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Articolo 627 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 04/04/2024]

Giudizio di rinvio dopo annullamento

Dispositivo dell'art. 627 Codice di procedura penale

1. Nel giudizio di rinvio non è ammessa discussione sulla competenza attribuita con la sentenza di annullamento, salvo quanto previsto dall'articolo 25(1).

2. Il giudice di rinvio(2) decide con gli stessi poteri che aveva il giudice la cui sentenza è stata annullata, salve le limitazioni stabilite dalla legge. Se è annullata una sentenza di appello e le parti ne fanno richiesta, il giudice dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale [603] per l'assunzione delle prove rilevanti per la decisione.

3. Il giudice di rinvio si uniforma alla sentenza della corte di cassazione per ciò che concerne ogni questione di diritto con essa decisa.

4. Non possono rilevarsi nel giudizio di rinvio nullità, anche assolute, o inammissibilità, verificatesi nei precedenti giudizi o nel corso delle indagini preliminari [591 4](3).

5. Se taluno degli imputati, condannati con la sentenza annullata, non aveva proposto ricorso, l'annullamento pronunciato rispetto al ricorrente giova anche al non ricorrente, salvo che il motivo dell'annullamento sia esclusivamente personale [587]. L'imputato che può giovarsi di tale effetto estensivo deve essere citato e ha facoltà di intervenire nel giudizio di rinvio.

Note

(1) Quindi, la sentenza di annullamento è attributiva di competenza e comporta l'irretrattabilità del c.d. foro commissorio.
(2) Tale giudice risulta individuato ai sensi dell'art. 623.
(3) Tale principio si ricollega all'inoppugnabilità della sentenza della corte di cassazione, che quindi copre il dedotto e il deducibile, comprese eventuali nullità o inammissibilità.

Ratio Legis

La norma in esame è orientata ad inquadrare il giudizio di rinvio non come una semplice rinnovazione del giudizio conclusosi con la sentenza annullata, ma quale fase a sé stante, condizionata dal contenuto della pronuncia della Cassazione.

Spiegazione dell'art. 627 Codice di procedura penale

In linea di principio il giudice del rinvio decide con gli stessi poteri che aveva il giudice della sentenza cassata, tranne per quanto concerne le (opportune limitazioni) stabilite dalla presente norma.

Innanzitutto, nel giudizio di rinvio non è ammessa discussione sulla competenza, salvo che risultino nuovi fatti che comportano una nuova definizione giuridica da cui derivi a sua volta la modifica della giurisdizione o della competenza di un giudice superiore (ad es. corte d'assise invece che tribunale).

Una seconda limitazione deriva dal comma 4, ai sensi del quale non possono rilevarsi, nel giudizio di rinvio, nullità anche assolute o cause di inammissibilità del ricorso o delle varie richieste verificatesi in precedenza. Tramite tale regola si attua il principio di inoppugnabilità delle sentenze della corte di cassazione, e più precisamente il principio secondo cui tale sentenza copre il dedotto ed il deducibile, comprese le ipotesi di nullità ed inammissibilità.

Ulteriore limite è rappresentato dal divieto di reformatio in peius, sia quando la sentenza annullata è emessa in appello da un giudice vincolato da tale divieto (avendo appellato il solo imputato), sia quando la sentenza annullata è emessa in grado di appello da un giudice non vincolato dal divieto (avendo appellato il pubblico ministero) e ricorrente in cassazione fosse il solo imputato (e non il p.m., nemmeno con ricorso incidentale).

Per quanto riguarda i poteri del giudice del rinvio, quest'ultimo è tenuto ad uniformarsi alla sentenza della corte di cassazione in riferimento alle decisioni di diritto della medesima. Per questione di diritto deve intendersi il principio interpretativo di diritto sostanziale o processuale cristallizzato dalla corte di cassazione.

Qualora la sentenza fosse stata annullata per vizio di motivazione, il giudice del rinvio può riesaminare totalmente il materiale probatorio, ma senza ripetere gli errori motivazionali stigmatizzati dalla corte.

Nel caso di annullamento per errores in procedendo, il giudice del rinvio deve chiaramente evitare di ripetere l'errore, ma anche in tal caso può riesaminare le prove già acquisite al processo.

In caso, invece, di errores in iudicando, il giudice è di regola vincolato alla valutazione dei fatti già operata dall'altro giudice della sentenza annullata, ma può decidere in maniera diversa circa la questione di diritto, quando la corte ha considerato errato il precedente accertamento dei fatti come risolutivo o comunque determinante.

Entro i limiti di cui sopra, il giudice del rinvio è vincolato a quanto statuito dalla corte di cassazione, tranne in alcuni casi: legge di interpretazione autentica sopravvenuta, abrogazione legislativa, declaratoria d'illegittimità costituzionale, mutamento del diritto comunitario, soprattutto per quanto riguarda decisioni della Corte EDU.

L'ultimo comma regola invece l'estensione degli effetti favorevoli della sentenza nei confronti del condannato non ricorrente in cassazione.

Massime relative all'art. 627 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 11958/2020

In caso di annullamento, per mancata rinnovazione dell'assunzione di prove dichiarative decisive, della sentenza di appello che, in accoglimento del gravame della parte civile, abbia riformato, con condanna ai soli effetti civili, la decisione assolutoria di primo grado, il rinvio per nuovo giudizio va disposto dinnanzi al giudice penale. (Conf. Sez. 4, n. 12174/2020, non massimata). (Annulla con rinvio, CORTE APPELLO ROMA, 08/02/2019).

Cass. pen. n. 49875/2018

Nel caso in cui la Corte di cassazione accolga una parte dei motivi di ricorso, dichiarando assorbiti gli altri, il giudice del rinvio è tenuto a riesaminare e a decidere, senza alcun vincolo, le questioni oggetto dei motivi assorbiti, purché queste siano state ritualmente devolute alla cognizione del giudice di secondo grado attraverso i motivi di appello. (Fattispecie in cui nel giudizio rescindente la Corte di cassazione aveva annullato con rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al difetto di giurisdizione relativamente ad imputazioni per traffico internazionale di stupefacenti, dichiarando assorbiti gli altri motivi, ed il giudice del rinvio aveva omesso di esaminare le questioni relative alla richiesta qualificazione del reato nella ipotesi di cui al quinto comma dell'art.73 del d.P.R. n. 309 del 1990 e al giudizio di bilanciamento tra circostanze di segno opposto).

