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Articolo 2732 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 07/03/2024]

Revoca della confessione

Dispositivo dell'art. 2732 Codice Civile

La confessione non può essere revocata se non si prova che è stata determinata da errore(1) di fatto o da violenza [1435](2).

Note

(1) Di regola, l'efficacia della confessione non può essere caducata, tuttavia la norma fornisce due eccezioni a tale irrevocabilità: le ipotesi di errore e di violenza. L'errore di fatto si delinea qualora colui che pone in essere la prova confessoria è fuorviato da una falsa immagine della realtà, che lo porta a ritenere vero un fatto in realtà non avvenuto o magari accaduto con una dinamica differente rispetto a quella creduta. Opinione unanime in giurisprudenza reputa non rilevante l'errore sulle conseguenze giuridiche della dichiarazione confessoria.
(2) La disposizione stabilisce che deroghi all'irrevocabilità della prova confessoria anche l'ipotesi di violenza morale, ossia la minaccia attraverso cui la parte sia stata costretta ad esprimere un fatto falso. Tuttavia, nella circostanza in cui, nonostante la minaccia, i fatti risultino autentici, la confessione non subirà alcuna revoca. Fondamentale è sottolineare che la norma in esame non riguarda l'ipotesi di violenza fisica, che, cancellando in toto la volontarietà della dichiarazione confessoria, la renderebbe nulla, privandola di conseguenza di qualsiasi efficacia probatoria.

Ratio Legis

La norma enuncia l'irrevocabilità della confessione, avendo ad oggetto la dichiarazione della verità, per sua natura unica ed insuscettibile di ripensamento. Le eccezioni espressamente citate formano eccezioni alla generale regola dell'irrilevanza dei vizi della volontà negli atti processuali.

Spiegazione dell'art. 2732 Codice Civile

Perché la confessione è irrevocabile

La irrevocabilità della confessione è conseguenza del suo carattere. Essa è fondamentalmente una dichiarazione di scienza ; una volta resa è acquisita al processo, e, come ogni altra prova, non può per­dere la propria forza giuridica. Da ciò deriva anche la limitazione appor­tata con la seconda parte dell'articolo in esame. Se vi fu errore di fatto, mancò la scienza ; se vi fu violenza, mancò la dichiarazione (vis absoluta) e mancò o potè mancare (vis compulsiva), la corrispondenza fra dichiarazione e scienza.


Errore, violenza, dolo

È noto che i vizi della manifestazione di volontà o di scienza .sono tre : l'errore, la violenza, il dolo (cfr. art. 1427). Qui la legge tace del dolo ; l'art. 136o cod. civ. 1865 non faceva parola neppure di vio­lenza, onde una lacuna, che il legislatore- (Relazione, n. 1119) dichiara di aver voluto colmare.

a) Secondo l'art. 1428 l'errore è causa di annullamento del con­tratto quando è essenziale (cioè, secondo la dottrina più comune, che cada sulla natura del rapporto giuridico) e riconoscibile dall'altro con­traente. Ritengo che la prima di queste regole si applichi anche alla confessione, nel senso che l'errore non essenziale non autorizzi la revoca dell'intera confessione ma delle sole circostanze erronee, se ed in quanto giuridicamente rilevanti. Non così la seconda, in quanto non, ha ragione di essere, sotto questo profilo, la buona fede (iusta opinio) di colui a cui vantaggio è rivolta la confessione.

b) La violenza (cfr. art. 1434) è efficace anche se esercitata da un terzo, e deve essere (art. 1435) di tal natura da fare impressione sopra una persona sensata e da farle temere di esporre sé o i suoi beni a un male ingiusto e notevole.

c) Malgrado il silenzio della legge, ritengo che anche il dolo, avente caratteri analoghi a quelli dell'art. 1439 (raggiri usati da uno dei con­traenti senza dei quali l'altra parte non avrebbe contrattato) autorizzi la revoca della confessione : se questa è giudiziale, esso configura la ipotesi di cui all'art. 494, n. i cod. proc. civ. 1865 e 395 cod. proc. civ. 194o n..1 (revocazione per dolo di, una delle parti a danno dell'altra). Mentre la confessione è atto di parte, la sua revoca può essere con­tenuta nelle difese, opera del difensore.


