Brocardi.it - L'avvocato in un click! CHI SIAMO   CONSULENZA LEGALE

Articolo 2668 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Cancellazione della trascrizione

Dispositivo dell'art. 2668 Codice Civile

La cancellazione della trascrizione(1) delle domande enunciate dagli articoli 2652 e 2653 e delle relative annotazioni si esegue quando è debitamente consentita dalle parti interessate ovvero è ordinata giudizialmente con sentenza passata in giudicato [324, 562, 586 c.p.c.](2).

Deve essere giudizialmente ordinata, qualora la domanda sia rigettata o il processo sia estinto per rinunzia o per inattività delle parti [306, 307, 562, 683 c.p.c.].

Si deve cancellare l'indicazione della condizione o del termine [1184] negli atti trascritti, quando l'avveramento o la mancanza della condizione ovvero la scadenza del termine risulta da sentenza o da dichiarazione, anche unilaterale, della parte, in danno della quale la condizione sospensiva si è verificata o la condizione risolutiva è mancata ovvero il termine iniziale è scaduto [2659](3).

Si deve cancellare la trascrizione dei contratti preliminari quando la cancellazione è debitamente consentita dalle parti interessate ovvero è ordinata giudizialmente con sentenza passata in giudicato(4).

Note

(1) La prevalente opinione ritiene che debbano considerarsi applicabili le norme sancite per la cancellazione delle ipoteche: poiché, riferendosi alla cancellazione dell'iscrizione, l'art. 2882, sancisce l'obbligo di presentazione di un atto contenente il consenso del creditore e, in tema di annotazione, l'art. 2656 indica la necessità di osservare le norme stabilite in relazione alla trascrizione, rimanendo invece silente riguardo alla forma della cancellazione, sembra si possa pacificamente dichiarare che non sono richieste note di trascrizione aggiuntive per la suddetta cancellazione.
(2) La cancellazione costituisce un atto ineliminabile di pubblicità accessoria, effettuata quindi a margine della precedente trascrizione. Proprio poiché gli effetti prodotti dalla cancellazione risultano irrevocabili, sono stabiliti accorgimenti peculiari e l'elencazione delle domande e degli atti soggetti a cancellazione è intesa dalla giurisprudenza meramente esemplificativa.
(3) Se la condizione sospensiva si è verificata, la condizione risolutiva è mancata o il termine iniziale è scaduto, la cancellazione degli elementi accessori in questione rende palese che l'atto in cui erano contenuti è divenuto definitivamente efficace. Invece, nel momento in cui l'avveramento della condizione determina l'inefficacia dell'atto, la trascrizione rimane, tuttavia inutilmente, in quanto relativa ad un atto a quel punto inefficace.
(4) Tale ultimo comma è stato inserito dall'art. 3 del D. L. 31 dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza pubblica per l'anno 1997), poi convertito nella L. 28 febbraio 1997, n. 30, la cui maggiore innovazione risiede nell'estensione dell'obbligo di trascrizione ai preliminari aventi ad oggetto determinati contratti riguardanti beni immobili (v. 2645 bis).

Ratio Legis

La cancellazione produce effetti definitivi ed irrevocabili, perciò il conservatore deve operare un controllo formale ma molto preciso relativamente alla regolarità del titolo ricevuto.

Spiegazione dell'art. 2668 Codice Civile

La cancellazione della trascrizione delle domande

La norma dell'art. 2668 riproduce in parte l'art. 1945 del Co­dice abrogato. Le questioni che si facevano al riguardo sono anche nel commento della nuova legge. Una novità è costituita dal disposto del terzo comma che va coordinato con l’ultimo comma dell’ art. 2659 del c.c..

La questione principale riguarda il punto se la cancellazione sia relativa soltanto alla trascrizione delle domande enunciate dagli arti­coli 2652 e 2653, o abbia un più vasto campo d'esplicazione compren­sivo anche della trascrizione degli atti di alienazione e simili.

La legge fa parola soltanto della cancellazione della trascrizione delle domande, e certo questo è: l'oggetto per cui più di frequente può intervenire la opportunità della cancellazione. Una domanda è un fatto destinato già per se stesso a una vita transeunte, e la trascrizione giova solo a fissare la priorità di una data, non già per se stessa a consolidare un acquisto che è, se mai, in discussione ma non è ancora avvenuto. La domanda da sola non esprime una mutazione giuridica, ma una intenzione a che avvenga detta mutazione. trascrizione di un atto acquisitivo di un diritto fissa sui registri la sorte di questo diritto. La tra­scrizione di una domanda invece non è destinata a fissare alcunché, né vi è una sorte degli effetti' delle domande che valga affidare ai pub­blici registri, dal momento che l'effetto della domanda è aleatorio e mu­tevole e non può essere toccato dalla pubblicazione della domanda che è il semplice fatto introduttivo o iniziale di una fattispecie ancora in formazione. Queste considerazioni spiegano perché la legge si preoccupi di disciplinare la cancellazione della trascrizione delle domande. Sarebbe inutile anzi spesso pericoloso tenere nei pubblici registri la men­zione della esistenza di una procedura di pubblicità riguardo a un atto che ha già esaurito la sua ragion d'essere. Né potrebbe bastare la semplice annotazione in margine alla 'trascrizione della domanda. La annotazione presuppone che l'atto trascritto mantenga o quantomeno abbia avuto un suo effetto (vero o presunto) e quindi viene a costituire: un capitolo della storia di quell’immobile che aveva formato o etto dell'atto in questione. Per le domande la cancellazione più adeguata­mente raggiunge lo scopo di rendere pubblico che un atto - un semplice atto — ha cessato la sua ragion d'essere e nessuna mutazione giuridica è da attendersi da esso. Naturalmente la cancellazione della trascrizione porta con sé la cancellazione delle annotazioni poste a margine.


Altri casi in cui è attuabile la cancellazione

Ma se la normale funzione della cancellazione concerne la trascrizione delle domande, non può certo dirsi che sia da escludersi in altri casi.

