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Articolo 251 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Giuramento dei testimoni

Dispositivo dell'art. 251 Codice di procedura civile

I testimoni sono esaminati separatamente (1).

Il giudice istruttore ammonisce il testimone sulla importanza religiosa e morale del giuramento e sulle conseguenze penali delle dichiarazioni false o reticenti e legge la formula: «consapevole della responsabilità che con il giuramento assumete davanti a Dio, se credente (2), e agli uomini, giurate di dire la verità, null'altro che la verità». Quindi il testimone, in piedi, presta il giuramento pronunciando le parole: «Lo giuro» (3) (4).

Note

(1) Il legislatore ha stabilito che il giudice istruttore non può sentire congiuntamente più testimoni, né questi possono assistere reciprocamente alle rispettive deposizioni. Ciò in quanto deve essere garantita la spontaneità e la veridicità delle risposte, che potrebbe essere messa a rischio da eventuali suggestionamenti o influenze tra testi.
Le conseguenze della presenza di altri testimoni alla deposizione di uno di loro è ritenuta, da una tesi minoritaria della dottrina, causa di nullità della prova. Invece, la tesi accolta dalla giurisprudenza dominante sostiene che la situazione descritta generi semplicemente un caso di eventuale inattendibilità del testimone, che sarà valutata dal giudice.
(2) Con sentenza del 10 ottobre 1979, n. 117, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo nella parte in cui non è contenuto l'inciso «se credente» dopo le parole «il giudice istruttore ammonisce il testimone sull'importanza religiosa» e dopo le parole «consapevoli della responsabilità che con il giuramento assumete davanti a Dio».
(3) Con sentenza del 5 maggio 1995, n. 149, la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del secondo comma dell'articolo: a) nella parte in cui prevede che il giudice istruttore «ammonisce il testimone sull'importanza religiosa, se credente, e morale del giuramento e sulle», anziché stabilire che il giudice istruttore «avverte il testimone dell'obbligo di dire la verità e delle»; b) nella parte in cui prevede che il giudice istruttore «legge la formula: “Consapevole della responsabilità che con il giuramento assumete davanti a Dio, se credente, e agli uomini, giurate di dire la verità, null'altro che la verità”», anziché stabilire che il giudice istruttore «lo invita a rendere la seguente dichiarazione: “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza”»; c) nella parte in cui prevede: «Quindi il testimone, in piedi, presta il giuramento pronunciando le parole: “lo giuro”».
Si deve quindi ritenere che oggi il comma sia così formulato: Il giudice istruttore avverte il testimone di dire la verità e delle conseguenze penali delle dichiarazioni false e reticenti e lo invita a rendere la seguente dichiarazione: «consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza».
(4) L'omessa preventiva ammonizione del teste o la mancata prestazione della dichiarazione di impegno (oggi non si può più parlare di giuramento) non danno luogo a nullità della testimonianza, in quanto non costituiscono requisiti indispensabili al raggiungimento dello scopo dell'atto.

Ratio Legis

Il legislatore aveva originariamente previsto che il testimone prestasse giuramento prima di deporre dinnanzi al giudice, sottolineando l'importanza morale e religiosa di tale atto. Tuttavia, la Corte costituzionale, adeguando l'articolo al mutato sentimento religioso e alla situazione sociale corrente, ha di fatto abrogato il giuramento, prevedendo una più semplice dichiarazione di impegno del testimone.

Brocardi

In iudicio non creditur nisi iuratis
Verba sollemnia

Spiegazione dell'art. 251 Codice di procedura civile

Il primo comma di questa norma sancisce il divieto per chi rende testimonianza di assistere alle deposizioni altrui. Ciò comporta che nell'aula dove si rende la dichiarazione non possono essere presenti altri testimoni, e che l'eventuale presenza di altri testi ne determina l'esclusione, anche ex officio, dalla lista dei testimoni ammessi.
Ratio di tale di tale disposizione è chiaramente quella di evitare che le deposizioni successive siano influenzate da quelle precedenti.

Perché possa dirsi rispettata la regola dell’audizione separata, si ritiene che debba escludersi, prima dell'audizione, ogni contatto o comunicazione con le parti, i loro difensori ed i testimoni già sentiti , facendosi in tal modo applicazione del principio espressamente previsto, nel processo penale, dall'art. 149 delle disp. att. c.p.p..
Come si è prima accennato, se il teste non ottempera a questa disposizione, dovrebbe essere estromesso dalla lista, anche d'ufficio, ritenendosi che sia da qualificare nulla, per la sua inidoneità al raggiungimento dello scopo e seppure non espressamente previsto, la testimonianza resa in caso di mancata osservanza dei principi posti da questa norma.