Dichiarazione volutamente difforme dalla verità : effetti

Se la dichiarazione è volutamente difforme dalla verità (cfr. art. 273o) reputo che essa sia tuttavia efficace : cessa di essere manife­stazione di scienza per divenirlo di volontà.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 2732 Codice Civile

Cass. civ. n. 5945/2023

Il creditore che, rilasciando quietanza al debitore, ammette il fatto del ricevuto pagamento rende confessione stragiudiziale alla parte, con piena efficacia probatoria ex artt. 2733 e 2735 c.c., sicché non può impugnare l'atto se non dimostrando, a norma dell'art. 2732 c.c., che esso è stato determinato da errore di fatto o violenza, essendo insufficiente la prova della non veridicità della dichiarazione.

Cass. civ. n. 38626/2021

L'interrogatorio formale reso in un processo con pluralità di parti, essendo volto a provocare la confessione giudiziale di fatti sfavorevoli alla parte confitente e favorevoli al soggetto che si trova, rispetto ad essa, in posizione antitetica e contrastante, non può essere deferito, su un punto dibattuto in quello stesso processo, tra il soggetto deferente ed un terzo diverso dall'interrogando, non avendo valore confessorio le risposte, eventualmente affermative, fornite dall'interrogato. Invero, la confessione giudiziale produce effetti nei confronti della parte che la fa e della parte che la provoca, ma non può acquisire il valore di prova legale nei confronti di persone diverse dal confitente, in quanto costui non ha alcun potere di disposizione relativamente a situazioni giuridiche facenti capo ad altri, distinti soggetti del rapporto processuale e, se anche il giudice ha il potere di apprezzare liberamente la dichiarazione e trarne elementi indiziari di giudizio nei confronti delle altre parti, tali elementi non possono prevalere rispetto alle risultanze di prove dirette.

Cass. civ. n. 17716/2020

La confessione può esser invalidata (e non "revocata", perché gli effetti sostanziali e processuali di essa non sono rimessi alla volontà del dichiarante) soltanto se il confitente dimostra non solo l'inveridicità della dichiarazione, ma anche che essa fu determinata da errore di fatto o da violenza. Ne consegue che, dovendo il dichiarante allegare e provare anche il vizio d'origine della dichiarazione confessoria, al fine dell'invalidazione non è sufficiente dedurre prove testimoniali limitatamente alla non rispondenza al vero del fatto confessato.

Cass. civ. n. 23246/2017

La promessa di pagamento, anche se titolata, diverge dalla confessione in quanto, mentre la prima consiste in una dichiarazione di volontà intesa ad impegnare il promittente all'adempimento della prestazione oggetto della promessa medesima, la seconda consiste nella dichiarazione di fatti sfavorevoli al dichiarante ed ha, perciò, il contenuto di una dichiarazione di scienza; è tuttavia possibile che, nel contesto di un unico documento, accanto alla volontà diretta alla promessa, coesista una confessione di fatti pertinenti al rapporto fondamentale la quale, avendo valore di prova legale (nella specie, circa l'esistenza del credito) preclude la prova contraria ex art. 1988c.c.

Cass. civ. n. 22460/2017

Il riconoscimento della scrittura privata può essere anche implicito ed essere efficacemente compiuto in sede extragiudiziale, non essendo necessaria in tale sede la produzione del documento ad opera della controparte, atteso che il riconoscimento, espresso o tacito, ove effettuato fuori dal processo, si inquadra nella fattispecie della dichiarazione confessoria stragiudiziale di cui all'art. 2735 c.c. ovvero della condotta concludente incompatibile con l'esercizio del disconoscimento in giudizio. Ne consegue che il sottoscrittore, che abbia, anche implicitamente, compiuto il riconoscimento in sede extragiudiziale, non può disconoscere la scrittura privata prodotta nel successivo giudizio e fatta valere contro di lui, ostando a ciò limiti, di cui all'art. 2732 c.c., alla revoca della confessione.

Cass. civ. n. 13234/2017

Il condominio, non partecipe ed ignaro dell'accordo simulatorio intervenuto tra un condomino e l'ex amministratore, ove deduca la simulazione delle quietanze relative all'avvenuto pagamento degli oneri condominiali è da considerarsi "terzo" rispetto a quell'accordo, con la conseguenza che può fornire la prova della simulazione "senza limiti", ai sensi del'art. 1417 c.c., e, quindi, sia a mezzo di testimoni, sia tramite presunzioni, dovendosi inoltre escludere che, in dipendenza della natura di confessione stragiudiziale della quietanza, possano valere, riguardo alla sua posizione, i limiti di impugnativa della confessione stabiliti dall'art. 2732 c.c., che trovano applicazione esclusivamente nei rapporti fra il mandatario ed il preteso simulato acquirente. (Rigetta, CORTE D'APPELLO L'AQUILA, 11/03/2015).

