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Articolo 328 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Decorrenza dei termini contro gli eredi della parte defunta

Dispositivo dell'art. 328 Codice di procedura civile

Se, durante la decorrenza del termine di cui all'articolo 325, sopravviene alcuno degli eventi previsti nell'articolo 299 (1), il termine stesso è interrotto e il nuovo decorre dal giorno in cui la notificazione della sentenza è rinnovata (2).

Tale rinnovazione può essere fatta agli eredi collettivamente e impersonalmente, nell'ultimo domicilio del defunto.

Se dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza si verifica alcuno degli eventi previsti nell'articolo 299, il termine di cui all'articolo precedente è prorogato per tutte le parti di sei mesi dal giorno dell'evento (3).

Note

(1) Con sentenza del 3 marzo 1986, n. 41, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo nella parte in cui non prevede tra i motivi di interruzione dei termini di cui all'art. 325 del c.p.c. la morte, la radiazione e la sospensione dall'albo del procuratore costituito, sopravvenuta nel corso del termine stesso.
(2) La norma ci dice che il verificarsi di un evento interruttivo (morte o perdita di capacità di una delle parti o del loro procuratore costituito) durante la decorrenza del termine breve, lo interrompe: il termine decorrerà nuovamente dalla rinnovazione della notifica. La norma ha lo scopo di consentire agli eredi di avere conoscenza della sentenza per poter decidere se impugnarla.
(3) La riforma del 2009 non ha coordinato il terzo comma del presente articolo con l'abbreviazione del termine lungo a sei mesi. Difatti, nel caso descritto dalla norma (evento interruttivo che si verifichi dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza) la sentenza dovrebbe essere già passata in giudicato e non avrebbe alcun senso prevedere una proroga del termine lungo.
Secondo alcuni, la norma sarebbe, quindi, implicitamente abrogata.

Spiegazione dell'art. 328 Codice di procedura civile

In deroga alla regola secondo cui i termini per proporre impugnazione sono perentori e non subiscono, di regola, né sospensioni, né interruzioni, la norma in esame disciplina un'ipotesi di interruzione del termine per impugnare.
Infatti, si dice che se uno degli eventi interruttivi previsti dall'art. 299 del c.p.c. (ossia morte o perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti o del suo rappresentante legale) si verifica durante la pendenza del termine per impugnare, cioè nella fase del processo successiva alla pubblicazione della sentenza, si deve distinguere a seconda che la sentenza sia stata o meno regolarmente notificata.

Così, si avrà che:

a) se la sentenza è stata notificata e l'evento interruttivo si verifica dopo tale notificazione, cioè durante la decorrenza del termine breve di impugnazione previsto dall’art. 325 del c.p.c., tale termine si interrompe ed inizia a decorrere un nuovo termine dal giorno in cui viene rinnovata la notificazione della sentenza, la quale può essere fatta, con un unico atto, agli eredi collettivamente e impersonalmente nell'ultimo domicilio del defunto (così il secondo comma della norma);

b) se la sentenza non è stata notificata e l'evento interruttivo si verifica in pendenza del termine lungo, occorre ulteriormente distinguere a seconda che l’evento si sia verificato prima o dopo che siano passati sei mesi dalla pubblicazione della sentenza.
Nel primo caso, l'evento interruttivo è irrilevante; nel caso in cui, invece, siano passati più di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, il termine lungo per la proposizione dell'impugnazione è prorogato per tutte le parti di sei mesi che cominciano a decorrere dal giorno dell'evento (così il terzo comma).
Per l'interruzione del termine nelle due ipotesi appena viste, è sufficiente che la parte abbia avuto conoscenza legale della causa interruttiva attraverso qualsiasi formalità, che può provenire sia dagli eredi della parte che da altri.

