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Articolo 819 ter Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Rapporti tra arbitri e autorità giudiziaria

Dispositivo dell'art. 819 ter Codice di procedura civile

La competenza degli arbitri non è esclusa dalla pendenza della stessa causa davanti al giudice, né dalla connessione tra la controversia ad essi deferita ed una causa pendente davanti al giudice(1). La sentenza o l'ordinanza, con la quale il giudice afferma o nega la propria competenza in relazione a una convenzione d'arbitrato, è impugnabile a norma degli articoli 42 e 43. L'eccezione di incompetenza del giudice in ragione della convenzione di arbitrato deve essere proposta, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta. La mancata proposizione dell'eccezione esclude la competenza arbitrale limitatamente alla controversia decisa in quel giudizio(2)(5).

Nei rapporti tra arbitrato e processo non si applicano regole corrispondenti agli articoli 44, 45, 48, 50 e 295(4).

In pendenza del procedimento arbitrale non possono essere proposte domande giudiziali aventi ad oggetto l'invalidità o inefficacia della convenzione d'arbitrato(3).

Note

(1) La norma in esame, prima novellata dal d.lgs. 40/2006 e successivamente dalla Riforma Cartabia, indica che i rapporti tra il collegio arbitrale e l'autorità giudiziaria si pongono sul piano della questione di competenza.
(2) La competenza degli arbitri non è esclusa nè in caso di connessione tra la controversia a loro deferita e una causa pendente innanzi il giudice ordinario nè in caso di pendenza davanti al giudice della stessa causa. L'eventuale eccezione di incompetenza deve essere sollevata a pena di decadenza nella comparsa di risposta.
(3) Infine, l'ultimo comma precisa che durante la pendenza del procedimento arbitrale è preclusa la possibilità di proporre davanti al giudice ordinario domande giudiziali aventi ad oggetto l'invalidità o l'inefficacia della convenzione di arbitrato.
(4) La Corte Costituzionale, con sentenza 19 luglio 2013, n. 223, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo tale comma nella parte in cui esclude l’ applicabilità, ai rapporti tra arbitrato e processo, di regole corrispondenti all’articolo 50 del codice di procedura civile.
(5) Comma modificato dal D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia"), come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, il quale ha disposto (con l'art. 35, comma 1) che "Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti".

Spiegazione dell'art. 819 ter Codice di procedura civile

Questo articolo costituisce una norma di chiusura del capo III dedicato al procedimento, il cui scopo è quello di fissare i rapporti tra giudice ordinario ed arbitrato attraverso l'utilizzo di una serie di principi.
Viene qui sancita la regola secondo cui la competenza degli arbitri non è esclusa dalla connessione tra la controversia ad essi deferita ed una causa pendente davanti al giudice.
La risoluzione delle questioni pregiudiziali deve essere coordinata con l'art. 819 ter del c.p.c., norma che disciplina espressamente i rapporti tra arbitrato e autorità giudiziaria.

Il 1° co. introduce il principio secondo cui la previa pendenza del giudizio ordinario non impedisce l'instaurazione del processo arbitrale, risultando così definitivamente superata quella giurisprudenza, consolidatasi nel tempo, che affermava la vis attractiva del giudizio statale, nel cui alveo doveva confluire la controversia pendente dinanzi agli arbitri, comunque connessa.

Analoga riserva non è stata introdotta nel caso opposto di preventiva instaurazione del giudizio arbitrale rispetto al possibile successivo giudizio statale sulla stessa lite; l’assenza di una disposizione al riguardo è stata interpretata in senso favorevole alla previa pendenza dell'arbitrato, al contrario della tesi prevalente prima della riforma, che affermava la reciproca indifferenza dei due giudizi (la c.d. teoria delle vie parallele, contrapposta a quella della litispendenza).

