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Articolo 192 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Astensione e ricusazione del consulente

Dispositivo dell'art. 192 Codice di procedura civile

L'ordinanza è notificata al consulente tecnico a cura del cancelliere, con invito a comparire all'udienza fissata dal giudice.

Il consulente che non ritiene di accettare l'incarico o quello che, obbligato a prestare il suo ufficio, intende astenersi, deve farne denuncia o istanza al giudice che l'ha nominato almeno tre giorni prima dell'udienza di comparizione (1); nello stesso termine le parti debbono proporre le loro istanze di ricusazione, depositando nella cancelleria ricorso al giudice istruttore (2).

Questi provvede con ordinanza non impugnabile [89 disp. att.] (3).

Note

(1) La norma distingue tra il c.t.u. non iscritto nell'albo speciale del tribunale (13 disp. att.), che ha la possibilità di non accettare l'incarico senza dover motivare tale scelta (con l'unico dovere di denunciare tale intenzione al giudice che lo ha nominato) e il consulente tecnico iscritto nell'albo: quest'ultimo, al contrario, ha l'obbligo di prestare il suo ufficio, a meno che sussista un valido motivo di astensione, per l'istanza della quale il consulente deve depositare apposito ricorso.
(2) Le parti possono ricusare il consulente tecnico d'ufficio per i motivi di cui agli artt. 51 e 52 c.p.c. Per la presentazione dell'istanza è previsto un termine di almeno tre giorni antecedenti all'udienza di comparizione: sulla natura perentoria o meno del termine vi è discordanza di opinioni.
(3) Il provvedimento del giudice istruttore relativo all'istanza di astensione o ricusazione è steso in calce al ricorso del consulente o della parte. Il c.t.u. è tenuto a comparire davanti al giudice istruttore anche se è stato nominato dal collegio.

Ratio Legis

In quanto organo ausiliario del giudice, al consulente tecnico è applicabile la disciplina dell'astensione e della ricusazione, tipici strumenti volti a garantire l'imparzialità del giudice.

Spiegazione dell'art. 192 Codice di procedura civile

Gli istituti dell'astensione e della ricusazione, previsti da questa norma con riferimento alla figura del consulente tecnico di ufficio, hanno lo scopo di garantire la terzietà ed imparzialità di questo ausiliario del giudice, assicurando che lo stesso non risulti legato ad alcuna parte del processo, al pari di quanto è previsto per la figura del giudice.

L'ordinanza di nomina va notificata a cura della cancelleria al c.t.u., e deve contenere l’invito a comparire all'udienza; non risultando ricompresa tra gli atti tassativamente indicati all’art. 292 del c.p.c., essa non va notificata alla parte contumace.

Ricevuta la nomina, il consulente può rifiutarsi o astenersi.
Egli ha facoltà di rifiutare se non risulta iscritto all'apposito albo istituito presso il tribunale, ed in tal caso non sarà neppure necessario addurre alcun motivo o giustificazione (al giudice non resta che disporne la sostituzione).
Se, invece, il consulente designato è regolarmente iscritto all'albo, egli sarà obbligato all'incarico e, per essere esonerato, deve richiedere al giudice l'autorizzazione ad astenersi.

Sia il rifiuto dell'incarico (nel caso di c.t.u. non iscritto all'albo) che la richiesta di astensione (nel diverso caso di c.t.u. iscritto all'albo e dunque obbligato all'ufficio) vanno indirizzati al giudice che ha disposto la nomina, almeno tre giorni prima dell'udienza di comparizione.

Secondo quanto disposto dall’art. 89 delle disp. att. c.p.c., l'istanza di astensione va proposta con ricorso, e dunque in forma scritta; tuttavia, si ritiene anche consentita una sua proposizione in forma orale, potendo essere raccolta in un processo verbale redatto dal cancelliere del giudice competente.

E’ stato affermato che il termine a cui qui si fa riferimento non ha carattere perentorio, non essendo prevista alcuna sanzione di nullità, con la conseguenza che sia il rifiuto che l’istanza di astensione possono essere manifestati anche all'udienza di comparazione, purché prima del giuramento.

Solo di recente la giurisprudenza di legittimità ha affermato che la previsione del termine di cui al secondo comma dell'art. 192, preclude definitivamente la possibilità di far valere in un momento successivo la situazione di incompatibilità, con la conseguenza che la consulenza rimane ritualmente acquisita al processo.

Altro strumento per mezzo del quale si intende garantire l'imparzialità del c.t.u. è la possibilità, riconosciuta a ciascuna delle parti, di sollevare istanza di ricusazione.
Per quanto concerne i possibili motivi di ricusazione, occorre richiamare la norma che disciplina i casi di astensione del giudice, ossia l’art. 51 del c.p.c..