Anzitutto deve ritenersi che la cancellazione sia possibile ad ogni trascrizione invalida, per i motivi di cui abbiamo a suo tempo discorso. E lo stesso, a maggior ragione, deve dirsi pei casi in cui la tra­scrizione debba considerarsi addirittura inesistente o inutile essendo stata effettuata per un atto di cui non sia necessaria la pubblicità Non v'è dubbio altresì che sia possibile la cancellazione ove si tratti di atta di alienazione o costituzione di diritti già per se stessi temporanei (com'è dell'usufrutto, dell'uso o abitazione). Non v'è ragione alcuna di mantenere nei pubblici registri la menzione di una trascrizione come ancora efficiente quando ne è invece venuta meno la ragion d'essere.

E — come vedremo la cancellazione, almeno in questi casi, ha una portata più completa di quanto non possa averne la semplice annota­zione ; e d'altra parte l'annotazione, così com'è disciplinata dalla legge, non copre tutti i casi in cui può intervenire la necessità di far figurare nei registri la cessazione degli effetti dell'atto trascritto. E le stesse considerazioni debbono valere pei casi di alienazione a termine finale, dopo che, scaduto il termine, il rapporto abbia esaurito la sua efficacia. Così non esitiamo a ritenere che ciò che si dice per la sopraggiunta inefficacia per scadenza del termine finale, valga del pari in caso di inefficacia di­pendente da sopravvenuta condizione risolutiva o da mancata condi­zione sospensiva.

Una diversa e più circoscritta por tata ha la norma del terzo comma dell'art. 2668, ove è disposta la cancellazione non già della trascrizione ma della indicazione sul pubblico registro — tra gli estremi ricavati dalla nota — della condizione o del termine, se tali modalità hanno cessato di manifestare la loro ragione d’essere, per cui la menzione del registro potrebbe, perdurando, apparire superflua oltre che dannosa. La cancellazione della indicazione di quelle modalità la cui quando l'atto si è reso efficace. Si cancellano le trascrizioni quando l'atto è divenuto inefficace. In definitiva la finalità é la stessa, ché in ogni caso mira a rendere più chiaro e reale il contenuto e la base di pubblicità dei registri.

Date le considerazioni esposte, nessuna ragione contrasta la possi­bilità di ottenere la cancellazione anche in altri casi in cui sia venuto meno il diritto relativo all'atto trascritto. Così è a dirsi se una servitù prediale si sia estinta per non uso. Così, in generale, in ogni caso in cui alcuno abbia ottenuto in un giudizio petitorio una sentenza che affermi l'esistenza di un diritto in contrasto con quello che risulta dai pubblici registri.

Come si vede, quindi, il campo d'applicazione della .cancellazione delle trascrizioni è assai più ampio di quello che risulta dal disposto dell'art. 2668. E non si tratta di una semplice interpretazione estensiva, dal momento che è la stessa ratio dell'istituto della trascrizione che esige l'enunciazione di tali concetti .


Requisiti e formalità della cancellazione

Posto come certo che non può imporsi di mantenere lima pub­blicità divenuta inefficiente e che la legge non contrasta, anzi con la sua ratio suffraga la possibilità di attuare la maggiore chiarezza nei registri ove si esprime lo stato della proprietà immobiliare, il problema si ri­duce a considerare gli estremi su cui pub fondarsi l'istanza per la cancel­lazione. Estremo pregiudiziale — abbiamo visto — è la giuridica inesi­stenza di uno degli elementi della fattispecie ; la trascrizione dell'atto (per invalidità formale) o l'atto trascritto (per inesistenza o definitiva inefficacia).

Consegue, quale connesso presupposto, che la fattispecie deve avere totalmente e definitivamente esaurito i suoi effetti. Più semplice, naturalmente, è il caso dell'atto o della trascrizione. In caso di invalidità sopravvenuta (inefficacia definitiva, es. per sopraggiunta condizione risolutiva o per mancata condizione sospensiva) occorrerà provare le circostanze inter. venute, decisive per stabilire' la inutilità della pubblicità. Ma deve dirsi subito chiaramente che la prova in eventuale contraddittorio non può certo proporsi dinanzi al conservatore, la cui funzione non può comportare una valutazione di questioni giuridiche sostanziali, ma solo un diciamo pur materiale apprezzamento di requisiti e presupposti.

Così deve dirsi che solo una sentenza (passata in giudicato) può costituire il presupposto della cancellazione. Si può dubitare se sia necessaria la presenza, nel testo della sentenza, del capo con cui il giudice ordini esplicitamente la cancellazione, o se può intendersi sufficiente che lo stesso giudicato in se stesso, stabilendo l'inefficacia del­l'atto trascritto o della trascrizione possa valere come presupposto implicherebbero ancora una indagine sostanziale. D'altra parte, poiché la cancellazione non è un’operazione che può seguire su istanza qualsiasi ma presuppone un preciso interesse nel richiedente, se può reputarsi necessario che tale interesse si manifesti già in sede giudiziale chiedendosi espressamente al giudice , in conclusione della decisione, l’ordine della cancellazione. Deve aggiungersi che talora il giudice stesso deve di sua iniziativa dichiarare la cancellazione allorché, trattandosi di domanda avanzata in giudizio, essa sia stata rigettata o vi sia stata perenzione di istanza o rinuncia della parte al giudizio (art. 2668, comma 2).

Può tenere il posto della sentenza il consenso alla cancellazione da parte di chi potrebbe avere interesse al mantenimento della trascrizione. Così anche l’attore può consentire alla cancellazione della trascrizione della sua domanda. Il consenso (atto unilaterale) deve risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata o accertata giudizialmente. L’atto seguito in paese estero deve essere legalizzato (si richiama l’art. 2657 c.c., l’art. 2668 parla di cancellazione debitamente consentita: cfr. art. 2882). Chi richiede la cancellazione deve esibire al conservatore l’atto di consenso e provare altresì l’esistenza della capacità del consenziente (arg. art. 2883 c.c.).

Deve rilevarsi a scanso di equivoci che fin tanto che l’atto è efficace nessun consenso alla cancellazione è concepibile, anche se concordato tra le parti, perché non si tratta dell’interesse delle sole parti, ma di quello di tutti i terzi. Le parti che intendono recedere dal primo contratto e modificarne l’oggetto o rinnovarlo (e similmente, ove si tratti di rinuncia), non hanno altra via che la trascrizione del nuovo atto giuridico, trascrizione della quale si vedrà se sarà efficiente o meno in relazione a un possibile conflitto con interessi avanzati da terzi.