Cass. pen. n. 39478/2018

Nel giudizio di rinvio, il divieto, di cui all'art. 627, comma quarto, cod. proc. pen., di dedurre nullità, anche assolute, verificatesi nei precedenti gradi di giudizio, comprende, altresì, la prospettazione di questioni sotto profili diversi da quelli rappresentati. (Fattispecie in cui la parte aveva riproposto nel nuovo giudizio in cassazione l'eccezione di nullità della notifica del decreto di citazione a giudizio per mancata rinnovazione del decreto di irreperibilità, piuttosto che per l'incompletezza delle ricerche già eccepita in precedenza).

Cass. pen. n. 15524/2018

Nel caso di annullamento con rinvio, per difetto di motivazione rafforzata, della sentenza di appello che condanna l'imputato in riforma di quella assolutoria di primo grado, la declaratoria di estinzione del reato conseguente alla prescrizione nel frattempo maturata non prevale sul proscioglimento dell'imputato nel merito, atteso che detta declaratoria postula un'attività meramente ricognitiva del compendio probatorio, preclusa dal rinvio disposto dalla Corte di cassazione proprio sul presupposto della necessità di ulteriori verifiche.

Cass. pen. n. 11641/2018

Il giudice del rinvio è tenuto ad uniformarsi non solo al principio di diritto, ma anche alle premesse logico-giuridiche poste a base dell'annullamento, non potendo nuovamente valutare questioni che, anche se non esaminate nel giudizio rescindente, costituiscono i presupposti della pronuncia sui quali si è formato il giudicato implicito interno. (Fattispecie in cui, a seguito dell'annullamento della decisione che aveva dichiarato l'inammissibilità dell'eccezione di incompetenza in sede di giudizio abbreviato, il giudice del rinvio, anziché pronunciarsi sulla competenza, aveva valutato in punto di fatto la tempestività dell'eccezione).

Cass. pen. n. 3377/2017

Qualora una sentenza di condanna in grado di appello venga annullata con rinvio limitatamente all'applicazione della recidiva reiterata (essendo intervenuto, prima di tale sentenza, un provvedimento di unificazione ex art. 671 cod. proc. pen. delle due condanne che avevano fondato la contestazione della predetta forma di recidiva), il giudice del rinvio è tenuto a procedere ad un nuovo giudizio di comparazione delle circostanze e alla eventuale rideterminazione del trattamento sanzionatorio, dovendo invece escludersi la possibilità di rivalutare la fondatezza della richiesta di patteggiamento "allargato", rigettata in primo grado per la contestazione della recidiva reiterata.(Nella specie, la Corte d'appello aveva ribadito in sede di rinvio - con la decisione confermata in cassazione - il giudizio di equivalenza ed il trattamento sanzionatorio già irrogato, omettendo peraltro di pronunciarsi sul motivo concernente il patteggiamento. In applicazione del principio di cui alla massima, la S.C.- decidendo sul ricorso straordinario proposto ex art. 625-bis cod. proc. pen. - ha ritenuto non decisivo l'errore in cui, effettivamente, era incorso il giudice di legittimità nel considerare preclusa la questione, perchè non dedotta nel precedente ricorso per cassazione).

Cass. pen. n. 4929/2015

La sentenza della Corte di cassazione, inoppugnabile per dettato di legge, copre il dedotto e il deducibile, ivi comprese le eventuali nullità e inammissibilità, sicché queste, nel giudizio di rinvio, non solo non possono essere proposte dalle parti, ma neppure essere rilevate di ufficio dal giudice di rinvio. (Fattispecie in cui la Corte, giudicando a seguito di trasmissione degli atti da parte del Tribunale che, quale giudice di rinvio in grado di appello avverso sentenza assolutoria del giudice di pace, aveva rilevato la originaria non appellabilità della sentenza di primo grado, ha ritrasmesso gli atti al Tribunale per la celebrazione del nuovo giudizio di appello ritenendo, in applicazione del principio di cui sopra, tale questione non più rilevabile dal giudice del rinvio per effetto dell'intangibilità della pronuncia di annullamento con rinvio della Corte).

Cass. pen. n. 1595/2015

Nel giudizio di rinvio è precluso il rilievo di ogni nullità, anche assoluta, verificatesi nei precedenti giudizi, ivi compreso quello di legittimità, in virtù della disposizione contenuta nell'art. 627, comma quarto, c.p.p.. (La Suprema Corte ha, in motivazione, precisato che la norma trova applicazione in via diretta e non analogica, in quanto non circoscrive il riferimento "ai precedenti giudizi" soltanto a quelli di merito, includendovi anche il rescindente giudizio di legittimità).

Cass. pen. n. 16359/2014

In materia di riesame delle misure cautelari, il giudice del rinvio ex art. 627 c.p.p. è vincolato, al pari del giudizio di merito, al principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione ed è limitato, nell'indagine di merito devoluta, all'esame del "punto" della prima decisione attinto da annullamento, con divieto di estendere l'indagine a vizi di nullità o inammissibilità non riscontrati dalla Corte, salva, nella specifica materia, la sopravvenienza di nuovi elementi di fatto, sempre valutabili nel giudizio allo stato degli atti.

Cass. pen. n. 16208/2014

Il divieto di "reformatio in pejus" opera anche nel giudizio di rinvio e con riferimento alla decisione del giudice di appello se il ricorso per cassazione è stato proposto dall'imputato, essendo irrilevante, per il verificarsi di questi effetti, che la sentenza di primo grado sia stata appellata dal pubblico ministero.

