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Articolo 26 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Prove acquisite dal giudice incompetente

Dispositivo dell'art. 26 Codice di procedura penale

1. L'inosservanza delle norme sulla competenza non produce l'inefficacia delle prove già acquisite.

2. Le dichiarazioni rese al giudice incompetente per materia, se ripetibili, sono utilizzabili soltanto nell'udienza preliminare [416 c.p.p. ss.] e per le contestazioni a norma degli articoli 500 e 503.

Ratio Legis

L'articolo in oggetto, in ossequio al principio utile per inutile non vitiatur, stabilisce i casi in cui possono o non posso essere utilizzate le prove acquisite dal giudice incompetente e, in caso siano utilizzabili, ne detta i limiti di impiego.

Spiegazione dell'art. 26 Codice di procedura penale

I due ultimi articoli del capo riservato all'incompetenza ed agli affetti che possono scaturirne seguono il principio di conservazione degli atti assunti dal giudice poi risultato incompetente.

La norma in esame stabilisce che il mancato rispetto delle norme sulla competenza non produce l'inefficacia delle prove acquisite.

Il secondo comma prevede un'unica eccezione, riferita alle dichiarazioni rese al giudice incompetente per materia che, se ripetibili, possono venire utilizzate solamente in sede di udienza preliminare e per le contestazioni di cui agli articoli 500 e 503.

Per quanto concerne invece l'articolo 27, ivi si stabilisce che le misure cautelari disposte da un giudice poi risultato incompetente contestualmente o successivamente alla decisione sulle misure stesse, cessano di avere efficacia se, entro venti giorni dall'ordinanza di trasmissione degli atti al giudice competente, questo non conferma le misure disposte.

Massime relative all'art. 26 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 1263/2013

Le prove orali assunte da giudice originariamente incompetente per materia ma a cui la competenza sia stata attribuita, in via retroattiva, per legge sono pienamente utilizzabili, non risultando ad esse applicabile la regola di cui all'art. 26 comma secondo, c.p.p.. (Fattispecie relativa all'applicazione retroattiva, ex art. 2, comma primo, D.L. n. 10 del 2010, conv. in l. n. 52 del 2010, della competenza per materia del tribunale per il delitto di associazione di tipo mafioso, in qualsiasi modo aggravato).

Cass. pen. n. 14/1994

In tema di reati ministeriali, la violazione del divieto, per il procuratore della Repubblica, ai sensi dell'art. 6, comma secondo, della legge costituzionale 16 gennaio 1989 n. 1, di compiere indagini prima della trasmissione delle proprie richieste, con i relativi atti, al collegio di cui all'art. 7 della citata legge costituzionale non comporta l'inutilizzabilità, ai sensi dell'art. 191 c.p.p., in sede cautelare, degli elementi acquisiti; e ciò in forza della espressa deroga al principio della inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite prevista dall'art. 26 c.p.p. per il caso in cui tale illegittimità derivi dall'inosservanza delle norme sulla competenza per materia (assimilabile a quella per funzione) e le prove siano ripetibili ed utilizzate soltanto nella fase precedente il giudizio.

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