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Articolo 281 nonies Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Connessione

Dispositivo dell'art. 281 nonies Codice di procedura civile

In caso di connessione tra cause che debbono essere decise dal tribunale in composizione collegiale e cause che debbono essere decise dal tribunale in composizione monocratica, il giudice istruttore ne ordina la riunione e, all'esito dell'istruttoria, le rimette, a norma dell'articolo 189, al collegio, il quale pronuncia su tutte le domande, a meno che disponga la separazione a norma dell'articolo 279, secondo comma, numero 5(1).

Alle cause riunite si applica il rito previsto per la causa in cui il tribunale giudica in composizione collegiale e restano ferme le decadenze e le preclusioni già maturate in ciascun procedimento prima della riunione(2).

Note

(1) L'unica eccezione alla regola prescritta dall'articolo in commento si ha quando il collegio decida solo le domande ad esso attribuite, rimettendo le altre al tribunale in composizione monocratica per il proseguimento dell'istruttoria.
(2) Comma inserito dal D. Lgs. 10 ottobre 2022 n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia).
Il D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, ha disposto (con l'art. 35, comma 1) che "Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti".

Spiegazione dell'art. 281 nonies Codice di procedura civile

Questa norma è volta ad evitare il contrasto di giudicati, volendo il legislatore privilegiare la trattazione e decisione unitaria delle cause connesse, la quale viene affidata al collegio.

Il provvedimento di riunione ha forma di ordinanza e la sua emissione spetta al giudice istruttore, fatta salva la possibilità per il collegio di disporre la separazione delle cause ex art. 279 del c.p.c. comma 2 n. 5.
Il favor espresso nei confronti della composizione collegiale è connesso non tanto al rilievo economico della controversia, quanto piuttosto alla particolare natura della causa trattata ed alle caratteristiche del procedimento.

Parte della dottrina ritiene che la riunione non sia frutto di una scelta discrezionale del collegio, ma debba essere obbligatoriamente disposta da tale organo; in tal senso si argomenta dalla locuzione che il legislatore ha usato nella stessa norma “ordina la riunione”, piuttosto che dire “può disporre la riunione”.

Secondo altra tesi, invece, sebbene debba ammettersi che la ratio della norma sia quella di favorire la decisione delle cause connesse da parte del tribunale in composizione collegiale, si ritiene che non possa essere sottratto al giudice istruttore il potere di valutare la sussistenza delle condizioni ai fini della riunione e di negare tale riunione laddove essa, per il diverso grado di istruzione delle cause, possa comportare eccessivo ritardo nella decisione di una di esse.
In caso di diversità dei giudici istruttori nelle cause connesse, la riunione dovrà essere disposta dal presidente del tribunale.

Circa il significato da attribuire all'inciso “all'esito dell'istruttoria”, riferito al momento in cui si effettua la rimessione, si ritiene che con tale espressione il legislatore abbia soltanto voluto sottolineare che la rimessione, per sua natura, può avvenire solo ad istruttoria conclusa.

Per quanto concerne l’ambito di applicazione della norma, prevale la tesi secondo cui essa si applica sia nell’ipotesi in cui più domande separatamente proposte siano successivamente riunite, sia nell'ipotesi in cui siano proposte cumulativamente ab initio, sia infine quando il cumulo di cause sia conseguenza dell'introduzione in via incidentale di altre domande.

Non può farsi applicazione di tale norma, invece, in caso di cumulo di domande ex art. 104 del c.p.c. non legate da rapporto di connessione, alcune delle quali sono riservate alla decisione del tribunale in composizione collegiale; in questo caso il giudice istruttore, al termine della fase di trattazione, rimette al collegio solo le cause a questi riservate, trattenendo le altre davanti a sé per la decisione.

Si ritiene, poi, che nel concetto di connessione vi si debba far rientrare ogni tipo di connessione, e dunque:
  1. connessione per l'oggetto e per il titolo;
  2. connessione per pregiudizialità dipendenza fra rapporti sostanziali;
  3. connessione per incompatibilità e per alternatività ;
  4. connessione per identità di petitum e di causa petendi.

Ci si chiede se la norma si applichi anche ai casi di connessione meramente soggettiva.
Parte della dottrina lo esclude, ritenendo che tale esclusione permetterebbe di scongiurare il rischio che una parte, mediante la proposizione pretestuosa di una domanda solo soggettivamente connessa a quella attribuita al giudice unico, causi artatamente il passaggio del potere di emanare la decisione dal giudice unico al collegio.

L’ultima parte della norma prevede l’ipotesi che solo alcune cause riunite siano eventualmente istruite, così che si possa applicare l'art. 279 c.p.c., comma 2 n. 5.
Viene, in sostanza, attribuito al collegio il potere di separare in sede di decisione le cause connesse, decidendo quella riservata alla sua decisione e rimettendo in istruttoria quella riservata alla decisione del tribunale in composizione monocratica.

E’ da escludere che il collegio possa esercitare il potere di separazione nei casi di cumulo necessario, al fine di evitare il rischio di giudicati contraddittori (pertanto, la facoltà di separazione è ammessa nei soli casi di cumulo facoltativo).

La Riforma Cartabia ha modificato questa norma al fine di prevedere, mediante l’inteoduzione di un secondo comma, che, se sono riunite cause per le quali il tribunale deve giudicare in composizione collegiale e cause nelle quali deve giudicare in composizione monocratica, la prevalenza del rito collegiale, ferme restando le preclusioni e le decadenze maturate in ciascun procedimento, per la parte che si è svolta prima della riunione.

Massime relative all'art. 281 nonies Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 9598/2000

Non č configurabile un rapporto di litispendenza, ai fini della relativa declaratoria a norma dell'art. 39, primo comma, c.p.c. tra due cause pendenti davanti allo stesso ufficio giudiziario, anche se sussiste un impedimento alla loro riunione, dovuto ad una diversitā di rito. (Impedimento peraltro non configurabile, secondo la S.C., nel caso in cui, come nella specie, si č attribuita una causa alla cognizione del tribunale in formazione collegiale e l'altra a quella del giudice monocratico, in quanto proposta, rispettivamente, anteriormente e successivamente al 30 aprile 1995, stante l'applicabilitā anche in tale situazione del previgente art. 274 bis, c.p.c., cui corrisponde l'attuale art. 281 nonies, a seguito della istituzione del giudice unico di primo grado).

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