Cass. pen. n. 28499/2013

La preclusione dettata dall'art. 627, comma quarto, c.p.p. - per la quale nel giudizio di rinvio non si possono dedurre nullità, anche assolute, o inammissibilità, verificatesi nei precedenti giudizi - riguarda anche l'ipotesi in cui nel giudizio di rinvio si eccepisca l'inammissibilità, per intempestiva proposizione, del ricorso in sede di legittimità a seguito del quale sia stato disposto l'annullamento con rinvio.

Cass. pen. n. 23052/2013

L'obbligo di uniformarsi, nella valutazione del materiale probatorio, alla sentenza di annullamento con rinvio pronunciata della Corte di Cassazione sussiste, ai sensi dell'art. 627 comma terzo c.p.p., solo per il giudice del rinvio e non anche per i giudici che, sia pure nel medesimo processo, siano chiamati a trattare distinte fasi o gradi dello stesso. (Fattispecie nella quale la S.C. ha escluso la violazione di legge nell'ipotesi di sentenza di condanna emessa senza attendere il deposito della motivazione con la quale la Corte aveva annullato, rinviando al Tribunale del Riesame, il provvedimento di conferma di custodia cautelare in carcere, rilevando la carenza di motivazione in ordine alla valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della misura).

Cass. pen. n. 8555/2013

In forza del combinato disposto degli artt. 25 e 627, comma primo, c.p.p., nel giudizio di rinvio non può essere rimessa in discussione la competenza attribuita con la sentenza di annullamento, salvo che risultino nuovi fatti che comportino una diversa definizione giuridica da cui derivi la competenza di un giudice superiore.

Cass. pen. n. 4049/2013

L'obbligo del giudice di rinvio di uniformarsi alla sentenza della Corte di cassazione per quanto riguarda ogni questione di diritto con essa decisa è assoluto ed inderogabile anche quando, a seguito di tale decisione, sia intervenuto un mutamento di giurisprudenza. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto non doversi tener conto del mutamento dell'orientamento giurisprudenziale sulla indispensabilità del dolo intenzionale nel delitto di crollo di costruzioni ex art. 434 c.p., in presenza di una sentenza di annullamento che aveva rinviato al giudice di merito per accertare l'esistenza del dolo, quantomeno nella sua forma eventuale).

Cass. pen. n. 27458/2011

L'irretrattabilità del cosiddetto foro commissorio nell'incidente cautelare reale non viene meno qualora, dopo che si sia ritualmente incardinato il giudizio di rinvio, venga istituito un nuovo capoluogo di provincia e diventi operativo nello stesso un nuovo Tribunale cui apparterebbe la cognizione della materia specifica.

Cass. pen. n. 9028/2011

L'annullamento con rinvio disposto esclusivamente ai fini della determinazione della pena non impedisce al giudice del rinvio di pronunciare l'assoluzione per insussistenza del fatto qualora sia nelle more sopravvenuta una sentenza della Corte di Giustizia europea che abbia dichiarato l'incompatibilità con il diritto comunitario della norma nazionale da cui dipenda l'applicazione della norma incriminatrice. (Fattispecie avente ad oggetto l'annullamento con rinvio, in relazione esclusivamente al trattamento sanzionatorio, per il reato di vendita di supporti privi di contrassegno Siae che, a seguito della sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee dell'8 novembre 2007 in causa Schwibert, la Corte ha ritenuto non più costituente reato).

Cass. pen. n. 42990/2008

L'obbligo del giudice di rinvio di uniformarsi alla sentenza d'annullamento della Corte di cassazione riguarda le questioni di diritto decise dalla sentenza d'annullamento, non le affermazioni esplicative della "ratio decidendi" e meno ancora i singoli sviluppi argomentativi che si limitino a scandagliare i vizi del provvedimento annullato, ma non forniscano, in sé, le indicazioni riparatorie in punto di legittimità.

Cass. pen. n. 38820/2008

In caso di impugnazione del solo imputato, il divieto della "reformatio in pejus", operante anche nel giudizio di rinvio, si estende a tutti gli eventuali ulteriori giudizi di rinvio, nel senso che la comparazione fra sentenze, necessaria all'individuazione del trattamento meno deteriore,deve essere eseguita tra quella di primo grado e quelle rese in detti giudizi.

Cass. pen. n. 1511/2008

In forza del combinato disposto degli artt. 25 e 627, comma primo, c.p.p., nel giudizio di rinvio non può essere rimessa in discussione la competenza attribuita con la sentenza di annullamento, salvo che risultino nuovi fatti che comportino una diversa definizione giuridica da cui derivi la competenza di un giudice superiore. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto illegittimo il provvedimento del giudice che, investito da sentenza di annullamento della Corte di cassazione del dovere di pronunciarsi su un'istanza di applicazione della continuazione in sede esecutiva, aveva declinato la competenza in favore di altro giudice, per effetto della semplice sopravvenienza di un provvedimento di cumulo delle pene da parte del pubblico ministero presso quest'ultimo giudice).

Cass. pen. n. 36769/2006

Nel giudizio di rinvio non possono essere dedotte per la prima volta né rilevate cause di inutilizzabilità concernenti atti formati nelle fasi anteriori del procedimento, atteso che la sentenza della Corte di cassazione, da cui origina il giudizio stesso, determina una preclusione con riguardo a tutte le questioni non attinte dalla decisione di annullamento. (In motivazione si è osservato come la regola posta al comma quarto dell'art. 627 c.p.p. — che inibisce espressamente la sola rilevazione delle cause di nullità o inammissibilità — costituisca applicazione del più generale principio di inoppugnabilità delle sentenze della Corte Suprema, dal quale discende la formazione del cosiddetto «giudicato progressivo» per le questioni non dedotte, di talché l'omessa menzione delle cause di inutilizzabilità non implica che le stesse restino rilevabili oltre i limiti segnati dalla decisione di annullamento).

