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Articolo 267 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Costituzione del terzo interveniente

Dispositivo dell'art. 267 Codice di procedura civile

Per intervenire nel processo a norma dell'articolo 105(1), il terzo deve costituirsi depositando una comparsa formata a norma dell'articolo 167 con i documenti e la procura.

Il cancelliere dà notizia dell'intervento alle altre parti(2)(3).

Note

(1) L'art. 105 del c.p.c. richiamato dalla norma in commento disciplina l'intervento volontario in giudizio di colui che vanti un diritto relativo all'oggetto della causa o dipendente dal titolo dedotto nel processo (intervento principale o adesivo autonomo) oppure che intenda sostenere la posizione di una delle parti (intervento adesivo dipendente).
L'art. 267 si applica anche all'intervento in causa del pubblico ministero (art. 70 del c.p.c.).
(2) Mentre prima della Riforma Cartabia il terzo poteva costituirsi sia in udienza che depositando presso la cancelleria la comparsa di risposta, i documenti e la procura, adesso la costituzione del terzo è possibile soltanto mediante deposito dei suddetti atti.
La giurisprudenza ha ritenuto che la comparsa di intervento non debba essere notificata personalmente al contumace (v. art. 292 del c.p.c.) nel caso in cui non contenga domande nuove. In questa ipotesi, l'omessa notifica non determina comunque la nullità dell'intervento se il contraddittorio si è in altro modo instaurato, ad esempio perché la parte contumace si è successivamente costituita oppure se lo stesso interventore abbia rinnovato la comparsa, notificandola questa volta ritualmente.
(3) Il D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia"), come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, ha disposto (con l'art. 35, comma 1) che "Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti".

Spiegazione dell'art. 267 Codice di procedura civile

Parte della dottrina ritiene che non sia inammissibile un intervento proposto in forma diversa dal deposito della comparsa, qualora sia egualmente raggiunto lo scopo.

Secondo altra parte della dottrina, invece, sarebbe irrituale un intervento proposto in forma orale, ritenendo necessaria la forma della comparsa in considerazione della funzione dell’atto, analoga a quella della citazione.

A seguito della costituzione l'interveniente diventa immediatamente ed in modo automatico parte in senso processuale, fatta salva ogni futura decisione circa l'ammissibilità intrinseca dell'intervento e la possibilità di prendere in esame le conclusioni e le produzioni.

Il richiamo che la norma fa all'art. 167 del c.p.c. assoggetterebbe l'atto di intervento alle preclusioni stabilite per la comparsa di risposta del convenuto, ed in particolare all'onere che in esso sia proposta, a pena di decadenza, la domanda e che siano sollevate le eccezioni di rito e di merito non rilevabili d'ufficio.

Prima della Riforma Cartabia, la norma in esame ammetteva che la comparsa di intervento potesse essere presentata in udienza, con la conseguenza che il contraddittorio con le parti si instaurava immediatamente nella stessa udienza di costituzione dell'interventore volontario.
La Riforma, invece, ha soppresso la possibilità per il terzo di costituirsi in udienza, e pertanto adesso la costituzione del terzo interveniente potrà avvenire soltanto con il deposito di una comparsa formata a norma dell’art. 167 del c.p.c..
In questo caso il momento della costituzione del contraddittorio viene posticipato, nei confronti delle parti costituite, alla data della comunicazione effettuata dal cancelliere ai sensi del secondo comma dell'art. 267 ovvero, in mancanza di tale comunicazione, nell'udienza già fissata.

Se vi sono parti contumaci, la costituzione del contraddittorio si farà dipendere dalla notifica della comparsa d'intervento.
Parte della giurisprudenza, tuttavia, ritiene che l’omissione della notificazione della comparsa d'intervento (sia autonomo che adesivo) che contenga conclusioni anche nei confronti di una parte rimasta contumace, non spiega effetti invalidanti sull'intervento, quando risulti comunque assicurato il contraddittorio con la parte contumace, come quando questa si sia successivamente costituita, ovvero quando l'interventore abbia provveduto a rinnovare la comparsa d'intervento, notificandola regolarmente (ciò in applicazione dei principi generali fissati dall'[[ 156cpc]]).
Da ciò se ne è fatto conseguire che le comparse non contenenti domande nuove devono considerarsi comunicate al convenuto contumace con il solo deposito in cancelleria e con l'apposizione del visto del cancelliere sull'originale.