Si dice ancora che quale requisito perché possa procedersi alla cancellazione, deve sussistere un interesse in chi richiede la cancellazione. Tale concetto, nella dottrina che lo enuncia, non è bene precisato. Siamo d’accordo nel ritenere che la procedura di cancellazione, involgendo la sorte di diritti già stabiliti, necessita di particolari cautele maggiori della stessa procedura di trascrizione. Una trascrizione inefficace al più non fa acquistare un diritto. La cancellazione, invece, toglie la base a un diritto già, se è il caso, acquisito. Non certo chiunque può essere legittimato alla richiesta: la richiesta di cancellazione, a differenza della richiesta di trascrizione, è un vero atto giuridico (si deve provare la capacità di disporre di chi consente alla cancellazione), ma l’interesse del richiedente come tale non viene in considerazione, non forma presupposto e oggetto di prova di fronte al conservatore: basta documentare il consenso di chi può avere interesse in contrasto con la cancellazione oppure esibire l’ordine del giudice. Non è assolutamente stabilito che la persona che richiede la cancellazione debba essere lo stesso consenziente oppure l’altra parte, e in caso di ordine giudiziale l’una o l’altra delle parti contendenti.

Secondo la dottrina, può chiedere la cancellazione l’alienante per gli atti di alienazione, il convenuto per le domande. Ciò è impreciso, se si considera che, a parte casi di origine giudiziale, il consenso deve venire proprio dall’altra parte e non vi è alcuna ragione che chi manifesta tale consenso non possa essere il diretto richiedente di quella procedura la cui attuazione ha consentito. Deve concludersi che proprio ed esclusivamente si può operare la cancellazione in quanto chi ha l’interesse contrario ha già consentito alla cancellazione o è rimasto perdente in un contradditorio giudiziale. Ci si chiede anche su chi abbia interesse a richiedere, e quindi la possibilità di ottenere, la cancellazione di trascrizioni nulle per difetto di forma. Che la cancellazione della prima trascrizione (nulla) possa essere richiesta dal secondo acquirente è fuori discussione. La dottrina contesta invece, almeno per alcuni casi, che tale possibilità abbia l’alienante (contro cui la trascrizione nulla fu effettuata). La nostra opinione è favorevole ad ammettere senza riserve la possibilità di richiesta di cancellazione nell’alienante in ogni caso, e in lui prima che in ogni altro, perché proprio suo è il principale interesse a che il diritto appaia disponibile.

Quando il conservatore rifiuti di procedere alla cancellazione giudiziaria di una trascrizione, il richiedente può proporre reclamo all’autorità giudiziaria (arg. art. 2888 alla cui spiegazione si rinvia).

La cancellazione si esegue a margine della trascrizione, con l’indicazione del titolo dal quale è stata consentita od ordinata e della data in cui si esegue, e deve portare la sottoscrizione del conservatore.

In concreto dunque la cancellazione poco parrebbe distinguersi dalla annotazione. Deve però considerarsi che una trascrizione annotata esiste ancora anche se l’annotazione dichiara l'inesistenza intervenuta dell'atto trascritto. Se si dimostra che l'annotazione è stata eseguita senza fon­damento, se ne può ottenere la cancellazione, senza che da ciò la tra­scrizione venga toccata ; mentre una trascrizione cancellata non esiste più a tutti gli effetti e, ove occorra, deve essere ripetuta; ma la nuova trascrizione non potrà certo mantenere la data di quella che essendo stata cancellata più non esiste. Più in generale diremo che, in un caso, l'operazione del conservatore si fonda su un titolo preordinato proprio al fine di detta operazione (cancellazione) e così, ove non vi sia il consenso esplicito della parte controinteressata, occorre la sentenza che decida sulla inefficacia dell'atto o della trascrizione e ordini la cancellazione ; per l'annotazione invece è la pura e semplice esistenza della sentenza che viene menzionata accanto alla trascrizione dell'atto. L'annotazione attua una pubblicità : la cancellazione la toglie di mezzo. In un caso, il titolo è un atto di volontà (un comando) che si rivolge al conservatore ; nell'altro è un fatto di cui il conservatore constata l'esistenza. L'annotazione è sullo stesso piano di struttura e presup­posti con la trascrizione; la cancellazione sul piano opposto. Né, ove è prevista la semplice annotazione, quegli stessi motivi di inefficacia possono portare ad una sentenza che ordini addirittura la cancellazione.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 2668 Codice Civile

Cass. civ. n. 20269/2017

Ai sensi dell'art. 2668, secondo comma cod. civ., la cancellazione della trascrizione della domanda, effettuata a norma degli artt. 2652 e 2653 cod. civ., deve essere ordinata dal giudice di merito, anche d'ufficio, con la pronuncia di rigetto della domanda medesima, non essendo richiesto che la sentenza sia passata in giudicato (come previsto al primo comma dell'art. 2668 cod. civ.), qualora il giudice di primo grado non abbia ordinato la cancellazione della domanda rigettata e la parte non si sia doluta davanti al giudice di appello di tale omessa cancellazione, è preclusa in sede di giudizio di cassazione la deduzione di simile questione che non è stata proposta nel giudizio di secondo grado. (Sez. 2, Sentenza n. 5467 del 12/04/2001). La cancellazione della trascrizione della domanda effettuata ai sensi degli artt. 2652 e 2653 c.c., che deve essere ordinata dal giudice del merito, anche d'ufficio, con la pronuncia di rigetto della domanda medesima, può essere disposta nel giudizio di legittimità solo ove ricorrano i presupposti di cui all'art. 2688 c.c., ossia in caso di estinzione per rinunzia od inattività delle parti ed a condizione che sussista una concorde richiesta delle parti, anche posteriore al giudizio di legittimità

Cass. civ. n. 18741/2016

La necessità di assicurare l'economia dei giudizi e di interpretare le norme processuali - in conformità con l'art. 111 Cost. - nel senso di garantire la ragionevole durata del processo comporta che, anche nel giudizio di cassazione, nell'ipotesi di estinzione per rinunzia o inattività delle parti, deve essere giudizialmente ordinata la cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale ex art. 2668 c.c., a condizione, tuttavia, che sussista una concorde richiesta delle parti anche posteriore al giudizio di legittimità.

