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Articolo 660 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Esecuzione delle pene pecuniarie

Dispositivo dell'art. 660 Codice di procedura penale

(3)1.Quando deve essere eseguita una condanna a pena pecuniaria, anche in sostituzione di una pena detentiva, il pubblico ministero emette ordine di esecuzione con il quale ingiunge al condannato il pagamento.

2. L’ordine è notificato al condannato e al suo difensore nominato per la fase dell’esecuzione o, in difetto, al difensore che lo ha assistito nella fase del giudizio, e contiene le generalità della persona nei cui confronti deve essere eseguito e quanto altro valga a identificarla, l’imputazione, il dispositivo del provvedimento, l’indicazione dell’ammontare della pena, nonché le modalità del pagamento, che può avvenire in un’unica soluzione ovvero in rate mensili ai sensi dell’art. 133 ter del c.p., secondo quanto disposto dal giudice nella sentenza o nel decreto di condanna. Nei casi dell’articolo 534, l’ordine di esecuzione è notificato altresì al civilmente obbligato per la pena pecuniaria.

3. L’ordine di esecuzione contiene altresì l’intimazione al condannato a pena pecuniaria di provvedere al pagamento entro il termine di novanta giorni dalla notifica e l’avviso che, in mancanza, la pena pecuniaria sarà convertita nella semilibertà sostitutiva o, in caso di accertata insolvibilità(2), nel lavoro di pubblica utilità sostitutivo o nella detenzione domiciliare sostitutiva, ai sensi degli articoli 102 e 103 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ovvero, quando deve essere eseguita una pena pecuniaria sostitutiva, nella semilibertà sostitutiva o nella detenzione domiciliare sostitutiva, ovvero, in caso di accertata insolvibilità, nel lavoro di pubblica utilità sostitutivo o nella detenzione domiciliare sostitutiva, ai sensi dell’articolo 71 della legge 24 novembre 1981, n. 689. L’ordine di esecuzione contiene inoltre l’avviso al condannato che, quando non è già stato disposto nella sentenza o nel decreto di condanna, entro venti giorni, può depositare presso la segreteria del pubblico ministero istanza di pagamento rateale della pena pecuniaria, ai sensi dell’articolo 133-ter del codice penale. Se è presentata istanza di pagamento rateale, il pubblico ministero trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza competente, che procede ai sensi dell’articolo 667, comma 4. Con l’avviso il condannato è informato che, se il processo si è svolto in sua assenza, nel termine di trenta giorni dalla conoscenza della sentenza può chiedere, in presenza dei relativi presupposti, la restituzione nel termine per proporre impugnazione o la rescissione del giudicato. Nell’avviso il condannato è altresì informato che ha facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa.

4. Quando con la sentenza o con il decreto di condanna è stato disposto il pagamento in rate mensili, ai sensi dell’articolo 133-ter del codice penale, l’ordine di esecuzione contiene l’indicazione del numero delle rate, dell’importo e delle scadenze di ciascuna per il pagamento. Con l’ordine di esecuzione il pubblico ministero ingiunge al condannato di pagare la prima rata entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento, avvertendolo che in caso di mancato tempestivo pagamento della prima rata sono previsti l’automatica decadenza dal beneficio e il pagamento della restante parte della pena in un’unica soluzione, da effettuarsi, a pena di conversione ai sensi del comma 3, entro i sessanta giorni successivi.

5. Quando è provato o appare probabile che il condannato non abbia avuto effettiva conoscenza dell’ordine di esecuzione, il pubblico ministero può assumere, anche presso il difensore, le opportune informazioni, all’esito delle quali può disporre la rinnovazione della notifica.

6. Entro il termine indicato nell’ordine di esecuzione, il pubblico ministero accerta l’avvenuto pagamento della multa o dell’ammenda da parte del condannato e dichiara l’avvenuta esecuzione della pena. In caso di pagamento rateale, il pubblico ministero accerta l’avvenuto pagamento delle rate e, dopo l’ultima, dichiara l’avvenuta esecuzione della pena.

7. Quando accerta il mancato pagamento della pena pecuniaria, ovvero di una rata della stessa, entro il termine indicato nell’ordine di esecuzione, il pubblico ministero trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza competente per la conversione ai sensi degli articoli 102 e 103 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ovvero, quando si tratta di pena pecuniaria sostitutiva, ai sensi dell’articolo 71 della medesima legge n. 689 del 1981. In ogni caso, se il pagamento della pena pecuniaria è stato disposto in rate mensili, è convertita la parte non ancora pagata.

8. Il procedimento per la conversione della pena pecuniaria, anche sostitutiva, è disciplinato dall’articolo 667, comma 4. Per la conversione della pena pecuniaria, ai sensi degli articoli 71, 102 e 103 della legge 24 novembre 1981, n. 689, si applica, in quanto compatibile, l’articolo 545 bis, comma 2.

