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Articolo 116 Codice del processo amministrativo

(D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Rito in materia di accesso ai documenti amministrativi

Dispositivo dell'art. 116 Codice del processo amministrativo

1. Contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi, nonché per la tutela del diritto di accesso civico connessa all'inadempimento degli obblighi di trasparenza il ricorso è proposto entro trenta giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio, mediante notificazione all'amministrazione e ad almeno un controinteressato. Si applica l'articolo 49. Il termine per la proposizione di ricorsi incidentali o motivi aggiunti è di trenta giorni.

2. In pendenza di un giudizio cui la richiesta di accesso è connessa, il ricorso di cui al comma 1 può essere proposto con istanza depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso principale, previa notificazione all'amministrazione e agli eventuali controinteressati. L'istanza è decisa con ordinanza separatamente dal giudizio principale, ovvero con la sentenza che definisce il giudizio.

3. L'amministrazione può essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente a ciò autorizzato.

4. Il giudice decide con sentenza in forma semplificata; sussistendone i presupposti, ordina l'esibizione e, ove previsto, la pubblicazione dei documenti richiesti, entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni, dettando, ove occorra, le relative modalità.

5. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai giudizi di impugnazione.

Spiegazione dell'art. 116 Codice del processo amministrativo

La norma in esame è l’unica contenuta nel Titolo II del Libro IV del Codice del processo amministrativo, relativo al rito in materia di accesso ai documenti amministrativi.

Contro i provvedimenti che respingono o accolgono le istanze di accesso agli atti proponibili ai sensi degli artt. 22 (cui si rinvia), è infatti assicurata al privato interessato tutela giurisdizionale. Questa si assomma alla tutela c.d. giustiziale disciplinata dalla L. 241/90.

In particolare, il legislatore prevede uno speciale rito accelerato, caratterizzato dal dimezzamento dei termini di impugnazione. Il ricorso, infatti, deve essere proposto entro 30 giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio.

Il ricorso, in particolare, si propone – in applicazione dell’art. 49 c.p.a. - mediante notificazione a:
- alla P.A.;
- ad almeno un controinteressato.

Il termine per la proposizione di ricorsi incidentali o motivi aggiunti è di 30 giorni.

Quanto alla decisione del ricorso, la norma prevede che il giudice decida con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 74 c.p.a.
In particolare, con tale provvedimento il giudice, in caso di accoglimento, ordina l'esibizione dei documenti previsti e, ove previsto, la pubblicazione degli stessi.
A ciò dovrà provvedere la PA entro un termine non superiore, di norma, a 30 giorni.

La norma precisa poi che in pendenza di un giudizio cui la richiesta di accesso è connessa, il ricorso può essere proposto con istanza depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso principale, previa notificazione all'amministrazione e agli eventuali controinteressati. L'istanza è decisa con ordinanza separatamente dal giudizio principale, ovvero con la sentenza che definisce il giudizio.

Conclusivamente, la norma prevede che le disposizioni ora esaminate si applicano anche ai giudizi di impugnazione.

Massime relative all'art. 116 Codice del processo amministrativo

Cons. Stato n. 3936/2019

Il ricorso in appello avente ad oggetto l'ordinanza resa ai sensi dell'articolo 116, comma 2, del D.Lgs. n. 104/2010 è ammissibile atteso che alla stessa è riconosciuto valore decisorio indipendente dal giudizio principale.

Cons. Stato n. 2737/2019

L'art. 24, comma 3, L. n. 241 del 1990 opportunamente esclude dall'accesso le istanze preordinate ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni, tenuto conto che lo strumento dell'accesso documentale, postulando, a norma dell'art. 22, comma 1, lett. b), L. n. 241 del 1990 un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso, non è dato in funzione della tutela di un interesse generico e diffuso alla conoscenza degli atti amministrativi, vale a dire a un controllo generalizzato da parte di chiunque sull'attività dell'amministrazione, ma alla salvaguardia di singole posizioni differenziate e qualificate e correlate a specifiche situazioni rilevanti per la legge, che vanno dimostrate dal richiedente che intende tutelarle. In ossequio all'interpretazione della disciplina sull'accesso documentale, plasticamente applicabile al nuovo istituto dell'accesso civico generalizzato, la tutela da parte dell'aspirante accedente nei confronti del silenzio rifiuto, del provvedimento espresso di diniego, totale o parziale e del provvedimento con cui si dispone il differimento, formatisi o resi dall'amministrazione su una istanza estensiva, deve essere esercitata entro e non oltre il termine decadenziale di trenta giorni (ai sensi dell'art. 116, comma 1, D.Lgs. n. 104/2010), decorrente dallo spirare del termine procedimentale di trenta giorni (previsto dall'art. 25, quarto comma, L. n. 241 del 1990 per l'accesso documentale e, per l'accesso civico, dall'art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 33 del 2013), sicché la proposizione della domanda giudiziale oltre il termine decadenziale di impugnazione del diniego di accesso civico generalizzato: 1) rende irricevibile il ricorso tardivamente proposto dinanzi al giudice amministrativo (ovvero nelle sedi giustiziali indicate nell'art. 5, commi 8 e 9, D.Lgs. n. 33 del 2013); 2) rende inammissibile la (ri)proposizione di una domanda di accesso (civico generalizzato) dello stesso tenore di quella fatta oggetto del silenzio diniego, del provvedimento espresso di diniego parziale o totale ovvero del provvedimento di differimento non tempestivamente impugnati.