Costituiscono, ad esempio, giuste cause di ricusazione (ma anche di astensione), le seguenti:
a) aver prestato la propria opera professionale per conto di una delle parti;
b) esser legato da rapporti di parentela, coniugio o amicizia con una delle parti;
c) aver già ricoperto l'ufficio di c.t.u. in altro grado del processo;
d) lavorare alle dipendenze o per conto di una delle parti o di un soggetto terzo controinteressato all'esito della lite.
e) essere stato in precedenza consulente tecnico di parte di una delle parti.

L'istanza di ricusazione deve essere depositata presso la cancelleria del giudice che ha provveduto alla nomina, almeno tre giorni prima dell'udienza fissata per la comparizione del c.t.u.

In caso di mancata proposizione dell'istanza di ricusazione del consulente tecnico d'ufficio entro il termine previsto dall'art. 192, deve intendersi preclusa definitivamente la possibilità di far valere in un momento successivo la situazione di incompatibilità, con la conseguenza che la consulenza rimarrà ritualmente acquisita agli atti del processo.

Il predetto termine di tre giorni viene considerato come non perentorio, con la possibilità, pertanto, di avanzare la domanda di ricusazione in un momento successivo.
Anche qui contraria risulta essere l'unanime giurisprudenza di legittimità, la quale propende per la perentorietà del termine, con conseguente definitiva preclusione di un'istanza formulata oltre tale limite temporale.

Può verificarsi il caso che il consulente si avvalga della prestazione d'opera di altro ausiliario, e ciò ex art. 56, 3° co., D.P.R. n. 115 del 2002; in tale ipotesi, anche nei riguardi di quest'ultimo varrà quanto sopra detto in tema di istanza di ricusazione.

Sull'astensione e sulla ricusazione si provvede con ordinanza non impugnabile (neppure con ricorso per cassazione), la quale dovrà essere inserita nel fascicolo di ufficio ex art. 89 disp. att., e nel contesto della quale si potrà contestualmente procedere ad una nuova nomina.

Massime relative all'art. 192 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 28309/2020

In tema di condanna alle spese processuali e con riferimento agli esborsi sostenuti dalle parti per consulenze, la mancata determinazione nella sentenza del compenso spettante al consulente tecnico d'ufficio integra un mero errore materiale per omissione, suscettibile di correzione da parte del giudice d'appello con riferimento all'importo della liquidazione effettuata in favore del consulente. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANIA, 08/09/2016).

Cass. civ. n. 26385/2020

L'istanza di ricusazione di un consulente tecnico d'ufficio può essere proposta esclusivamente entro il termine di cui all'art.192 c.p.c., ossia prima dell'affido di incarico, con conseguente impossibilità fattuale di esecuzione d'opera professionale da parte dell'ausiliario, ove l'istanza sia tempestiva. Ne deriva che, in presenza di un'istanza formulata oltre il termine prescritto, può trovare applicazione solo il potere sostitutivo del giudice, a mente dell'art. 196 c.p.c., e l'attività del consulente che sia stata già espletata legittima costui, nel caso non sia stato soddisfatto del suo compenso, ad impugnare il diniego di liquidazione con lo speciale procedimento di cui all'art. 170 d.p.r. n. 115 del 2002. (Cassa con rinvio, TRIBUNALE BERGAMO, 19/03/2016).

Cass. civ. n. 27916/2019

La terzietà-imparzialità del consulente tecnico d'ufficio richiede che il consulente non debba essere legato a nessuna delle parti del processo, analogamente a quanto è prescritto per il giudice, ed è garantita dalla legge sia con il demandarne la nomina al giudice, organo per il quale l'imparzialità è autonomamente e preliminarmente prescritta, sia con la previsione, anche per il consulente tecnico, degli istituti dell'astensione e della ricusazione. (Nell'enunciare tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso fosse incorso nella violazione degli istituti suddetti il giudice di primo grado che aveva nominato c.t.u. un professionista con studio nella stessa cittadina - di meno di 90.000 abitanti - nella quale aveva sede la società convenuta, il cui legale rappresentante era nipote di un noto imprenditore).

Cass. civ. n. 2103/2019

La scelta del consulente tecnico è rimessa al potere discrezionale del giudice, salva la facoltà delle parti di far valere mediante istanza di ricusazione ai sensi degli artt. 63 e 51 c.p.c. gli eventuali dubbi circa la obiettività e l'imparzialità del consulente stesso, dubbi che, ove l'istanza di ricusazione non sia stata proposta, non sono più deducibili mediante il ricorso per cassazione.

