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Articolo 81 Codice del processo amministrativo

(D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Perenzione

Dispositivo dell'art. 81 Codice del processo amministrativo

1. Il ricorso si considera perento se nel corso di un anno non sia compiuto alcun atto di procedura. Il termine non decorre dalla presentazione dell'istanza di cui all'articolo 71, comma 1, e finché non si sia provveduto su di essa, salvo quanto previsto dall'articolo 82.

Spiegazione dell'art. 81 Codice del processo amministrativo

La norma in esame apre il Titolo VI, dedicato alle ipotesi di estinzione e improcedibilità del processo amministrativo e, nello specifico, si occupa di disciplinare la perenzione nel processo amministrativo. Si tratta di un istituto che configura una causa tipica di estinzione del processo per inattività delle parti, in attuazione dei principi di economia processuale e ragionevole durata del processo. La dottrina, tuttavia, ha segnalato che l’inserimento di tale istituto all’interno del c.p.a. è coerente altresì con il principio di effettività della tutela, di cui all’art. 1: la tempestività della decisione, infatti, è un presupposto della tutela effettiva delle posizioni giuridiche.
Il ricorso si considera perento – ai sensi dell’art. 83 c.p.a. – e se nel corso di un anno non sia compiuto alcun atto di procedura. Si segnala, a questi riguardi, che prima del 2010 la perenzione richiedeva il decorso di due anni: con la previsione di un termine solo annuale, dunque, il legislatore del c.p.a. si è mostrato fortemente intenzionato a ridurre il carico degli uffici giudiziari amministrativi.
Il termine non decorre dalla presentazione dell'istanza di fissazione dell’udienza di cui all’art. 71 c.p.a. e finché non si sia provveduto su di essa, salvo quanto previsto dall'articolo successivo.

Massime relative all'art. 81 Codice del processo amministrativo

Cons. Stato n. 4318/2017

Nel giudizio amministrativo, qualora a cura della Segreteria debba essere fissata l'udienza e la Segreteria non effettui tale adempimento, il termine di perenzione previsto dall'art. 81, 1, D.Lgs. n. 104/2010 (CPA), non comincia a decorrere, poiché la relativa stasi processuale non è tecnicamente imputabile all'inattività delle parti, le quali non possono che confidare sulla fissazione d'ufficio dell'udienza medesima.

Cons. Stato n. 4609/2016

La previsione espressa di una fissazione di ufficio della udienza di merito nelle controversie relative ai provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi o forniture esclude, per le parti, l'obbligo della presentazione della domanda di fissazione di udienza ai sensi dell'art. 81 D.Lgs. n. 104/2010 (CPA) (Riforma della sentenza del T.a.r. Friuli Venezia Giulia, n. 420/2012). La mancata presentazione dell'istanza di fissazione dell'udienza entro l'anno dal deposito del ricorso o dalla cancellazione della causa dal ruolo non determina la perenzione del ricorso in caso di controversie aventi ad oggetto le procedure di gara d'appalto ex art. 119, comma 1, lett. a), c.p.a. In presenza di un obbligo di fissazione dell'udienza di ufficio da parte del giudice, ai sensi del comma 6 dell'indicato articolo, nessuna ulteriore attività può pretendersi dal ricorrente successivamente al deposito del ricorso medesimo, (riforma Tar Friuli Venezia Giulia Trieste, sez. I, n. 00420/2012).

Cons. Stato n. 4176/2016

Dopo l'entrata in vigore del codice del processo amministrativo non sussiste più alcun dubbio sulla circostanza che gli "atti di procedura" diversi dall'istanza di fissazione di udienza, non sono idonei al fine di evitare l'estinzione del giudizio per perenzione. (rigetta l'opposizione al decreto di perenzione).