Nel caso di evento interruttivo che si verifica dopo la notificazione della sentenza, la dottrina, al fine di evitare che la decorrenza del nuovo termine breve di impugnazione sia lasciata in balia della parte che dovrà notificare nuovamente la sentenza, ha ritenuto che si possa adottare la seguente soluzione:
  • se l'evento interruttivo si è verificato in pendenza del termine breve ma nei primi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, non si potrà più proporre impugnazione alla scadenza dei sei mesi;
  • se invece l'evento interruttivo si è verificato sempre nella pendenza del termine breve ma dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, allora si avrà la proroga del termine semestrale di ulteriori sei mesi a partire dalla data dall'evento interruttivo.
La rinnovazione della notificazione della sentenza non occorre che sia effettuata se, nel frattempo, la parte interessata ha proposto impugnazione.
Se la notificazione viene rinnovata, la prima notificazione si considera come non avvenuta nei confronti di tutte le parti.

Sebbene la rubrica della norma in esame sembri limitare la sua disciplina alla decorrenza del termine di impugnazione contro gli eredi della parte defunta, essa si applica anche se l'evento interruttivo interessa la parte ad istanza della quale è stata chiesta la notificazione della sentenza; tuttavia, l'interruzione del termine giova solo alla parte che ha subito l'evento interruttivo.

La rinnovazione della notificazione della sentenza deve essere fatta presso il domicilio reale della parte deceduta, non presso il domicilio eletto.

Il ricorrente che notifica l'impugnazione impersonalmente e collettivamente agli eredi nell'ultimo domicilio della parte defunta dopo la notificazione della sentenza è tenuto, a pena di inammissibilità dell'impugnazione, a fornire la prova dell'avvenuto decesso della controparte originaria e della qualità di eredi in capo ai notificati.

Se la parte deceduta non ha dichiarato la residenza o eletto domicilio per il giudizio, la notificazione va fatta agli eredi nominatim ai sensi degli artt. 137 ss. e dunque non collettivamente ed impersonalmente.
Le disposizioni contenute in questa norma si applicano anche in caso di estinzione di un ente e di successione dello stesso in un altro ente.

Se uno degli eventi interruttivi previsti da questa norma si verifica nel periodo che va dalla chiusura della discussione alla pubblicazione della sentenza, non si ha interruzione e la sentenza deve essere notificata a coloro ai quali spetta stare in giudizio, e dunque agli eredi, collettivamente ed impersonalmente, nell'ultimo domicilio del defunto.
Viene così ribadito il principio secondo cui, verificatosi un evento interruttivo nel corso del giudizio di primo grado, l'impugnazione deve essere proposta nei confronti di chi è effettivamente legittimato a proseguire il processo.
In precedenza prevaleva un diverso orientamento giurisprudenziale secondo il quale l'evento interruttivo poteva acquistare giuridica rilevanza solo se dichiarato in udienza dal procuratore della parte costituita o se notificato alle altre parti e dunque si considerava valida la notificazione dell'appello al difensore.

Prima dell'intervento della Corte costituzionale questa norma taceva in relazione all’ipotesi che l'evento interruttivo colpisse, durante la decorrenza del termine per impugnare, il procuratore costituito, con uno degli eventi disciplinati dall'art. 301 del c.p.c. (morte, radiazione o sospensione dell'albo).
La lacuna è stata adesso colmata, ma solo per quanto riguarda l'interruzione del termine breve di cui all'art. 325 del c.p.c., non anche per quanto riguarda l'interruzione del termine lungo di cui all'art. 327 del c.p.c..
Analogamente a quanto prevede il terzo comma dell’art. 301 del c.p.c., non sono causa di interruzione né del processo né del termine per proporre impugnazione la revoca della procura o la rinuncia ad essa.