Cass. civ. n. 23257/2017

Ai sensi dell'art. 192, comma 2, c.p.c., l'istanza di ricusazione del consulente tecnico d'ufficio deve essere presentata con apposito ricorso depositato in cancelleria almeno tre giorni prima dell'udienza di comparizione, altrimenti la consulenza rimane ritualmente acquisita al processo, né la causa di ricusazione può essere fatta valere in sede di giudizio di legittimità se non sia stata “ab origine” tempestivamente denunciata.

Cass. civ. n. 12822/2014

La mancanza di imparzialità del consulente tecnico d'ufficio può essere fatta valere esclusivamente mediante lo strumento della ricusazione, nel termine di cui all'art. 192 cod. proc. civ.

Cass. civ. n. 8406/2014

I fatti relativi all'attendibilità, ovvero all'affidabilità personale del consulente tecnico di ufficio non possono essere oggetto di prova testimoniale, in quanto deducibili solo nel procedimento di ricusazione sotto il profilo della carenza di imparzialità dell'ausiliario.

Cass. civ. n. 6039/2000

Non sono deducibili in sede di legittimità le cause di incompatibilità del Ctu qualora le stesse non siano state fatte valere mediante tempestiva istanza di ricusazione ai sensi degli artt. 63 e 51 c.p.c.

Cass. civ. n. 3657/1998

L'art. 192, comma secondo c.p.c., nel prevedere che l'istanza di ricusazione del consulente tecnico d'ufficio dev'essere presentata con apposito ricorso depositato in cancelleria almeno tre giorni prima dell'udienza di comparizione, preclude definitivamente la possibilità di far valere successivamente la situazione di incompatibilità, con la conseguenza che la consulenza rimane ritualmente acquisita al processo. A tale principio non è consentita deroga per l'ipotesi in cui la parte venga a conoscenza solo successivamente della situazione di incompatibilità, potendosi in tal caso solo prospettare le ragioni che giustificano un provvedimento di sostituzione affinché il giudice, se lo ritenga, si avvalga dei poteri che gli conferisce in tal senso l'art. 196 c.p.c. La valutazione operata al riguardo è insindacabile in Cassazione se la motivazione è immune da vizi logici.

Cass. civ. n. 2125/1985

I motivi di ricusazione del consulente tecnico conosciuti dalla parte dopo la scadenza del termine per proporre l'istanza di ricusazione prevista dall'art. 192 c.p.c., o sopravvenuti al suindicato termine, non possono di per sè stessi giustificare una pronuncia di nullità della relazione o di sostituzione del consulente, ma possono soltanto essere prospettati al giudice al fine di una valutazione, a norma dell'art. 196 c.p.c., dell'esistenza di gravi ragioni che giustifichino un provvedimento di sostituzione; tale valutazione va compiuta in concreto, con riferimento alla relazione del consulente, e, in quanto rientra nell'apprezzamento del giudice del merito, è insindacabile in Cassazione

Cass. civ. n. 7770/200

La causa d'incompatibilità del consulente d'ufficio, fondata sulla nomina del medesimo ausiliare in primo e secondo grado, non può essere fatta valere in sede di giudizio di legittimità se non sia stata tempestivamente denunciata con richiesta di ricusazione formulata ai sensi dell'art. 192 c.p.c. Tale formale istanza non è equiparabile alla richiesta di revoca e sostituzione del consulente per motivi di opportunità, ancorché formulata, con generico richiamo all'art. 51 cod. proc.civ., nel corso del giudizio di secondo grado, e l'ordinanza di rigetto non è, conseguentemente, censurabile con ricorso per cassazione per vizio di motivazione.