Cass. civ. n. 25556/2010

In tema di cancellazione della trascrizione delle domande giudiziali, deve ritenersi legittimo l'ordine di cancellazione della trascrizione relativa ad un diritto accertato come inesistente, anche se avente ad oggetto non la domanda giudiziale ma la trascrizione dell'atto sul quale si sarebbe dovuto fondare il diritto accertato come inesistente, in virtù dell'applicazione analogica dell'art. 2668 c.c. che prescrive al giudice la cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale in caso di definitivo accertamento della sua infondatezza. (Nella fattispecie, la Corte d'appello, con pronuncia confermata in sede di legittimità, aveva dichiarato inammissibile l'intervento in appello, nel giudizio di divisione della casa coniugale, dei figli delle parti, sulla base dell'inesistenza del diritto di abitazione posto a base dell'intervento, ordinando altresì la cancellazione della trascrizione del verbale di separazione consensuale sul quale essi avevano fondato la loro domanda).

Cass. civ. n. 22500/2010

In tema di cancellazione della trascrizione delle domande giudiziali, deve ritenersi legittimo l'ordine di cancellazione della trascrizione relativa ad un diritto accertato come inesistente, anche se avente ad oggetto non la domanda giudiziale ma la trascrizione dell'atto sul quale si sarebbe dovuto fondare il diritto accertato come inesistente, in virtù dell'applicazione analogica dell'art. 2668 c.c. che prescrive al giudice la cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale in caso di definitivo accertamento della sua infondatezza. (Nella fattispecie, la Corte d'appello, con pronuncia confermata in sede di legittimità, aveva dichiarato inammissibile l'intervento in appello, nel giudizio di divisione della casa coniugale, dei figli delle parti, sulla base dell'inesistenza del diritto di abitazione posto a base dell'intervento, ordinando altresì la cancellazione della trascrizione del verbale di separazione consensuale sul quale essi avevano fondato la loro domanda)

Cass. civ. n. 5587/2007

Nel giudizio di cassazione, tanto nell'ipotesi di estinzione per rinunzia (accettata), quanto nel caso di declaratoria di cessazione della materia del contendere, deve essere giudizialmente ordinata la cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale, essendo siffatte pronunzie sostanzialmente assimilabili all'ipotesi di estinzione del processo per rinunzia all'azione, espressamente regolata dal comma secondo dell'art. 2668 c.p.c.

Cass. civ. n. 5467/2001

Poiché ai sensi dell'art. 2668, secondo comma, c.c., la cancellazione della trascrizione della domanda, effettuata a norma degli artt. 2652 e 2653 c.c., deve essere ordinata dal giudice di merito, anche d'ufficio, con la pronuncia di rigetto della domanda medesima, non essendo richiesto che la sentenza sia passata in giudicato (come previsto al primo comma dell'art. 2668 c.c.), qualora il giudice di primo grado non abbia ordinato la cancellazione della domanda rigettata e la parte non si sia doluta davanti al giudice di appello di tale omessa cancellazione, è preclusa in sede di giudizio di cassazione la deduzione di simile questione che non è stata proposta nel giudizio di secondo grado.

Cass. civ. n. 12444/2000

La cancellazione della trascrizione della domanda effettuata ai sensi degli artt. 2652 e 2653 c.c. deve essere ordinata dal giudice del merito, anche d'ufficio, con la pronunzia di rigetto della domanda medesima.

Cass. civ. n. 4331/1994

La declaratoria di cessazione della materia del contendere costituisce titolo per la cancellazione della trascrizione della domanda, ai sensi dell'art. 2668 comma secondo c.c., stante la sostanziale assimilabilità di una pronunzia siffatta, all'ipotesi di estinzione del processo per rinunzia all'azione, espressamente prevista dalla detta norma.

Cass. civ. n. 438/1994

Nel caso di rinuncia ad una domanda che sia stata trascritta la mancata produzione in giudizio, da parte dell'attore, della nota di trascrizione, comporta che il convenuto, che non abbia accettato la rinuncia, deve proseguire il giudizio per ottenere il rigetto della domanda e la conseguenziale cancellazione della trascrizione, ponendosi le spese, per il principio della soccombenza, a carico dell'attore che vi ha dato causa con la rinuncia e con il comportamento processuale omissivo.

Cass. civ. n. 5796/1993

Al pignoramento immobiliare non è applicabile la cosiddetta cancellazione «consentita dalle parti» indicata dall'art. 2668 c.c., la quale riguarda il solo pignoramento speciale mobiliare. Pertanto, per conseguire l'effetto della cancellazione della trascrizione del pignoramento immobiliare, nel sistema vigente, gli elementi alternativamente richiesti sono due soltanto: a) l'annotazione della sentenza che riconosca al terzo di essere proprietario del bene esecutato da data anteriore alla trascrizione del pignoramento; b) l'annotazione dell'ordinanza con la quale il giudice dell'esecuzione dispone la cancellazione della stessa trascrizione ai sensi del primo comma dell'art. 562 c.p.c.

Cass. civ. n. 3933/1982

La cancellazione della trascrizione di una domanda giudiziale, che si assume illegittimamente eseguita al di fuori delle ipotesi tassativamente previste dalla legge, può essere richiesta anche in un giudizio autonomo rispetto a quello originato dalla domanda trascritta, la legge non stabilendo alcuna riserva a favore del giudice di quest'ultima domanda in ordine all'emanazione del provvedimento di cancellazione della trascrizione ed essendo, d'altra parte, l'indagine relativa alla rispondenza della domanda trascritta alla fattispecie, in cui la trascrizione è prevista, del tutto diversa e distinta da quella concernente la fondatezza o meno della domanda medesima.

Notizie giuridiche correlate all'articolo

Tesi di laurea correlate all'articolo

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.

SEI UN AVVOCATO?
AFFIDA A NOI LE TUE RICERCHE!

Sei un professionista e necessiti di una ricerca giuridica su questo articolo? Un cliente ti ha chiesto un parere su questo argomento o devi redigere un atto riguardante la materia?
Inviaci la tua richiesta e ottieni in tempi brevissimi quanto ti serve per lo svolgimento della tua attività professionale!

