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Articolo 759 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Informazioni e nomina del custode

Dispositivo dell'art. 759 Codice di procedura civile

Durante le operazioni di apposizione dei sigilli, il giudice (1) assume le informazioni che ritiene opportune allo scopo di accertare che nessuna cosa sia stata asportata (2).

Per la conservazione delle cose sigillate nomina un custode (3).

Note

(1) La parola «pretore» è stata sostituita dalla parola «giudice» ai sensi dell'art. 105, d.lgs. 19-2-1998, n. 51, recante l'istituzione del giudice unico, a decorrere dal 2-6-1999.
(2) Nel corso delle operazioni di sigillazione il giudice assume le informazioni necessarie per accertarsi che nessuna cosa mobile sia stata asportata prima della sigillazione.
(3) Per la conservazione delle cose sigillate il giudice provvede alla nomina di un custode, che può essere scelto anche tra i chiamati all'eredità o tra gli eredi. Il custode viene incaricato di provvedere alla vigilanza sui beni sigillati in quanto le chiavi delle porte sigillate sono custodite dal cancelliere. Inoltre, il custode deve svolgere il suo incarico osservando la diligenza del buon padre di famiglia ed è responsabile dei danni cagionati alle parti in caso di omessa o negligente custodia. Diversamente, la nomina del custode non risulta necessaria qualora i sigilli siano stati apposti non sulle cose mobili ma sui locali che le contengono.

Spiegazione dell'art. 759 Codice di procedura civile

Nel corso delle operazioni di apposizione dei sigilli, il giudice può assumere informazioni al fine di verificare che nessun bene sia stato asportato dai luoghi; nel caso in cui dovesse venire a conoscenza di beni che si trovano presso terzi, il giudice deve provvedere alla sigillatura anche presso terzi.

Tra le informazioni che il giudice può assumere, vi rientra anche la possibilità di interrogare i presenti e coloro che abitano gli immobili di proprietà del de cuius o, comunque, già detenuti dal defunto ad altro titolo.
Delle attività così compiute il cancelliere è tenuto sempre a redigere processo verbale ex art. 126 del c.p.c..

Dopo che si è proceduto all’apposizione dei sigilli, il giudice nomina con decreto un custode, affidando al medesimo il compito della conservazione ed amministrazione delle cose sigillate.
Il custode può anche essere scelto tra gli eredi o i chiamati all'eredità, ed è soggetto alla disciplina dettata dagli artt. [n62cpc]] e ss. c.p.c.; sul medesimo grava, ex art. 67 del c.p.c., l’obbligo del risarcimento del danno qualora non adempia a tale onere con la diligenza del buon padre di famiglia.

Occorre osservare che alla nomina del custode deve farsi ricorso soltanto per l’ipotesi in cui non siano state sigillate le serrature dei locali ove si trovano i beni, in quanto, una volta sigillate le serrature e chiusi i locali, non si pone alcuna necessità di una loro custodia, considerato che le chiavi vengono conservate dal cancelliere ex art. 756 del c.p.c..

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Consulenze legali
relative all'articolo 759 Codice di procedura civile