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Consulenze legali
relative all'articolo 192 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Domenico R. chiede
venerdì 18/09/2020 - Abruzzo
“Buonasera,
Vorrei un parere su una sentenza emessa presso il Tribunale di L'Aquila da un Giudice che non ha tenuto conto che il CTU (nominato dal lui stesso per un parere di ricostruzione post-sisma) aveva avuto ed ha attualmente rapporti Universitari e professionali con gli stessi professionisti a cui il CTU stesso doveva dare un giudizio su il loro operato.
Tale CTU aveva giurato che non aveva rapporti lavorativi con tali professionisti .
Se è possibile vorrei inviare le conclusioni delle parti e la sentenza finale per avere un parere accurato.
Grazie”
Consulenza legale i 25/11/2020
Dal sistema del codice di procedura civile si evince che il consulente tecnico d’ufficio, in presenza di particolari situazioni, che potrebbero pregiudicare la sua imparzialità e terzietà rispetto alle parti e/o all'oggetto del giudizio, ha l’obbligo di astenersi; qualora non lo faccia, può essere ricusato dalle parti.
Ma procediamo con ordine.
L’art. 63 del c.p.c., se da un lato stabilisce, al primo comma, che il C.T.U. è esonerato dall’obbligo di prestare il proprio ufficio qualora ricorra un “giusto motivo di astensione” (e tale valutazione sia condivisa dal giudice che lo ha nominato), prevede poi, al secondo comma, che “il consulente può essere ricusato dalle parti per i motivi indicati nell'articolo 51”: ovvero negli stessi casi in cui è previsto il dovere di astensione del giudice (e correlativa possibilità di ricusazione ad opera delle parti, ex art. 52 c.p.c.).
Senza entrare, per il momento, nel merito dei motivi che possono condurre alla ricusazione del consulente d’ufficio, l’art. 192 del codice di rito impone alle parti di proporre istanza di ricusazione almeno tre giorni prima dell'udienza fissata per la comparizione del C.T.U.
Sulla natura di tale termine, e sulle conseguenze della sua inosservanza, la giurisprudenza non lascia adito a dubbi: “l’art. 192, comma 2, c.p.c., nel prevedere che l'istanza di ricusazione del consulente tecnico d'ufficio deve essere presentata con apposito ricorso depositato in cancelleria almeno tre giorni prima dell'udienza di comparizione, preclude definitivamente la possibilità di far valere successivamente la situazione di incompatibilità, con la conseguenza che la consulenza rimane ritualmente acquisita al processo”. Si esprime così Cass. Civ., Sez. II, ord. n. 28103/2018, la quale aggiunge peraltro una precisazione molto utile ai nostri fini: “a tale principio non è consentita deroga per l'ipotesi in cui la parte venga a conoscenza soltanto in seguito della situazione di incompatibilità, poiché, in questo caso, è possibile esclusivamente prospettare le ragioni che giustificano un provvedimento di sostituzione affinché il giudice, se lo ritenga, si avvalga dei poteri conferiti dall'art. 196 c.p.c., spettando, comunque, all'ausiliario il compenso per l'attività svolta”.
Ora, è vero che, nel nostro caso, la parte, pur non avendo proposto formale istanza di ricusazione, ha comunque sollecitato il giudice ad una sostituzione del C.T.U. e conseguente rinnovazione della consulenza: tuttavia la facoltà di disporre la rinnovazione delle indagini e/o la sostituzione del consulente tecnico rientra nei poteri discrezionali del giudice, come ribadito anche dalla recentissima Cass. Civ., Sez. Lav., ord. n. 14789/2020. Inoltre la sostituzione del consulente è subordinata alla valutazione dell’esistenza di gravi motivi (come espressamente previsto proprio dall’art. 196 c.p.c.).
Pertanto, tornando al caso in esame, e come purtroppo correttamente rilevato anche nella sentenza del Tribunale, la mancata proposizione dell’istanza di ricusazione preclude la possibilità di dolersi di eventuali incompatibilità del consulente. Concetto ribadito anche da Cass. Civ., Sez. Lav., sent. n. 12822/2014: “la mancanza di imparzialità del consulente tecnico d'ufficio può essere fatta valere esclusivamente mediante lo strumento della ricusazione, nel termine di cui all'art. 192 cod. proc. civ.”.
In ogni caso, per completezza, si osserva che difficilmente una eventuale istanza di ricusazione per i motivi indicati nel quesito avrebbe potuto trovare accoglimento.
Infatti, come precisato in apertura, i motivi per cui il consulente può essere ricusato sono gli stessi indicati per il giudice dall’art. 51 c.p.c., al cui testo si rimanda, e che non contempla, appunto, eventuali rapporti di natura professionale con i consulenti di parte.
In proposito, T.A.R. Lombardia - Brescia, Sez. I, sent. n. 1021/2017 ha ribadito che, “affinché sussista un vero e proprio obbligo di astensione deve essere dimostrata la sussistenza concreta di un rapporto di lavoro o professionale stabile con la presenza di interessi economici ovvero di un rapporto personale di tale intensità da fare sorgere il sospetto che il giudizio non sia stato improntato al rispetto del principio di imparzialità". In tale ottica, prosegue la pronuncia da ultimo citata, anche l'accertata sussistenza di un "rapporto", di una "certa colleganza" non determina il sorgere dell'obbligo di astensione perché quel rapporto, quella certa colleganza, non implica necessariamente una comunanza di interessi, economici, di vita, in assenza di ulteriori e specifici indicatori di una situazione di particolare intensità e sistematicità tale da dar luogo a un vero e proprio sodalizio professionale.
Nel nostro caso, peraltro, il Tribunale ha osservato "che ben può accadere che, in specifici ambiti tecnici (geologia), territorialmente limitati (città di XXX), gli esperti del settore abbiano tra loro contatti per ragioni professionali e/o academici. Tale circostanza non consente tuttavia di ritenere automaticamente, in assenza di adeguata prova – che però difetta nel caso di specie -, che i rapporti di tal fatta condizionino di per sé gli esiti delle consulenze tecniche".