Consulenze legali
relative all'articolo 2668 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

L. O. chiede
giovedì 21/07/2022 - Lazio
“avvocato, sono il concedente.
1. Rimetto l’atto notarile in questione.
2. Rimetto la scrittura privata in questione.
3. l’atto notarile riporta le seguenti parole: “””””a seguito della risoluzione per l’operatività della clausola risolutiva espressa del presente contratto, si dovrà procedere alla cancellazione della trascrizione del presente contratto, i sensi e per gli effetti dell’ art. 2668,u.c.,c.c., come richiamato dall’rt. 23 c.3, del D.L. 133/2014. e a tal uopo le parti si impegnano a sottoscrivere, entro trenta giorni dall’intervenuta, apposito atto in forma autentica con il consenso alla cancellazione. L’ atto suddetto potrà essere sottoscritto, in nome e per conto della parte conduttrice dalla parte concedente alla quale la parte conduttrice conferisce, sin d’ora, mandato con rappresentanza perché, in suo nome e conto, perfezioni ogni formalità necessaria i fini del suddetto art. 2668, u.c., c.c., con promessa di rato e valido; il mandato essendo conferito i sensi dell’rt. 1723,co. 2, c.c. anche nell’interesse dell’odierna parte concedente, è irrevocabile e non soggetto ed estinzioni per morte o sopravvenuta incapacità del mandante””””;
4. Non hanno pagato più le rate e ho fatto lo sfratto;
5. non c’è stata la risoluzione del contratto ma con una scrittura privata hanno lasciato l’appartamento e dato le chiavi;
6. non essendoci la risoluzione del contratto è impossibile avere la cancellazione della trascrizione?
7. la parte contraria si rifiuta di collaborare;
8. Vorrei il vostro diretto intervento presso agenzia delle Entrate.”
Consulenza legale i 01/08/2022
L’art. 5 punto 3 del “Contratto di godimento in funzione di successiva vendita”, stipulato in data 15/02/2017, è abbastanza chiaro in relazione a ciò che viene qui chiesto, avendo le parti espressamente convenuto quanto segue:
In caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di almeno due canoni mensili il presente contratto si risolverà di diritto. Troverà, pertanto, applicazione la disposizione del successivo art. 7.3”.

L’art. 7 prevede, innanzitutto, al punto 1 che, in caso di inadempimento ad uno degli obblighi assunti dalle parti in sede di sottoscrizione del contratto, la parte rimasta adempiente può a sua scelta chiedere l’adempimento, ex art. 2930 e ss. c.c., oppure la risoluzione del contratto, richiamando per tale seconda ipotesi le disposizioni che il codice civile detta al riguardo agli artt. 1453 e ss. c.c. (fatto salvo il risarcimento dei danni).

Sembra evidente che le parti, nel caso di specie, abbiano deciso di avvalersi della risoluzione contrattuale, avendo la parte conduttrice riconsegnato l’immobile alla parte concedente spontaneamente (ovvero senza necessità di ricorrere all’esecuzione forzata), conformemente a quanto dalle stesse parti previsto all’art. 7 punto 2, lett. a).
Quest’ultima clausola contrattuale, infatti, pone espressamente a carico della parte conduttrice l’obbligo di riconsegna dell’immobile “In tutti i casi in cui si verifica la risoluzione del presente contratto”.

Il punto 3 dell’art. 7, richiamato come detto sopra dall’art. 5.3, disciplina espressamente quelle che sono le conseguenze in caso di operatività della clausola risolutiva espressa e quali sono gli adempimenti che a tale evento debbono far seguito, e precisamente quello che qui interessa, ovvero la cancellazione ex art. 2668 u.co. c.c. della trascrizione del contratto originariamente stipulato.
In particolare, la norma da ultimo citata dispone che è possibile procedere a cancellazione della trascrizione dei contratti preliminari quando detta cancellazione è debitamente consentita dalle parti interessate ovvero è ordinata giudizialmente con sentenza passata in giudicato.
Nel caso di specie sembra più che evidente che non sia necessario alcun intervento giudiziale, in quanto in forza proprio dell’art. 7.3 del contratto la parte conduttrice ha già prestato preventivamente il proprio consenso a detta cancellazione, conferendo peraltro mandato con rappresentanza irrevocabile ex art. 1723 del c.c. comma secondo, in favore della stessa parte concedente, affinchè perfezioni ogni formalità necessaria per procedere alla cancellazione della trascrizione ex art. 2668 u.co. c.c.

A questo punto, però, si rende necessario coordinare l’art. 2668 c.c. con le norme che lo stesso codice civile detta in tema di risoluzione del contratto, ed in particolare con quanto previsto dall’art. 1456 del c.c. per il caso di clausola risolutiva espressa.
Il contenuto di una clausola risolutiva espressa può definirsi tipico, nel senso che essa deve individuare con esattezza l’obbligazione o le obbligazioni il cui inadempimento genera la risoluzione del contratto.
Viene, infatti, considerata come clausola di mero stile quella che faccia generico riferimento a tutte le obbligazioni nascenti dal contratto, nel qual caso, verificatosi l’inadempimento, si rende necessario non solo valutare l’imputabilità, ma anche la gravità dello stesso in relazione alla sua economia (così Cass. n. 11055/2002, Cass. 5147/2001 e Cass. n. 5169/1990).
Qualora il contratto contenga una clausola di mero stile, questa deve essere interpretata come un mero richiamo alla disciplina generale della risoluzione ex art. 1453 del c.c., rendendosi necessario l’esperimento di un’azione giudiziaria per ottenere l’effetto risolutorio.

Nel caso di specie, in effetti, potrebbe sussistere il rischio che l’altra parte intenda opporre all’operatività ipso iure della clausola risolutiva la natura di clausola di mero stile, necessitante come tale dell’intervento di una pronuncia giudiziaria che ne accerti l’effetto risolutorio (all’art. 7.1 viene proprio usata la dicitura “…nel caso di mancato adempimento a taluno degli obblighi assunti dalle parti con il presente contratto….”, avendo la dottrina precisato che può al limite considerarsi valida la clausola che faccia preciso riferimento a tutte le obbligazioni derivanti dal contratto, purchè analiticamente specificate).
Tuttavia, ad una ipotetica eccezione di tale tipo potrebbe di contro addursi, quale prova dell’intervenuta causa di risoluzione contrattuale, il verbale di restituzione dell’immobile, tenuto conto che, seppure non risultante da tale verbale, la lett. a) dell’art. 7.2 ricollega espressamente la riconsegna dell’immobile in favore della parte concedente a “tutti i casi in cui si verifica la risoluzione del presente contratto”.