E’ stato anche fatto osservare che, poiché la nullità derivante dalla mancata notifica della comparsa d'intervento al contumace è dettata nell'esclusivo interesse di costui (e dunque integra una nullità relativa), la stessa può essere rilevata soltanto dallo stesso contumace e non anche da una delle altre parti del giudizio.

Particolare attenzione deve essere dedicata all’intervento del P.M., il cui intervento davanti all'istruttore avviene nei modi previsti nell'art. 267 del c.p.c. (così art. 2 delle disp. att. c.p.c.).
A differenza delle parti private, il pubblico ministero può spiegare il suo intervento anche quando la causa si trova davanti al collegio, mediante comparsa da depositarsi in cancelleria o all'udienza (art. 3 delle disp. att. c.p.c. comma 1).
Viene così introdotta una deroga al principio fissato dall'art. 268 del c.p.c., la quale vale sia quando il P.M. sia parte necessaria che quando svolga un intervento facoltativo.

Massime relative all'art. 267 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 9903/1998

L'irregolarità consistente nella mancata comunicazione a cura della cancelleria alle parti già costituite dell'avvenuto intervento in causa di terzi, prescritta dall'art. 267, comma 2, c.p.c., non importa nullità dell'intervento stesso, se ciò nonostante il procedimento si sia svolto regolarmente e sia stata raggiunta la finalità di assicurare il contraddittorio tra le parti.

Cass. civ. n. 3905/1995

Il terzo, che intende intervenire nel giudizio, deve costituirsi con la comparsa prevista dall'art. 267 c.p.c., che può presentare in udienza o depositare in cancelleria. Nella prima ipotesi il contraddittorio con le parti si instaura immediatamente nella stessa udienza di costituzione dell'interventore volontario; nella seconda, il momento della costituzione del contraddittorio è posticipato, nei confronti delle parti costituite, alla data della comunicazione effettuata dal cancelliere ai sensi del comma 2 dell'art. 267 sopracitato, ovvero, mancando tale comunicazione, nell'udienza già fissata; nei confronti delle parti contumaci, all'atto della notifica della comparsa d'intervento contenente la domanda contro la stessa proposta.

Cass. civ. n. 1104/1985

La comparsa d'intervento, sia autonomo che adesivo, che contenga conclusioni anche nei confronti di una parte rimasta contumace, deve essere notificata a quest'ultima, ai sensi dell'art. 292 c.p.c. L'omissione di detta notificazione, peraltro, in applicazione dei principi generali fissati dall'art. 156 c.p.c., non spiega effetti invalidanti sull'intervento, quando risulti comunque assicurato il contraddittorio con la parte contumace, come quando questa si sia successivamente costituita, ovvero quando l'interventore abbia provveduto a rinnovare la comparsa d'intervento, notificandola regolarmente.

Cass. civ. n. 3692/1984

L'ammissibilità dell'intervento del terzo nella nuova fase innanzi all'istruttore, che sia riaperta da un provvedimento di natura esclusivamente istruttoria o anche da provvedimenti diversi, deve essere accertata di volta in volta in relazione alla specifica vicenda processuale, e specie in ipotesi di pronuncia di una sentenza non definitiva, considerando quindi soprattutto il contenuto della pronuncia già emessa e la natura e l'ambito delle richieste dell'interventore, cui non è dato di proporre domande tendenti a modificare detta pronuncia. Pertanto, nel caso in cui la sentenza non definitiva abbia pronunciato la condanna generica del convenuto al risarcimento dei danni patiti, in un incidente stradale, dal proprietario di un autoveicolo, è ammissibile, nella successiva fase del giudizio concernente la liquidazione di tali danni, l'intervento, adesivo autonomo, dell'Inail, diretto ad ottenere in via surrogatoria, ai sensi dell'art. 1916 c.c., il rimborso — alla stregua della già affermata responsabilità del convenuto e nell'ambito della percentuale di colpa già attribuita al medesimo — delle somme da esso istituto erogate anche se in favore degli autisti del veicolo dell'attore, rimasti infortunati nel medesimo incidente.

Cass. civ. n. 5311/1978

Colui che interviene volontariamente nel giudizio deve osservare le forme di cui all'art. 267 c.p.c. L'inosservanza di queste forme non comporta, tuttavia, la nullità dell'intervento, se sia stata egualmente raggiunta la finalità di assicurare il contraddittorio alle parti interessate. (Nella specie, una persona aveva ottenuto, insieme ad altra, un decreto ingiuntivo ed, essendo stata proposta opposizione dall'ingiunto soltanto contro l'altro intimante, si era nondimeno costituita nel relativo giudizio, con la stessa comparsa di risposta, in cui si era definita «convenuta». La corte ha confermato la sentenza del merito, che aveva ritenuto valida detta costituzione, enunciando il principio di cui in massima).