Giuseppe I. chiede
giovedì 05/03/2020 - Calabria
“Mio padre ha citato l' assicurazione del asp per un caso di mala sanita'.
Il ctu ha mandato la bozza al nostro avvocato,perizia al quanto surreale e viziata.
Tale inspiegabile versione dei fatti trova ragione solo nel fatto che il CTU e e il CTP di parte lavorano nello stesso studio medico privato.
Infatti fanno parte dello staff medico di questo studio privato .
IL CTU dovrà depositare la perizia e le osservazioni alle nostre osservazioni tra 20 giorni .
Quando dobbiamo chiedere la ricusazione del CTU ?
Ora o in udienza ?”
Consulenza legale i 06/03/2020
Dalla lettura del quesito emerge che i termini per presentare istanza di ricusazione siano ormai ampiamente decorsi.
Infatti,ai sensi del II comma dell'art. 192 c.p.c. essa andrebbe presentata al giudice almeno tre giorni prima dell'udienza di comparizione.
Nella presente vicenda, invece, siamo ormai nella fase in cui il CTU non solo ha prestato il giuramento ma ha anche predisposto la bozza di consulenza. Sulla natura del predetto termine, la giurisprudenza di legittimità ne ha sottolineato il carattere perentorio.
Infatti, con l’ordinanza n.23257 del 2017 la Corte di Cassazione ha affermato che detta istanza debba: “essere presentata con apposito ricorso depositato in cancelleria almeno tre giorni prima dell'udienza di comparizione, altrimenti la consulenza rimane ritualmente acquisita al processo, né la causa di ricusazione può essere fatta valere in sede di giudizio di legittimità se non sia stata “ab origine” tempestivamente denunciata”.
Tale posizione è stata ribadita anche nella più recente pronuncia n. 28103/2018 secondo cui: “L'art. 192, comma 2, c.p.c., nel prevedere che l'istanza di ricusazione del consulente tecnico d'ufficio deve essere presentata con apposito ricorso depositato in cancelleria almeno tre giorni prima dell'udienza di comparizione, preclude definitivamente la possibilità di far valere successivamente la situazione di incompatibilità, con la conseguenza che la consulenza rimane ritualmente acquisita al processo. A tale principio non è consentita deroga per l'ipotesi in cui la parte venga a conoscenza soltanto in seguito della situazione di incompatibilità, poiché, in questo caso, è possibile esclusivamente prospettare le ragioni che giustificano un provvedimento di sostituzione affinché il giudice, se lo ritenga, si avvalga dei poteri conferiti dall'art. 196 c.p.c., spettando, comunque, all'ausiliario il compenso per l'attività svolta” .

Quindi, in sostanza, non potendo ormai presentare istanza di ricusazione si potrebbe provare al limite a prospettare al giudice (a questo punto è indifferente se mediante delle note non autorizzate o direttamente alla prossima udienza) l’esistenza di gravi motivi che giustifichino un provvedimento di sostituzione del CTU ai sensi dell’art. 196 c.p.c.
Chiaramente, il giudice non sarebbe obbligato in tal caso a provvedere ad una sostituzione trattandosi di un suo potere discrezionale. Come ha infatti osservato la Suprema Corte: “in tema di consulenza tecnica d'ufficio, il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova consulenza d'ufficio, atteso che il rinnovo dell'indagine tecnica rientra tra i poteri istituzionali del giudice di merito, sicché non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto” (Cass.n.20227/2010).

DANIELA S. chiede
giovedì 08/02/2018 - Friuli-Venezia
“Buongiorno, sono stata nominata CTU per la materia contabile-finanziaria.
La banca parte convenuta e/o attrice ha chiesto la mia ricusazione ai sensi dell'art.51 motivando il fatto che sono CTP e CTU in altre cause per la medesima materia e banca.
I quesiti richiedono unicamente ricalcoli matematici e controllo di applicazione o meno di clausole contrattuali. Dal mio punto di vista non c'è conflitto di interessi. Chiedo il Vs. parere in merito.”
Consulenza legale i 10/02/2018
Il consulente tecnico d’ufficio è un ausiliario del giudice, come previsto dall’art. 61 del codice di procedura civile. A tale figura si applica infatti la medesima disciplina prevista dagli articoli 51 e 52 c.p.c relativi alla astensione e ricusazione del giudice al fine di garantire l’imparzialità del consulente.
Come ha osservato la Suprema Corte:“la terzietà - imparzialità del consulente tecnico d’ufficio significa che il consulente non deve essere legato a nessuna delle parti del processo, analogamente a quanto è prescritto per il giudice. Tale imparzialità è garantita dalla legge sotto un duplice profilo: innanzi tutto, con il demandarne la nomina al giudice, organo per il quale l’imparzialità è autonomamente e preliminarmente prescritta; e, in secondo luogo, con la previsione, anche per il consulente tecnico, degli istituti dell’astensione e della ricusazione” (Cass. civile, sez. I, 22 luglio 2004, n. 13667).

