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Articolo 637 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Sentenza

Dispositivo dell'art. 637 Codice di procedura penale

1. La sentenza è deliberata secondo le disposizioni degli articoli 525, 526, 527 e 528.

2. In caso di accoglimento della richiesta di revisione, il giudice revoca la sentenza di condanna o il decreto penale di condanna(1) e pronuncia il proscioglimento indicandone la causa nel dispositivo.

3. Il giudice non può pronunciare il proscioglimento esclusivamente sulla base di una diversa valutazione delle prove assunte nel precedente giudizio [192].

4. In caso di rigetto della richiesta, il giudice condanna la parte privata che l'ha proposta al pagamento delle spese processuali e, se è stata disposta la sospensione, dispone che riprenda l'esecuzione della pena o della misura di sicurezza(2).

Note

(1) L'iscrizione della sentenza nel casellario giudiziale viene eliminata ex art. 5, comma 2, lett. a), del D.P.R. 14 novembre 2002, n. 113.
(2) La condanna riguarda quindi solo la parte privata e non il pubblico ministero.

Ratio Legis

La norma in esame è atta a disciplinare l'epilogo della fase di merito che si instaura successivamente alla richiesta di revisione, non giudicata inammissibile.

Spiegazione dell'art. 637 Codice di procedura penale

Oltre alla sentenza che dichiari l'inammissibilità della richiesta di revisione (v. art. 634), il giudizio può concludersi con il rigetto o l'accoglimento della domanda.

In caso di rigetto della domanda, il giudice condanna la parte privata che l'ha proposta al pagamento delle spese processuali e, se in precedenza era stata disposta la sospensione della pena o della misura di sicurezza ex art. 635, dispone che l'esecuzione riprenda il suo corso.

Per contro, in caso di accoglimento della domanda, il giudice revoca la sentenza di condanna e pronuncia sentenza di proscioglimento, indicandone la causa nel dispositivo. Va precisato che il comma 3 ha una valenza relativa, posto che il principio secondo cui il giudice non può pronunciare il proscioglimento esclusivamente sulla base di una diversa valutazione delle prove assunte in precedenza esaurisce la propria valenza nelle ipotesi di revisione di cui all'art. 630, lett. c). Ad ogni modo, tale comma vuole evidenziare che il giudice della revisione deve valutare in maniera globale il nuovo quadro probatorio delineatosi, in modo da avere una nuova visione d'insieme che gli consenta di meglio valutare la fattispecie. In sintesi, la sopravvenienza di nuove prove, seppur rilevanti, non è di per sè dirimente ai fini del proscioglimento del condannato.

L'accoglimento comporta altresì la restituzione delle somma pagate in esecuzione della condanna, vale a dire le pene pecuniarie, le spese processuali, quelle per il mantenimento in carcere e per il risarcimento dei danni in favore della parte civile (se citata per il giudizio di revisione) nonché la restituzione delle cose confiscate, tranne quelle di cui al secondo comma dell'articolo 240 c.p..

Massime relative all'art. 637 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 44704/2016

Il provvedimento con il quale il giudice, nel pronunciare sentenza di rigetto della richiesta di revisione, dispone, ai sensi dell'art.637, comma quarto, cod. proc. pen., la ripresa dell'esecuzione della pena, precedentemente sospesa ai sensi dell'art. 635 stesso codice, ha effetto immediato, indipendentemente dall'eventuale impugnazione della suddetta sentenza, in considerazione sia del principio generale dell'immediata eseguibilità dei provvedimenti in materia di libertà (art. 588, comma secondo, cod. proc. pen.), sia del fatto che tanto la sospensione quanto il ripristino dell'esecuzione costituiscono vicende interne ad un unico rapporto esecutivo, avente il suo titolo nella sentenza irrevocabile che ha formato oggetto della richiesta di revisione e non in quella che respinge tale richiesta.

Cass. pen. n. 5077/2000

La immediata impugnabilità delle ordinanze in materia di libertà personale riguarda esclusivamente quei provvedimenti che, pur emessi contestualmente alla sentenza, sono comunque dotati di autonomia concettuale e giuridica, come le ordinanze in materia di misure cautelari coercitive. Non sono pertanto immediatamente impugnabili quelle statuizioni meramente conseguenziali rispetto alla decisione, come quella prevista dall'art. 637, comma 4, c.p.p., che è atto dovuto del giudice il quale rigetta in tutto o in parte l'istanza di revisione e che comunque, dovendo seguire le sorti della sentenza, non è esecutiva se non quando questa diviene irrevocabile. (Fattispecie nella quale la S.C., in applicazione del principio di cui in massima, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la revoca della ordinanza di sospensione della esecuzione della pena, pronunciata dal giudice della revisione con la sentenza che aveva accolto soltanto in parte l'istanza del condannato).

Cass. pen. n. 13989/1999

Poiché l'art. 637 c.p.p. richiama l'art. 525 stesso codice, ma il precedente art. 636 richiama le disposizioni dei titoli primo e secondo del libro VII, tra le quali quelle degli artt. 492, 493 e 495 solo in quanto siano applicabili e nei limiti della richiesta di revisione, la nullità assoluta di cui al citato art. 525 nel giudizio di revisione ha un'applicazione più limitata, attenendo al momento deliberativo della sentenza, ma non anche necessariamente al momento celebrativo del dibattimento. (Fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto infondato il motivo di ricorso con il quale si era lamentata l'omessa rinnovazione del dibattimento a seguito della mutata composizione della corte d'appello, osservando che, data la particolarità del giudizio di revisione, che è condizionato dall'istanza di revisione e dal giudizio sull'ammissibilità di questa, la nullità prevista dall'art. 525, comma secondo, c.p.p. ricorre solo quando la sentenza sia pronunciata in base a materiale probatorio raccolto da giudici diversi da quelli che deliberano la sentenza).

Cass. pen. n. 3148/1999

In tema di revisione, la manifesta infondatezza che giustifica la declaratoria di inammissibilità dell'istanza di revisione deve essere tale da dar luogo alla sua rilevabilità immediata, in base a semplice e sommario esame delibativo, senza necessità di un approfondito e completo esame di merito, che va svolto soltanto nel vero e proprio giudizio di revisione. Ne consegue che, quando invece l'esame è fatto in sede di giudizio delibativo (rescindente), ciò vale di per se stesso ad escludere la manifesta infondatezza della richiesta di revisione e comporta perciò l'annullamento dell'ordinanza con la quale la richiesta di revisione è stata dichiarata inammissibile.

Cass. pen. n. 945/1992

In tema di revisione il disposto dell'art. 637, comma terzo, c.p.p. secondo il quale «il giudice non può pronunciare il proscioglimento esclusivamente sulla base di una diversa valutazione delle prove assunte nel precedente giudizio» implica che le nuove prove — valutate di per sè o «unite a quelle già valutate» — ben possono portare ad una totale rielaborazione della verità processuale acquisita, a patto però che esse si collochino al di fuori del quadro probatorio già valutato nel giudizio definitivo, giacché, altrimenti esse, ponendosi all'interno di tale quadro, costituirebbero un mezzo per invalidare il giudizio di attendibilità già formulato sulle prove acquisite e, conseguentemente, si risolverebbero in un espediente diretto a trasgredire il suddetto divieto.

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