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Stefania M. chiede
sabato 28/02/2015 - Lazio
“12 anni fa muore mia zia, non coniugata, senza ascendenti e discendenti diretti. Le sono premorti i fratelli e le sorelle. All'epoca dell'aperta successione, esistono solo i nipoti, figli dei premorti. Mia zia redige un testamento olografo, in cui nomina me erede universale di tutti i suoi beni, valori mobiliari e immobiliari. Il testamento viene trovato durante un sopralluogo nell'immobile durante il quale eravamo tutti noi nipoti presenti. Letto il testamento , in presenza di tutti e con il loro assenso, mi presento il giorno dopo da un notaio di fiducia che procede con la pubblicazione. Successivamente i nipoti esclusi impugnano congiuntamente il testamento contestando l'autenticità per supposta incapacità del de cuius non documentata nè mai certificata da alcuno, oltre a vantare una quota del lascito essendo di pari grado in asse ereditario al mio. Nell'istanza, aperta 12 anni fa, non vengono informati e dunque non figurano come istanti, altri 2 nipoti di una sorella premorta che vivono in usa. Tra le varie udienze pregresse, un perito nominato dal Giudice asserisce nel suo verbale l'autenticità del testamento. L'incapacità del Testatore alla data di sottoscrizione del testamento non trova riscontro in alcun provvedimento disposto dalle autorità in materia. La causa è ancora aperta ed è in valutazione del giudice . Pendente la causa, venni nominata dalla prima udienza Custode dei beni: lasciti rappresentati da depositi bancari, un immobile e oggetti in oro che a mio nome, in qualità di custode sono stati depositati in banca in una cassetta di sicurezza il cui canone è addebitato sul mio conto corrente. Da 12 anni sostengo a spese mie tutti gli oneri legati all'immobile, imposte, condominio, utenze e canoni di cassetta di sicurezza. Prima domanda:la causa è viziata da invalidità visto che gli istanti nipoti esclusi dal testamento, si sono qualificati come unici nipoti in vita, oltre me, omettendo di dichiarare la coesistenza degli altri 2 che vivono in USA e non convocati?. Seconda domanda:i nipoti istanti ai sensi di legge possono aver diritto ad una quota dell'asse ereditario? Potrebbero vedersi riconoscere i loro diritti al pari dei miei e quindi vedersi dar luogo ad una distribuzione di pari quota di tutto l'attivo ereditario? terza domanda: in qualità di custode posso fare istanza al giudice affinchè emetta un'ordinanza con la quale autorizzi la Banca depositaria dei depositi del de cuius a corrispondermi le somme anticipate in 12 anni e da me documentate? Vi ringrazio in anticipo della consulenza che vorrete rilasciarmi.”
Consulenza legale i 04/03/2015
1.
Nelle cause di impugnazione di testamento olografo, secondo la giurisprudenza, sussisterebbe il litisconsorzio necessario tra tutti gli eredi legittimi, cioè l'obbligo di partecipazione di tutti al processo ("Nelle cause aventi ad oggetto l’impugnazione di un testamento olografo per nullità, in considerazione dell’unità del rapporto dedotto in giudizio, sussiste litisconsorzio necessario anche nei confronti di tutti gli eredi legittimi, in quanto l’eventuale accoglimento della domanda porterebbe alla dichiarazione di invalidità del testamento ed alla conseguente apertura della successione legittima", v. Cass. civ., Sez. II, 14.1.2010, n. 474; nello stesso senso Cass. civ., n. 8728/2005).
Se il contraddittorio non è integro, il giudice deve ordinarne l'integrazione, ai sensi dell'art. 102 del c.p.c.: ovviamente, potrà farlo solo se è a conoscenza del fatto che esistono altri eredi legittimi. Pertanto, vi deve essere una parte in causa che solleva la questione: secondo Cass. civ., sez. II, 24.11.2009, n. 24710, la parte che deduce la non integrità del contraddittorio deve indicare quali siano i litisconsorzi pretermessi dimostrandone la qualità di eredi ex lege, conformemente all’orientamento consolidato della Corte (v. Cass. civ. SS.UU. 4.12.2001, n. 15289; Cass. civ., 1.8.2003, n. 11736).