Nel caso prospettato, leggiamo che il CTU riveste tale qualifica in un procedimento mentre in altri è mero consulente di parte per una delle stesse parti del giudizio.
Nel quesito non è specificato in base a quale dei casi elencati nell'art. 51 sia stata chiesta la ricusazione del CTU ai sensi dell'art. 192 c.p.c; ad ogni modo, riteniamo che la situazione prospettata potrebbe rientrare nell’ipotesi prevista al punto 3 del sopra menzionato art. 51 cpc che prevede l’astensione obbligatoria laddove il giudice (il ctu in questo caso) abbia “causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori”.
Il fatto di essere consulente di una delle parti in altra causa comporta infatti un diritto di credito costituito dal compenso dovuto per l’attività di consulenza prestata o da prestare.
Tale ipotesi potrebbe essere esclusa solo laddove la consulenza di parte si sia già conclusa ed il compenso sia già stato versato. Se così fosse, potrebbero esservi soltanto le “gravi ragioni di convenienza” previste dalla norma come causa di astensione facoltativa.
Tuttavia, in tali ipotesi potrebbe esservi solo una astensione e non una ricusazione.
Infatti, per espressa previsione normativa (art. 52 cpc) la ricusazione può essere proposta soltanto nei casi in cui è fatto obbligo al giudice (o il ctu) di astenersi.

La circostanza prospettata che “i quesiti richiedono unicamente ricalcoli matematici e controllo di applicazione o meno di clausole contrattuali” appare ininfluente ai fini della valutazione della sussistenza o meno dei presupposti della ricusazione.

Pertanto, alla luce di quanto precede, in risposta al quesito se vi sia o meno conflitto di interessi, riteniamo di poter rispondere affermativamente laddove la consulenza di parte in altra causa per una delle stesse parti del giudizio sia ancora in essere al momento in cui è stata formulata la richiesta di ricusazione. Altrimenti, vi è soltanto una ipotesi di astensione facoltativa del CTU.

Rossana S. chiede
venerdì 13/05/2016 - Campania
“Il nostro unico bene, una proprietà composta da villa di 500mq più agrumeto di 5.000mq sito in località amena sulle colline di Salerno e sul quale grava una causa di divisione ereditaria (3 sorelle, 3 parti), dovrà andare all'asta per poter pagare il debito contratto con l'avvocato di 2 delle 3 parti in causa. Escamotage utilizzato per porre fine ad una causa che si protrae oramai da 12 anni e per mettere alle strette 1 delle 3 parti in causa, che è all'origine della disputa e che occupa senza alcun titolo la proprietà da più di 20 anni, obbligandola per evitare la vendita all'asta a riscattare il valore della proprietà ed arrivare ad una divisione ereditaria congrua (ella vuole accaparrarsi la totalità senza nessuna valida ragione se non l'avidità). Il nuovo perito nominato dal tribunale che ha effettuato la perizia da solo per sua espressa richiesta (!!!), ha dato una valutazione per la base d'asta sconcertantemente bassa rispetto all'ultima, effettuata dal nostro perito di parte che data di 1 anno circa: circa il 30% del reale valore del bene!!! Ciò mi fa sospettare un falso (la causa è stata costellata da episodi di furti commissionati di documenti, tentativi riusciti o meno di corruzione ecc...i soggetti costituenti la terza parte in causa sono noti per questa propensione all'illegalità, la signora ha tutt'ora una causa PENALE in corso...). Come fare? Posso ricusare il tecnico? Posso oppormi a questa valutazione? Prendo l'iniziativa di rivolgermi ad un consulente esterno per non inquinare le procedure in atto e perché questo mi da l'impressione che un parere altro e lontano dal garbuglio oramai sedimentato possa essere più lucido...Desidero altresì acquisire una maggiore consapevolezza prima d'intraprendere altre azioni (so che si può denunciare il falso in consulenza). Grazie.”
Consulenza legale i 20/05/2016

Per offrire una risposta esauriente al quesito è opportuno in primo luogo ripercorrere brevemente le norme del codice di procedura civile (e relative disposizioni attuative) in materia di consulenza tecnica d’ufficio.

La prima, art. 194 del c.p.c., recita: “Il consulente tecnico assiste alle udienze alle quali è invitato dal giudice istruttore; compie, anche fuori della circoscrizione giudiziaria, le indagini di cui all'articolo 62, da sé solo o insieme col giudice secondo che questi dispone. Può essere autorizzato a domandare chiarimenti alle parti, ad assumere informazioni da terzi e a eseguire piante, calchi e rilievi.
Anche quando il giudice dispone che il consulente compia indagini da sé solo, le parti possono intervenire alle operazioni in persona e a mezzo dei propri consulenti tecnici e dei difensori, e possono presentare al consulente, per iscritto o a voce, osservazioni e istanze”.