Secondo la teoria delle vie parallele, gli arbitri possono decidere sulla validità del patto compromissorio, anche se questo è stato promosso dopo l'inizio del processo ordinario; allo stesso modo è consentito fare ai giudici togati, i quali possono verificare la propria competenza, accertando la validità della convenzione arbitrale, anche se il giudizio arbitrale è già pendente.

Va tuttavia osservato che il mancato richiamo nella norma in esame dell’art. 39 del c.p.c. (relativo alla litispendenza e continenza di cause), induce a ritenere che il legislatore della riforma abbia prediletto la tesi della litispendenza a senso unico; ciò significa che, una volta iniziato l'arbitrato, soltanto gli arbitri hanno il potere di decidere sulla propria competenza.
La novella del 2022, attuata con D.lgs. 10.10.2022 n. 149 ed applicabile agli arbitrati instaurati successivamente al 28.2.2023, ha precisato che è reclamabile qualsiasi provvedimento con cui il giudice ordinario neghi o affermi la propria competenza, anche se adottato sotto forma di ordinanza.

Nel secondo comma viene precisato che nei rapporti tra arbitrato e processo giudiziario non si applicano gli artt. 44, 45, 48, 50 e 295 c.p.c., previsti per il regolamento di competenza; tra questi si segnalano, per quanto qui interessa, gli artt. 48 e 50 c.p.c., disciplinanti la sospensione dei processi, relativamente ai quali è richiesto il regolamento di competenza e la riassunzione della causa davanti al giudice dichiarato competente.
Viene altresì espressamente esclusa l'ipotesi di sospensione necessaria, disciplinata dall'art. 295 del c.p.c..

Con l’ultimo comma il legislatore si è prefisso l’obiettivo di inibire eventuali azioni pretestuose, impedendo che, in pendenza del procedimento arbitrale, siano proposte domande giudiziali, aventi ad oggetto l'invalidità o l'inefficacia della convenzione di arbitrato.

Massime relative all'art. 819 ter Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 26949/2021

In tema di lodo arbitrale rituale che abbia statuito su materia non devolubile in arbitrato si pone un caso di competenza e non di giurisdizione. Ne consegue che, in applicazione dell'art. 819 ter comma 2 c.p.c, come integrato dalla sentenza additiva della Corte Costituzionale n.223 del 2013,il giudizio può proseguire davanti al giudice competente attraverso la "translatio iudicii" di cui all'art. 50 c.p.c.. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO TRENTO, 21/11/2019).

Cass. civ. n. 25939/2021

In tema di competenza arbitrale, la presenza di una clausola compromissoria non impedisce di richiedere e ottenere dal giudice ordinario un decreto ingiuntivo per il credito scaturente dal contratto, ferma restando la facoltà, per l'intimato, di eccepire la competenza arbitrale in sede di opposizione, con conseguente necessità, per il giudice di quest'ultima, di revocare il decreto ingiuntivo ed inviare le parti dinanzi all'arbitro unico o al collegio arbitrale. (Regola competenza).

Cass. civ. n. 15300/2019

L'eccezione di compromesso ha carattere processuale ed integra una questione di competenza che non ha natura inderogabile, così da giustificarne il rilievo d'ufficio ex art. 38, comma 3, c.p.c., atteso che essa si fonda unicamente sulla volontà delle parti, le quali sono libere di scegliere se affidare o meno la controversia agli arbitri. Ne consegue che, anche nel procedimento sommario di cognizione, tale eccezione deve essere formulata dalla parte interessata, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta e nel termine fissato dall'art. 702 bis, comma 4, c.p.c.

Cass. civ. n. 26553/2018

In tema di arbitrato, il primo periodo dell'art. 819 ter, comma 1, c.p.c., nel prevedere che la competenza degli arbitri non è esclusa dalla connessione tra la controversia ad essi deferita ed una causa pendente davanti al giudice ordinario, implica, in riferimento all'ipotesi in cui sia stata proposta una pluralità di domande, che la sussistenza della competenza arbitrale sia verificata con specifico riguardo a ciascuna di esse, non potendosi devolvere agli arbitri (o al giudice ordinario) l'intera controversia in virtù del mero vincolo di connessione; pertanto, ove le domande connesse non diano luogo a litisconsorzio necessario, l'accoglimento del regolamento di competenza comporta la separazione delle cause, ben potendo i giudizi proseguire davanti a giudici diversi in ragione della derogabilità e disponibilità delle norme in tema di competenza.