Cass. pen. n. 23176/2004

Il divieto della reformatio in peius della sentenza quando impugnante sia il solo imputato è di portata generale e, quindi, per quanto espressamente previsto solo per il giudizio di appello, opera anche in quello di rinvio e anche con riferimento a pena che, quantunque a favore, in parte qua dell'imputato per il mancato calcolo dell'aumento per la continuazione, sia superiore a quella inflitta nel precedente giudizio di appello.

Cass. pen. n. 16786/2004

Il giudice di appello, in sede di rinvio, non è tenuto a disporre la rinnovazione del dibattimento ogni volta che le parti ne facciano richiesta, in quanto i suoi poteri, anche in ordine alla rinnovazione predetta - sempre che il rinvio non sia stato disposto proprio a tal fine - risultano identici a quelli che aveva il giudice la cui sentenza è stata annullata, con l'ulteriore limite che la prova da assumersi nella eccezionale ipotesi di nuova istruttoria dibattimentale, oltre a dover essere indispensabile per la decisione ai sensi dell'art. 603 c.p.p., deve anche essere rilevante, come prescritto dal comma secondo, ultima parte, dell'art. 627 stesso codice.

Cass. pen. n. 1635/2004

Il giudice di rinvio non è tenuto ad uniformarsi al principio di diritto affermato nella sentenza di annullamento nell'ipotesi in cui la norma, dalla quale quel principio è stato tratto, sia stata, nelle more del giudizio, abrogata espressamente o anche implicitamente, per effetto di una nuova legge che abbia disciplinato diversamente la materia. (Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto che il giudice di rinvio avesse correttamente applicato la sopravvenuta legge 25 febbraio 2000, n. 35, di conversione del D.L. 7 gennaio 2000, n. 2, che, nel dettare una disciplina transitoria per i processi in corso, ai fini della graduale applicazione dei principi del giusto processo, ha modificato, in tema di valutazione delle dichiarazioni rese dalle persone di cui all'art. 210 c.p.p., la precedente normativa in base alla quale la stessa Corte di Cassazione aveva fissato il principio di diritto).

In tema di valutazione e utilizzazione di dichiarazioni accusatorie predibattimentali rese da coimputati o coindagati i quali si siano poi sempre rifiutati di sottoporsi ad esame in sede dibattimentale, l'annullamento con rinvio, da parte della Corte di Cassazione, in considerazione dell'allora sopravvenuta, nuova formulazione dell'art. 513 c.p.p., introdotta dalla legge n. 267/1997, e della pronuncia della Corte costituzionale n. 361/1998, della sentenza di condanna basata sulle suddette dichiarazioni, valutate secondo la diversa disciplina previgente, non vincola il giudice di rinvio a dar luogo, secondo il dictum della sentenza di annullamento, alla rinnovazione del dibattimento per la citazione e l'esame dei dichiaranti quando, nelle more, sia sopravvenuta l'ulteriore novella costituita dall'art. 26 della legge 1 marzo 2001, n. 63, secondo cui, con i limiti ivi previsti, le dichiarazioni in questione sono valutabili come prova alla sola condizione che la loro acquisizione sia avvenuta, conformemente alla normativa all'epoca vigente, entro la data del 25 febbraio 2000.

Cass. pen. n. 43157/2003

In presenza di annullamento con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio, il giudice di rinvio non può rilevare l'esistenza di una causa estintiva del reato, tanto nell'ipotesi in cui essa sia sopravvenuta quanto in quella che fosse preesistente alla pronuncia di annullamento.

Cass. pen. n. 34027/2003

In tema di obbligo del giudice di rinvio di uniformarsi al principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione, affinché sorga tale obbligo è necessario che nella sentenza di annullamento sia rinvenibile, sia pure implicitamente, un qualche principio di diritto, o quanto meno, una questione di diritto decisa. Diversamente qualora tale individuazione non sia possibile, non può configurarsi alcun obbligo scaturente dall'art. 627, comma 3, c.p.p. ulteriore rispetto alle regole generali a cui il giudice deve uniformarsi nell'adozione dei suoi provvedimenti.

Cass. pen. n. 18802/2002

In tema di individuazione del giudice di rinvio, l'art. 627, comma primo, c.p.p., nel disporre, analogamente all'art. 544, comma primo, c.p.p. del 1930, che nel giudizio di rinvio non è ammessa discussione sulla competenza attribuita con la sentenza di annullamento, sancisce la irretrattabilità del cosiddetto foro commissorio, che rappresenta un principio di ordine generale e di valore assoluto, la cui unica eccezione è prevista dall'art. 25 c.p.p. per il caso di sopravvenienza di fatti nuovi. Ne consegue che nessuna rilevanza assume ai fini della competenza, nell'ipotesi di giudizio di rinvio riguardante la fase esecutiva, la sopravvenienza di una ulteriore sentenza di condanna irrevocabile. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato l'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione, decidendo in sede di rinvio, aveva dichiarato, sulla base dell'art. 665, comma 4, c.p.p., la propria incompetenza per territorio rilevando che nelle more del procedimento era divenuta irrevocabile altra sentenza di condanna).

Cass. pen. n. 34535/2001

In tema di giudicato, la mancata rilevazione da parte della Corte di Cassazione, in un precedente giudizio conclusosi con sentenza di annullamento con rinvio, di un vizio procedurale che, se individuato, avrebbe imposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso (nella specie perché proposto personalmente dalla parte nel procedimento per la riparazione dell'ingiusta detenzione), non impedisce che il medesimo vizio, ove reiterato nel gravame proposto avverso la sentenza di rinvio, venga rilevato nel successivo giudizio di legittimità, non potendosi invocare al riguardo la formazione del giudicato sul punto, giacché quest'ultimo copre il dedotto e il deducibile, ma non può proiettare la sua efficacia oltre i limiti delle attività processuali che esso ha concluso fino a precludere l'accertamento dei vizi formali analoghi a quelli già verificatisi nel corso del procedimento e sfuggiti al giudice.