9. Il magistrato di sorveglianza provvede alla conversione della pena pecuniaria con ordinanza, previo accertamento della condizione di insolvenza ovvero di insolvibilità del condannato. A tal fine dispone le opportune indagini nel luogo del domicilio o della residenza, ovvero dove si ha ragione di ritenere che il condannato possieda beni o cespiti di reddito e richiede, se necessario, informazioni agli organi finanziari o di polizia giudiziaria.

10. Quando il mancato pagamento della pena pecuniaria è dovuto a insolvibilità, il condannato può chiedere al magistrato di sorveglianza il differimento della conversione per un tempo non superiore a sei mesi, rinnovabile per una sola volta se lo stato di insolvibilità perdura. Ai fini della estinzione della pena pecuniaria per decorso del tempo, non si tiene conto del periodo durante il quale la conversione è stata differita.

11. Se vi è stata condanna ai sensi dell’articolo 534 ed è accertata l’insolvibilità del condannato, il magistrato di sorveglianza ne dà comunicazione al pubblico ministero, il quale ordina al civilmente obbligato per la pena pecuniaria di provvedere al pagamento della multa o dell’ammenda entro il termine di cui al comma 3, ovvero, in caso di pagamento rateale, entro il termine di cui al comma 4. Qualora il civilmente obbligato per la pena pecuniaria non provveda al pagamento entro i termini stabiliti, il pubblico ministero ne dà comunicazione al magistrato di sorveglianza che provvede alla conversione della pena nei confronti del condannato.

12. L’ordinanza di conversione è eseguita dal magistrato di sorveglianza, ai sensi degli articoli 62 e 63 della legge 24 novembre 1981, n. 689, in quanto compatibili.

13. Il ricorso contro l’ordinanza di conversione ne sospende l’esecuzione.

14. Per l’esecuzione delle pene sostitutive conseguenti alla conversione della pena pecuniaria si applica l’articolo 107 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

15. Le pene sostitutive, conseguenti alla conversione della pena pecuniaria, sono immediatamente revocate dal magistrato di sorveglianza quando risulta che il condannato ha pagato la multa o l’ammenda, dedotta la somma corrispondente alla durata della pena conseguente alla conversione già espiata. Durante l’esecuzione, il condannato può chiedere al magistrato di sorveglianza di essere ammesso al pagamento rateale, ai sensi dell’articolo 133-ter del codice penale. In tal caso, dopo il pagamento della prima rata, l’esecuzione della pena conseguente alla conversione è sospesa e riprende in caso di mancato pagamento di una delle rate.

Note

***DIFFERENZE RISPETTO ALLA FORMULAZIONE PREVIGENTE***
(in verde le modifiche e in "[omissis]" le parti della norma non toccate dalla riforma)


1. Le condanne a pena pecuniaria sono eseguite nei modi stabiliti dalle leggi e dai regolamenti.
2. Quando è accertata la impossibilità di esazione della pena pecuniaria o di una rata di essa, il pubblico ministero trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza competente per la conversione, il quale provvede previo accertamento dell'effettiva insolvibilità del condannato e, se ne è il caso, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. Se la pena è stata rateizzata, è convertita la parte non ancora pagata.
3. In presenza di situazioni di insolvenza, il magistrato di sorveglianza può disporre la rateizzazione della pena a norma dell'articolo 133-ter del codice penale, se essa non è stata disposta con la sentenza di condanna ovvero può differire la conversione per un tempo non superiore a sei mesi. Alla scadenza del termine fissato, se lo stato di insolvenza perdura, è disposto un nuovo differimento, altrimenti è ordinata la conversione. Ai fini della estinzione della pena per decorso del tempo, non si tiene conto del periodo durante il quale l'esecuzione è stata differita.
4. Con l'ordinanza che dispone la conversione, il magistrato di sorveglianza determina le modalità delle sanzioni conseguenti in osservanza delle norme vigenti.
5. Il ricorso contro l'ordinanza di conversione ne sospende l'esecuzion
e.

__________________

(1) L'articolo in esame, nella versione precedente, era stato abrogato dall'art. 299, del D.lgs. 30 maggio 2002, n. 113 e dall'art. 299, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. In seguito, la Corte Cost., con sent. 4-18 giugno 2003, n. 212 ha dichiarato l'illegittimità del suddetto art. 299, del D.lgs. 30 maggio 2002, n. 113, nella parte in cui appunto disponeva l'abrogazione del presente articolo.
(2) Per "insolvibilità" si intende una situazione oggettiva e permanente di impossibilità ad adempiere, non essendo sufficiente a giustificare la conversione la semplice temporanea insolvenza.
(3) Tale disposizione è stata sostituita dall'art. 38, co. 1, lett. c) del D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. "Riforma Cartabia").

Ratio Legis

La norma disciplina l'esecuzione delle pene pecuniarie sotto il profilo dell'attività del pubblico ministero e dell’intervento del magistrato di sorveglianza nel caso di conversione della pena pecuniaria non pagata e nel caso di richiesta di pagamento rateale.

Spiegazione dell'art. 660 Codice di procedura penale

La riforma Cartabia (d.lgs. n. 150 del 2022) ha integralmente rivisto l’art. 660 c.p.p., che disciplina l’esecuzione della pena pecuniaria (anche in sostituzione di una pena detentiva).