Cosa succede però se nessuna delle parti solleva la questione nel primo grado e viene emessa la sentenza?
Si ritiene che la mancata partecipazione di uno dei litisconsorti necessari determini la nullità del giudizio: tuttavia la dottrina è divisa sugli effetti concreti di tale nullità (per alcuni la sentenza sarebbe comunque valida tra le parti del processo; per altri, non avrebbe nessuna efficacia per alcun soggetto).
Se la mancata integrità del contraddittorio diviene un motivo di appello, il giudice di secondo grado, ai sensi dell'art. 354 del c.p.c., se riconosce che in effetti nel giudizio di primo grado doveva essere integrato il contraddittorio, rimette la causa al giudice di prime cure e quindi il processo va riassunto davanti al Tribunale e ricelebrato.
Se, poi, addirittura, si arrivasse al giudizio di Cassazione senza che la questione sia stata ancora sollevata dalle parti, dice la giurisprudenza che la non integrità del contraddittorio è rilevabile, anche d'ufficio, in qualsiasi stato e grado del procedimento e, quindi, anche in sede di giudizio di legittimità: la relativa eccezione può essere ivi proposta anche per la prima volta, ma solo se il presupposto e gli elementi di fatto posti a fondamento della stessa emergano ex se dagli atti del processo di merito, senza la necessità di nuove prove e dello svolgimento di ulteriori attività (cfr. Cass. civ., sez. II, 27.9.2011, n. 19751). Quindi, si può ipotizzare che nel caso di specie, se nei primi due gradi di giudizio non si è data alcuna prova dell'esistenza di altri due nipoti, l'eccezione di non integrità del contraddittorio non sarebbe più proponibile davanti alla Suprema Corte.

2.
Supponendo che il testamento olografo sia valido e genuino, poiché il testatore ha nominato come erede universale un'unica nipote, solo questa diverrà titolare dei beni ereditari. Gli altri nipoti non hanno alcun diritto ad una quota dell'eredità: tale "diritto ad ereditare", quando sussiste, viene detto [diritto alla] "legittima", e compete solo ai soggetti elencati all'art. 536 del c.c., e cioé: coniuge, figli, ascendenti.
Se, invece, il testamento fosse invalido, l'eredità dovrebbe essere divisa in parti uguali tra tutti i parenti dello stesso grado: nel caso di specie, tra tutti i figli dei fratelli e sorelle premorti della de cuius.

3.
Nel giudizio di impugnazione di un testamento olografo, è frequente la nomina di un custode dei beni, con il compito di conservare le ragioni dell'eredità per il momento in cui essa sarà attribuita in via definitiva a uno o più eredi.
Nel caso di specie, la custodia è stata affidata a colei che fu nominata erede universale nel testamento impugnato.
Nel nostro ordinamento manca una compiuta disciplina della custodia, tuttavia nel caso in esame si potrebbe applicare analogicamente l'art. 65 del c.p.c., che prevede la nomina di un custode, tra gli altri casi, in ipotesi di sequestro giudiziario (v. art. 676 del c.p.c.): in quel procedimento cautelare, il giudice nomina custode chi tra le parti in causa appare offrire maggiori garanzie e stabilisce le modalità di conservazione dei beni. Lo stesso è avvenuto nella vicenda in esame. Si ritiene che possano quindi trovare applicazione gli artt. 521, 522 e [[n560]].
In particolare, per quanto interessa nel caso di specie: il custode non ha diritto al compenso se non lo ha chiesto e se non gli è stato riconosciuto all'atto della nomina (anche se si è sostenuto che in realtà le parti in causa non potrebbero avere diritto ad un compenso) ed è tenuto a dare il rendiconto della sua gestione. Egli ha, naturalmente, il diritto di essere rimborsato delle spese sostenute per la gestione, che vanno poste a carico dell'eredità: tale rimborso dovrebbe essere disposto dal giudice stesso nella sentenza con cui decide il giudizio. Sul fatto che esista la possibilità di chiedere con ordinanza il rimborso delle spese mentre il processo ancora è pendente, non consta l'esistenza di norme specifiche: tuttavia, sussistendo particolari motivi di urgenza, non si esclude che una tale istanza in corso di giudizio possa essere accolta dal giudice, atteso che se le spese sono documentate e verosimili, non vi dovrebbe essere contestazione della controparte.