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Articolo 21 Codice dei beni culturali e del paesaggio

(D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42)

[Aggiornato al 10/10/2023]

Interventi soggetti ad autorizzazione

Dispositivo dell'art. 21 Codice dei beni culturali e del paesaggio

1. Sono subordinati ad autorizzazione del Ministero:

  1. a) la rimozione o la demolizione, anche con successiva ricostituzione, dei beni culturali;
  2. b) lo spostamento, anche temporaneo, dei beni culturali mobili, salvo quanto previsto ai commi 2 e 3;
  3. e) lo smembramento di collezioni, serie e raccolte;
  4. d) lo scarto dei documenti degli archivi pubblici e degli archivi privati per i quali sia intervenuta la dichiarazione ai sensi dell'articolo 13, nonché lo scarto di materiale bibliografico delle biblioteche pubbliche, con l'eccezione prevista all'articolo 10, comma 2, lettera c), e delle biblioteche private per le quali sia intervenuta la dichiarazione ai sensi dell'articolo 13;
  5. e) il trasferimento ad altre persone giuridiche di complessi organici di documentazione di archivi pubblici, nonché di archivi privati per i quali sia intervenuta la dichiarazione ai sensi dell'articolo 13.

2. Lo spostamento di beni culturali, dipendente dal mutamento di dimora o di sede del detentore, è preventivamente denunciato al soprintendente, che, entro trenta giorni dal ricevimento della denuncia, può prescrivere le misure necessarie perché i beni non subiscano danno dal trasporto.

3. Lo spostamento degli archivi correnti dello Stato e degli enti ed istituti pubblici non è soggetto ad autorizzazione, ma comporta l'obbligo di comunicazione al Ministero per le finalità di cui all'articolo 18.

4. Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, l'esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente. Il mutamento di destinazione d'uso dei beni medesimi è comunicato al soprintendente per le finalità di cui all'articolo 20, comma 1.

5. L'autorizzazione è resa su progetto o, qualora sufficiente, su descrizione tecnica dell'intervento, presentati dal richiedente, e può contenere prescrizioni. Se i lavori non iniziano entro cinque anni dal rilascio dell'autorizzazione, il soprintendente può dettare prescrizioni ovvero integrare o variare quelle già date in relazione al mutare delle tecniche di conservazione.

Massime relative all'art. 21 Codice dei beni culturali e del paesaggio

Cons. Stato n. 5947/2018

Fino alla verifica effettiva dell'interesse culturale, i beni di cui all'art. 10 D.Lgs. n. 42/2004 rimangono comunque soggetti alle disposizioni di tutela, sicché colui che intenda eseguire su di essi opere e lavori di qualunque genere deve preliminarmente munirsi dell'autorizzazione del soprintendente, che è resa su progetto e può contenere prescrizioni. In presenza di una regolare autorizzazione ai sensi dell'art. 21 D.Lgs. n. 42/2004, non residua alcuno spazio volto all'emanazione di misure cautelari quali l'ordine di sospensione dei lavori ex art. 28 D.Lgs. n. 42/2004, a meno che questi non siano condotti in difformità dal progetto autorizzato ovvero si contesti una infedele rappresentazione dello stato originario dei luoghi o delle cose di potenziale interesse culturale.

Cons. Stato n. 4034/2013

Ai fini di ritenere sussistente o meno la legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste riconosciute ai sensi degli artt. 18 e 13 della L. n. 349 del 1986 (legge istitutiva del Ministero dell'ambiente, sulle ceneri del precedente Ministero dei beni culturali e ambientali), occorre distinguere tra patrimonio culturale e ambiente ed inoltre se l'interesse fatto valere attenga all'ambiente inteso unitariamente, ovvero al singolo bene culturale considerato isolatamente e separatamente. Non sussiste la legittimazione del Codacons, nella sua qualità di associazione ambientalista, ad impugnare i provvedimenti adottati dal Commissario Delegato per la realizzazione degli interventi urgenti sulle Aree Archeologiche di Roma e Ostia Antica, ai sensi dell'art. 120 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, secondo la disciplina di cui agli artt. 26 e 27 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, con riferimento ad interventi di restauro da effettuare sull'Anfiteatro Flavio di Roma, più comunemente noto come "Colosseo". In tal caso, infatti, viene in considerazione un intervento su beni culturali pubblici, che l'Amministrazione dei beni culturali governa con lo strumento dell'autorizzazione ai sensi degli artt. 21 e 24 del D.Lgs. n. 42/2004; un fatto, dunque, che rientra nella funzione di tutela non dell'ambiente, ma dei beni culturali. Le associazioni di protezione ambientale sono prive di legittimazione ad impugnare un intervento su beni culturali pubblici, che l'Amministrazione dei beni culturali governa con lo strumento dell'autorizzazione ai sensi degli artt. 21 e 24, D.Lgs. n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali) quale un intervento di restauro, ossia un intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate alla integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali.