Cass. pen. n. 26898/2001

In caso di impugnazione del solo imputato, il divieto della reformatio in pejus, operante anche nel giudizio di rinvio, si estende a tutti gli eventuali, ulteriori giudizi di rinvio, nel senso che la comparazione fra sentenze necessaria all'individuazione del trattamento meno deteriore per l'imputato deve essere eseguita tra quella di primo grado e quelle rese in detti giudizi, restando immodificabile in pejus l'esito per lui più favorevole tra quelli intervenuti, a seguito di sua esclusiva impugnazione, con le varie decisioni di merito succedutesi nel corso del processo. (Nella specie l'imputato condannato all'ergastolo in primo grado e assolto in appello, era stato nuovamente condannato, nel giudizio di rinvio conseguente all'accoglimento di ricorso del P.M., alla pena di ventidue anni di reclusione e, in successivo giudizio di rinvio disposto su suo esclusivo ricorso, si era vista confermare la condanna all'ergastolo. La Corte ha ritenuto che quest'ultima statuizione aggravasse illegittimamente la sua posizione e l'ha annullata senza rinvio, potendo essa stessa procedere direttamente al raffronto tra la sentenza di primo grado e quelle conclusive dei giudizi di rinvio).

Cass. pen. n. 3572/2000

La Corte di cassazione risolve una questione di diritto anche quando giudica sull'adempimento del dovere di motivazione, sicché il giudice di rinvio, pur conservando la libertà di decisione mediante un'autonoma valutazione delle risultanze probatorie relative al punto annullato, è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, restando in tal modo vincolato a una determinata valutazione delle risultanze processuali ovvero al compimento di una particolare indagine in precedenza omessa, di determinante rilevanza ai fini della decisione, o ancora all'esame, non effettuato, di specifiche istanze difensive incidenti sul giudizio conclusivo.

Cass. pen. n. 5552/2000

In tema di giudizio di rinvio a seguito di annullamento per vizio di motivazione, il giudice di rinvio è vincolato dal divieto di fondare la nuova decisione sugli stessi argomenti ritenuti illogici o carenti dalla Suprema Corte, ma resta libero di pervenire, sulla scorta di argomentazioni diverse da quelle censurate in sede di legittimità ovvero integrando e completando quelle già svolte, allo stesso risultato decisorio della pronuncia annullata; e ciò in quanto spetta esclusivamente al giudice di merito il compito di ricostruire i dati di fatto risultanti dalle emergenze processuali e di apprezzare il significato e il valore delle relative fonti di prova, senza che egli possa essere condizionato da valutazioni di merito eventualmente sfuggite al giudice di legittimità nelle proprie argomentazioni, non essendo compito di quest'ultimo sovrapporre il proprio convincimento a quello del giudice di merito in ordine a tali aspetti; e potendo semmai valere tali momenti valutativi contenuti nella sentenza di annullamento come meri punti di riferimento al fine della individuazione del vizio motivazionale ma non come punti fermi che si impongano per la nuova decisione. (In motivazione, si è altresì precisato che il fatto che la Suprema Corte soffermi eventualmente la sua attenzione su alcuni particolari aspetti da cui emerga la carenza o la contraddittorietà della motivazione non implica che il giudice di rinvio sia investito del nuovo giudizio sui soli punti specificati, quasi che questi possano essere considerati isolatamente rispetto al restante materiale probatorio, conservando invece egli «gli stessi poteri» che gli competevano originariamente quale giudice di merito relativamente alla individuazione e alla valutazione dei dati processuali, nell'ambito del capo della sentenza colpito da annullamento).

Cass. pen. n. 4921/2000

Al giudice di rinvio non è preclusa, in via di principio, l'applicazione dell'art. 81, secondo comma c.p. La richiesta volta a ottenere che sia riconosciuta l'identità del disegno criminoso può essere, infatti, proposta anche in tale fase di giudizio, in quanto i poteri esercitabili dal giudice nel giudizio rescissorio sono gli stessi che aveva il giudice la cui sentenza è stata annullata e possono trovare un limite esclusivamente nelle statuizioni sulle quali si sia eventualmente formato il giudicato parziale, ovvero in quelle concernenti il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione.

Cass. pen. n. 4759/2000

I poteri del giudice di rinvio sono diversi a seconda che l'annullamento sia stato pronunciato per violazione o erronea applicazione della legge penale, oppure per mancanza o manifesta illogicità della motivazione. In questa ultima ipotesi il giudice di rinvio è libero di determinare il proprio apprezzamento di merito mediante autonoma valutazione dei dati probatori e della situazione di fatto concernenti i punti oggetto dell'annullamento, pur essendo tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente o implicitamente enunciato nella sentenza di annullamento.

Cass. pen. n. 2136/1999

In tema di giudizio di rinvio a seguito di annullamento per vizio di motivazione, il giudice è vincolato sia dall'obbligo di esaminare le questioni di diritto che, a seguito di indicazione della cassazione, devono essere affrontate, sia dal divieto di fondare la nuova decisione sugli stessi argomenti ritenuti illogici dalla Suprema Corte. Ciò non toglie che egli possa pervenire, sulla scorta di argomentazioni diverse da quelle censurate in sede di legittimità, nonché integrando e completando quelle già svolte, alla stessa decisione precedentemente annullata. (Fattispecie in tema di reiterazione dei comportamenti sintomatici di appartenenza ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, in relazione ai quali la cassazione aveva riscontrato incompletezza della motivazione ed imprecisa indicazione dei fatti dai quali erano derivate le nuove contestazioni. In sede di rinvio, il tribunale del riesame aveva integrato ed arricchito la precedente motivazione. La Corte, enunciando il principio sopra riportato ha rigettato il ricorso dell'indagato, che aveva nuovamente dedotto il vizio di motivazione).

Cass. pen. n. 5766/1999

Ai sensi dell'art. 627 comma quarto c.p.p. nel giudizio di rinvio non si possono dedurre nullità, anche assolute, verificatesi nei precedenti giudizi. Né tali nullità possono essere dedotte quale motivo di nuovo ricorso per cassazione, ossia come mezzo di annullamento della sentenza del giudice di rinvio, poiché la sentenza della Suprema Corte, inoppugnabile per dettato di legge, copre il dedotto e il deducibile, ivi comprese le eventuali nullità.