Cons. Stato n. 297/2019

La tutela del controinteressato nel rito afferente al diritto di accesso è quella, anticipata, connessa all'evento di rischio costituito dall'impatto dell'accesso sul diritto alla riservatezza, fattispecie non più ravvisabile nei suoi tratti salienti laddove l'accesso sia già stato consentito. La qualità di controinteressati nel rito in materia di accesso di cui all'art. 116 cod. D.Lgs. 104/2010, sulla base della lettera dell'art. 22, comma 1, lett. c), della L. n. 241 del 1990, non va riconosciuta a tutti i soggetti che, a qualsiasi titolo, siano nominati o comunque coinvolti nel documento oggetto dell'istanza estensiva, ma solo quei soggetti che per effetto dell'ostensione vedrebbero pregiudicato il loro diritto alla riservatezza. E ciò rilevando che, non basta, perciò, che taluno venga chiamato in qualche modo in causa dal documento in richiesta, ma occorre in capo a tale soggetto un quid pluris, vale a dire la titolarità di un diritto alla riservatezza sui dati racchiusi nello stesso documento. La veste di controinteressato in tema di accesso è una proiezione del valore della riservatezza, e non già della mera oggettiva riferibilità di un dato alla sfera di un certo soggetto. Se ne desume che non tutti i dati riferibili ad un soggetto sono per ciò solo rilevanti ai fini in discorso, ma solo quelli rispetto ai quali sussista, per la loro inerenza alla personalità individuale, o per i pregiudizi che potrebbero discendere da una loro diffusione, una precisa e ben qualificata esigenza di riserbo.

Cons. Stato n. 1033/2018

In tema di accesso agli atti, al di là degli specifici vizi e della specifica motivazione dell'atto impeditivo dell'accesso, il giudice deve verificare se sussistono o meno i presupposti per l'ostensione del documento, potendo pertanto negare l'esibizione anche per motivi diversi da quelli indicati dal soggetto detentore del documento reclamato. In tema di accesso agli atti, l'atto con il quale chi detiene il documento si pronuncia non costituisce espressione di un potere autoritativo, ma si inquadra nell'ambito di un rapporto di tipo paritetico per cui la sua motivazione non assume la funzione tipica che quest'ultima riveste in relazione ai provvedimenti amministrativi. Ne consegue che l'erroneità, l'incompletezza o l'inadeguatezza della motivazione a supporto del diniego di accesso non ne provoca di per sé l'illegittimità. In tema di accesso agli atti, il giudizio sull'ostensione ha per oggetto la verifica della spettanza o meno del diritto di accesso e non quello della legittimità dell'atto con cui l'ostensione viene negata. Infatti, il giudice può disporre l'esibizione dei documenti richiesti, ordinando all'amministrazione un tacere pubblicistico, solo se ne sussistono i presupposti.

Cons. Stato n. 351/2018

Nel processo amministrativo il giudice adito, qualora ravvisi posizioni di controinteresse può anche d'ufficio, in applicazione dell'art. 116 del D.Lgs n. 104/2010, imporre la notifica del ricorso di primo grado alla parte controinteressata.

Cons. Stato n. 3178/2015

È inammissibile un ricorso avverso un provvedimento di diniego di accesso agli atti adottato da una Autorità statale (nella specie si trattava di un Istituto scolastico) che sia stato notificato direttamente presso la sede dell'Autorità stessa e non già presso la sede dell'Avvocatura distrettuale dello Stato; infatti, in mancanza di una norma che autorizzi la notificazione del ricorso in materia di accesso presso la sede dell'organo statale, il principio ricavabile dall'art. 11 del t.u. n. 1611 del 1933, sviluppo della regola fondamentale sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato di cui all'art. 1 del r. d. n. 1611/1933, al quale l'art. 41, comma 3, cod. proc. amm. fa rinvio, non ammette eccezioni, neppure in materia di accesso, a nulla rilevando che in quest'ultima materia l'art. 23 del cod. proc. amm. ammette la difesa personale delle parti.

Cons. Stato n. 117/2011

L'accesso costituisce oggetto di un diritto soggettivo di cui il giudice amministrativo conosce in sede di giurisdizione esclusiva.