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Consulenze legali
relative all'articolo 21 Codice dei beni culturali e del paesaggio

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

FRANCESCO G. chiede
venerdì 02/03/2018 - Veneto
“Il condominio, proprietario di un immobile parzialmente vincolato ai sensi della legge 1089/39, ha deliberato lavori straordinari alla Copertura e alla Facciata per un importo di 150.000. € più Direzione Lavori e occupazione spazi comunali per ulteriori 30.000 € per un totale di 180.000 €. Ha incaricato l’Arch. T di redigere Il progetto nominandolo Direttore dei Lavori. L’Arch.. T ha presentato il progetto in Sovrintendenza che ha AUTORIZZATO. Nel progetto era previsto un CORDOLO IN ACCIAIO. Successivamente l’Arch.. T ha rinunciato all’incarico e il Condominio ha incaricato lo studio Ing.. M di seguire la pratica; e l’Arch.. D è stato nominato Direttore lavori. E’ stato realizzato un cordolo in CALCESTRUZZO ARMATO di cui non vi è traccia nel fascicolo depositato in Sovrintendenza. Alla fine dei lavori viene rilasciato dallo studio Ing.. M . un unico documento COLLAUDO, a firma Ing.. M privo di qualsiasi allegato, non c’è in Sovrintendenza e nello studio dell’amministratore una dichiarazione del Direttore Lavori, di lavori terminati, eseguiti a regola d’arte, nessun allegato al documento COLLAUDO, riferimento alla qualità dei materiali, nessun riferimento tecnico al CORDOLO IN CALCESTRUZZO ARMATO. L’Autorizzazione della Sovrintendenza prevedeva documentazione fotografica se fosse stata oggetto di intervento la struttura portante della Copertura e questa documentazione non c’è nel fascicolo in Sovrintendenza e nemmeno presso l’amministratore. Ai condomini è stato negato ‘accesso al cantiere Copertura e la documentazione fotografica non è disponibile nemmeno presso l’amministratore. La procedura seguita dal studio Ing.. M dal Direttore Lavori e dall’amministratore è corretta, i documenti rilasciati (COLALUDO) sono sufficienti?. Se così non fosse come posso procedere per ottenere la documentazione di legge dal momento ce non ho ottenuto nè dalla studio Ing. M nè dall'amministratore alcuna risposta e l'assemblea non sembra interessata?”
Consulenza legale i 20/03/2018
La normativa riguardante i vincoli sugli immobili di interesse storico artistico e paesaggistico ha trovato una sua razionalizzazione nel c.d. Codice dei Beni Culturali (D.Lgs 22 gennaio 2004 n.42 che ha abrogato la l. n. 1089 del 1939).

Il D.Lgs n.42 del 2004 sottopone ad un particolare regime autorizzativo gli interventi edili sulle opere di interesse culturale e paesaggistico. Il procedimento per ottenere l’autorizzazione è disciplinato dagli artt. 21 e 22 del medesimo codice e deve concludersi entro 120 giorni dalla istanza che ne dà impulso.

Da quanto descritto nel quesito, parrebbe configurarsi una ipotesi di difformità tra i lavori previsti nel progetto originariamente predisposto dal primo architetto e approvato da parte della sovraintendenza dei beni culturali, e quelli effettivamente eseguiti con la sorveglianza del direttore dei lavori Arch D. Tale comportamento, se effettivamente sussistente, integrerebbe il reato di opere illecite previsto dall’art. 169 co.1 lett a) il quale prevede che:” E' punito con l'arresto da sei mesi ad un anno e con l'ammenda da euro 775 a euro 38.734,50: a) chiunque senza autorizzazione demolisce, rimuove, modifica, restaura ovvero esegue opere di qualunque genere sui beni culturali indicati nell'articolo 10”.

Tale tipo di reato, tra l’altro è un reato comune, ovvero che non necessita per la sua integrazione che l’autore del comportamento penalmente rilevante rivesta una particolare qualifica. Quindi, grazie alle norme sul concorso di persone nel reato previsto dal nostro Codice Penale, tutte le figure coinvolte a vario titolo nei lavori dello stabile potrebbero aver posto in essere comportamenti rilevanti ai sensi della norma incriminatrice citata. Ovviamente dovrà essere la Procura della Repubblica competente a svolgere le opportune indagini e a valutare preliminarmente le eventuali responsabilità dei soggetti coinvolti nei lavori.
Motivo per cui è opportuno che il condòmino autore del quesito solleciti i funzionari della Sovraintendenza che ha autorizzato i lavori ad utilizzare i suoi poteri di vigilanza e ispezione previsti dagli artt. 18 e 19 del Codice dei Beni Culturali volti ad accertare l'esistenza e lo stato di conservazione o di custodia dei beni sottoposti a vincolo.