La riforma ha previsto una procedura articolata che è affidata al pubblico ministero e, per la conversione della pena pecuniaria non pagata e la richiesta di pagamento rateale, al magistrato di sorveglianza.

A norma del comma 1, il pubblico ministero deve emettere l’ordine di esecuzione con il quale ingiunge al condannato il pagamento della pena pecuniaria (multa o ammenda).

Il comma 2 precisa che l’ordine di esecuzione viene notificato al condannato e al suo difensore (quello nominato per la fase dell’esecuzione o, in mancanza, al difensore che lo ha assistito nella fase del giudizio). Peraltro, come precisato dal comma 5, quando è provato o appare probabile che il condannato non abbia avuto effettiva conoscenza dell’ordine, il pubblico ministero può disporre la rinnovazione della notifica.

Ai sensi dei commi da 2 a 4, l’ordine di esecuzione deve avere il seguente contenuto:
  • le generalità e quanto altro serva per identificare la persona nei cui confronti deve essere eseguito; l’imputazione; il dispositivo del provvedimento; l’indicazione dell’ammontare della pena e delle modalità di pagamento (se in un’unica soluzione o in rate mensili);
  • l’intimazione a provvedere al pagamento entro novanta giorni dalla notifica o in rate mensili (secondo quanto disposto dal giudice nella sentenza o nel decreto di condanna), con l’avviso che, in mancanza di pagamento, la pena pecuniaria sarà convertita in semilibertà sostitutiva o, in caso di accertata insolvibilità, in lavoro di pubblica utilità o detenzione domiciliare;
  • l’avviso che, se non è stata disposta dal giudice, il condannato può chiedere il pagamento rateale (la richiesta va presentata alla segreteria del pubblico ministero che poi trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza);
  • l’informazione al condannato che può accedere ai programmi di giustizia riparativa;
  • l’informazione al condannato che, se il processo si è svolto in sua assenza e ne ricorrono i presupposti, entro trenta giorni dalla conoscenza della sentenza, egli può chiedere la restituzione nel termine per proporre impugnazione o la rescissione del giudicato.

I commi 6 e 7 stabiliscono che, se accerta che il pagamento della pena pecuniaria è stato effettuato, il pubblico ministero dichiara l’avvenuta esecuzione della pena. Nel caso contrario, il pubblico ministero trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza competente per la conversione.

A norma dei commi da 8 a 15, il magistrato di sorveglianza provvede alla conversione della pena pecuniaria con ordinanza, previo accertamento della condizione di insolvenza o di insolvibilità del condannato. A tal fine, dispone le opportune indagini per verificare l’eventuale possesso di beni o redditi da parte del condannato.

Quando il mancato pagamento è dovuto a insolvibilità, il condannato può chiedere al magistrato di sorveglianza il differimento della conversione per un periodo massimo di sei mesi, rinnovabile per una sola volta se lo stato di insolvibilità perdura.

Se c’è stata condanna del civilmente obbligato per la pena pecuniaria (art. 534 del c.p.p.) ed è accertata l’insolvibilità del condannato, il magistrato di sorveglianza ne dà comunicazione al pubblico ministero, il quale ordina al civilmente obbligato di provvedere al pagamento. Se il civilmente obbligato non provvede, il pubblico ministero lo comunica al magistrato di sorveglianza che procede alla conversione della pena nei confronti del condannato.

Peraltro, è possibile proporre ricorso contro l’ordinanza di conversione e tale ricorso ne sospende l’esecuzione.

Infine, quando risulta che il condannato ha pagato la pena pecuniaria, il magistrato di sorveglianza revoca immediatamente le pene sostitutive conseguenti alla conversione della pena pecuniaria.

Relazione al D.Lgs. 150/2022

(Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: "Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari")

1 
La direttiva di delega richiede al Governo di “razionalizzare e semplificare il procedimento di esecuzione delle pene pecuniarie”.
Per attuare la legge delega viene anzitutto sostituito il testo dell’art. 660 c.p.p., che all’interno del Libro X del codice di procedura penale disciplina l’esecuzione delle pene pecuniarie.


Viene ribadita, pur nel contesto di un impianto normativo profondamente rinnovato, la competenza del pubblico ministero, quale organo dell’esecuzione, e del magistrato di sorveglianza, competente ex art. 678, co. 1 bis c.p.p. per la conversione delle pene pecuniarie non eseguite, nonché per l’esecuzione delle pene da conversione delle pene pecuniarie stesse. Il modello di disciplina adottato dal nuovo testo dell’art. 660 c.p.p. si ispira nelle linee essenziali a quello adottato nell’art. 656 c.p.p. per l’esecuzione delle pene detentive.


L’abbandono del sistema del recupero crediti, in caso di mancato pagamento della pena pecuniaria per mera insolvenza, è realizzato, sul piano processuale, concependo la pena pecuniaria non come un credito che lo Stato deve recuperare, attivandosi e sforzandosi in tal senso, bensì come una pena che, al pari di quella detentiva, deve essere eseguita dall’autorità giudiziaria attraverso un ordine di esecuzione.