Cass. civ. n. 23473/2017

La statuizione di un collegio arbitrale, che pronunci sulla propria competenza a decidere la controversia sottopostagli, non è impugnabile con il regolamento di competenza, sia alla stregua della novella introdotta dal d.l.vo n. 40 del 2006, sia nel regime previgente, emergendo chiaramente dal tenore letterale dell'art. 819 ter c.p.c. che il legislatore, ne ha consentito l'utilizzo esclusivamente avverso la pronuncia del medesimo tenore resa da un giudice ordinario.

Cass. civ. n. 14649/2017

In presenza di una clausola compromissoria di arbitrato estero, l'eccezione di compromesso, attesa la natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario da attribuirsi all'arbitrato rituale in conseguenza delle disciplina complessivamente ricavabile dalla l. n. 5 del 1994 e dal d.lgs. n. 40 del 2006, deve ricomprendersi, a pieno titolo, nel novero di quelle di rito, dando così luogo ad una questione di giurisdizione e rendendo ammissibile il regolamento preventivo di cui all'art. 41 c.p.c., precisandosi, peraltro, che il difetto di giurisdizione nascente dalla presenza di una clausola compromissoria siffatta può essere rilevato in qualsiasi stato e grado del processo, a condizione che il convenuto non abbia espressamente o tacitamente accettato la giurisdizione italiana, e dunque solo qualora questi, nel suo primo atto difensivo, ne abbia eccepito la carenza.

Cass. civ. n. 21523/2016

In tema di arbitrato rituale, l'art. 819 ter c.p.c., introdotto dall'art. 22 del d.l.vo n. 40 del 2006, il quale prevede l'impugnabilità con il solo regolamento di competenza delle pronunce affermative o negative della competenza in relazione ad una convenzione di arbitrato, si applica a tutte le sentenze pronunciate dopo l'entrata in vigore della citata disposizione (2 marzo 2006), a prescindere dalla data di instaurazione del relativo processo. La soluzione interpretativa si impone in ragione della riconosciuta natura giurisdizionale dell'arbitrato rituale ed in applicazione del principio "tempus regit actum", per il quale, in assenza di diversa disposizione transitoria, il regime di impugnabilità dei provvedimenti va desunto dalla disciplina vigente quando essi sono venuti a giuridica esistenza. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto inammissibile l'impugnazione proposta avverso la sentenza di merito che aveva dichiarato improponibile la domanda, dovendo tale pronuncia essere rettamente intesa quale sentenza declinatoria della competenza in favore degli arbitri e, dunque, impugnabile soltanto con il regolamento necessario di competenza).

Cass. civ. n. 16058/2016

In tema di clausola arbitrale, se il giudice di primo grado si sia pronunciato sulla sua competenza senza che sia iniziato il procedimento arbitrale, trova applicazione non l'art. 819 ter c.p.c., ma il principio generale del "tempus regit actum", per il quale l'impugnazione dei provvedimenti giurisdizionali è soggetta alle forme processuali vigenti al momento in cui essa sia proposta, con la conseguenza che la sentenza va impugnata con l'appello o con il regolamento di competenza, a seconda che il giudizio sia proposto prima o dopo il 2 marzo 2006, data di entrata in vigore della menzionata disposizione.

