerge dall'analisi del codice del 1988, la polizia giudiziaria svolge un'attività prevalentemente investigativa: si tratta di un compito che ha una funzione centrale proprio perchè se le prove si acquisiscono nel dibattimento, le fonti di prova sono principalmente acquisite nel corso delle indagini preliminari. Peraltro le funzioni di polizia giudiziaria non si esauriscono in quelle indicate nell'articolo in esame: quest'ultimo tende ad indicarle tipizzando la formalità degli atti che la p.g. può compiere e demanda ad altre previsioni l'individuazione concreta delle modalità di esecuzione degli stessi. La p.g. può infatti compiere sia atti tipici come anche atti atipici che, nel rispetto della legge, siano volti ad individuare il responsabile e a ricostruire il fatto di reato.

Spiegazione dell'art. 55 Codice di procedura penale

Il fondamentale ruolo svolto dalla polizia giudiziaria al sorgere delle indagini preliminari si coglie anche dalla collocazione unitaria, riunita sotto il Titolo III, operata dal legislatore. La notizia di reato è infatti colta dalla polizia giudiziaria tramite l'azione di vigilanza e di impedimento nei confronti della commissione di illeciti (sia penali che amministrativi).

Tutto ciò con la precisazione che le attività necessarie per le decisioni inerenti all'azione penale spetta pur sempre al pubblico ministero. Parimenti, le funzioni di polizia giudiziaria sono svolte alle dipendenze e sotto la direzione dell'autorità giudiziaria ex art. 56.

Il comma 1 del presente articolo si occupa dell'attività svolta dalla polizia anche di propria iniziativa, operando una tripartizione.

Per quanto riguarda l'attività informativa, essa consiste nell'acquisire la notizia di reato, mediante l'apprensione diretta o mediante ricezione (v. art. 330), per poi riferirla al pubblico ministero ex art. 347.

L'attività investigativa consiste invece nella ricerca dell'autore del reato, con i mezzi di cui all'articolo 348.

Da ultimo, l'attività assicurativa descrive l'attività mediante la quale la polizia giudiziaria mette al riparo da alterazioni, smarrimento ecc. le prove, che poi assumeranno importanza in sede dibattimentale (o in altra sede, a seconda del procedimento).

Il medesimo comma 1 si riferisce anche all'obbligo di raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale e l'obbligo di impedire che i reati siano portati a conseguenze peggiori. Con il primo principio si tendono a ricomprendere tutti quegli elementi utili per l'applicazione della legge penale, come ad esempio il verbalizzare il comportamento del soggetto autore del reato oppure la gravità del danno. Il secondo principio è invece tipico della polizia di sicurezza.

Il comma 2 descrive le attività della polizia giudiziaria su delega o su ordine dell'autorità giudiziaria. In relazione al pubblico ministero, si evidenziano gli articoli 378 e 348, comma 3 sull'attività guidata, nonché 370 sugli atti delegabili.

In relazione invece al giudice, l'intervento della polizia giudiziaria può essere da lui richiesto per l'accompagnamento coattivo dell'imputato o di altre persone, per l'esecuzione di misure cautelari personali e reali, le perquisizioni ed i sequestri.

A chiari fini definitori, il comma 3 stabilisce che le funzioni di cui sopra sono svolte unicamente dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria, così come definiti dall'articolo 57.

Massime relative all'art. 55 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 28727/2011

Le competenze di polizia giudiziaria spettanti, quali agenti di P.G., alle guardie particolari giurate delle associazioni protezionistiche e zoofile riconosciute (art. 6, L. 20 luglio 2004, n. 189), si estendono alla protezione di animali anche diversi da quelli di affezione. (Nella specie la Corte ha riconosciuto la legittimazione ad eseguire il sequestro di animali esotici, per violazione dell'art. 544 ter, c.p., agli agenti della L.I.D.A.).