A questo punto, però, prima di poter procedere alla cancellazione della trascrizione ex art. 2668 u.co. c.c., occorre manifestare espressamente la volontà di valersi della clausola risolutiva espressa.
Tale manifestazione di volontà, infatti, dovrà formare oggetto di uno specifico atto negoziale, di natura unilaterale e recettizia, la cui forma (ritenendosi opportuno aderire alla tesi più rigorosa) deve essere la stessa di quella prevista per il contratto da risolvere, in ossequio al principio di simmetria morfologica dei negozi risolutori.
Non esistono limiti temporali alla dichiarazione di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa, anche se in giurisprudenza viene correttamente precisato che il diritto potestativo alla risoluzione è soggetto al termine prescrizionale ordinario di dieci anni che decorre dal momento in cui si è verificato l'inadempimento (così Cass. n. 5455/1997, Cass. n. 635/1996).

Sulla scorta di quanto fin qui osservato, dunque, il percorso che si suggerisce di seguire per ottenere il risultato desiderato è il seguente:
1. chiedere al notaio di ricevere nella forma dell’atto pubblico la dichiarazione di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa, non avendo la parte conduttrice adempiuto ad uno degli obblighi contrattualmente assunto (in ossequio al principio di simmetria morfologica a cui prima si è accennato);
2. notificare tale atto, a mezzo ufficiali giudiziari, alla parte conduttrice, trattandosi come detto prima di un atto di natura recettizia, ossia che deve essere portato a conoscenza della controparte;
3. recarsi nuovamente dal notaio per esibirgli l’originale dell’atto di cui al punto 1, con la relata di notifica, chiedendogli questa volta di ricevere l’atto di consenso alla cancellazione della trascrizione ex art. 2668 u.co. c.c., al quale il concedente parteciperà sia in proprio che quale mandatario con rappresentanza della parte conduttrice (per come risulta dall’art. 7.3 del contratto da risolvere).

Alla cancellazione, infine, provvederà lo stesso notaio che ha ricevuto l’atto di assenso.