Cass. civ. n. 21213/2014

La sentenza dichiarativa dell'improponibilità della domanda, perché devoluta alla cognizione degli arbitri, non vincola questi ultimi quanto alla giuridica esistenza ed alla validità della clausola compromissoria, spettando ad essi di verificare la regolarità della loro investitura ad opera dei contraenti. Ne consegue che il giudicato derivante dall'omessa impugnazione di quella statuizione è meramente formale, preclusivo della riproposizione della medesima questione davanti al giudice dello stesso processo, ma non in un diverso giudizio promosso dalle parti dinanzi ad altra autorità giudiziaria, né spiega efficacia vincolante nel successivo procedimento arbitrale, che non è la prosecuzione di quello originariamente instaurato, ma costituisce una definizione negoziale della lite, la cui previsione comporta l'improponibilità suddetta per effetto della rinuncia delle parti alla giurisdizione.

Cass. civ. n. 17908/2014

È inammissibile l'appello avverso la decisione del tribunale declinatoria della propria competenza a favore degli arbitri rituali, poiché l'attività di questi ultimi ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario, sicché la relativa questione può essere fatta valere solo con regolamento di competenza.

Cass. civ. n. 24153/2013

L'attività degli arbitri rituali, anche alla stregua della disciplina complessivamente ricavabile dalla legge 5 gennaio 1994, n. 5 e dal d.l.vo 2 febbraio 2006, n. 40, ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario, sicché lo stabilire se una controversia spetti alla cognizione dei primi o del secondo si configura come questione di competenza, mentre il sancire se una lite appartenga alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario e, in tale ambito, a quella sostitutiva degli arbitri rituali, ovvero a quella del giudice amministrativo o contabile, dà luogo ad una questione di giurisdizione.

Cass. civ. n. 3826/2013

In tema di arbitrato, il primo periodo dell'art. 819 ter, primo comma, c.p.c., nel prevedere che la competenza degli arbitri non è esclusa dalla connessione tra la controversia ad essi deferita ed una causa pendente davanti al giudice ordinario, implica, in riferimento all'ipotesi in cui sia stata proposta una pluralità di domande, da un lato che la sussistenza della competenza arbitrale deve essere verificata con specifico riguardo a ciascuna di esse, non potendosi devolvere agli arbitri (o al giudice ordinario) l'intera controversia in virtù del mero vincolo di connessione, dall'altro che l'eccezione d'incompetenza dev'essere sollevata con specifico riferimento alla domanda o alle domande per le quali è prospettabile la dedotta incompetenza. (Nella specie il convenuto, con la comparsa di costituzione, aveva fatto valere l'efficacia della clausola compromissoria contenuta nel contratto di locazione finanziaria con riferimento alle sole domande avanzate dall'attrice in via surrogatoria, astenendosi dal sollevare la medesima eccezione in ordine alle domande proposte dall'attrice "jure proprio"; la S.C., in applicazione dell'anzidetto principio, ha conseguentemente escluso che il giudice potesse d'ufficio estendere la dichiarazione di improponibilità a tutte le domande, non potendosi invocare né il vincolo di connessione esistente tra le stesse, né il principio di ragionevole durata del processo).

Cass. civ. n. 22002/2012

L'art. 819 ter, comma secondo, c.p.c., laddove afferma che "nei rapporti tra arbitrato e processo" non si applica l'art. 50 c.p.c., riguarda solo il caso in cui siano gli arbitri ad escludere la loro competenza ed a riconoscere quella del giudice ordinario. Allorquando, invece, sia il giudice togato a dichiarare la propria incompetenza a beneficio di quella degli arbitri, oppure sia la Corte di cassazione, adita con riferimento ad una pronuncia affermativa della competenza del giudice ordinario, a dichiarare la competenza degli arbitri oppure a rigettare, per ragioni di rito o di merito, l'istanza di regolamento contro una pronuncia declinatoria, è possibile la riassunzione dinanzi agli arbitri nel termine fissato o, in mancanza, in quello previsto dall'art. 50 c.p.c., con salvezza dell'effetto interruttivo cd. istantaneo della prescrizione ai sensi dell'art. 2943 comma 3, c.c., e di quello permanente, di cui all'art. 2945, comma 2, dello stesso codice.