Cass. pen. n. 21778/2004

Non costituisce «attività di contrasto» soggetta ad autorizzazione dell'autorità giudiziaria, ai sensi dell'art. 14 della legge 3 agosto 1998 n. 269 (recante norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori quali nuove forme di riduzione in schiavitù), quella che consista soltanto nell'accesso a fini investigativi, da parte di personale di polizia giudiziaria, mediante uso di una determinata parola chiave, a files condivisi, senza che tale attività sia accompagnata da quella di acquisto simulato o di intermediazione nell'acquisto dei prodotti esistenti in detti files

Cass. pen. n. 734/2002

In tema di attività di polizia giudiziaria, è legittimo, una volta ottenuto con il sequestro la disponibilità di un telefono cellulare costituente mezzo per la commissione del reato (nella specie relativo a spaccio di stupefacenti), che l'operatore di P.G. risponda alle telefonate che pervengono all'apparecchio ed utilizzi le notizie così raccolte per l'assunzione di sommarie informazioni dagli interlocutori, ai sensi dell'art. 351 c.p.p., non venendo in rilievo in tale ipotesi né le disposizioni sulle intercettazioni telefoniche né la tutela costituzionale della segretezza delle comunicazioni di cui all'art. 15 Cost., trattandosi di attività che rientra nelle funzioni proprie della polizia giudiziaria, volta ad assicurare le fonti di prova e raccogliere ogni elemento utile per la ricostruzione del fatto e l'individuazione del colpevole.

Cass. pen. n. 1997/1996

È legittimo il provvedimento con il quale il pubblico ministero autorizza la polizia giudiziaria a sorvegliare, a debita distanza e in modo non invasivo, l'incontro tra un genitore ed il figlio minore al fine di impedire la sottrazione, già verificatasi in passato, di questo da parte del primo poiché tali compiti rientrano tra quelli istituzionali della polizia giudiziaria di ricerca della notizia criminis e di impedimento a che i reati siano portati a più gravi conseguenze. Contro tale provvedimento è comunque inammissibile il ricorso per cassazione, non essendo previsto uno specifico mezzo di impugnazione e non rientrando tra quelli limitativi della libertà personale.

Cass. pen. n. 3974/1994

Deve considerarsi abnorme e come tale è immediatamente ricorribile per cassazione il provvedimento con il quale il pubblico ministero, quale capo della polizia giudiziaria ed allo scopo di impedire che un reato permanente venga portato ad ulteriori conseguenze, ordini, richiamandosi all'art. 55 c.p.p., lo sgombero di un immobile abusivamente occupato; ai fini del perseguimento dello scopo suddetto, infatti, possono essere utilizzati esclusivamente gli strumenti specificamente preveduti dalle norme processuali penali, tra i quali non rientra il provvedimento di sgombero, atto che è riservato all'autorità amministrativa e travalica le attribuzioni del pubblico ministero e della polizia giudiziaria, salvo che non costituisca una ineliminabile modalità di attuazione del sequestro. (Nella specie, la Corte ha annullato le ordinanze del giudice per le indagini preliminari e del tribunale del riesame che avevano dichiarato inammissibili le richieste, rispettivamente, di revoca e riesame del provvedimento de quo, ed ha rilevato che, poiché con esse si denunciava l'abnormità del provvedimento, gli atti dovevano essere rimessi alla stessa Corte di cassazione per la relativa pronuncia).

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U. B. chiede
mercoledì 07/02/2024
“Buongiorno,
le guardie zoofile (Legge 189/04 art. 6 comma 2), sono anche Ufficiali di P.G. (ART. 55-57 c.p.p. comma 3)? Essendo pubblici ufficiali (quando sono in servizio), possono identificare/generalizzare un soggetto per un controllo diverso dalla Legge 189/04? Per esempio, procedere all’identificazione di un soggetto che con un mezzo scarica sul suolo pubblico rifiuti in presenza delle Guardie Zoofile o di un soggetto che in zone boschive si aggira (nel periodo estivo) in luoghi in cui si sono verificati incendi? Ed infine, sempre dette guardie, nominate ai sensi della Legge sopra citata, non essendo agenti di Polizia stradale; quindi, non potendo utilizzare la cosiddetta “paletta” (segnale distintivo) come possono fermare i veicoli in movimento nel caso vi sia un cane a bordo libero il cui conducente commette violazione ad un regolamento comunale o ordinanza sindacale, o altra norma che non sia codice della strada?
In attesa, ringrazio e porgo cordiali saluti.”
Consulenza legale i 09/02/2024
La legge 189 del 2004 costituisce un importante modifica normativa – resa necessaria anche dalle modifiche costituzionali in tema di tutela ambientale e animale – che ha sostanzialmente mutato il volto delle disposizioni penalistiche in tema di maltrattamenti, uccisione e sfruttamento di animali.