Massime relative all'art. 328 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 190/2022

Il principio di ultrattività del mandato alla lite, in forza del quale il difensore continua a rappresentare la parte come se l'evento estintivo non si fosse verificato, si applica anche quando, avvenuta la cancellazione della società dal registro delle imprese in data successiva alla pubblicazione della sentenza di appello ed in pendenza del termine per proporre ricorso per cassazione, non ne sia possibile, per tale ragione, la declaratoria, ed il procuratore della società estinta non abbia inteso notificare l'evento stesso alla controparte, sicchè quest'ultima, legittimamente, può notificare alla società, pur cancellata ed estinta, il ricorso per cassazione presso il domicilio del suddetto difensore. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 13/05/2016).

Cass. civ. n. 20529/2019

Nei processi soggetti alla riduzione a sei mesi del termine ex art. 327 c.p.c., come riformulato ad opera della l. n. 69 del 2009, l'art. 328, comma 3, c.p.c. va interpretato nel senso che, ove dopo il decorso della metà del termine di cui al cit. art. 327 c.p.c. si verifichi uno degli accadimenti previsti dall'art. 299 c.p.c., il termine lungo di impugnazione è prorogato, per tutte le parti, di tre mesi dal giorno di tale evento

Cass. civ. n. 24799/2018

In caso di morte del difensore della parte durante la decorrenza del termine per impugnare, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 41 del 1986, opera la disciplina dell'art. 328, comma 1, c.p.c., secondo cui detto termine si interrompe e comincia a decorrere di nuovo dal giorno in cui è rinnovata la notificazione della sentenza, mentre, se tale rinnovazione non viene eseguita, l'impugnazione deve essere proposta nel termine previsto dall'art. 327 c.p.c., decorrente dalla pubblicazione della sentenza, e non dall'evento interruttivo.

Cass. civ. n. 23189/2018

Qualora uno degli eventi idonei a determinare l'interruzione del processo (nella specie, il raggiungimento della maggiore età da parte di minore costituitosi in giudizio a mezzo dei suoi legali rappresentanti) si verifichi nel corso del giudizio di primo grado, prima della chiusura della discussione (ovvero prima della scadenza dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, ai sensi del nuovo testo dell'art. 190 c.p.c.), e non venga dichiarato né notificato dal procuratore della parte cui esso si riferisce a norma dell'art. 300 c.p.c., il giudizio di impugnazione deve essere comunque instaurato da e contro i soggetti effettivamente legittimati, e ciò alla luce dell'art. 328 c.p.c., dal quale si desume la volontà del legislatore di adeguare il processo di impugnazione alle variazioni intervenute nelle posizioni delle parti, sia ai fini della notifica della sentenza che dell'impugnazione, con piena parificazione, a tali effetti, tra l'evento verificatosi dopo la sentenza e quello intervenuto durante la fase attiva del giudizio e non dichiarato né notificato. Un'esigenza di tutela della parte incolpevole non si pone, in ogni caso, rispetto all'ipotesi del raggiungimento della maggiore età nel corso del processo, che non costituisce un evento imprevedibile, ma, al contrario, un accadimento inevitabile nell'"an" - essendo lo stato di incapacità per minore età "naturaliter" temporaneo - ed agevolmente riscontrabile nel "quando".

Cass. civ. n. 19279/2017

Qualora uno degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c. si verifichi dopo sei mesi dalla data di pubblicazione della sentenza di primo grado, ai fini della verifica della tempestività dell’appello, deve applicarsi l’art. 328, comma 3, c.p.c., che prevede la proroga del termine di impugnazione di sei mesi dal giorno dell’evento per tutte le parti del giudizio, disposizione la cui “ratio” è adeguare il processo di impugnazione alle variazioni intervenute nelle posizioni delle parti, sia ai fini della notifica della sentenza che della impugnazione, con piena parificazione, a tali effetti, tra l’evento verificatosi dopo la sentenza e quello intervenuto durante la fase attiva del giudizio e non dichiarato né notificato. (In applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di merito che aveva dichiarato inammissibili gli appelli riuniti proposti da una società sottoposta alla procedura di amministrazione straordinaria dopo sei mesi dalla data di pubblicazione della sentenza di primo grado).