Cass. civ. n. 15890/2012

La proposizione dell'eccezione di incompetenza del giudice ordinario, in ragione dell'esistenza di una clausola compromissoria, non richiede formule sacramentali, né l'individuazione di specifici criteri di competenza, essendo sufficiente la deduzione della sussistenza della convenzione d'arbitrato.

Cass. civ. n. 17019/2011

Ai sensi dell'art. 819 ter, ultimo comma, c.p.c., così come novellato dall'art. 22 del d.l.vo 2 febbraio 2006, n. 40, in pendenza del procedimento arbitrale non possono proporsi all'autorità giudiziaria domande aventi ad oggetto l'invalidità o inefficacia della convenzione d'arbitrato, dovendosi ritenere, per converso, che possa essere proposta una domanda giudiziale intesa ad ottenere la declaratoria della invalidità o dell'inefficacia della convenzione, quando non sia stata introdotta una controversia davanti agli arbitri sulla base della convenzione stessa. L'invalidità o l'inefficacia della convenzione d'arbitrato può essere invocata davanti all'autorità giudiziaria con autonoma domanda di accertamento, o unitamente alla domanda relativa al rapporto cui la clausola compromissoria troverebbe applicazione, ovvero, ancora, in via di controeccezione proposta dalla parte attrice, allorché la parte convenuta abbia eccepito l'esistenza della clausola compromissoria invocando la competenza arbitrale. Ove avverso la decisione del giudice di merito, affermativa o negativa della competenza arbitrale, venga proposto regolamento di competenza, detto giudizio compete alla Corte di cassazione, nell'ambito dei poteri di statuizione sulla competenza.

La sentenza con la quale il tribunale adito, ignorando la qualificazione dei rapporti di competenza tra arbitri e autorità giudiziaria, data dell'art. 819 ter c.p.c., dichiari improponibile la domanda, dev'essere intesa come pronuncia declinatoria della competenza a favore degli arbitri ed è pertanto impugnabile con il regolamento necessario di competenza.

Cass. civ. n. 24082/2010

In tema di competenza, a norma dell'articolo 819 ter, secondo comma, c.p.c., a fronte di una statuizione che nega la competenza arbitrale è ammesso il solo regolamento di competenza necessario o facoltativo, ma non anche quello d'ufficio; ne consegue che, ove sia intervenuta una pronuncia che, negando la competenza arbitrale, affermi quella del giudice ordinario e ad un tempo dichiari la competenza territoriale, di altro giudice, quest'ultimo può contestare con il regolamento di ufficio il criterio attributivo della competenza per territorio ma non anche porre nuovamente in discussione la questione della competenza arbitrale.

Cass. civ. n. 19047/2010

In tema di arbitrato, la disciplina sull'impugnabilità con regolamento di competenza, necessario o facoltativo (artt. 42 e 43 c.p.c.), della sentenza del giudice di merito affermativa o negatoria della propria competenza sulla convenzione di arbitrato, recata dal nuovo testo dell'art. 819 ter c.p.c. (introdotto dall'art. 22 del d.l.vo 2 febbraio 2006, n. 40), trova applicazione soltanto in relazione a sentenze pronunciate con riferimento a procedimenti arbitrali iniziati successivamente alla data del 2 marzo 2006, disponendo in tal senso, con formulazione letterale inequivoca, la norma transitoria dettata dall'art. 27, comma 4, dell'anzidetto d.l.vo n. 40, dovendosi, pertanto, escludere che l'operatività della nuova disciplina possa ancorarsi a momenti diversi, quale quello dell'inizio del giudizio dinanzi al giudice ordinario nel quale si pone la questione di deferibilità agli arbitri della controversia ovvero quello della data di pubblicazione della sentenza del medesimo giudice che risolve la questione di competenza. (Principio di diritto enunciato in sede di regolamento di competenza avente ad oggetto sentenza pronunciata in controversia attinente a domande di arbitrato proposte prima del 2 marzo 2006).