Cass. pen. n. 4761/1999

In tema di annullamento per vizio di motivazione, il giudice di rinvio, benché sia obbligato a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza rescindente, decide con i medesimi poteri che aveva il giudice il cui provvedimento è stato annullato. Il limite impostogli, pertanto, gli vieta semplicemente di ripetere i vizi già censurati e lo obbliga a non fondare la decisione sulle argomentazioni già ritenute incomplete o illogiche. Il giudice del rinvio, pertanto, non è obbligato ad esaminare solo i punti specificati, isolandoli dal residuo materiale probatorio, ma mantiene, nell'ambito del capo colpito dall'annullamento, piena autonomia di giudizio nella ricostruzione del fatto, nella individuazione e valutazione dei dati, nonché il potere di desumere, anche aliunde — e dunque eventualmente sulla base di elementi trascurati dal primo giudice — il proprio libero convincimento, colmando, in tal modo, i vuoti motivazionali segnalati ed eliminando le incongruenze rilevate.

Cass. pen. n. 3555/1999

Con riferimento ai limiti che il giudicato parziale pone al giudice di rinvio, deve affermarsi che il giudicato concerne la prova quale risultato, e cioè la certezza del fatto, e non la prova intesa quale strumento per conseguirla: ne consegue che l'annullamento di parte di una sentenza, salvo la dipendenza logica del tema probatorio residuo dalla parte per cui si è formato giudicato, non reca per sé alcun limite all'assunzione di nuovi mezzi di prova nel giudizio di rinvio.

Cass. pen. n. 6004/1999

Allorché il vizio che determina l'annullamento della sentenza riguarda la motivazione, il giudice di rinvio mantiene integri i poteri di accertamento e valutazione non essendo vincolato in ordine alla scelta dei mezzi atti alla formazione del suo convincimento, sicché gli eventuali elementi di fatto e valutazione contenuti nella pronuncia di annullamento rilevano come punti di riferimento al fine della individuazione del vizio ma non come dati che si impongono per la decisione demandatagli. (La S.C., in applicazione del principio di cui in massima, ha rigettato il ricorso affermando che il vizio di motivazione, che aveva determinato l'annullamento della ordinanza cautelare, ovvero l'assenza di riscontri alla chiamata di correo, era stato sanato dal giudice di rinvio il quale a seguito della rivisitazione del materiale probatorio aveva individuato nelle dichiarazioni di un ulteriore “collaboratore” un ineludibile elemento di conforto alla chiamata di correo posta a base della ordinanza cautelare in precedenza annullata).

Cass. pen. n. 2591/1998

La Corte di cassazione risolve una questione di diritto anche quando giudica sull'adempimento dell'obbligo della motivazione. Ne deriva che il giudice di rinvio è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, restando in tal modo vincolato a una determinata valutazione delle risultanze processuali ovvero al compimento di una determinata indagine, in precedenza omessa, di determinante rilevanza ai fini della decisione, o ancora all'esame, non effettuato, di specifiche istanze difensive incidenti sul giudizio conclusivo. Tuttavia, egli conserva la libertà di determinare il proprio convincimento di merito mediante un'autonoma valutazione della situazione di fatto concernente il punto annullato, alla stregua del disposto dell'art. 627, comma secondo, c.p.p., il quale prescrive che, nei limiti dell'annullamento, il giudice di rinvio decide con gli stessi poteri che aveva il giudice il cui provvedimento è stato annullato, con l'unico limite di non ripetere i vizi della motivazione rilevati nella sentenza annullata. (Fattispecie relativa a ricorso per cassazione avverso rigetto dell'istanza di riesame di sequestro, confermato dal giudice di rinvio con provvedimento che la S.C. ha ritenuto legittimamente integrarsi con quella parte del precedente provvedimento annullato con rinvio, del quale era stata riconosciuta la validità).

Cass. pen. n. 1582/1998

L'obbligo del giudice di rinvio di attenersi alle direttive impartite dalla Corte di cassazione riguarda esclusivamente il principio di diritto enunciato, ma quando l'annullamento sia stato motivato in ragione della mancata assunzione di una prova decisiva, il giudice di rinvio non può ritenersi vincolato nelle modalità di assunzione della prova, che sono rimesse alla sua piena discrezionalità.

Cass. pen. n. 1397/1998

In tema di impugnazioni, non viola l'obbligo di conformarsi al cd. giudicato interno il giudice di merito che, dopo l'annullamento per vizio di motivazione, pervenga nuovamente all'affermazione di responsabilità dell'imputato sulla scorta di un percorso argomentativo in parte diverso ed in parte arricchito rispetto a quello censurato in sede di legittimità. Ed invero, eventuali elementi di fatto e valutazioni contenuti nella pronuncia di annullamento non sono vincolanti per il giudice del rinvio, ma rilevano esclusivamente come punti di riferimento al fine della individuazione del vizio o dei vizi segnalati, e non quindi come dati che si impongono per la decisione a lui demandata; inoltre non vi è dubbio che, a seguito di una pronuncia di annullamento per difetto di motivazione mediante l'indicazione dei punti specifici di carenza o di contraddittorietà, il potere del giudice di rinvio non può limitarsi all'esame dei singoli punti specificati, come se fossero isolati dal restante materiale probatorio, ma è tenuto a compiere anche eventuali altri atti istruttori sui cui risultati deve basare la decisione, fornendone la giustificazione nella sentenza.

Cass. pen. n. 4824/1998

Qualora la Corte di cassazione, annullando con rinvio una decisione di merito per la ritenuta sussistenza di una delle dedotte ragioni di nullità, abbia dichiarato nel contempo «assorbite» (e non anche «valutate e superate») le altre, queste ultime non possono dirsi coperte da giudicato e deve quindi ritenersi consentita la loro riproposizione al giudice di rinvio. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto che erroneamente il tribunale del riesame, decidendo in sede di rinvio a seguito di annullamento determinato da mancata traduzione dell'indagato all'udienza, avesse dichiarato preclusa l'altra questione di nullità concernente la mancata trasmissione, ai sensi dell'art. 309, comma 5, ultima parte, c.p.p., degli elementi sopravvenuti a favore del suddetto indagato).