Cass. civ. n. 9777/2016

Ai fini della revoca della confessione per errore di fatto, è necessario dimostrare non solo l'inesistenza del fatto confessato ma anche che, al momento della confessione, il confitente versava in errore, provando le circostanze che lo avevano indotto a ritenere che il fatto confessato fosse vero. (In applicazione dell'anzidetto prinicpio, la S.C. ha confermato la decisione impugnata, secondo cui, a fronte di una dichiarazione confessoria riguardante l'allegazione agli atti di affidamento dei lavori della documentazione relativa ad un subappalto, l'odierna ricorrente avrebbe dovuto dedurre l'errore inficiante quella ammissione, indicandone ragioni e circostanze, e non già la mera reticenza della controparte).

Cass. civ. n. 19888/2014

La quietanza "tipica", essendo indirizzata al "solvens", fa piena prova dell'avvenuto pagamento, sicché il quietanzante non è ammesso alla prova contraria per testi, salvo dimostri, in applicazione analogica dell'art. 2732 c. c., che il rilascio della quietanza è avvenuto per errore di fatto o per violenza. La quietanza "atipica" contenuta nella dichiarazione di vendita di autoveicolo ex art. 13 del R.D. 29 luglio 1927, n. 1814, invece, essendo indirizzata al conservatore del pubblico registro automobilistico affinché non iscriva il privilegio legale per il prezzo, non è prova piena, ma, al pari della confessione stragiudiziale fatta ad un terzo, è liberamente apprezzata dal giudice, senza soggiacere ai limiti di "revoca" della confessione sanciti dall'art. 2732 c. c.

Cass. civ. n. 26985/2013

A norma dell'art. 2732 cod. civ., la confessione può essere revocata soltanto se, oltre a dimostrare l'inveridicità della dichiarazione, si provi che essa sia stata determinata da errore di fatto o da violenza. Ne consegue che è irrilevante che il confitente deduca, a tal fine, prova per testimoni limitatamente alla non rispondenza al vero dei fatti confessati, avendo egli l'onere di dimostrare anche l'errore di fatto o la violenza inficianti la dichiarazione confessoria.

Cass. civ. n. 14780/2009

A norma dell'art. 2732 c.c., l'invalidazione della confessione postula la dimostrazione, da parte del confitente, della non veridicità della dichiarazione e del fatto che la stessa è stata determinata da errore o da violenza; pertanto, poiché non può parlarsi di revoca nel senso stretto del termine, per togliere efficacia alla confessione non è necessaria una manifestazione di volontà negoziale o la proposizione di un'espressa domanda giudiziale.

Cass. civ. n. 3921/2006

Poiché la quietanza costituisce atto unilaterale di riconoscimento del pagamento ed integra, tra le parti, confessione stragiudiziale — proveniente dal creditore e rivolta al debitore — che fa piena prova della corresponsione di una specifica somma di denaro per un determinato titolo, l'esistenza del fatto estintivo (pagamento) da essa attestato può essere contestata soltanto mediante la prova degli stessi fatti (errore di fatto o violenza) richiesti dall'art. 2732 c.c. per privare di efficacia la confessione, essendo irrilevanti il dolo e la simulazione. Inoltre non è ammissibile la prova testimoniale o per presunzioni diretta a dimostrare la simulazione assoluta della quietanza, che dell'avvenuto pagamento costituisce documentazione scritta, ostandovi l'art. 2726 c.c., il quale, estendendo al pagamento il divieto, sancito dall'art. 2722 dello stesso codice, di provare con testimoni patti aggiunti o contrari al contenuto del documento contrattuale, esclude che con tale mezzo istruttorio possa dimostrarsi l'esistenza di un accordo simulatorio concluso allo specifico fine di negare l'esistenza giuridica della quietanza, nei confronti della quale esso si configura come uno di quei patti, anteriori o contestuali al documento, vietati in virtù del combinato disposto dei citati artt. 2722 e 2726 c.c. (Nella specie, il principio è stato formulato con riferimento alla quietanza rilasciata dal venditore nell'atto pubblico di compravendita).