Il primo comma, sul modello del primo comma dell’art. 656 c.p.p., stabilisce che quando deve essere eseguita una condanna a pena pecuniaria, anche in sostituzione di una pena detentiva, il pubblico ministero emette ordine di esecuzione con il quale ingiunge al condannato il pagamento.
In caso di condanna a pena pecuniaria congiunta a pena detentiva, tale ordine potrà nella prassi essere emesso insieme a quello di carcerazione, ai sensi dell’art. 656 c.p.p., pur essendo rispetto ad esso del tutto autonomo.


Il secondo comma individua i soggetti cui deve essere notificato l’ordine di esecuzione da parte del pubblico ministero: il condannato e il suo difensore nominato per la fase dell’esecuzione o, in difetto, il difensore che lo ha assistito nella fase del giudizio.
Analogamente a quanto dispone il terzo comma dell’art. 656 c.p.p. per l’ordine di carcerazione si prevede che l’ordine di esecuzione della multa o dell’ammenda debba contenere le generalità della persona nei cui confronti deve essere eseguito e quanto altro valga a identificarla, l’imputazione, il dispositivo del provvedimento, l’indicazione dell’ammontare della pena, nonché le modalità del pagamento. Questo può avvenire in un’unica soluzione ovvero in rate mensili ai sensi dell’articolo 133 ter del codice penale, secondo quanto disposto dal giudice nella sentenza o nel decreto di condanna.
Si precisa infine che, nei casi dell’articolo 534, l’ordine di esecuzione è notificato altresì al civilmente obbligato per la pena pecuniaria (su tale soggetto cfr. gli artt. 196 e 197 c.p.).


Il terzo comma disciplina l’intimazione di pagamento: l’ordine di esecuzione contiene l’intimazione al condannato alla multa o all’ammenda di provvedere al pagamento "entro il termine di novanta giorni dalla notifica".
L’intimazione di pagamento è accompagnata dall’avviso che, in mancanza di pagamento, la pena pecuniaria sarà convertita nella semilibertà sostitutiva (cfr. art. 102 l. n. 689/1981) o, in caso di accertata insolvibilità, nel lavoro di pubblica utilità sostitutivo o nella detenzione domiciliare sostitutiva (cfr. art. 103 l. n. 689/1981) ovvero, quando deve essere eseguita una pena pecuniaria sostitutiva, nella semilibertà sostitutiva o nella detenzione domiciliare sostitutiva, ovvero, in caso di accertata insolvibilità, nel lavoro di pubblica utilità sostitutivo o nella detenzione domiciliare sostitutiva (cfr. art. 71 l. n. 689/81).


È parso congruo prevedere un termine di novanta giorni dalla notifica per consentire al condannato di recuperare la disponibilità della somma di denaro necessaria per il pagamento della pena.
Per agevolare il pagamento l’ordine di esecuzione contiene inoltre l’avviso al condannato che, quando non è già stato disposto nella sentenza o nel decreto di condanna, entro venti giorni, può depositare presso la segreteria del pubblico ministero istanza di pagamento rateale della pena pecuniaria, ai sensi dell’articolo 133 ter del codice penale.
Se è presentata istanza di pagamento rateale, il pubblico ministero trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza competente, che procede ai sensi dell’articolo 667, comma 4.


L’ordine di esecuzione, a mente sempre del terzo comma, contiene due diversi avvisi.
Il condannato è informato che:
a) se il processo si è svolto in sua assenza, nel termine di trenta giorni dalla conoscenza della sentenza può chiedere, in presenza dei relativi presupposti, la restituzione nel termine per proporre impugnazione o la rescissione del giudicato;
b) ha facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa.


Il quarto comma disciplina l’ipotesi in cui con la sentenza o con il decreto di condanna sia stato già disposto il pagamento in rate mensili, ai sensi dell’articolo 133 ter del codice penale. In tal caso l’ordine di esecuzione contiene l’indicazione del numero delle rate, dell’importo e delle scadenze di ciascuna per il pagamento.
Con l’ordine di esecuzione il pubblico ministero ingiunge al condannato di pagare la prima rata entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento, avvertendolo che in caso di mancato tempestivo pagamento della prima rata è prevista l’automatica decadenza dal beneficio e il pagamento della restante parte della pena in un’unica soluzione, da effettuarsi, a pena di conversione ai sensi del terzo comma precedente, entro i sessanta giorni successivi.


Per il pagamento della prima rata è parso congruo prevedere un termine più breve rispetto a quello ordinario di novanta giorni. Il mancato pagamento della prima rata non determina peraltro la conversione della pena pecuniaria, potendo il condannato – decaduto dal beneficio del pagamento rateale – pagare in un’unica soluzione la multa o l’ammenda entro i successivi sessanta giorni e, pertanto, entro l’ordinario termine di novanta giorni.