Giacomo C. chiede
lunedì 06/07/2020 - Marche
“il 14.6.2018 è stato emesso il decreto di trasferimento della nuda proprietà di imm.le acquistato all'asta pubblica in qualità di trustee di un trust. In data antecedente (27.2.2012) era stata trascritta una domanda giudiziale di ''nullità dell'atto di acquisto della nuda proprietà per mancato pagamento del prezzo di acquisto'' - causa tra il padre usufruttuario e il figlio avvocato nudo proprietario esecutato che poi è stata estinta per mancata comparizione delle parti il 2.2.2016. Essendo l'atto di acquisto del 22.7.2003 ... ed essendo la domanda giudiziale trascritta dopo il pignoramento avvenuto nel 2008, il problema per la salvaguardia dell'acquisto non esiste.
Il problema è che l'avv. esecutato e quale convenuto della causa ha trascritto una seconda domanda giudiziale il 30.4.2012 ''riduzione delle donazioni'' o meglio ha trascritto la sua comparsa di costituzione e risposta (che non ha al suo interno alcuna domanda riconvenzionale) dove semplicemente eccepiva la richiesta di nullità e confermando l'assunto attoreo del mancato pagamento del prezzo di acquisto della nuda proprietà chiedeva al giudice di definire la questione con divisone bonaria trattando l'atto del 2003 come atto valido e donazione da assoggettare a collazione.
Gli attori il 18.01.2018 hanno ripresentato la causa per chiedere nuovamente '' la nullità dell'atto di acquisto e in subordine che l'atto sia dichiarato donazione'' ... poi io sono intervenuto nel processo eccependo la prescrizione della domanda ..ma gli attori e convenuto insistono nella validità della domanda perché la prima causa (estinta e non riassunta) avrebbe comunque ''fermato'' la prescrizione decennale (fatto riconosciuto dal convenuto ovviamente).
Il problema è che il tribunale non ha reso possibile la visione del fascicolo del primo giudizio estintosi, essendo cartaceo ed essendo l'archivio del tribunale inagibile per presenza di amianto... sicché si sono visti solo i documenti del giudizio del 2018... Oggi ho scoperto che la nota di trascrizione della ''seconda domanda giudiziale di riduzione delle donazioni del 30.4.2012'' riporta quale numero di repertorio il numero di iscrizione a ruolo della domanda giudiziale vera di ''nullità di atti'', mentre la nota di trascrizione della causa di ''nullità di atti'' riporta nel numero di repertorio il numero cronologico o nr. di cartolina dell'avviso di ricevimento della notifica della comparsa di costituzione - fatti questi che hanno generato la confusione del legale e l'idea che ci fossero due cause e non una sola e soltanto, essendo la trascrizione della comparsa di costituzione ritenuta illegittima e che il conservatore non doveva procedere alla sua trascrizione come ''domanda giudiziale''. La domanda è, visto che il processo ha spirato i termini 183 co 6 e si è in attesa della perizia di un tecnico per la valutazione dei cespiti, come posso chiedere al giudice di CANCELLARE la nota di trascrizione e far accertare che la nota di trascrizione definita domanda giudiziale ''riduzione della donazione'' è illegittima in quanto non è una domanda riconvenzionale e ciò HA influenza sul processo e sulla sua opponibilità al trust, poiché cancellando questa e non essendo esistente la domanda giudiziale di riduzione della donazione del 2012... la proposizione della domanda giudiziale del 2018 di nullità di atti e/o riduzione della donazione sarebbe certamente prescritta per decorso di oltre 10 anni dall'atto (del 2003) e per decorso di 10 anni dalla morte del de cuius (del 2006),.... ovvero esiste un modo per far accertare questo fatto essenziale e far sospendere l'attuale giudizio in attesa dell'esito di questa nuova domanda al medesimo tribunale ? Oppure, visto che tale fatto non è stato esplicitato nelle memorie 183 co 6 nr. 1 ..nè nelle 2 perché si era impossibilitati alla verifica e controparte ha prodotto nella memoria 183 co6 nr. 2 alcuni documenti del processo estintosi nel 2016 che non possono essere verificati ... né potevano essere opposti da me con le 183 co 6 nr.3, potrei chiedere al giudice la sospensione del processo per poter vedere il fascicolo del giudizio estinto e verificare la bontà dei documenti prodotti, atteso che quanto prodotto come 183 co6 nr.1 del giudizio estinto del 2016 (precisazione delle conclusioni) non è firmato in modo cartaceo dall'avocato dell'epoca dell'attore ma digitalmente dall'avvocato attuale dell'attore che è diverso ... (NB:temo un raggiro a mio danno perché l'immobile acquistato è lesionato dal sisma centro Italia, le chiavi sono in possesso solo dell'ex nudo proprietario e l'usufruttuario oltre a disinteressarsi dell'immobile non mi permette di eseguire i rilievi tecnici e di ripararlo... e con procedimento di danno temuto il giudice ha disposto la non tutela e mi ha condannato alle spese dopo che i carabinieri, vigili del fuoco, custode, comune ecc. hanno dichiarato di non poter far nulla per farmi riparare l'immobile... ) La domanda è come poter far accertare che la seconda domanda giudiziale è illegittima e non è una domanda giudiziale e fare in modo che l'attuale processo tenga conto di detta situazione ... perché poi in eventuale appello non potrei eccepire questo fatto non eccepito appieno nell'attuale processo. E come eventualmente chiedere al conservatore di cancellare detta trascrizione perché errata e illegittima pena i danni cagionati”
Consulenza legale i 14/07/2020
Prima di rispondere al presente quesito occorre fornire alcune precisazioni, rese necessarie da una non proprio felice formulazione degli atti processuali esaminati, in particolar modo dell’atto di citazione e della comparsa di costituzione e risposta.
Infatti la domanda formulata nelle conclusioni del primo ha come oggetto, preliminarmente, l’accertamento della nullità dell’atto di compravendita del 22.07.2003. Nella narrativa dell’atto in questione tale nullità viene fondata sul “mancato pagamento del prezzo”.
In realtà, la sola circostanza del mancato pagamento del prezzo non comporta di per sé la “nullità” della vendita, potendo semmai costituire un inadempimento del compratore con tutte le conseguenze del caso. Si sarebbe, invece, dovuto far valere la c.d. simulazione relativa, che si ha quando le parti hanno voluto concludere un contratto diverso da quello apparente: in questo caso, ai sensi dell’art. 1414 del c.c., ha effetto tra esse il contratto dissimulato, purché ne sussistano i requisiti di sostanza e di forma.
Nel nostro caso, dunque, il contratto concluso tra le parti non potrebbe produrre gli effetti tipici della compravendita, in quanto stipulato per dissimulare, in realtà, una donazione; gli effetti di quest’ultima potrebbero, però, prodursi solo in presenza dei requisiti prescritti dalla legge, primo fra tutti la forma dell’atto pubblico, stabilita a pena di nullità (art. 782 del c.c.).
In ogni caso, l’atto di citazione in esame conclude per la richiesta di collazione (istituto che riguarda, appunto, le donazioni), e per l’accertamento e l’assegnazione della quota del bene spettante a parte attrice.
Richieste non dissimili sono formulate nelle conclusioni della comparsa di costituzione esaminata, anche se nella narrativa di quest’ultimo atto si contesta la ricostruzione in termini di “nullità” dell’atto di compravendita e si insiste per l’accertamento della “natura liberale” (e dunque di donazione) del contratto del 22.07.2003. Neanche qui, tuttavia, si fa menzione della simulazione, come invece, a parere di questa Redazione, sarebbe stato corretto.
Ora, quanto alle domande soggette a trascrizione, l’art. 2652 del c.c., n. 4 indica “le domande dirette all'accertamento della simulazione di atti soggetti a trascrizione”. Pertanto, a prescindere dalla dichiarazione contenuta nella comparsa di costituzione e risposta - secondo cui la stessa non conterrebbe domanda riconvenzionale - occorre procedere ad una interpretazione delle richieste delle parti, che intendono far valere la “natura liberale” dell’atto qualificato come compravendita, e dunque far valere la disciplina della simulazione relativa anziché una “nullità” del contratto come nell’atto di citazione.
Tuttavia, anche prendendo in considerazione la legittimità della trascrizione di un simile atto, in quanto contenente una domanda rientrante tra quelle previste al n. 4 dell’art. 2652 c.c., la trascrivibilità e la cancellazione della trascrizione non assumono la rilevanza che si vuol loro attribuire nel quesito, in cui si confondono due istituti distinti, trascrizione e prescrizione, i quali operano su piani diversi.
Infatti la funzione della trascrizione è quella di rendere l’atto trascritto opponibile ai terzi, e di risolvere l’eventuale conflitto tra più acquirenti attribuendo prevalenza a chi ha trascritto per primo. In particolare, nel caso dell’art. 2652 c.c., n. 4, viene precisato che “la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda”.
Invece la prescrizione è una causa di estinzione di un diritto per effetto del suo mancato esercizio per il periodo di tempo stabilito dalla legge. Il decorso della prescrizione, com’è noto, può essere sospeso oppure interrotto. L’interruzione si verifica, tra l’altro, con la notifica dell’atto introduttivo di un giudizio (art. 2943 del c.c.).
Ora, l’art. 2945 del c.c., comma 3, prevede che “se il processo si estingue, rimane fermo l'effetto interruttivo e il nuovo periodo di prescrizione comincia dalla data dell'atto interruttivo”.
Dunque le domande giudiziali proposte nel 2012 conserverebbero la propria efficacia interruttiva della prescrizione.
Inoltre, se si inquadrano le domande proposte negli atti in esame nell’ambito della simulazione, occorre tenere presente che, secondo Cass. Civ., Sez. II, n. 125/2019, quando l'azione di simulazione relativa è finalizzata a fare emergere il reale cambiamento della realtà voluto dalle parti con la stipulazione del negozio simulato, opera il termine di prescrizione ordinaria decennale; quando invece è volta ad accertare la nullità sia del negozio simulato che di quello dissimulato, per l'assenza dei requisiti di sostanza e di forma, tale azione non è soggetta ai termini prescrizionali.
Seguendo tale orientamento, la domanda contenuta nella comparsa di costituzione rientrerebbe nell’ambito di applicazione della prescrizione decennale; ma, appunto, come visto sopra, l’atto conserverebbe il proprio effetto interruttivo, né ciò può ritenersi precluso dal fatto che si tratta di comparsa di costituzione, dal momento che essa risulta essere stata notificata alle altre parti.
In ogni caso, in tema di cancellazione della trascrizione delle domande di cui agli articoli 2652 e 2653 del c.c., il secondo comma dell’art. 2668 del c.c. stabilisce che essa deve essere giudizialmente ordinata, sia qualora la domanda sia rigettata, sia quando il processo sia estinto per rinunzia o per inattività delle parti.
Tuttavia, nel caso di omissione dell’ordine di cancellazione, la giurisprudenza (Cass. Civ., Sez. I, n. 794/1999) ha chiarito che “la trascrizione della domanda giudiziale relativa a beni immobili, ai sensi dell'art. 2652 c.c., configura una mera prenotazione, nei rapporti con i terzi, degli effetti dell'accoglimento della domanda stessa e, pertanto, resta del tutto inoperante se il relativo giudizio si estingua o, comunque, non si concluda con una sentenza favorevole, né può essere fatta valere in un successivo giudizio autonomo e diverso, non integrante riassunzione di quello precedente, restando irrilevante l'omessa pronuncia dell'ordine di cancellazione della trascrizione, ex art. 2668 c.c.”.
Quindi deve escludersi che la trascrizione della domanda contenuta nella comparsa di costituzione e risposta relativa al precedente giudizio, anche laddove venisse considerata legittima, possa ancora produrre gli effetti propri della trascrizione delle domande giudiziali.