In senso contrario si è espressa la giurisprudenza prevalente, ritenendo che l'escussione di un teste che abbia assistito alle deposizioni dei testimoni precedentemente sentiti non determina nullità della prova, rilevando l'inosservanza di tale disposizione solo ai fini della valutazione dell'attendibilità del teste, la quale è riservata al giudice del merito e non attiene alla sussistenza dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo dell'atto (in tal senso si argomenta dal secondo comma dell’art. 156 del c.p.c.).

L'obbligo di prestazione del giuramento, per come in origine era previsto dal secondo comma di questa norma, è stato abolito in favore della dichiarazione di assunzione di impegno a dire la verità, in tal modo compiendosi un decisivo passo avanti verso la concreta realizzazione del principio di laicità dello Stato italiano (l'obbligo di prestazione del giuramento dapprima previsto da questa norma si poneva in aperto contrasto con la libertà di coscienza, garantita dall'art. 19 Cost., dei testi appartenenti a confessioni religiose che vietano la prestazione di giuramento in ogni forma e circostanza).

In ordine alle conseguenze della mancata prestazione del giuramento ai fini della validità formale della deposizione, parte della dottrina ha affermato la nullità della deposizione stessa per inidoneità al raggiungimento dello scopo.
La dottrina prevalente, invece, non fa discendere alcuna nullità della prova dalla mancata prestazione del giuramento, ritenendo che debbano avere prevalenza i principi di acquisizione e di economia processuale, anche in considerazione del fatto che il giudice può verificare in ogni momento l'effettiva corrispondenza della deposizione alla verità dei fatti; in tal senso è anche orientata la giurisprudenza, argomentando dal rilievo che la mancata prestazione del giuramento prescritto dall'art. 251 da parte del testimone non comporta, in difetto di un'espressa comminatoria di legge, la nullità della prova testimoniale, in quanto il giuramento stesso non costituisce requisito indispensabile perché l'atto possa raggiungere lo scopo cui è destinato.


Massime relative all'art. 251 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 22330/2007

Con l'impugnazione in sede di legittimità della sentenza d'appello non può essere messa in discussione l'ammissibilità della costituzione nel procedimento di secondo grado, sotto il profilo del difetto di ritualità e validità della procura conferita dalla parte appellante incidentale, qualora la questione non sia stata tempestivamente sollevata nello stesso secondo grado di giudizio, nel quale il giudice non abbia ritenuto d'ufficio di dovere richiedere alla parte la dimostrazione dell'effettività e della legittimità dei relativi poteri rappresentativi.

Cass. civ. n. 11386/1999

La mancata prestazione del giuramento prescritto dall'art. 251 c.p.c. non comporta, in difetto di una espressa comminatoria di legge, la nullità della prova testimoniale, in quanto il giuramento medesimo non costituisce un requisito indispensabile affinché l'atto raggiunga lo scopo cui è destinato.

Cass. civ. n. 7800/1993

L'escussione di un teste che abbia assistito alle deposizioni dei testimoni precedentemente sentiti, in violazione del disposto dell'art. 251, primo comma, c.p.c. — secondo cui i testimoni sono esaminati separatamente — non comporta la nullità della prova, atteso che l'inosservanza di tale disposizione rileva solo ai fini della valutazione dell'attendibilità del teste (riservata al giudice del merito) e non attiene alla sussistenza dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo dell'atto, ai sensi dell'art. 156, secondo comma, c.p.c.

Cass. civ. n. 6494/1990

Nel giudizio di opposizione alla dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore le persone che debbono essere sentite dal giudice non prestano il giuramento previsto in tema di assunzione della prova testimoniale dall'art. 251 c.p.c., poiché esse riferiscono al giudice, oltre che fatti, anche opinioni e giudizi sulla situazione a lui sottoposta, in funzione dei particolari rapporti e della peculiare posizione assunta nei confronti del minore.

Cass. civ. n. 2572/1962

L'inosservanza di forme degli atti processuali non importa pronuncia di nullità se la nullità non è comminata dalla legge, salvo che tale inosservanza non impedisca il raggiungimento dello scopo; non possono pertanto essere dichiarate nulle le deposizioni testimoniali raccolte dal giudice senza la preventiva ammonizione ed anche senza il previo giuramento.

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