Il quinto comma ricalca il disposto dell’art. 656, co. 8 bis c.p.p. stabilendo che quando è provato o appare probabile che il condannato non abbia avuto effettiva conoscenza dell’ordine di esecuzione, il pubblico ministero può assumere, anche presso il difensore, le opportune informazioni, all’esito delle quali può disporre la rinnovazione della notifica.


Il sesto comma disciplina l’ipotesi in cui, entro il termine stabilito, la multa o l’ammenda vengano pagate. Organo competente a verificare l’avvenuto pagamento e a dichiarare l’avvenuta esecuzione della pena è il pubblico ministero.
Se, entro il termine indicato nell’ordine di esecuzione, il pubblico ministero accerta l’avvenuto pagamento della multa o dell’ammenda, da parte del condannato, dichiara l’avvenuta esecuzione della pena. In caso di pagamento rateale, il pubblico ministero accerta l’avvenuto pagamento delle rate e, dopo l’ultima, dichiara l’avvenuta esecuzione della pena.


Il settimo comma, invece, disciplina l’ipotesi in cui l’ordine di esecuzione non sia andato a buon fine. Quando accerta il mancato pagamento della pena pecuniaria, ovvero di una rata della stessa, entro il termine indicato nell’ordine di esecuzione, il pubblico ministero trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza competente per la conversione ai sensi degli articoli 102 e 103 della legge 24 novembre 1981, n. 689 ovvero, quando si tratta di pena pecuniaria sostitutiva, ai sensi dell’articolo 71 della medesima legge.
Resta fermo che, in ogni caso, se il pagamento della pena pecuniaria è stato disposto in rate mensili, è convertita la parte non ancora pagata.


L’ottavo comma regola il procedimento per la conversione della pena pecuniaria, anche sostitutiva, da parte del magistrato di sorveglianza. È prevista l’applicabilità della procedura senza formalità di cui all’articolo 667, co. 4 c.p.p.
Si stabilisce inoltre che, per la conversione della pena pecuniaria, ai sensi degli articoli 71, 102 e 103 della legge 24 novembre 1981, n. 689, si applica, in quanto compatibile, l’art. 545 bis, comma 2 c.p.p. (relativo alla c.d. udienza di sentencing, introdotta per l’applicazione delle pene sostitutive delle pene detentive brevi, da parte del giudice di cognizione).


Il nono comma disciplina l’accertamento dell’insolvibilità del condannato, da parte del magistrato di sorveglianza. Al fine di accertare l'effettiva insolvibilità del condannato, che sia stata da questi allegata o che abbia motivo di ritenere sussistente, il magistrato di sorveglianza dispone le opportune indagini nel luogo del domicilio o della residenza, ovvero dove si ha ragione di ritenere che il condannato possieda beni o cespiti di reddito e richiede, se necessario, informazioni agli organi finanziari o di polizia giudiziaria.
La disposizione ripropone con adattamenti quanto previsto nell’art. 238, co. 1 del d.P.R. n. 115/2002 (t.u. spese giustizia), che viene contestualmente abrogato.
L’accertamento dell’insolvibilità del condannato riveste un ruolo ancor più centrale nel riformato sistema di conversione della pena pecuniaria, dipendendo da esso l’applicazione della disciplina più severa di cui all’art. 102, ovvero di quella più mite di cui all’art. 103.
In questa prospettiva, altresì centrale sarà, da parte del giudice della cognizione, la corretta e motivata applicazione dei criteri di commisurazione della pena pecuniaria, di cui all’art. 133 bis c.p., che può ridurre i casi di conversione per insolvibilità, a beneficio dell’efficienza complessiva dell’esecuzione penale e, quindi, del processo.


Il decimo comma stabilisce che quando il mancato pagamento della pena pecuniaria è dovuto a insolvibilità, il condannato può chiedere al magistrato di sorveglianza il differimento della conversione per un tempo non superiore a sei mesi, rinnovabile per una sola volta se lo stato di insolvibilità perdura.
Ai fini della estinzione della pena pecuniaria per decorso del tempo, non si tiene conto del periodo durante il quale la conversione è stata differita.
La disposizione conferma un istituto – quello del differimento della conversione, fino a un anno – già previsto a beneficio del condannato insolvibile dall’art. 660, co. 3 c.p.p. e dall’art. 238, co. 3 del d.P.R. n. 115/2002 (t.u. spese di giustizia). L’istituto, come quello della rateizzazione del pagamento, riflette un generale favor dell’ordinamento per il pagamento della pena pecuniaria, riservando alla conversione in pena limitativa della libertà personale un ruolo di extrema ratio.
Esso viene ragionevolmente limitato ai condannati in condizioni di insolvibilità. Chi è nelle condizioni di pagare, infatti, deve farlo senza indugi e può comunque chiedere la rateizzazione.