Cass. civ. n. 5511/2016

In caso di morte della parte originaria prima della notificazione della sentenza o in assenza della stessa, l'impugnazione di quest'ultima può essere anche notificata, impersonalmente e collettivamente, agli eredi della parte deceduta, purchè sia eseguita presso l'ultimo domicilio del defunto, ovvero nel luogo dove è aperta la successione, e non al domicilio eletto dal "de cuius" presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio da questi eletto per il giudizio. In tal caso, infatti, non trova applicazione la particolare disciplina di cui all'art. 330, comma 2, c.p.c., ma quella desumibile dal combinato disposto degli artt. 286 e 328, comma 2, c.p.c., attesa l'evidente esigenza di parità di trattamento fra chi vuole provocare il decorso del termine breve di impugnazione e chi intenda esercitare l'impugnazione medesima.

Cass. civ. n. 17003/2015

L'art. 328, ultimo comma, c.p.c., che prevede la proroga del termine annuale di cui al precedente art. 327 per impugnare la sentenza qualora dopo sei mesi dalla sua pubblicazione sopravvenga alcuno degli eventi contemplati dall'art. 299 del medesimo codice, si riferisce solo alla morte (od alla perdita della capacità) della parte (o del suo legale rappresentante) e non anche a quella del procuratore, che è disciplinata dall'art. 301 c.p.c., senza che sia dato ravvisare alcuna ragione, riconducibile alla necessità di consentire l'agevole esercizio del diritto di difesa (obiettivamente suscettibile di pregiudizio nel caso di termine breve di cui all'art. 325 c.p.c., per quanto evincibile dalla sentenza Corte cost. n. 41 del 1986), che giustifichi in via interpretativa un'estensione del disposto del citato ultimo comma dell'art. 328 anche alla suddetta ipotesi del decesso del procuratore.

Cass. civ. n. 10226/2015

Ai sensi dell'art. 328 cod. proc. civ. - nonostante l'imprecisa formulazione della rubrica dell'articolo - l'interruzione del termine di impugnazione previsto dall'art. 325 cod. proc. civ., con la conseguente decorrenza di un nuovo termine, si verifica non soltanto nel caso in cui la morte riguardi la parte alla quale la sentenza sia stata notificata, ma anche nel caso in cui il suddetto evento riguardi la parte notificante. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto inammissibile il gravame proposto al'Agenzia delle Entrate decorsi trentadue giorni dopo la notifica della sentenza di primo grado, effettuata dalla parte privata, deceduta due giorni dopo avere posto in essere la notificazione).

Cass. civ. n. 18128/2013

Qualora uno degli eventi idonei a determinare l'interruzione del processo si verifichi nel corso del giudizio di primo grado, anteriormente alla scadenza dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica ai sensi del nuovo testo dell'art. 190 c.p.c., e tanto non venga dichiarato, né notificato, dal procuratore della parte cui esso si riferisce a norma dell'art. 300 c.p.c., il giudizio di impugnazione deve essere comunque instaurato da e contro il soggetto effettivamente legittimato, desumendosi dall'art. 328 c.p.c. la volontà del legislatore di adeguare il processo di impugnazione alle variazioni intervenute nelle posizioni delle parti, sia ai fini della notifica della sentenza che dell'impugnazione, con piena parificazione, a tali effetti, tra l'evento verificatosi dopo la sentenza e quello intervenuto durante la fase attiva del giudizio e non dichiarato né notificato. (Così statuendo, la S.C. ha riformato la sentenza impugnata ritenendo inammissibile, perché spiegato da soggetto privo della corrispondente legittimazione ad appellare, il gravame proposto da una s.r.l. estintasi per effetto di incorporazione in una s.p.a., perfezionatasi prima dell'entrata in vigore del d.l.vo 17 gennaio 2003, n. 6, ed intervenuta nel corso del giudizio di primo grado, malgrado il suo difensore ivi costituito non avesse dichiarato, né notificato, tale evento alla controparte nelle forme di legge).