A quest’ultima norma si accompagnano poi le seguenti: Il consulente tecnico che, a norma dell'articolo 194 del Codice, è autorizzato a compiere indagini senza che sia presente il giudice, deve dare comunicazione alle parti del giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni, con dichiarazione inserita nel processo verbale d'udienza o con biglietto a mezzo del cancelliere.” (art. 90 delle disposizioni attuative del c.p.c.) ed ancora: “Nella dichiarazione di cui all'articolo 201 primo comma del Codice deve essere indicato il domicilio o il recapito del consulente della parte. Il cancelliere deve dare comunicazione al consulente tecnico di parte, regolarmente nominato, delle indagini predisposte dal consulente d'ufficio, perché vi possa assistere a norma degli articoli 194 e 201 del Codice. (art. 91 delle predette disp. attuat. al c.p.c.).

Già dalla lettera delle suddette norme risulta evidente che l’assistenza delle parti allo svolgimento delle operazioni peritali è un diritto, non certo una facoltà rimessa alla decisione del CTU. Infatti, se è vero che le parti hanno un preciso onere di attivarsi per partecipare alle attività del CTU successive alla prima ed essere aggiornate sull’andamento di queste ultime (“in tema di consulenza tecnica d'ufficio, alle parti va data comunicazione del giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni peritali, mentre l' obbligo di comunicazione non riguarda le indagini successive, incombendo alle parti l'onere d'informarsi sul prosieguo di questo al fine di parteciparvi.” Consiglio di Stato, sez. VI, 23/05/2012, n. 3035), è altrettanto vero che – quando sia stata fatta una precisa richiesta in proposito – vi è in capo alle stesse un vero e proprio diritto di partecipazione alle operazioni peritali.

Va tuttavia tenuto presente che, in generale, vale nell’ambito della consulenza tecnica d’ufficio il principio per cui ogni irregolarità sulla CTU, anche se si tratti di eccezione di nullità, dev’essere sollevata entro un determinato e tempestivo termine. A tale proposito la Corte di Cassazione ha affermato: “La nullità della consulenza tecnica, derivante dalla mancata comunicazione alle parti della data di inizio o di proseguimento delle operazioni peritali, ha carattere relativo e - in quanto tale - non solo deve essere eccepita nella prima udienza, istanza o difesa successiva al deposito della relazione - rimanendo altrimenti sanata ai sensi dell'art. 157 comma 2 c.p.c. - ma qualora detta eccezioni venga disattesa, l'interessato ha l'onere di riproporla in sede di precisazione delle conclusioni e nei successivi atti di impugnazione, dovendosi, altrimenti, ritenere rinunciata” (Cassazione civile, sez. III, 11/06/2014, n. 13230) ed ancora: “Eventuali irritualità dell'espletamento di una consulenza tecnica d'ufficio ne determinano la nullità soltanto se procurano una violazione in concreto del diritto di difesa. In ogni caso la nullità, derivante da vizi procedurali, ha carattere relativo e va eccepita tempestivamente, a pena di decadenza”.(Cassazione civile, sez. II, 31/10/2011, n. 22653); infine “ la mancata proposizione dell'istanza di ricusazione del consulente tecnico d'ufficio nel termine di cui all'art. 192 c.p.c., preclude definitivamente la possibilità di far valere successivamente la situazione di incompatibilità, con la conseguenza che la consulenza rimane ritualmente acquisita al processo” (Cassazione civile, sez. lav., 25/05/2009, n. 12004).

In ogni caso, tutti i motivi (compreso quello sopra accennato dell’esclusione dei consulenti di parte dalle operazioni) per i quali il CTU della causa in questione può essere legittimamente ritenuto imparziale, incapace o altro, possono essere fatti valere (anzi, questa è l’unica via, che si accompagna ad un preciso onere di prova delle motivazioni per cui si avanza tale richiesta) attraverso una formale istanza di ricusazione.

Quest’ultima è disciplinata dall’art. 192 del c.p.c.: “Il consulente che non ritiene di accettare l'incarico o quello che, obbligato a prestare il suo ufficio, intende astenersi, deve farne denuncia o istanza al giudice che l'ha nominato almeno tre giorni prima dell'udienza di comparizione; nello stesso termine le parti debbono proporre le loro istanze di ricusazione, depositando nella cancelleria ricorso al giudice istruttore (art. 192 c.p.c.) (…)” Come si vede, anche in questo caso occorre una certa tempestività nella richiesta (almeno tre giorni prima dell’udienza di comparizione del CTU deve avvenire il deposito del ricorso contenente la domanda di ricusazione).