Cass. pen. n. 9476/1997

Il giudice di rinvio, dopo l'annullamento per vizio di motivazione, può, senza violare l'obbligo di conformarsi al cosiddetto giudicato interno, pervenire nuovamente all'affermazione di responsabilità dell'imputato sulla scorta di argomentazioni diverse da quelle già censurate in sede di legittimità e con l'unico limite di non ripetere i vizi della motivazione rilevati nella sentenza impugnata; ma, risolvendo la Corte di cassazione una questione di diritto anche quando giudica sull'adempimento del dovere di motivazione, egli è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunziato nella sentenza di annullamento, restando in tal modo vincolato ad una determinata valutazione delle risultanze processuali ovvero al compimento di una particolare indagine — in precedenza omessa — di determinante rilevanza ai fini della decisione, o, ancora, all'esame non effettuato di specifiche istanze difensive incidenti sul giudizio conclusivo. (Fattispecie in tema di associazione per delinquere contestato ad appartenenti all'organizzazione «Chiesa di scientologia» di cui il giudice di rinvio doveva accertare il carattere di confessione o associazione religiosa: la Suprema Corte ha ritenuto che la valutazione della religiosità di tale organizzazione condotta nel merito e sul metro di opinioni in qualche misura personali e di una definizione fondata, in violazione di norme di diritto costituzionale, esclusivamente sulle concezioni religiose ebraiche, cristiane e musulmane invece che alla stregua dei referenti formali e oggettivi indicati nella sentenza di rinvio comporta non soltanto l'elusione del giudicato intervenuto circa la scelta delle metodiche di valutazione applicabili in fattispecie, ma anche un inammissibile sindacato sull'esigenza religiosa di una fede o di un culto, sindacato a propria volta illegittimo perché risoltosi nell'esercizio — da parte dei giudici del rinvio — di una potestà non consentita ai pubblici poteri della voluta ed estrema genericità della nozione di religione utilizzata nella Costituzione).

Cass. pen. n. 3402/1997

Anche nel giudizio di rinvio conseguente all'annullamento da parte della Corte di cassazione di un'ordinanza del tribunale del riesame, non è più ammessa discussione sulla competenza esplicitamente o implicitamente attribuita con la sentenza di rinvio, neppure con riferimento a quella del Gip. In tal caso, infatti, la Corte assegna in modo definitivo (nell'ambito del procedimento del riesame) la competenza stessa anche al giudice di primo grado, il cui territorio rientra in quello dell'istanza superiore, salva la sopravvenienza di fatti totalmente nuovi, ai sensi dell'art. 25 c.p.p.

Cass. pen. n. 2504/1997

In tema di individuazione del giudice di rinvio, vale il principio della irretrattabilità del cosiddetto foro commissorio, che esclude, dopo l'annullamento con rinvio della Corte di cassazione, la possibilità di porre una questione circa l'incompetenza del giudice individuato dalla Suprema Corte. Tale principio vale anche quando sia intervenuta una norma modificatrice della competenza, entrata in vigore prima della sentenza della Corte di cassazione. In tema di appello cautelare ex art. 310 c.p.p., inoltre, la norma dell'art. 623, comma primo, lettera a), c.p.p., in base alla quale, in caso di annullamento di una ordinanza, gli atti sono trasmessi al giudice che l'ha pronunciata, prevale comunque sulla intervenuta attribuzione di competenza, ad opera di modifica legislativa, al tribunale in sede distrettuale.

Cass. pen. n. 5600/1996

Avuto riguardo alla portata generale della regola dettata dall'art. 627, comma secondo, c.p.p., secondo cui «il giudice di rinvio decide con gli stessi poteri che aveva il giudice la cui sentenza è stata annullata, salve le limitazioni stabilite dalla legge», deve ritenersi che, in materia di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari, trovi applicazione, anche in sede di rinvio, il disposto di cui all'art. 309, c.p.p., nella parte in cui prevede che il tribunale addotti la propria decisione «anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell'udienza» e, quindi, necessariamente, avendo riguardo alla situazione attuale, quale emergente anche dai detti elementi, sempre che, naturalmente gli stessi, in quanto non incidenti sulla originaria legittimità del provvedimento custodiale, non debbano trovare la loro naturale collocazione nell'ambito di una richiesta di revoca o di modifica della misura cautelare, da proporsi ai sensi dell'art. 299 c.p.p. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Suprema Corte ha ritenuto legittimo il provvedimento del tribunale del riesame che, in sede di rinvio a seguito di annullamento per mancata motivazione sulle esigenze cautelari, aveva confermato l'ordinanza custodiale sulla base della situazione attuale, quale emersa dalla nuova udienza di trattazione).

Cass. pen. n. 3353/1996

In tema di poteri del giudice di rinvio, l'art. 627 c.p.p. stabilisce la regola di carattere generale, secondo cui il giudice esercita gli stessi poteri conferiti all'organo giurisdizionale, il cui provvedimento è stato annullato in sede di legittimità. Ne deriva che questa disciplina è applicabile anche nel procedimento incidentale de libertate. Il P.M. e l'indagato possono, quindi, depositare atti non trasmessi nel precedente giudizio (nella specie ordinanza di revoca dell'obbligo di dimora).

Cass. pen. n. 2038/1996

Qualora la Corte di cassazione, su ricorso dell'imputato, annulli con rinvio la decisione emessa dal tribunale in sede di appello ex art. 310 c.p.p. in ordine a rigetto di istanza di revoca di custodia cautelare in carcere, non è consentito al giudice di rinvio, in base al principio di devoluzione precisato dall'art. 627 c.p.p., confermare la misura per ragioni diverse da quelle poste a base dell'annullamento né introdurre una tematica del tutto esclusa dal contraddittorio, vale a dire un'esigenza cautelare non considerata nella stessa ordinanza applicativa della misura, circa la quale si è formato il cosiddetto giudicato cautelare, in sede di rinvio su punti specifici.