Cass. civ. n. 7140/2013

La più recente interpretazione giurisprudenziale, che ha portato ad affermare che l'atto di impugnazione della sentenza, in caso di morte della parte vittoriosa, deve essere rivolto e notificato agli eredi, indipendentemente sia dal momento in cui il decesso è avvenuto, sia dall'eventuale ignoranza dell'evento, seppur incolpevole, da parte del soccombente, con conseguente inapplicabilità dell'art. 291 c.p.c. allorché l'impugnazione sia stata, invece, proposta nei confronti del defunto, non costituisce un'ipotesi di cosiddetto "overruling", ovvero di radicale mutamento di un consolidato orientamento ad opera del giudice della nomofilachia, al quale si debba negare efficacia retroattiva, in modo da non travolgere gli atti processuali già compiuti alla luce della soluzione poi ribaltata, avendo detta interpretazione, in realtà, composto un contrasto di opposti indirizzi di giurisprudenza, tale da non giustificare l'affidamento della parte impugnante sulla legittimità della notifica precedentemente eseguita alla controparte non più in vita.

Cass. civ. n. 25583/2008

Quando si verifica la morte della parte o altro evento interruttivo dopo la notificazione della sentenza, il termine breve per impugnare è interrotto e il nuovo termine comincia a decorrere dal giorno in cui è rinnovata la notificazione della sentenza agli eredi ; in mancanza di tale rinnovazione, l'impugnazione deve essere proposta nel termine di un anno previsto dall'art. 327 c.p.c., decorrente dalla pubblicazione della sentenza, e non dall'evento interruttivo, salva una proroga di sei mesi dal giorno dell'evento, nell'ipotesi in cui quest'ultimo sia intervenuto dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza.

Cass. civ. n. 7660/2007

L'art. 328, ultimo comma. c.p.c., che prevede la proroga del termine annuale di cui all'art. 327 dello stesso codice per impugnare la sentenza qualora dopo sei mesi dalla sua pubblicazione sopravvenga alcuno degli eventi previsti dall'art. 299 del medesimo codice, si riferisce solo alla morte (od alla perdita della capacità) della parte (o del suo legale rappresentante) e non anche a quella del procuratore, che è disciplinata dall'art. 301 c.p.c., senza che sia dato ravvisare alcuna ragione, riconducibile alla necessità di consentire l'agevole esercizio del diritto di difesa (obiettivamente suscettibile di pregiudizio nel caso di termine breve di cui all'art. 325 c.p.c., per quanto evincibile dalla sentenza della Corte costituzionale n. 41 del 1986), che giustifichi in via interpretativa un'estensione del disposto del citato ultimo comma dell'art. 328 anche alla suddetta ipotesi del decesso del procuratore.

Cass. civ. n. 18867/2004

La proroga del termine di notifica dell'impugnazione — tardiva alla luce dell'art. 327 c.p.c. — ai sensi dell'art. 328, terzo comma, c.p.c., richiesta soltanto nella fase «dibattimentale» del giudizio di legittimità, allo scopo di poter provare l'eventuale perdita della capacità di stare in giudizio della originaria parte processuale, per fusione di società eventualmente intervenuta dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza impugnata, non può essere concessa perché la relativa istanza è tardiva: e ciò non soltanto in presenza dell'eccezione di inammissibilità del ricorso tempestivamente formulata dalla controricorrente, ma anche in quanto il ricorrente, per superare l'inammissibilità del ricorso avrebbe dovuto comunque documentare in limine l'avvenuta fusione della società parte originaria con altra società, configurante un'ipotesi di successione a titolo universale idonea all'attivazione del meccanismo processuale previsto dal detto terzo comma dell'art. 328 del codice, laddove nella specie il ricorso è stato notificato nei confronti di un soggetto denominato in modo da poter configurare una semplice trasformazione senza estinzione della società parte originaria, con successione a titolo particolare nel diritto controverso. L'esame della ricorrenza, in concreto, dell'una o dell'altra ipotesi di successione, di cui rispettivamente agli artt. 110 e 111 c.p.c., con conseguenze ed esiti differenti, infatti, non può trovare ingresso nel giudizio per cassazione ai sensi e per gli effetti dell'art. 328, terzo comma, trattandosi di un accertamento di fatto, inammissibile come tale in detta sede.