Afferma sul punto la Cassazione: “La mancanza di imparzialità del consulente tecnico d'ufficio può essere fatta valere esclusivamente mediante lo strumento della ricusazione, nel termine di cui all'art. 192 cod. proc. civ.” (Cassazione civile, sez. lav., 06/06/2014, n. 12822).

Pertanto, nella fattispecie in esame, le possibilità rimangono solo due: o si deposita una formale istanza di ricusazione, nella quale illustrare e comprovare a mezzo documenti – come la perizia di parte – le ragioni della richiesta stessa; tuttavia, ciò solo se si è ancora in termini per avanzarla. Diversamente, si potrà/dovrà procedere per la via “ordinaria”, ovvero contestare le risultanze della CTU attraverso le osservazioni alla relazione peritale e, eventualmente, all’udienza di esame dell’elaborato nonché – nel caso permangano le divergenze con il CTU – anche in sede di precisazione delle conclusioni.

La nomina di un tecnico esterno alla causa può essere senz’altro utile. Ha affermato in proposito la giurisprudenza: “Nel caso emerga un giudizio contrastante tra l'accertamento sanitario effettuato da un ente e la consulenza disposta in pendenza del processo, il giudice di merito è tenuto a confrontare le differenti risultanze al fine di stabilire quale sia più attendibile e convincente, con un potere discrezionale insindacabile qualora sia correttamente e logicamente motivato.” (Cassazione civile, sez. lav., 17/06/2015, n. 12489).
Va tenuto presente, tuttavia, che le osservazioni di un tecnico di parte (che non sia il CTP nominato in sede di istruttoria in affiancamento al CTU all’interno del giudizio) che vogliano essere utilizzate come argomento di prova devono essere introdotte nel processo come tali sin dal principio: in primo luogo perché nel processo civile maturano delle preclusioni che impediscono il deposito di nuovi documenti successivamente ad un determinato momento; in seconda battuta perché il CTU ha il divieto di utilizzare, per lo svolgimento del suo incarico, documenti estranei agli atti di causa.

Da ultimo, per completezza, va citata la norma che individua le responsabilità specifiche del consulente tecnico, le quali non sono solamente civili ma anche penali. Recita infatti espressamente l'art. 64 del codice penale:
Si applicano al consulente tecnico le disposizioni del codice penale relative ai periti (c.p. 314 ss., 366, 373).
In ogni caso, il consulente tecnico che incorre in colpa grave nell’esecuzione degli atti che gli sono richiesti, è punito con l’arresto fino a un anno o con l’ammenda fino a lire venti milioni. Si applica l’articolo 35 del codice penale. In ogni caso è dovuto il risarcimento dei danni causati alle parti.” (art. 64 c.p.c.).


Tra le varie ipotesi di reato, nel caso di specie può forse venire in considerazione più delle altre la fattispecie di cui all’art. [[n373]] c.p., che riguarda la falsa perizia o interpretazione, e stabilisce la pena della reclusione da 2 a 6 anni per il perito che, nominato dall’autorità giudiziaria, offra pareri o interpretazioni mendaci o affermi fatti non conformi al vero.
Ugualmente rilevanti sono i vari casi di colpa grave da parte del CTU nell’esecuzione del mandato ricevuto. Questi sono regolati dall’art. 64 c.p.c., e si verificano quando:

- il CTU smarrisce documenti originali e non più riproducibili dal contenuto dei fascicoli di parte;
- il CTU perde o distrugge la cosa controversa o documenti affidatogli;
- il CTU omette di eseguire accertamenti irripetibili;
- il CTU non avvisa le parti sulla data d’inizio delle operazioni peritali provocando l’annullamento della consulenza su istanza di parte;
- il CTU redige una consulenza non idonea o incompleta con conseguente innovazione della stessa;
- il CTU assume l’incarico conferitogli dal Giudice pur non avendo un’adeguata e specifica conoscenza tecnica nel settore oggetto della consulenza richiesta e redige pertanto un elaborato viziato da errori.


Il citato art. 64, comma 2, c.p.c., punisce il consulente che commette le fattispecie di reato ivi richiamate con l’arresto fino ad 1 anno oppure con l’ammenda fino a 10.329 euro, oltre alla pena accessoria della sospensione dall’esercizio della professione da 15 giorni a 2 anni (art. 35 c.p.).

In presenza, quindi, di fatti documentabili che possano rientrare nelle suddette ipotesi, vi sarà senz’altro margine sia per la ricusazione che per una richiesta risarcitoria derivante da responsabilità civile inerente al mandato ricevuto in giudizio, fino ad arrivare al più grave caso della denuncia penale nel caso si sia verificata una delle ipotesi di reato previste dalla legge.


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