Cass. pen. n. 4882/1996

Nell'ipotesi di annullamento per vizio di motivazione, il giudice di rinvio - pur restando libero di determinare il proprio apprezzamento di merito mediante autonoma valutazione dei dati probatori e della situazione di fatto concernenti i punti oggetto di annullamento - è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente o implicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, con il vincolo di dare alla decisione una motivazione congrua e il divieto di fondarla sugli stessi argomenti dei quali sia stata dichiarata l'illogicità. Il giudice di rinvio può, quindi, giudicare con gli stessi poteri di accertamento e di valutazione del fatto spettanti al primo giudice di merito nel caso in cui non sussista una preclusione che gli vieti di procedere a una nuova valutazione del fatto, ma ciò non è più legittimato a fare quando la Corte di cassazione abbia, nella sentenza di annullamento, statuito espressamente o implicitamente sul punto concernente l'accertamento del fatto.

Cass. pen. n. 7107/1995

Il principio della irretrattabilità del cosiddetto foro commissorio, che si concreta nell'immutabilità della competenza attribuita al giudice di rinvio con la sentenza di annullamento pronunciata dalla Corte di cassazione (art. 627, comma 1, c.p.p.), non si applica quando sopravvenga una norma modificativa della competenza stessa. (Fattispecie nella quale la S.C. ha annullato la sentenza di una sezione della Corte di appello di Lecce, quale giudice di rinvio, rinviando alla sezione distaccata di Taranto, istituita successivamente alla prima pronuncia di annullamento)

Cass. pen. n. 427/1995

In sede di rinvio, anche in materia de libertate, vige il principio del divieto di proporre nullità pregresse, anche assolute, verificatesi nella fase processuale precedente all'annullamento.

Cass. pen. n. 12108/1994

Poiché la sentenza della Corte di cassazione, inoppugnabile per dettato di legge, copre il dedotto e il deducibile, ivi comprese le eventuali nullità ed inammissibilità, queste, nel giudizio di rinvio, non solo non possono essere proposte dalle parti ma neppure rilevate di ufficio dal giudice del rinvio.

Cass. pen. n. 9861/1993

Il divieto della reformatio in peius è un principio di portata generale, che va applicato anche nel giudizio di rinvio rapportando la pena inflitta con la sentenza annullata e quella inflitta dal giudice del rinvio, non potendosi in nessun caso ammettere che l'imputato veda aggravarsi una posizione che non aveva accettato e che possa essere peggiorata in forza di un atto che mirava, invece, a rimuoverla.

Cass. pen. n. 108/1993

L'obbligo, previsto per il giudice di rinvio dall'art. 623 lett. a) c.p.p. di uniformarsi alla sentenza di annullamento, riguarda solo l'interpretazione delle disposizioni normative che hanno formato oggetto della decisione del giudice di legittimità, e non anche le norme entrate in vigore successivamente alla detta decisione, rispetto alle quali può soltanto porsi il problema della loro immediata applicabilità o meno. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto legittimo l'operato di un tribunale di sorveglianza che, in sede di rinvio, a seguito di annullamento di precedente provvedimento con il quale era stata rigettata una richiesta di applicazione di benefici penitenziari, aveva dichiarato inammissibile detta richiesta sulla base della sopravvenuta normativa, di carattere restrittivo, introdotta dall'art. 14 del D.L. 8 giugno 1992 n. 306, conv. con modif. in L. 7 agosto 1992 n. 356, modificativo dell'art. 58 quater dell'ordinamento penitenziario).

Cass. pen. n. 1992/1993

In sede di giudizio di rinvio è irrilevante la questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto la norma che il giudice del rinvio è tenuto ad applicare sulla base del principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione. Infatti, l'eventuale annullamento della norma denunciata non sarebbe comunque in grado di produrre effetti nel giudizio a quo, non potendo in esso mai porsi in discussione un punto della sentenza in ordine al quale si è già formato il giudicato.

Cass. pen. n. 3337/1992

La Corte di cassazione risolve una questione di diritto anche quando giudica sull'adempimento dell'obbligo della motivazione o sulla coerenza logica della stessa; cosicché, in caso di annullamento per vizio di motivazione, il giudice di rinvio è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento. Ciò non significa, però, che il giudice di rinvio non sia libero di determinare il proprio convincimento di merito mediante autonoma valutazione della situazione di fatto concernente il punto annullato, dato che un tale vincolo non è punto ipotizzabile alla stregua del disposto dell'art. 627, secondo comma, c.p.p., in base al quale, nei limiti dell'annullamento, il giudice di rinvio decide con gli stessi poteri che aveva il giudice il cui procedimento è stato annullato.

Cass. pen. n. 3663/1992

L'art. 245 del D.L.vo 28 luglio 1989, n. 271, che detta le norme transitorie in conseguenza dell'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, prevede espressamente quali disposizioni di questo nuovo codice debbano trovare immediata applicazione nei processi iniziati secondo il vecchio rito. La indicazione non include la norma di cui all'art. 627 sul giudizio di rinvio. Ciò significa che, nei processi che sono iniziati con il vecchio rito, continua ad applicarsi la norma di cui all'art. 544 del codice abrogato. D'altra parte, la indicazione è tassativa e quindi può essere estesa ad ipotesi non previste. Né può ritenersi configurabile un'ipotesi di incostituzionalità del citato art. 245, in relazione ad una pretesa disparità di trattamento tra chi può usufruire della nuova norma e chi non lo può, posto che la detta disposizione transitoria regola appunto i tempi di applicabilità delle nuove norme nei processi già iniziati, e deve necessariamente stabilire trattamenti diversi, caso per caso, in conseguenza di una scelta di opportunità legislativa, per i casi di anticipata applicazione delle norme nuove.

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