Cass. civ. n. 765/1976

L'inosservanza da parte dell'interveniente delle forme prescritte dall'art. 267 c.p.c. non importa la nullità dell'intervento, se, nonostante il vizio di forma, sia stata raggiunta la finalità di assicurare il contraddittorio delle parti interessate.

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Angela D.B. chiede
sabato 19/09/2020 - Puglia
“Buon giorno, desidererei una risposta urgente al quesito sottostante.
Caso di un ex socio di una cooperativa edilizia , che voglia esperire intervento di terzo nel giudizio civile pendente dal 2014 (fra altri ex soci di coop. edil. e Comune espropriante in ambito PEEP) sull'obbligo di adempiere alla esecuzione di una transazione raggiunta fra il Comune stesso e le ccop. edil. nel 2001, ma che il Comune invece disconosce.
L'esito della causa riguarda anche il corrispettivo da versare a carico degli ex soci e quindi può compromettere anche gravemente la posizione dell'interveniente .
Dato lo stato avanzato del processo, dovendo sottostare alle preclusioni processuali di rito e anche per non sopportare il pagamento del c.u., l'interveniente pensa di fare un INTERVENTO ADESIVO DIPENDENTE, esperibile prima della precisazione delle conclusioni sostenendo la posizione e le conclusioni di una delle parti (nel caso di specie il Comune) e riservandosi poi , dopo la sentenza, di intraprendere una azione volta eventualmente o alla opposizione di terzo o ad iniziare un autonomo giudizio per l'accertamento del suo diritto (che, é evidente, non combacia con quello degli altri soci delle Coop)
Domande:
1) l'atto di intervento va notificato alle parti oppure solamente depositato in cancelleria e poi provvede il Cancelliere alla notifica alle parti?
2) non conoscendo esattamente lo stato dell'arte del giudizio, dati i numerosi rinvii dal 2014 od oggi, l'interveniente può costituirsi con una semplice comparsa di stile in modo che una volta divenuto parte del processo, possa accedere ai documenti, prendere visione di verbali di causa e quant'altro e quindi depositare successivamente una comparsa ben articolata ?
3) é possibile per l'interveniente presentare in giudizio dei documenti, a sostegno della parte sostenuta (il Comune), che non potevano essere prodotti nei termini di rito, perché adottati successivamente ?
Grazie
saluti

Consulenza legale i 24/09/2020
Le modalità con le quali è possibile spiegare l’intervento volontario ex art. 105 c.p.c. sono disciplinate in dettaglio dagli artt. 267 e ss. c.p.c..
In particolare, il terzo si costituisce in giudizio mediante il semplice deposito in cancelleria, o direttamente in udienza, della propria comparsa di intervento.
La comparsa di costituzione è formata a norma dell'articolo 167 c.p.c., ossia indicando le generalità della parte che interviene in giudizio, le difese proposte, i mezzi di prova (v. oltre) e le conclusioni, con le copie per le altre parti, i documenti e la procura alle liti.
Si segnala che, a causa dell’emergenza sanitaria, fino al 31 ottobre 2020 il deposito di tale atto, sia in Cancelleria e sia in udienza, può avvenire soltanto in modalità telematiche, mentre non è ammesso il deposito del “tradizionale” fascicolo cartaceo (art. 221, commi 2 e 3, D.L. n. 34/2020, convertito il L. n. 77/2020).
Il cancelliere darà poi notizia dell'intervento alle altre parti, se la costituzione del terzo non è avvenuta in udienza.
L’unico caso in cui è necessario che l’interveniente provveda alla notificazione del proprio atto di intervento è quando nel giudizio vi sia una parte contumace, ai sensi dell’art. 292 c.p.c..
Infatti, la comparsa per mezzo della quale avviene l'intervento e la costituzione dei terzi nel processo rappresenta un sostitutivo della citazione, consentito dal legislatore, sul presupposto che tutte le altre parti siano già costituite in giudizio, in quanto idoneo a portare a conoscenza delle medesime il fatto dell'intervento e le richieste dell'interventore. Ne deriva che, se una delle parti è contumace, l'interventore ha l'obbligo di notificargli la comparsa di intervento anche qualora si associ alle domande delle altre parti del giudizio, in quanto questi deve essere informato della presenza in causa di una nuova parte, salvo il caso che la comparsa non contenga domande nei suoi confronti (Cassazione civile, sez. II, 31 agosto 2015, n. 17328).