L’undicesimo comma disciplina l’ipotesi in cui vi sia stata condanna ex art. 354 c.p.p. del civilmente obbligato per la pena pecuniaria. La disposizione coordina pertanto la nuova disciplina dell’esecuzione e della conversione della pena pecuniaria con quella del predetto soggetto processuale, le cui principali disposizioni si rinvengono, oltre che nell’art. 354 c.p.p., negli artt. 196 e 197 c.p.
Presupposto del pagamento del soggetto civilmente obbligato è l’accertamento dell’insolvibilità del condannato (cfr. art. 534 c.p.p.), fermo restando (cfr. artt. 196 e 197 c.p.) che, in caso di mancato pagamento della pena pecuniaria da parte del civilmente obbligato, la conversione ha luogo nei confronti del condannato.
Questo modello, in linea con il principio di personalità della responsabilità penale, viene ora ribadito. Si stabilisce, nella nuova disposizione del codice di rito, che il magistrato di sorveglianza comunichi al pubblico ministero l’accertata condizione di insolvibilità del condannato e che il pubblico ministero ordini al civilmente obbligato per la pena pecuniaria di provvedere al pagamento della multa o dell’ammenda entro il termine di cui al terzo comma, ovvero, in caso di pagamento rateale, entro il termine di cui al quarto comma. Qualora il civilmente obbligato per la pena pecuniaria non provveda al pagamento entro i termini stabiliti, il pubblico ministero ne dà comunicazione al magistrato di sorveglianza che provvede alla conversione della pena nei confronti del condannato.


Il dodicesimo comma prevede che all’ordinanza di conversione – e, pertanto, alle pene da conversione della semilibertà sostitutiva, della detenzione domiciliare sostitutiva e del LPU sostitutivo – sia data esecuzione dal magistrato di sorveglianza, ai sensi degli artt. 62 e 63 della l. n. 689/1981.


Il tredicesimo comma conferma quanto previsto, prima della presente riforma, dall’ultimo comma dell’art. 660 c.p.p.: il ricorso contro l’ordinanza di conversione ne sospende l’esecuzione.


Il quattordicesimo comma richiama, per l’esecuzione delle pene da conversione, l’art. 107 l. n. 689/1981. Tale disposizione rende applicabili (oltre agli artt. 62 e 23 l. n. 689/1981, già richiamati dal comma 12) gli artt. 64, 65, 68 e 69 della l. n. 689/1981, n. 689.
Da segnalare che la competenza del magistrato di sorveglianza per l’esecuzione (e quindi la gestione) di semilibertà sostitutiva e detenzione domiciliare sostitutiva è già prevista dall’art. 62 l. n. 689/1981 quando le dette pene siano applicate dal giudice di cognizione, in sostituzione di una pena detentiva breve.
Non altrettanto prevede invece l’art. 63, quanto alla pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità. Competente per l’esecuzione di quella pena sostitutiva, infatti, è il giudice che ha provveduto alla sostituzione della pena. Quando invece il lavoro di pubblica utilità è applicato dal magistrato di sorveglianza quale pena da conversione della pena pecuniaria non eseguita, competente per l’esecuzione della pena è lo stesso magistrato di sorveglianza.


Il quindicesimo comma, infine, ha una funzione di raccordo processuale con la disciplina di cui all’art. 102, co. 4 della l. n. 689/1981. Si stabilisce che le pene sostitutive, conseguenti alla conversione della pena pecuniaria, sono immediatamente revocate dal magistrato di sorveglianza quando risulta che il condannato ha pagato la multa o l’ammenda, dedotta la somma corrispondente alla durata della pena da conversione espiata. A dimostrazione ulteriore del favor dell’ordinamento per il pagamento della pena pecuniaria, che prevale sempre sulla conversione in pena limitativa della libertà personale, si stabilisce, ancora una volta in linea con l’art. 102, co. 4 l. n. 689/1981, che durante l’esecuzione il condannato può chiedere al magistrato di sorveglianza di essere ammesso al pagamento rateale, ai sensi dell’articolo 133 ter del codice penale. In tal caso, dopo il pagamento della prima rata l’esecuzione della pena da conversione è sospesa, e riprende in caso di mancato pagamento di una delle rate successive.

Massime relative all'art. 660 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 25355/2014

Il provvedimento di rateizzazione della pena pecuniaria, attribuito alla competenza del magistrato di sorveglianza dall'art. 660, comma terzo, cod. proc. pen., è subordinato alla esistenza di "situazioni di insolvenza" e non presuppone affatto la richiesta di conversione della pena pecuniaria da parte del pubblico ministero, alla quale deve darsi luogo, ai sensi del precedente comma secondo dello stesso art. 660 cod. proc. pen., solo in presenza della diversa condizione costituita dall'accertata "impossibilità di esazione della pena pecuniaria o di una rata di essa".

Cass. pen. n. 2548/2000

Il provvedimento di rateizzazione della pena pecuniaria, attribuito alla competenza del magistrato di sorveglianza dall'art. 660, comma 3, c.p.p. (dovendosi considerare implicitamente abrogati l'art. 237 del R.D. 23 gennaio 1865 n. 2701 e gli artt. 78 e 79 della tariffa penale approvata con D.M. 28 giugno 1866, in base ai quali poteva darsi luogo a dilazioni in via amministrativa), è subordinato alla sola ritenuta sussistenza, da parte del magistrato di sorveglianza, di «situazioni di insolvenza». Esso, quindi, non presuppone affatto la richiesta di conversione della pena pecuniaria da parte del pubblico ministero, alla quale deve darsi luogo, ai sensi del precedente comma 2 dello stesso art. 660 c.p.p., solo in presenza della diversa condizione costituita dall'accertata «impossibilità» di esazione della pena pecuniaria o di una rata di essa».

