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Articolo 64 Codice del processo tributario

(D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Sentenze revocabili e motivi di revocazione

Dispositivo dell'art. 64 Codice del processo tributario

1. Le sentenze pronunciate in grado d'appello o in unico grado dalle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado possono essere impugnate ai sensi dell'articolo 395 del codice di procedura civile(1).

2. Le sentenze per le quali è scaduto il termine per l'appello possono essere impugnate per i motivi di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell'art. 395 del codice di procedura civile purché la scoperta del dolo o della falsità dichiarata o il recupero del documento o il passaggio in giudicato della sentenza di cui al numero 6 dell'art. 395 del codice di procedura civile siano posteriori alla scadenza del termine suddetto.

3. Se i fatti menzionati nel comma precedente avvengono durante il termine per l'appello il termine stesso è prorogato dal giorno dell'avvenimento in modo da raggiungere i sessanta giorni da esso.

Note

(1) Tale comma è stato modificato dall'art. 4, comma 1, lettera a), della L. 31 agosto 2022, n. 130.

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Consulenze legali
relative all'articolo 64 Codice del processo tributario

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Anonimo chiede
venerdģ 21/06/2019 - Lazio
“Ammissibilità della querela di falso in via principale per richiesta in prospettiva della revocazione straordinaria della sentenza CTP rovinciale,

Il presupposto della richiesta della querela di falso è che venga richiesta prima che la sentenza sia passata in giudicato, di seguito la fattispecie per la risposta.

Fattispecie:

Sentenza di Commissione Tributaria Provinciale respinta e depositata,

non vi è intenzione di proporre appello alla CT Regionale in quanto durante il termine non scaduto per proporre appello alla CTR, è stato incidentalmente rinvenuto un falso nel Processo verbale di Constatazione,

Durante il tempo non scaduto per proporre appello alla CTR, non viene appellata la sentenza ma viene richiesta in via principale la querela di falso, chiedendo l’ammissibilità, in quanto alla data di iscrizione al ruolo, seppure la sentenza CT Provinciale è stata emessa, di fatto non erano decaduti i temini del ricorso di Appello, quindi al momento della domanda di querela di falso principale (iscrizione al ruolo) non sono esperiti i termini decadenziali dell’appello alla CTR e quindi si è in regime di sentenza non passata in giudicato ma che lo diverrà nelle more del processo di falso,

è ammissibile la querela di falso nella fattispecie?

ovvero io credo che il termine per l'ammissibilità della querela di falso va cristallizzata al momento delle richiesta, ovvero nel caso di specie durante i termini per l'appelllo non scaduti, seppure come detto l'appello non vi sarà e quindi la sentenza passerà in giudicato dopo la richiesta della querela e prima della prima udienza di falso.

Ovvero è corretta la procedura o c è il rischio di inammissibilità della querela di falso, in quanto seppure al momento dell’iscrizione al ruolo della causa la sentenza di CT Provinciale non era passata ingiudicato, comunque era stata emessa e depositata e non appellata, obbligandomi in tal caso per richiedere la querela di falso (in via principale o alternativamente a seconda del caso in via incidentale) di proporre appello alla CT Regionale per non far passare in giudicato la sentenza di primo grado con costi ed oneri aggiuntivi.

Tale richiesta è con l'intento in caso di accoglimento della querela di falso di richiedere la revocazione straordinaria della sentenza alla CTProvinciale.”
Consulenza legale i 04/07/2019
La fattispecie descritta nel presente quesito presenta delle peculiarità.

Difatti, solitamente, la querela di falso, sia in via principale che in via incidentale, viene presenta in pendenza del processo. In tali casi, ai sensi dell’articolo 39 del codice del processo tributario, il giudice è obbligato a sospendere il processo quando è presentata querela di falso, oppure quando debba essere decisa in via pregiudiziale una questione sullo stato o la capacità delle persone. in tema di querela di falso, il giudice tributario è tenuto, ai sensi dell'art. 39 del d.lgs. n. 546 del 1992, a sospendere il giudizio fino al passaggio in giudicato della decisione in ordine alla querela di falso, o fino a quando non si sia altrimenti definito il relativo giudizio, trattandosi di un accertamento pregiudiziale riservato ad altra giurisdizione, e di cui egli non può conoscere neppure incidenter tantum, ovviamente verificando la pertinenza di tale iniziativa processuale in relazione al documento impugnato e la sua rilevanza ai fini della decisione (Cass. n. 28671 del 2017; Cass. n. 8046 del 2013; Cass. n. 18139 del 2009).

Per come è prospettato il quesito, qui ci si trova in una situazione differente, dato che il processo non può ritenersi “pendente” a tutti gli effetti, soprattutto per via della semplice constatazione che non vi è un giudice operante che possa decidere sulla questione, dato che la norma di cui sopra disciplina la sospensione del processo, e non la sospensione dei termini per proporre appello.

Nella ipotesi in cui non si voglia proporre appello, nulla vieta chiaramente al ricorrente di instaurare un autonomo giudizio ove chiedere al giudice di pronunciarsi sulla falsità o meno del documento. Tuttavia, come si vedrà in seguito, il legislatore tributario ha disciplinato ad hoc anche tale ipotesi, prevedendo degli stringenti limiti all’efficacia della sentenza relativa alla querela di falso sul processo principale in cui ci si avvalsi del documento poi dichiarato falso.

La querela può essere proposta in via principale (come si intende fare nella fattispecie in esame), con una specifica domanda avente come unico oggetto la dichiarazione della falsità del documento, ovvero in via incidentale, in corso di causa, nella quale viene prodotto un documento considerato rilevante ai fini della decisione, idoneo ad assumere efficacia di fede privilegiata.

In via principale, la querela si propone con citazione al giudice competente, ossia al Tribunale, (che, in materia, ha competenza funzionale ed inderogabile - cfr. Cassazione civile, sez. III, 11 dicembre 1991, n. 13384), in composizione collegiale, dal momento che sia l’art. 225 c.p.c., non modificato dalla Legge 26 novembre 1990, n. 353, disponendo espressamente che “sulla querela di falso pronuncia sempre il collegio”, sia l’art. 221 c.p.c. 3° comma, prevedendo l’intervento obbligatorio del pubblico ministero (per gli eventuali riflessi penalistici e per l’eventuale indiretta disposizione di situazioni indisponibili) ex art.70, 1° comma, n. 5, c.p.c., confermano il principio della collegialità.

Una volta che la falsità del documento emerga all’esito dell’apposito giudizio instaurato, per far valere tale falsità nel processo principale è comunque obbligatorio rispettare i termini di cui all’articolo 64 del codice del processo tributario.

In concreto, ciò significa che, in caso di sentenza del giudice che accerti la falsità del documento, si “riapriranno” i termini per proporre appello (anche se già spirati) ed il ricorrente dovrà dunque depositare l’atto di appello entro sessanta giorni dalla sentenza. Infatti il comma 2 dell’articolo 64, quando parla di “falsità dichiarata” intende la pronuncia del giudice in tal senso. Per contro, se il termine di 60 giorni non verrà rispettato, il ricorrente decadrà da qualsiasi azione tesa a far valere la falsità nel processo principale.