Cons. Stato n. 5003/2015

L'art. 327 c.p.c. (applicabile ratione temporis nel caso di specie), nella versione antecedente alla modifica introdotta dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, che ha dimezzato il termine annuale ivi previsto per l'impugnazione della sentenza, anche in difetto di notificazione della stessa, a partire dalla pubblicazione della sentenza, non è applicabile in sede di opposizione a decreto di perenzione, in quanto detta disposizione è espressamente riferita alle "sentenze", inserita nel titolo e nel capo relativo alla impugnazione delle "sentenze" e costituisce norma di stretta interpretazione, in relazione alla gravità dell'effetto derivante dalla sua applicazione (decadenza).

Ai fini della decorrenza del termine per la presentazione dell'istanza per evitare la perenzione del ricorso ultradecennali (ora ultraquinquennali), ai sensi dell'art. 9 L. n. 205/2000, non è da ritenere idonea la comunicazione dell'avviso di Segreteria a mezzo fax, atteso che detta disposizione richiede la notificazione dell'atto, in considerazione degli elementi di maggior formalità ed efficacia di quest'ultima rispetto alla prima, non potendosi invocare il principio della equivalenza delle forme di cui all'art. 156 c.p.c., ove non vi sia prova del raggiungimento dello scopo.

Cons. Stato n. 469/2010

In tema di ricorso in opposizione al decreto di perenzione la giurisprudenza, da un lato ritiene che la mancata notificazione al nuovo indirizzo del procuratore costituito in giudizio, dell'avviso di perenzione, rende nulli gli atti successivi per violazione del diritto di difesa; dall'altro lato, ha chiarito che, ove pur eleggendo domicilio presso lo studio di un avvocato, si siano indicati nell'atto anche la via e il numero civico di ubicazione del suddetto studio, tali ultime indicazioni entrano a fare parte della dichiarazione, quali elementi «spesi», unitamente ad altri, ai fini della individuazione del luogo di elezione, con la conseguenza che, in caso di trasferimento dello studio del domiciliatario, è onere dell'eligente rettificare la dichiarazione, che altrimenti verrebbe a constare di elementi di identificazione non (più) coincidenti, e perciò non univoci.

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Vincenzo S. chiede
venerdì 08/09/2017 - Veneto
“Buongiorno, nel mese di giugno del 2017 è stato depositato dal consiglio di stato a mio favore un decreto di perenzione.
Volevo chiedere quali sono i tempi per proporre opposizione o altro tipo di ricorso.
Il ricorso è stato depositato nel 2011(quindi dopo la riforma del codice amministrativo)
Faccio presente che rivesto la parte di appellato.
Distinti saluti”
Consulenza legale i 12/09/2017
La perenzione è un istituto del processo amministrativo in base al quale se le parti non compiono alcun atto di procedura nel corso di un anno nell'ambito di ricorsi pendenti da oltre 5 anni, il processo si estingue. È previsto e disciplinato dagli articoli 81 e seguenti del codice del processo amministrativo ed è considerato quindi una causa estintiva del giudizio amministrativo dovuta all'inattività delle parti.

La legge prevede che la perenzione del processo amministrativo si verifichi allorché, dopo il decorso di cinque anni dalla data di deposito del ricorso, nel termine di un anno, non sia compiuto alcun atto di procedura, al fine di non lasciar soggiacere i rapporti giuridici di diritto pubblico a una pendenza processuale prolungata.

Per evitare che il processo venga dichiarato definitivamente perento, cioè estinto per inattività e/o disinteresse delle parti, la legge, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, dell’allegato 3 del d.lgs. n. 104 del 2010, prevede un termine di 180 giorni, decorrenti dalla comunicazione del decreto di perenzione, entro il quale la parte che ne ha interesse può "opporsi" alla perenzione, cioè può depositare un atto, sottoscritto dalla parte personalmente e dal difensore e notificato alle altre parti, in cui dichiara di avere ancora interesse alla trattazione della causa: in tal caso, il presidente del collegio revoca il decreto e dispone la reiscrizione della causa sul ruolo di merito.

Pertanto, per rispondere al quesito, il termine entro il quale una delle parti potrebbe "opporsi" al decreto di perenzione è quello di 180 giorni dalla comunicazione del decreto di perenzione.