La novella ha in buona sostanza implementato la tutela della fauna riconnettendola, da un lato, a quella ambientale e dall’altro all’esigenza di tutelare il sentimento collettivo di pietà e affezione che l’uomo nutre nei confronti della specie animale.

Oltre a queste disposizioni di natura sostanziale, la normativa in parola ha poi previsto, con l’articolo 6, che al fine di vegliare sul rispetto delle previsioni legislative vi sia:
- un coordinamento tra le forze dell’ordine “classiche” del nostro paese (Polizia di Stato, Carabinieri, Finanza etc);
- un coinvolgimento delle guardie particolari giurate delle associazioni protezionistiche e zoofile riconosciute.

Ora, seppure è vero che tali guardie vengono nominate ai sensi e per gli effetti dell’art. 55 e seguenti del c.p.p., ritenere che le stesse siano perfettamente assimilabili alla polizia giudiziaria non è possibile.

La legge 189, infatti, è molto chiara nell’affermare che le particolari guardie giurate hanno una funzione di vigilanza con esclusivo riferimento alle disposizioni della “presente legge” e “delle altre norme relative alla protezione degli animali”. L’addentellato normativo dunque circoscrive in modo netto l’ambito di azione delle guardie in questione, che in ciò si differenziano nettamente dalla polizia giudiziaria che ha il generale compito di prevenire e sopprimere qualsivoglia forma di reato, anche su delega del Pubblico Ministero procedente.

In teoria, dunque, le particolari guardie giurate non avrebbero attività di prevenzione rispetto a fatti ultronei e diversi da quelli previsti dalla legge 189.
In tale ottica va ricordato la differenza sostanziale che v’è tra attività preventiva di polizia giudiziaria e la diversa funzione di doverosa comunicazione delle notizie di reato cui i pubblici ufficiali soggiacciono ai sensi della normativa processualpenalistica. Le guardie di cui si discute conservano la prima e la seconda qualifica solo rispetto alle attività censurate dalla novella normative e non già per ulteriori e diverse categorie delittuose.
Per gli ulteriori reati, quindi, le guardie possono intervenire solo se sussistono concreti indizi di reità che spingerebbero l’attivazione della normativa connessa alla qualifica di pubblici ufficiali che abiliterebbe le guardie predette alla comunicazione di qualsivoglia notizia di reato e all’identificazione dei soggetti sospettati.

Quanto detto ha dei riverberi sostanziali anche rispetto al secondo quesito posto e specificamente connesso all’attività di “blocco” stradale.
Se le guardie particolari non hanno sentore di fattispecie costituenti reato non si vede per quale ragione dovrebbero procedere all’attività di blocco stradale che esubera dalle loro mansioni.

Va da sé, in ogni caso, che queste differenze dal punto di vista sostanziale e fattuale sono molto poco marcate. Non va dimenticato, infatti, che il codice penale, all’ art. 651 del c.p., punisce la condotta di chi rifiuta di dare indicazioni sulla propria identità personale se richieste da un pubblico ufficiale.

E’ chiaro quindi che se un soggetto dovesse essere interrogato in tale senso dalle guardie particolari non potrebbe sottrarsi alla comunicazione delle proprie generalità e quindi quelle differenze di cui abbiamo discusso prima (anche rispetto al perimetro funzionale delle guardie giurate particolari) sono sostanzialmente obliterate dall’applicazione delle ulteriori disposizioni dell’ordinamento penale, prima tra tutte quella di cui all’articolo 651 c.p.