Cass. civ. n. 178/2008

Nel giudizio arbitrale, le sole questioni pregiudiziali sottratte alla competenza degli arbitri sono quelle di cui all'art. 806 c.p.c. (prevedente le materie indisponibili o altre fissate per legge), per cui nell'ipotesi di contemporanea pendenza della medesima causa davanti all'autorità giudiziaria e ad un collegio arbitrale, non opera la litispendenza, nè può invocarsi la sospensione necessaria di cui all'art. 295 c.p.c., poiché la competenza di uno dei giudici, escludendo quella dell'altro ed avendo carattere esclusivo e inderogabile, va risolta con l'affermazione o la negazione della competenza del giudice adito, in relazione all'esistenza, al contenuto e ai limiti di validità del compromesso o della clausola compromissoria; la mancata sospensione non è invero prevista come causa di nullità del lodo, mancando la stessa possibilità di un conflitto di giudicati, poiché il rapporto di pregiudizialità tra due liti, che impone al giudice la predetta sospensione, ricorre solo quando la decisione della prima influenzi la pronuncia che deve essere resa sulla seconda.

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relative all'articolo 819 ter Codice di procedura civile

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Gianluca V. chiede
mercoledì 17/07/2019 - Calabria
“Il richiedente, titolare di un ristorante, ha sottoscritto una polizza incendi. Il locale è andato distrutto a causa di un incendio. La compagnia ass.va sta facendo di tutto per ostacolare il pagamento dell'indennizzo. Il legale ha presentato ricorso per ATP con udienza fissata a settembre per conferimento incarico CTU al fine di chiedere al CTU di ricostruire la dinamica dell'incendio e di quantificare i danni. Nel frattempo il perito di parte ha consigliato di ricorrere alla procedura di arbitrato prevista in polizza. Pertanto, è stata depositata in Trib. istanza per la nomina del terzo arbitro. Il Presidente del Trib. ha già nominato il terzo perito il quale, sentito telefonicamente dal ns perito, ha fatto capire che riconoscerà l'indennizzo a favore del contraente (quindi in commissione ci saranno due voti su tre favorevoli al riconoscimento dell'indennizzo). Nei prossimi giorni dovrebbe riunirsi la commissione che, dunque, sarà composta da tre periti (il primo per l'assicurato, il secondo per la compagnia, il terzo già nominato dal Trib). Il legale della compagnia ass.va, nel frattempo costituitasi in giudizio nel ricorso per ATP, dice che il verbale della commissione sarà nullo perché adottato in pendenza di ATP. Naturalmente il contraente assicurato, una volta ricevuto il verbale che certificherà la spettanza dell'indennizzo assicurativo, subito dopo provvederà a rinunciare all'accertamento tecnico preventivo.
In questo caso il legale del contraente assicurato deve fare una istanza di rinuncia agli atti ex art. 306 cpc? L'accettazione della rinuncia da parte della compagnia assicurativa è necessaria? E se invece la compagnia non accettasse la rinuncia al ricorso da parte dell'assicurato chiedendo al giudice di andare avanti nel giudizio di ATP? Grazie”
Consulenza legale i 26/07/2019
La materia trova disciplina nell’art. 819 ter c.p.c..
La norma dice espressamente che la competenza del Collegio Arbitrale non è esclusa dalla pendenza della medesima controversia davanti al Giudice Ordinario.
Pertanto, la statuizione degli Arbitri non sarà nulla per il solo fatto che precedentemente è stata proposta la stessa domanda avanti al Giudice ordinario.