Cass. civ. n. 18153/2004

La proroga del termine annuale di impugnazione della sentenza, disposta dall'art. 328, terzo comma, c.p.c. con riguardo ai casi di morte o perdita della capacità della parte (o del suo legale rappresentante) previsti dal richiamato art. 299, non è suscettibile di estensione anche all'ipotesi di morte del procuratore della parte stessa, poiché, avuto riguardo alla natura del detto termine lungo (stabilito dall'art. 327 c.p.c. quale limite temporale invalicabile rispetto alla possibilità di impugnazione delle sentenze), non è dato ravvisare alcuna ragione, riconducibile alla necessità di consentire l'agevole esercizio del diritto di difesa (obiettivamente suscettibile di pregiudizio nel caso del termine breve di cui all'art. 325: cfr. Corte Cost. sent. n. 41 del 1986), che giustifichi in via interpretativa l'indicata estensione.

Cass. civ. n. 16368/2004

La fusione di una società per incorporazione in un'altra determina automaticamente l'estinzione della società assoggettata a fusione e il subingresso nei rapporti ad essa relativi per successione a titolo universale della società incorporante; qualora tale evento si verifichi nella fase di quiescenza, ex art. 328 c.p.c., di un rapporto processuale in cui sia parte la società incorporata, soltanto il nuovo ente, in quanto successore universale, è legittimato ai sensi dell'art 110 c.p.c. a proseguire il giudizio, senza che possa trovare applicazione il principio di ultrattività della procura (anche ai fini della proposizione dell'impugnazione) in caso di mancata denuncia dell'evento interruttivo, poiché tale principio riguarda la diversa ipotesi della verificazione di detto evento nel corso di un grado del giudizio, con la conseguenza che l'appello proposto dalla società incorporata, anziché dalla società incorporante, va dichiarato inammissibile.

Cass. civ. n. 3982/2003

Nel caso in cui la parte sia costituita in giudizio a mezzo di più procuratori autorizzati a difenderla disgiuntamente la morte di uno di essi non determina l'interruzione del termine breve di impugnazione ex art. 328, primo comma, c.p.c., e, nell'ipotesi di cui al terzo comma dell'art. 328 dello stesso codice, non dà luogo alla proroga del termine annuale di impugnazione di cui all'art. 327 c.p.c., in quanto l'esistenza di una pluralità di procuratori, ciascuno dotato di piena facoltà di rappresentanza, impedisce che, nel caso di impedimento di uno di essi, la parte resti priva di rappresentanza processuale con pregiudizio per la sua possibilità di difesa, essendo altresì irrielvante che il procuratore deceduto sia stato designato quale domiciliatario, dato che, se la parte è costituita nel giudizio a mezzo di due procuratori muniti di eguali poteri di rappresentanza, la notifica dell'impugnazione è valida anche se eseguita presso il procuratore che non risulta domiciliatario.

Cass. civ. n. 134/2003

In caso di morte della parte, intervenuta dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado e prima della notifica della stessa, ai fini della decorrenza del termine breve per l'impugnazione, quest'ultima deve proporsi nei confronti dei soggetti che siano parti sostanziali interessate alla controversia e al processo; qualora nella notificazione della sentenza non si specifichi se tale attività viene svolta a vantaggio degli eredi, e non si forniscano gli elementi per proporre appello contro di essi, l'impugnazione proposta contro la parte defunta è nulla, ma la nullità è sanabile e restano salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda fin dal momento della sua prima notificazione (ai sensi dell'art. 164 c.p.c., terzo comma) per effetto della costituzione degli eredi, ove questa avvenga quando ancora non sia maturato il termine annuale per proporre impugnazione.