Cass. civ. n. 15618/2004

La confessione può esser invalidata (e non «revocata », perché gli effetti sostanziali e processuali di essa non sono rimessi alla volontà del dichiarante ) soltanto se il confitente dimostra non solo l'inveridicità della dichiarazione, ma anche che essa fu determinata da errore di fatto o da violenza. Ne consegue che, dovendo il dichiarante allegare e provare anche il vizio d'origine della dichiarazione confessoria, al fine dell'invalidazione non è sufficiente dedurre prove testimoniali limitatamente alla non rispondenza al vero del fatto confessato.

Cass. civ. n. 3010/2002

Al fine della revoca della confessione è necessario non solo l'elemento oggettivo, costituito dalla non rispondenza al vero del fatto confessato, ma anche l'elemento soggettivo, cioè la prova dello stato di errore in cui il confidente si trovava nel momento in cui il fatto venne confessato.

Cass. civ. n. 547/1999

In base all'art. 2732 c.c. alla parte che abbia reso confessione non è concesso di poter fornire dimostrazione diversa da quella della «revoca» (o invalidità) della confessione stessa in conseguenza di errore di fatto in cui incorse o di violenza su di lei esercitata. La suddetta disposizione, tassativamente espressa, non può mai essere derogata; ad essa, pertanto, restano assoggettate anche le controversie di lavoro non potendo, neanche in queste, alla mancanza di prova ad opera della parte supplire il potere di indagine lasciato al giudice (che rimane limitato, secondo la disciplina generale, alla ricerca dell'animus confitendi). Inoltre, i mezzi di prova di cui, al suddetto fine, la parte confidente richieda l'acquisizione o l'espletamento debbono essere idonei a fornire la dimostrazione rigorosa non di un'eventuale contrarietà dei fatti oggetto della confessione rispetto ad altri presuntivamente verificatisi, ma direttamente della ragione che determinò la caduta in errore sulla veridicità delle circostanze dichiarate (e in effetti non veridiche) o i fatti di violenza sofferti che indussero il dichiarante a precludersi nel futuro il ricorso alle normali vie di difesa per resistere alle richieste avversarie, tenuto conto che — almeno per l'ipotesi in cui si assuma che la confessione fu estorta con violenza — non occorre dimostrare l'obiettiva falsità del fatto.

Cass. civ. n. 5459/1998

La confessione può esser invalidata — e non «revocata», perché gli effetti sostanziali e processuali di essa non sono rimessi alla volontà del dichiarante — soltanto se il confitente dimostra non solo l'inveridicità della dichiarazione, ma anche che la non rispondenza al vero di questa dipende o dall'erronea rappresentazione o percezione del fatto confessato, o dalla coartazione della sua volontà, e non già invece dall'aver erroneamente confidato sull'avveramento di quanto dichiarato consapevolmente in modo inveritiero. (Nella specie la S.C. ha escluso la legittimità dell'invalidazione della confessione stragiudiziale del creditore circa l'adempimento del debitore, costituita dalla fattura quietanzata rilasciatagli sapendo che questi non aveva adempiuto, ma sull'indotta aspettativa che avrebbe provveduto di lì a poco, mentre invece non si era fatto più vedere).

Cass. civ. n. 1483/1995

L'art. 2732 c.c. limita tassativamente alla violenza ed all'errore di fatto le cause di invalidazione della dichiarazione confessoria. Pertanto resta esclusa la possibilità di applicare alla confessione la normativa generale in materia di invalidità del contratto, ed in particolare l'art. 1439 c.c., con la conseguente impossibilità di invocarne la revoca per dolo, al di là del caso in cui esso si risolva in errore di fatto.

Cass. civ. n. 629/1995

Quando una dichiarazione di verità della parte ha per oggetto un fatto storico, l'effetto sfavorevole della parte dichiarante e cioè l'efficacia di piena prova che ne discende, può essere revocata solo dimostrando l'errore (art. 2732 c.c.): vale a dire sia l'elemento oggettivo della non rispondenza al vero del fatto confessato, sia l'elemento soggettivo dell'errore in cui il dichiarante è caduto; quando la dichiarazione ha poi per oggetto una situazione più complessa, che implica qualificazione giuridica del fatto, la sua efficacia vincolante secondo la regola stabilita dall'art. 1988 c.c. può venir meno per la divergenza, che il dichiarante ha l'onere di dimostrare, tra la situazione giuridica dichiarata e quella esistente.

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