Il giudizio ha per oggetto la verifica della spettanza o meno del diritto di accesso, più che la verifica della sussistenza o meno dei vizi di legittimità dell'atto amministrativo. Infatti, il giudice può ordinare l'esibizione dei documenti richiesti, così sostituendosi all'Amministrazione e ordinandole un tacere pubblicistico, solo se ne sussistono i presupposti (art. 116 comma 4, c.p.a.). Questo implica che, al di là degli specifici vizi e della specifica motivazione del provvedimento amministrativo di diniego dell'accesso, il giudice deve verificare se sussistono o meno i presupposti dell'accesso, potendo pertanto negarlo anche per motivi diversi da quelli indicati nel provvedimento amministrativo. Di conseguenza, non sussiste il vizio di ultrapetizione della sentenza, che ha ampliato e corroborato gli argomenti ostativi all'accesso rispetto al provvedimento impugnato.

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relative all'articolo 116 Codice del processo amministrativo

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Rosalinda L. chiede
venerdì 23/04/2021 - Lombardia
“Buongiorno. Ho incaricato il mio geometra di rivolgersi al comune per poter accedere agli atti amministrativi dell'ufficio Tecnico visto che ho intenzione di richiedere il 110% per ristrutturare la mia abitazione. Sono passati 60 giorni e l'ufficio Tecnico non risponde alle mail e al telefono. A chi mi posso rivolgere per ricevere i miei documenti e non perdere il 110%? Grazie, buona giornata.

Consulenza legale i 28/04/2021
I rimedi al fine di ottenere l’esibizione di documenti da parte della P.A. in caso di diniego espresso o tacito all’istanza di accesso proposta dal privato sono previsti dall’art. 25, L. n. 241/1990.

Il primo è di natura stragiudiziale e consiste in un’istanza da proporre al difensore civico competente per territorio, che si pronuncia entro 30 giorni sulla illegittimità o meno del diniego.
L’Amministrazione, comunque, non è tenuta a adeguarsi a quanto disposto dal difensore civico, potendo confermare con un nuovo provvedimento il rifiuto già espresso.

La seconda possibilità è il ricorso al T.A.R. utilizzando il rito speciale di cui all’art. 116 c.p.a., previsto proprio per opporsi, tra l’altro, al silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi.
Si tratta di uno strumento abbastanza rapido, dato che tutti i termini sono dimezzati rispetto al rito ordinario e la decisione viene resa con sentenza in forma semplificata, oltre che decisamente più incisivo rispetto al primo.
Infatti, con la sentenza che chiude il processo il Giudice, sussistendone i presupposti, ordina alla P.A. l'esibizione dei documenti richiesti, entro un termine non superiore a trenta giorni.
Ai sensi dell’art. 23 c.p.a. è possibile stare in giudizio personalmente, cioè senza l’assistenza di un avvocato, anche se è consigliabile rivolgersi comunque a un legale, considerato che –pur trattandosi di un rito semplificato- il privato potrebbe non avere dimestichezza con gli aspetti più tecnici attinenti alla proposizione del giudizio.

Tanto chiarito in via generale, si nota però che entrambi i rimedi devono essere azionati entro il termine di decadenza di trenta giorni dalla formazione del diniego tacito, che si perfeziona a sua volta dopo 30 giorni dalla richiesta.
Secondo quanto si legge nel quesito, però, tali termini sono già spirati, dato che sono già trascorsi circa 60 giorni dalla presentazione dell’istanza.
Questo rappresenta un problema, in quanto –atteso il carattere decadenziale del suddetto termine- la mancata impugnazione del diniego non consente la reiterabilità dell'istanza e la conseguente impugnazione del successivo diniego laddove a questo possa riconoscersi carattere meramente confermativo del primo (Consiglio di Stato, ad. plen., 20 aprile 2006, n. 7; T.A.R. Roma, sez. III, 12 ottobre 2020, n. 10372).
Pertanto, nella fattispecie non è sufficiente riproporre alla P.A. un’istanza identica alla prima al fine di far decorrere di nuovo il termine, posto che un ricorso sull’eventuale secondo diniego sarebbe molto probabilmente dichiarato inammissibile.
L’unica soluzione è dunque quella di rivolgere al Comune una nuova istanza di accesso evidenziando elementi nuovi e/o diversi rispetto a quelli contenuti nella domanda originaria o illustrando una diversa prospettazione dell'interesse a base della posizione legittimante l'accesso (ex multis; T.A.R. Perugia, sez. I, 07 dicembre 2020, n. 577; T.A.R. Napoli, sez. VI, 10 luglio 2020, n. 2990).
Nel caso l’Amministrazione non risponda anche questa volta, è possibile avvalersi di uno degli strumenti sopra descritti, facendo attenzione a non lasciar decorrere il termine decadenziale.