Cass. civ. n. 5367/2002

Quando si verifica, tra una fase processuale e l'altra e dopo la pubblicazione della sentenza, la morte o la perdita della capacità di agire della parte persona fisica (o l'estinzione della persona giuridica), il problema della notificazione dell'atto di impugnazione e della instaurazione della fase di gravame va risolto non già alla luce dei principi d'ultrattività del mandato al procuratore costituito, bensì in base alle disposizioni contenute nell'art. 328 c.p.c., secondo cui l'evento interruttivo incide non più sul processo, ma sul termine per la proposizione dell'impugnazione. Ne deriva che, dovendo l'impugnazione essere proposta contro il soggetto «attualmente» legittimato (art. 163, terzo comma, n. 2, c.p.c.), essa se effettuata alla parte originaria anziché al successore universale, è affetta da nullità rilevabile d'ufficio, a norma dell'art. 164, primo comma, c.p.c., trattandosi di errata identificazione del soggetto passivo della vocatio in ius e tale nullità è suscettibile di sanatoria, per effetto della costituzione del successore a titolo universale, ma la sanatoria opera con efficacia ex nunc a norma dell'art. 164 c.p.c. (nel testo anteriore alla modifica introdotta dalla legge n. 353 del 1990, per essere la controversia già pendente alla data del 30 aprile 1995).

Cass. civ. n. 3102/2002

Quando la parte muore dopo la pubblicazione della sentenza, il giudizio, nelle fasi d'impugnazione, può proseguire solo contro o ad iniziativa dei suoi successori universali, ovvero in mancanza di questi, di chi ha il potere di rappresentare l'eredità.

Cass. civ. n. 5208/1998

In materia di impugnazioni, la proroga di sei mesi del termine lungo annuale per la loro proposizione, prevista dall'art. 328, terzo comma, c.p.c., in caso di verificazione negli ultimi sei mesi del suo decorso della morte della parte o di un altro degli eventi di cui all'art. 299 c.p.c., opera «per tutte le parti» e quindi deve ritenersi tempestiva l'impugnazione proposta nel termine così prorogato nei confronti di parte diversa da quella colpita dall'evento che ha determinato la proroga. (Nella specie un istituto di credito, che aveva convenuto in giudizio tre suoi dipendenti perché rispondessero di un ammanco di cassa, aveva proposto ricorso per cassazione contro la sentenza di appello di rigetto della domanda, notificandolo, poco oltre il decorso del termine annuale, alle controparti, salvo che al dipendente deceduto, ai cui eredi era stato successivamente notificato atto di integrazione del contraddittorio nel termine assegnato dalla Corte, che ha poi proceduto ad annullamento con rinvio in applicazione del principio separatamente massimato).

Cass. civ. n. 5105/1998

La declaratoria di parziale illegittimità costituzionale dell'art. 328, primo comma, c.p.c., di cui alla sentenza n. 41 del 3 marzo 1986 della Corte costituzionale, è riferita all'ipotesi di eventi che abbiano colpito il procuratore costituito in costanza del termine breve per l'impugnazione (e, quindi, successivamente alla notificazione della sentenza), e non opera nel caso in cui il decesso di questi sia avvenuto successivamente alla chiusura dell'udienza di discussione e prima della pubblicazione della sentenza, non sussistendo, in tal caso, l'esigenza di supplire alle probabili difficoltà dell'esercizio del diritto di difesa derivanti da fatti verificatisi in pendenza del detto termine breve.