Cass. pen. n. 21/2000

Chi ha pagato quanto dovuto in esecuzione di una pena pecuniaria non può ottenere la restituzione delle somme versate qualora, con successiva sentenza, i fatti di cui alla prima condanna siano ritenuti episodi di un unico reato continuato e sia per essi applicato, a titolo di continuazione, un aumento della pena pecuniaria inferiore alla somma già versata.

Cass. pen. n. 6853/1998

È illegittimo il provvedimento del magistrato di sorveglianza che, a fronte di un'espressa richiesta di rateizzazione della pena pecuniaria avanzata da condannato insolvibile, ometta di motivare sul punto.

Cass. pen. n. 12/1997

La competenza a conoscere le materie attribuite alla magistratura di sorveglianza appartiene al tribunale o al magistrato di sorveglianza che hanno giurisdizione sull'istituto di prevenzione o di pena in cui si trova l'interessato all'atto della richiesta, della proposta o dell'inizio di ufficio del procedimento. (Fattispecie in tema di conversione delle pene pecuniarie).

La competenza a disporre la conversione delle pene pecuniarie spetta al tribunale o al magistrato di sorveglianza che hanno giurisdizione sull'istituto di prevenzione o di pena in cui si trova l'interessato all'atto della richiesta, della proposta o dell'inizio di ufficio del procedimento.

Cass. pen. n. 3378/1997

Attesa la inscindibilità fra provvedimento di conversione della pena pecuniaria per insolvibilità del condannato e provvedimento di determinazione delle modalità di esecuzione delle pene conseguenti alla conversione, di cui all'art. 107 della legge 24 novembre 1981 n. 689, è in base a tale ultima disposizione che va individuato il magistrato di sorveglianza territorialmente competente a disporre la conversione e a determinare le suddette modalità di esecuzione. Conseguentemente, facendo riferimento, il citato art. 107, al luogo di residenza del condannato risulti detenuto o internato in luogo diverso, ricompreso nella giurisdizione di altro magistrato di sorveglianza; e ciò anche in considerazione dell'interesse pubblico a che la verifica in ordine alla solvibilità o meno del condannato venga affidata ad un organo che, per essere più vicino al luogo di residenza del medesimo, sia in grado di acquisire in maniera più diretta e immediata le notizie riflettenti la situazione patrimoniale del soggetto.

Cass. pen. n. 1874/1997

La competenza a disporre la conversione delle pene pecuniarie per insolvibilità del condannato spetta al magistrato di sorveglianza avente giurisdizione sull'istituto penitenziario nel quale si trovava, all'atto della richiesta del P.M., il condannato. (In motivazione, la S.C. ha escluso che, nella compiuta regolamentazione prevista in proposito dal nuovo codice di rito penale, possa sopravvivere il criterio di cui all'art. 107 della legge n. 689 del 1981)

Cass. pen. n. 5760/1997

Le «situazioni di insolvenza» in presenza delle quali, ai sensi dell'art. 660, comma terzo, c.p.p., il magistrato di sorveglianza può disporre la rateizzazione della pena non presuppongono affatto l'accertamento della «insolvibilità» del condannato prevista dal precedente comma secondo del medesimo articolo, come è dimostrato, fra l'altro, dal fatto che detta insolvibilità può essere accertata anche quando, essendosi già disposta la rateizzazione, risulti impossibile l'esazione anche di una sola rata.

Cass. pen. n. 786/1996

L'atto con il quale il magistrato di sorveglianza dà avviso di procedimento di conversione di pena pecuniaria, è una semplice comunicazione, priva di contenuto decisorio e costituisce un semplice invito ad adempiere. Si tratta di un atto atipico, diretto ad evitare l'inizio del procedimento, e come tale non è impugnabile.