Riguardo il deposito una costituzione meramente formale, seguita poi da una comparsa più articolata, si rileva che si tratta di una prassi sconsigliabile perché irrituale, che -come tale- potrebbe provocare eccezioni delle controparti.
Tuttavia, se lo scopo è soltanto quello di conoscere lo stato del processo e i documenti depositati, vi è la valida alternativa di formulare- sempre in via telematica- un’istanza di visibilità.
Si tratta di una semplice richiesta da rivolgere alla cancelleria, accompagnandola alla procura alle liti, grazie alla quale la parte non ancora costituita viene autorizzata, per un periodo di tempo limitato, a consultare in modo integrale il fascicolo di causa.
Ai fini dell’istanza in questione è necessario conoscere il numero di registro generale del processo, che può essere reperito dai difensori delle altre parti a titolo di cortesia professionale, oppure mediante una ricerca presso un punto di accesso del PCT.

Per quanto concerne la terza ed ultima domanda posta nel quesito, si chiarisce che, ex art. 268 c.p.c., l’intervento del terzo può aver luogo sino a che non vengano precisate le conclusioni.
L’interveniente entra nel processo nello stato in cui si trova, ossia non può compiere atti che al momento dell'intervento non sono più consentiti ad alcuna altra parte, salvo che comparisca volontariamente per l'integrazione necessaria delcontraddittorio (ipotesi che, però, non sembra ricorrere nel caso di specie).
La giurisprudenza ha chiarito che le preclusioni suddette operano prettamente sul piano istruttorio, ma non per l'attività assertiva, e devono ritenersi riferite sia alle prove costituende che alle prove documentali, valendo per entrambi tali tipi di prova le preclusioni istruttorie per le altre parti (Cassazione civile, sez. III, 22 agosto 2018, n. 20882; Cassazione civile, sez. I, 31 gennaio 2007, n. 2093).
Nel caso di specie, dunque, qualora per le parti processuali originarie siano già spirati i termini nei quali è consentita la produzione documentale, anche l’interveniente dovrebbe considerarsi decaduto da tale facoltà.
L’unica strada in astratto percorribile per cercare di superare il problema potrebbe essere quella di coordinarsi con la difesa del Comune, segnalando l’opportunità del deposito dei documenti citati nel quesito, che potrebbero essere introdotti nel processo mediante l’istituto della rimessione in termini (art. 153 c.p.c.).

Pietro S. chiede
martedì 01/03/2011 - Toscana

“Ho effettuato intervento adesivo dipendente prima della concessione dei termini ex art. 183 c.p.c., producendo nuovi documenti che possono cambiare l'oggetto e l'esito della causa. Il convenuto da me adiuvato aveva concluso in comparsa di risposta remissivamente.
Può lo stesso convenuto, alla luce delle nuove prove, in questo primo stadio del giudizio, mutare le proprie conclusioni?
Grazie.”

Consulenza legale i 02/03/2011

Nel caso in esame, alle parti sono stato appena stati concessi i termini per il deposito delle memorie di cui all'art. 183 del c.p.c., sesto comma. Si è, quindi, già svolta la prima udienza di comparizione e trattazione ex art. 183 del c.p.c..

In questa fase del giudizio, le parti possono precisare e modificare le domande (emendatio), ma non proporne di nuove (mutatio).
La giurisprudenza di legittimità afferma che l'emendatio si ha “quando si incida sulla causa petendi sicché risulti modificata soltanto l'interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto oppure sul petitum nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere” (Cassazione civile sez. III, 12 aprile 2005 n. 7524).

La c.d. mutatio libelli si ha, invece, quando si avanzi una "pretesa obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un "petitum" diverso e più ampio oppure una "causa petendi" fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e particolarmente su un fatto costitutivo radicalmente differente di modo che si ponga un nuovo tema di indagine e si spostino i termini della controversia, con l'effetto di disorientare la difesa della controparte ed alterare il regolare svolgimento del processo" (Cassazione civile sez. III, 12 aprile 2005 n. 7524).

Il mutamento delle domande ed eccezioni del convenuto sarà ammessa nei limiti sopra indicati.