Cass. civ. n. 5069/1998

L'art. 328 c.p.c. prevede la interruzione del termine per impugnare, esclusivamente a favore della parte nei cui confronti si sia verificato l'evento interruttivo, e ciò anche nell'ipotesi in cui — conformemente a quanto deve ritenersi a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 41 del 1986 — l'evento riguardi il procuratore per essa costituito nel concluso grado di giudizio. Infatti, la norma è dettata dall'esigenza esclusiva di tutelare la parte che versa in condizioni di minorata difesa processuale; sicché la interruzione non si riflette sul termine per impugnare dato all'altra parte, che dovrà comunque provvedere alla tempestiva notificazione dell'impugnazione nei modi di cui all'art. 330 c.p.c.

Cass. civ. n. 11394/1996

In caso di morte della parte, avvenuta dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado e prima della notifica della stessa ai fini della decorrenza del termine breve per l'impugnazione, questa va instaurata e deve svolgersi da e contro i soggetti che siano parti sostanziali attualmente interessate alla controversia ed al processo. Ove ciò non avvenga — in quanto l'appello sia proposto nei confronti della parte deceduta, dopo che il procuratore di questa abbia notificato la sentenza di primo grado senza specificare se a nome degli eredi della predetta parte e, comunque, senza fornire indicazioni idonee a consentire alla controparte di proporre appello contro di essi — si verifica una nullità dell'impugnazione che è suscettibile di sanatoria (con effetto, nell'ipotesi, esclusivamente ex nunc, a norma dell'art. 164 c.p.c. nel testo anteriore alla modifica di cui alla legge n. 353 del 1990, trattandosi di causa pendente al 30 aprile 1995) per effetto della costituzione degli eredi, ove questa avvenga quando ancora non sia maturato il termine annuale d'impugnazione (operante, nella specie, in quanto la descritta notificazione della sentenza impugnata non era idonea a far decorrere il termine «breve»). È, invece, inammissibile il ricorso per cassazione che, nell'indicata ipotesi, venga indirizzato nei confronti della parte deceduta, in quanto diretto contro persona diversa da quelle (gli eredi di detta parte) che hanno partecipato al giudizio di appello, senza che assuma rilievo che nell'intestazione della sentenza d'appello continui a figurare, per mero errore materiale, l'indicazione della parte defunta.

Cass. civ. n. 1427/1993

La proroga del termine annuale di impugnazione disposta dall'art. 328, terzo comma c.p.c. opera con esclusivo riguardo agli ivi espressamente richiamati casi di morte o perdita di capacità delle parti (o del loro rappresentante legale) e non è suscettibile di estensione ai diversi casi, contemplati dall'art. 301 c.p.c., della morte o impedimento del procuratore delle parti.

Cass. civ. n. 443/1984

La morte della parte sopravvenuta prima del decorso di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza di primo grado e della notificazione di questa al procuratore costituito dalla parte stessa, impedisce l'operatività dell'art. 328 c.p.c., sia nella parte in cui dispone la proroga del termine annuale di impugnazione di cui all'art. 327, sia in quella in cui prevede l'interruzione del termine breve di cui all'art. 325 e l'onere della rinnovazione della notificazione della sentenza. In tale ipotesi resta, altresì, precluso il ricorso al combinato disposto degli artt. 299 e 359 c.p.c., attinente alla diversa ipotesi in cui l'evento interruttivo intervenga dopo la proposizione della impugnazione, ma prima della costituzione ad opera della parte medio tempore deceduta e non incombe, infine, alcun obbligo sulla parte vittoriosa in primo grado, che sia eventualmente a conoscenza di detto evento, di rinotificare la sentenza a norma dell'art. 303, secondo comma, c.p.c., in applicazione dell'art. 286, primo comma, stesso codice, che concede una semplice facoltà e non pone alcun obbligo di effettuare una modifica in tal forma del provvedimento giudiziale. Pertanto, ove la sentenza come sopra notificata non venga tempestivamente impugnata nel suddetto termine ordinario da parte dell'erede del defunto, questi non può successivamente ritenersi legittimato — in tale veste — al ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, che, ove proposto, va dichiarato inammissibile.

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