Cass. pen. n. 35/1996

Nel procedimento di esecuzione delle pene pecuniarie, secondo il combinato disposto degli artt. 660, secondo comma, c.p.p., 181 e 182 disp. att. c.p.p., il compito del pubblico ministero, nelle ipotesi in cui la procedura di recupero — cui è preposta istituzionalmente la cancelleria del giudice dell'esecuzione — abbia avuto esito negativo, consiste soltanto nel controllo formale dell'attività svolta dalla cancelleria predetta; pertanto, una volta ricevuti gli atti della procedura risoltasi negativamente, egli deve limitarsi ad accertare se le ragioni di tale esito diano luogo ad un'effettiva impossibilità di esazione della pena pecuniaria ovvero se risultino in qualche modo superabili, rivolgendosi quindi, nella prima ipotesi, come espressamente previsto dal secondo comma dell'art. 660 c.p.p., al magistrato di sorveglianza — cui è demandata l'attività di accertamento del passaggio della situazione fisiologica di insolvibilità per impossibilità a quella di insolvenza effettiva e concreta — perché provveda alla conversione della pena pecuniaria, previo accertamento dell'effettiva insolvibilità del condannato; ovvero restituendo gli atti, nella seconda, alla cancelleria del giudice dell'esecuzione che li aveva inviati, perché riprenda la procedura di riscossione. (Nella specie la Corte ha altresì precisato che il magistrato di sorveglianza al quale devono essere trasmessi gli atti nell'ipotesi in cui l'impossibilità di esazione riguardi un condannato irreperibile è quello del luogo in cui fu pronunciata la sentenza di condanna, individuato ai sensi dell'art. 677, secondo comma, ultima parte, c.p.p.).

Qualora il magistrato di sorveglianza, investito dal pubblico ministero della procedura per la conversione della pena pecuniaria, riscontri, nell'ambito dell'accertamento sulla sussistenza o meno dello stato di insolvenza, l'irreperibilità del condannato e, quindi, l'impossibilità di dichirarne l'effettiva insolvibilità, non può dar luogo al provvedimento di conversione e deve restituire gli atti al pubblico ministero; il quale, a sua volta, deve restituirli alla cancelleria del giudice dell'esecuzione, affinché quest'ultimo ufficio, il quale è istituzionalmente preposto, ai sensi dell'art. 181 disp. att. c.p.p., alla riscossione delle pene pecuniarie, provveda a rinnovare periodicamente la procedura esecutiva.

Cass. pen. n. 6654/1996

Presupposto della conversione di pene pecuniarie, di cui agli artt. 136 c.p., 660 comma 2 c.p.p., e 102 L. 24 novembre 1981 n. 689 è l'effettiva insolvibilità del condannato, intesa come situazione oggettiva e permanente di impossibilità di adempienza. (Nella specie la Corte ha rigettato il ricorso affermando che il ricorrente è percettore di redditi da lavoro dipendente aggredibili nei limiti consentiti dalla legge, con conseguente non configurabilità di una situazione di «effettiva insolvenza»).

Cass. pen. n. 1233/1995

Il provvedimento con il quale il magistrato di sorveglianza, a fronte della richiesta, da parte del pubblico ministero, di conversione di pena pecuniaria per insolvibilità di condannato irreperibile, declini la competenza propria e di qualsiasi altro magistrato di sorveglianza, restituendo gli atti allo stesso pubblico ministero, non è qualificabile - indipendentemente dalla sua fondatezza o meno - come abnorme, ma è assimilabile, per il suo contenuto sostanziale, ad una declaratoria di inammissibilità della richiesta, pronunciata ai sensi dell'art. 666, comma secondo, c.p.p. Avverso detto provvedimento, quindi, in base a quanto previsto dall'ultima parte della disposizione normativa ora richiamata, è esperibile ricorso per cassazione.

Cass. pen. n. 107/1995

La rateizzazione della pena di cui all'art. 660 comma terzo c.p.p. è il risultato di un apprezzamento rimesso al potere discrezionale del magistrato di sorveglianza del cui esito negativo questo non è tenuto a dare ragione quando non sia stata posta un'espressa richiesta.

Cass. pen. n. 373/1994

Il pubblico ministero presso la pretura non è legittimato a proporre impugnazione avverso l'ordinanza con la quale il magistrato di sorveglianza dichiara inammissibile la richiesta di conversione della pena pecuniaria, atteso che il magistrato di sorveglianza è organo del tribunale.

L'impossibilità di esecuzione del decreto di conversione delle pene pecuniarie comporta, ai sensi degli artt. 102 e 108, L. n. 689 del 1981, la riconversione in pena detentiva che va richiesta dal pubblico ministero competente per l'esecuzione alla magistratura di sorveglianza.

Cass. pen. n. 4358/1994

In tema di esecuzione in materia penale, la norma contenuta nell'art. 103, L. 24 novembre 1981, n. 689, stante il riferimento fatto, in rubrica, al «limite degli aumenti» e, nel testo, alla «durata complessiva della libertà controllata», è applicabile nel solo caso in cui, a seguito di concorso materiale di reati, la conversione per insolvibilità del condannato deve effettuarsi dopo il cumulo di più pene pecuniarie della stessa specie. Nel caso in cui si tratta invece di pena inflitta per un solo reato, deve applicarsi il generale disposto di cui al precedente art. 102 della stessa L. n. 689 del 1981, secondo il quale la pena dell'ammenda non eseguita per insolvibilità del condannato si converte nella libertà controllata per un periodo massimo di sei mesi.

Cass. pen. n. 3665/1992

L'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione rigetta l'istanza dell'interessato deve essere adottata a seguito di udienza camerale e non (come nel caso in cui venga dichiarata l'inammissibilità dell'istanza stessa) della procedura de plano, derivandone altrimenti la nullità del provvedimento a norma dell'art. 178, lett. b) e c), c.p.p.

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