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Articolo 10 Codice della privacy

(D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Riscontro all'interessato

[ABROGATO]

Dispositivo dell'art. 10 Codice della privacy

Titolo abrogato dal D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101

[1. Per garantire l'effettivo esercizio dei diritti di cui all'articolo 7 il titolare del trattamento è tenuto ad adottare idonee misure volte, in particolare:

  1. a) ad agevolare l'accesso ai dati personali da parte dell'interessato, anche attraverso l'impiego di appositi programmi per elaboratore finalizzati ad un'accurata selezione dei dati che riguardano singoli interessati identificati o identificabili;
  2. b) a semplificare le modalità e a ridurre i tempi per il riscontro al richiedente, anche nell'ambito di uffici o servizi preposti alle relazioni con il pubblico.

2. I dati sono estratti a cura del responsabile o degli incaricati e possono essere comunicati al richiedente anche oralmente, ovvero offerti in visione mediante strumenti elettronici, sempre che in tali casi la comprensione dei dati sia agevole, considerata anche la qualità e la quantità delle informazioni. Se vi è richiesta, si provvede alla trasposizione dei dati su supporto cartaceo o informatico, ovvero alla loro trasmissione per via telematica.

3. Salvo che la richiesta sia riferita ad un particolare trattamento o a specifici dati personali o categorie di dati personali, il riscontro all'interessato comprende tutti i dati personali che riguardano l'interessato comunque trattati dal titolare. Se la richiesta è rivolta ad un esercente una professione sanitaria o ad un organismo sanitario si osserva la disposizione di cui all'articolo 84, comma 1.

4. Quando l'estrazione dei dati risulta particolarmente difficoltosa il riscontro alla richiesta dell'interessato può avvenire anche attraverso l'esibizione o la consegna in copia di atti e documenti contenenti i dati personali richiesti.

5. Il diritto di ottenere la comunicazione in forma intelligibile dei dati non riguarda dati personali relativi a terzi, salvo che la scomposizione dei dati trattati o la privazione di alcuni elementi renda incomprensibili i dati personali relativi all'interessato.

6. La comunicazione dei dati è effettuata in forma intelligibile anche attraverso l'utilizzo di una grafia comprensibile. In caso di comunicazione di codici o sigle sono forniti, anche mediante gli incaricati, i parametri per la comprensione del relativo significato.

7. Quando, a seguito della richiesta di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, lettere a), b) e c) non risulta confermata l'esistenza di dati che riguardano l'interessato, può essere chiesto un contributo spese non eccedente i costi effettivamente sopportati per la ricerca effettuata nel caso specifico.

8. Il contributo di cui al comma 7 non può comunque superare l'importo determinato dal Garante con provvedimento di carattere generale, che può individuarlo forfettariamente in relazione al caso in cui i dati sono trattati con strumenti elettronici e la risposta è fornita oralmente. Con il medesimo provvedimento il Garante può prevedere che il contributo possa essere chiesto quando i dati personali figurano su uno speciale supporto del quale è richiesta specificamente la riproduzione, oppure quando, presso uno o più titolari, si determina un notevole impiego di mezzi in relazione alla complessità o all'entità delle richieste ed è confermata l'esistenza di dati che riguardano l'interessato.

9. Il contributo di cui ai commi 7 e 8 è corrisposto anche mediante versamento postale o bancario, ovvero mediante carta di pagamento o di credito, ove possibile all'atto della ricezione del riscontro e comunque non oltre quindici giorni da tale riscontro.]

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Victor D. chiede
venerdì 21/07/2017 - Campania
“La situazione è questa: è morto mio zio e non aveva moglie né figli. Abitava solo e mio padre, che abitava in Australia era l’ultimo dei fratelli vivi della famiglia.
Abbiamo fatto la denuncia di successione con i documenti che abbiamo trovato e compariva un solo conto bancario.
Sembra però che questo conto alimenti un altro conto bancario, perché dai documenti che ha il commercialista si vedono numeri in $$$ che non si trovano nell’estratto conto della Banca che conosciamo.
Che tipo di denuncia o richiesta si può fare per avere prova di dove si trova l’altro conto bancario?”
Consulenza legale i 02/08/2017
Dispone l’art. 570 del codice civile che se chi muore non lascia figli, né genitori né altri ascendenti, gli succedono i fratelli e le sorelle in parti eguali tra loro.
In questo caso, non essendo la persona defunta neppure sposata ed avendo un solo fratello, quest’ultimo sarà il solo erede legittimo ed al lui spetterà l’intero patrimonio ereditario.