L’eccezione di arbitrato o “di compromesso” (ovvero un’eccezione relativa alla competenza, con la quale si porta all’attenzione del Giudice che c’è una clausola compromissoria con cui le parti hanno stabilito pattiziamente il ricorso all’arbitrato) non può essere sollevata d’ufficio (dal Giudice di propria iniziativa) ma va proposta dalla parte interessata a pena di decadenza in comparsa di risposta (Cass. civ. Sez. VI - 1 Ordinanza, 06/11/2015, n. 22748).

Dal quesito emerge come nessuna delle parti in pendenza di giudizio (ATP) abbia sollevato l’eccezione di arbitrato: in base alla predetta norma, la mancata tempestiva proposizione dell’eccezione, purtroppo, esclude la competenza arbitrale (limitatamente, ovvio, alla controversia decisa in quel giudizio).
Tra l’altro, esiste addirittura un filone giurisprudenziale che ritiene che integri una implicita rinuncia alla clausola compromissoria (quindi al ricorso agli arbitri) anche l’aver proposto la domanda in sede ordinaria: nel caso di specie, quindi, la proposizione dell’ATP prima ed al posto dell’arbitrato, potrebbe essere interpretata dal Giudice come una volontà implicita di rinunciare all’arbitrato da parte del danneggiato.

Ciò detto, non basterà – e con ciò si risponde alla domanda principale - per evitare la pronuncia vincolante del Giudice ordinario, una rinuncia agli atti da parte del ricorrente qualora la controparte non la accetti.
A nulla rileva infatti, a tal proposito, che il procedimento in questione sia di natura preventiva (un ATP): le regole sulla rinuncia agli atti del giudizio (art. 306 c.p.c.) valgono in generale per qualsiasi procedimento civile che preveda un contraddittorio.
Anche nel caso in esame si tratta dunque, è vero, di un procedimento snello nei tempi e nelle forme ma che comunque prevede, dopo la domanda introduttiva, la costituzione della controparte, costituzione che è già avvenuta.
L’accettazione della rinuncia è, purtroppo, necessaria, altrimenti la causa prosegue fino alla pronuncia nel merito da parte del Giudice ordinario, pronuncia che, lo ripetiamo, è vincolante.

Quando la legge parla di eccezioni da formularsi a pena di decadenza entro un determinato termine intende dire che il termine in questione è perentorio.
Nel caso più specifico dell’eccezione di compromesso, se questa viene sollevata la competenza “torna” agli arbitri mentre se non viene sollevata rimane in capo al Giudice, dal momento che le parti, rimanendo inerti, hanno dimostrato chiaramente che non avevano alcun interesse ad “utilizzare” la formula arbitrale: “L'eccezione di compromesso ha carattere processuale ed integra una questione di competenza che non ha natura inderogabile, così da giustificarne il rilievo d'ufficio ex art. 38, comma 3, c.p.c., atteso che essa si fonda unicamente sulla volontà delle parti, le quali sono libere di scegliere se affidare o meno la controversia agli arbitri. Ne consegue che, anche nel procedimento sommario di cognizione, tale eccezione deve essere formulata dalla parte interessata, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta e nel termine fissato dall'art. 702 bis bis, comma 4, c.p.c.” (Cass. civ. Sez. VI - 3 Ord., 05/06/2019, n. 15300).

E ciò diversamente da quando, invece, la medesima eccezione di incompetenza venga sollevata in sede di arbitrato: se, cioè, in quest’ultima sede non viene sollevata l’eccezione relativa alla carenza di potere decisionale degli arbitri, ciò comunque non preclude alle parti il ricorso al procedimento ordinario.

Nel caso in cui l’eccezione di compromesso venga utilmente sollevata, il giudizio “si trasferirà” in capo agli arbitri: “L'adesione all'eccezione di compromesso proposta dal convenuto comporta, ai sensi degli artt. 38 e 50 c.p.c., la riassunzione del giudizio innanzi agli arbitri con salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda e la sottrazione al giudice del potere di decidere sulle spese processuali della fase svoltasi innanzi a lui.” (Tribunale Bologna Sez. spec. in materia di imprese Ord., 11/05/2016).