Durante tali attività ispettive saranno gli stessi funzionari che, qualora ravvisassero ipotesi di reato, provvederanno ad informare la Procura della Repubblica competente per dare inizio alle opportune indagini. A seguito di ispezione la stessa Sovraintendenza potrebbe anche adottare dei provvedimenti cautelari disponendo la sospensione dei lavori oppure un ordine di reintegrazione previsto dall’art. 160 del Cod. Beni Culturali.
Con tale ultimo provvedimento la sovraintendenza ordina, qualora l’opera soggetta a vigilanza abbia subito un danno, di reintegrare a spese del proprietario la situazione precedente ai lavori non autorizzati. Nel caso in cui il soggetto obbligato non ottemperasse al provvedimento adottato dalla Sovraintendenza, sarebbe la stessa amministrazione ad eseguire le opere di rimessa in pristino a spese dell’obbligato, secondo quanto previsto dall’art 160 co. 3 del Codice dei Beni Culturali. Se tecnicamente non fosse possibile riportare l’opera nella situazione antecedente ai lavori eseguiti senza autorizzazione, il responsabile sarà tenuto a corrispondere allo Stato una somma pari al valore della cosa perduta o alla diminuzione di valore subita dalla cosa.

Ora, stante il fatto che sulla base delle informazioni fornite dal quesito si intuisce che vi possono essere vari profili di responsabilità tra i soggetti coinvolti nei lavori, non si è volutamente assunta una precisa posizione su chi dovrebbe sostenere i costi di eventuali lavori di rimessa in pristino dell’opera o su chi potrebbe essere chiamato a risarcire lo stato ex art 169, 4° co., del Codice in commento.
E’ tuttavia possibile che questi costi possano essere sostenuti dalla compagine condominiale, tenendo conto anche del fatto che i lavori coinvolgono la facciata e la copertura dell’ edificio, che sono beni comuni ai sensi dell’ art. 1117 del c.c..
Si apre quindi un nuovo fronte della questione, su chi debba sostenere i costi di un risarcimento derivante da un danno subito dal condominio per lavori eseguiti non a regola d’arte e in difformità delle normative vigenti sulla conservazione ed il restauro dei beni culturali.

Il lavoro di ristrutturazione in condominio è un tipico lavoro di equipe, che coinvolge diverse figure professionali, ciascuna con diversi e specifici ruoli: amministratore dello stabile, progettista, direttore dei lavori, ditta appaltatrice. È difficile in questa sede - in assenza di ulteriori elementi - delineare le varie responsabilità che possono coinvolgere ciascuna delle singole figure professionali nel caso in cui vi sia una mala esecuzione dei lavori che provochino un danno al condominio.
Tuttavia è opportuno per completezza esporre brevemente la posizione della giurisprudenza in merito alla responsabilità civile di alcune figure professionali coinvolte nei lavori.

In primo luogo il direttore dei lavori.
Il direttore dei lavori è il professionista che viene incaricato dall'assemblea di condominio, di sorvegliare l'esecuzione dei lavori, garantendo che gli stessi vengano eseguiti in conformità al capitolato ed al progetto.
La Cassazione Civile, Sez. II, con sentenza n. 1218 del 27.01.2012 ha precisato, in merito alla posizione del direttore dei lavori che: "(...) rientrano pertanto nelle obbligazioni del direttore dei lavori l'accertamento delle conformità sia della progressiva realizzazione dell'opera al progetto, sia delle modalità dell'esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonché l'adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell'opera, e segnalando all'appaltatore tutte le situazioni anomale e gli inconvenienti che si verificano in corso d'opera".
Tra i suoi compiti rientra anche il rilascio della lettera di collaudo e di accettazione dell’opera che può avvenire o al termine dei lavori o alla fine di una specifica fase prevista dal capitolato. La lettera di collaudo certifica che i lavori sono stati eseguiti a regola d’arte e in conformità al progetto. Essa ha quale effetto giuridico predominante la liberazione della ditta che ha eseguito i lavori dalla garanzia per vizi dell’opera prevista dall'art. 1667 del c.c. Va da sé che se un direttore dei lavori rilascia una lettera di collaudo, quando l’opera presenti dei difetti o non sia conforme alla direttive del capitolato o alle direttive della Sovraintendenza indicate nel provvedimento che autorizza i lavori, risponderà dei danni.

La ditta appaltatrice esecutrice dei lavori è la figura chiamata materialmente ad eseguire i lavori.
Secondo quanto prevede la Cassazione Civile Sez. III n.12995 del 31.05.06:” Anche laddove si attiene alle previsioni del progetto altrui, come nel caso in cui il committente abbia predisposto il progetto e fornito indicazioni sulla relativa realizzazione, l'appaltatore può comunque essere ritenuto responsabile per i vizi dell'opera qualora non abbia, nel fedelmente eseguire il progetto e le indicazioni ricevute, al primo segnalato eventuali carenze ed errori. Mentre va esente da responsabilità laddove il committente, pur reso edotto delle carenze e degli errori, gli richieda di dare egualmente esecuzione al progetto o gli ribadisca le indicazioni, in tale ipotesi risultando l'appaltatore ridotto a mero nudus minister”.
In altre parole, la ditta appaltatrice, anche nel caso in cui vi sia un direttore dei lavori che vigila sul suo operato, può incorrere in responsabilità se non ha correttamente segnalato allo stesso carenze ed errori. Viene esonerata da ogni responsabilità solo se il direttore dei lavori, reso edotto dell’errore, lo incita a dare comunque corso ai lavori.