Correttamente, dunque, sembra che il fratello del de cuius abbia presentato la denuncia di successione nella qualità di unico erede legittimo del defunto, essendo stato denunciato nell’attivo ereditario un solo conto corrente bancario intestato al defunto e di cui si è agevolmente venuti a conoscenza.

Tuttavia, quando si apre una successione ereditaria, vi è sempre la necessità di ricostruire il patrimonio della persona deceduta, ed a tal fine possono essere rilevanti le operazioni effettuate in vita sul conto corrente dello stesso defunto, soprattutto quando, come in questo caso, vi è il dubbio che siano state effettuate delle operazioni sospette sull’unico conto di cui si ha conoscenza.

Ora, a tal fine è riconosciuto agli eredi (nel nostro caso al fratello) il pieno diritto di accedere alla documentazione relativa ai rapporti bancari del parente defunto, nell’ottica di tutelare i propri diritti successori, e la banca non può opporsi a tale richiesta, essendo per legge tenuta a comunicare agli eredi i dati richiesti.

Trattasi di un diritto espressamente riconosciuto dall’art. 9 comma 3 del Decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196 (c.d. T.U. Privacy), il quale attribuisce il diritto di accesso ai dati personali riferiti a persone decedute a chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato o per ragioni familiari meritevoli di protezione.

Ai sensi del successivo art. 10 T.U. Privacy, le banche, da parte loro, e previo oscuramento di eventuali dati di terzi, hanno l’obbligo di estrapolare dai loro archivi e documenti solo i dati personali oggetto di richiesta d’accesso.
La suddetta richiesta di accesso va formulata liberamente e senza costrizioni; tutti i documenti devono quindi essere consegnati senza la previsione di alcun corrispettivo né rimborso spese in capo al richiedente (così art. 7 T.U. Privacy).

Solo in seguito ad un risultato negativo della ricerca o ad un "notevole impiego di mezzi in relazione alla complessità o all'entità delle richieste" è possibile richiedere un contributo spese, comunque mai eccedente i costi effettivamente sopportati per la ricerca fatta.

A riguardo il Garante della protezione dei dati personali si è pronunciato col provvedimento n. 372 del 11/10/2011 in cui ha sottolineato come l'erede (nel caso di specie il figlio del de cuius) abbia titolo per esercitare il diritto di accesso ai dati personali del defunto nei confronti della banca senza dover essere soggetto ad oneri o condizione alcuna: "il diritto di accesso ai dati personali […] deve essere garantito gratuitamente e non può essere condizionato, per quanto attiene alle modalità di esercizio, a quanto statuito, ad altri fini, dal testo unico in materia bancaria".

Infatti, vale la pena ricordare che prima dell’entrata in vigore del Codice della Privacy, la norma di riferimento si rinveniva nell'articolo 119 del T.U.B. (Testo Unico Bancario – d.lgs. n. 385 del 1 settembre 1993, come modificato da ultimo dal D.lgs. 14 novembre 2016 n. 223), norma tuttora in vigore, il quale dispone che "il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell'amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Al cliente possono essere addebitati solo i costi di produzione di tale documentazione".

A fronte di un'interpretazione eccessivamente letterale che le banche davano a tale disposizione, rigettando le richieste della clientela troppo generiche o comunque non riguardanti una specifica e circostanziata operazione, la Cassazione si è più volte pronunciata censurando tali comportamenti (Cass. Sez. I n. 12093 del 27/9/2001, Cass. Sez. I n. 11004 del 12/5/2006), e sottolineando che la normativa va interpretata in base al principio di buona fede nell'esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.) e che quindi il cliente o chi per lui ha il diritto di ottenere tutta la documentazione di cui è interessato nel rispetto del solo limite temporale decennale.

Quindi, ciò che in definitiva si consiglia è di presentare una istanza di accesso a tutta la documentazione relativa al conto corrente caduto in successione (limitatamente all'ultimo decennio), motivando tale richiesta con il proprio diritto, nella qualità di unico erede del defunto intestatario del conto corrente, di voler procedere ad una ricostruzione dell’asse ereditario del defunto.
Per dare prova della propria qualità di erede sarà sufficiente allegare all’istanza di accesso copia della denuncia di successione già presentata.
Dalla documentazione che in questo modo si potrà acquisire, e facendosi in ciò coadiuvare da un consulente legale e/o finanziario esperto, sarà probabilmente possibile risalire ad eventuali altri conti correnti legati a quello caduto in successione.