Giuseppe C. chiede
lunedì 02/02/2015 - Calabria
“Spett. Redazione di Brocardi, ho ancora delle perplessità in ordine ad alcuni aspetti che non avevo evidenziato nella mia richiesta e pertanto Vi chiedo un’integrazione del parere fornito (n. 12035/2014).
La conseguenza di non poter ottenere la cancellazione della trascrizione, che mi sembra abnorme, è la seguente: Se il mio ricorso per cassazione dovesse essere respinto e fosse confermata la decisione dell’appello la causa si estinguerebbe (nei termini già definiti in appello), io rimarrei assegnatario del bene donatomi e potrei a quel punto ottenere abbastanza agevolmente (ma non so in quali tempi) la cancellazione della trascrizione.
Viceversa se il mio ricorso per cassazione dovesse essere accolto e fosse riconosciuta l’esenzione dalla collazione del fabbricato donatomi probabilmente la Cassazione rinvierebbe la causa ad un nuovo appello per integrare la mia quota ereditaria dei valori o dei beni relitti ancora necessari per completare la mia quota ereditaria. A questo punto io non potrei (seguendo il principio indicato del formale passaggio in giudicato della sentenza) ottenere la cancellazione della trascrizione per chissà quanti anni ancora!!
In conclusione chiedo se si possa sostenere che le tutele che la legge prevede per la trascrizione delle domande giudiziarie relative alle ipotesi previste dagli artt. 2652 e 2653 c.c. non abbiano più alcuna necessità di essere mantenute, almeno limitatamente al fabbricato donatomi e ciò perché sono ormai passati in giudicato oltre ai punti 1) e 2) della citazione anche l’assegnazione alla mia quota ereditaria del suddetto fabbricato e pertanto, sempre limitatamente a detto bene, si dovrebbe poter chiedere, con un giudizio autonomo, la cancellazione della trascrizione e, se concessa, e non appellata, si potrebbe presentare alla conservatoria per la cancellazione il certificato della cancelleria attestante il formale passaggio in giudicato della sentenza contenente l’ordine di cancellazione.
Un altro aspetto che vorrei fosse chiarito è il seguente: L’art. 2668 c.c. stabilisce le modalità per la cancellazione della trascrizione delle domande enunciate dagli articoli 2652 e 2653 e delle relative annotazioni(2654). La trascrizione della domanda di divisione giudiziale è invece prevista dall’art. 2646.
Esiste una norma o sentenza che assimila le procedure di cancellazione previste per le domande enunciate dagli articoli 2652 e 2653 (passaggio in giudicato) a quelle enunciate dallo articolo 2646 ?
Un’ultima richiesta di parere: Poiché per oltre 30 anni mi è stata ingiustamente impedita la completa utilizzazione del bene donatomi e la sua eventuale commercializzazione, è possibile oggi richiedere i danni alle attrici anche se non è mai stata fatta riserva nella causa in corso di chiedere tali danni?”
Consulenza legale i 02/02/2015
Rispetto a quanto affermato nel quesito, vi sono alcune osservazioni da proporre relative al passaggio in giudicato di due capi della sentenza e alla possibilità di proporre un autonomo giudizio.

Quanto al primo punto, ai sensi dell'art. 329 del c.p.c., sembrerebbe essersi formato sui due capi non impugnati il "giudicato interno": essi, cioè, sono passati in giudicato per non essere stati impugnati dalla parte soccombente (si parla in tal caso propriamente di acquiescenza).

Ribadiamo quanto precedentemente affermato circa la necessità che l'attuale giudizio arrivi ad una sentenza che passi in giudicato" formale" interamente.

Tuttavia è interessante porci la questione circa la possibilità di chiedere in un autonomo giudizio che sia riconosciuto il giudicato "interno" formatosi su due capi della sentenza.

Va premesso che in generale è stato ritenuto possibile chiedere la cancellazione di una domanda giudiziale che si assume illegittimamente eseguita in un giudizio autonomo rispetto a quello originato dalla domanda trascritta (Cass. civ., 3.12.2007 n. 25248).

Per ipotizzare una simile azione, però, dovremmo supporre che i capi della sentenza siano tra loro assolutamente indipendenti. Ciò, però si potrebbe sostenere solo laddove la decisione circa l'imputazione della donazione (se esente o meno dalla collazione), non incida in alcun modo sulla questione più generale relativa alla divisione ereditaria (oggetto del capo impugnato in Cassazione).
Se invece si riscontrasse una dipendenza, seppur minima - la valutazione circa la dipendenza tra i capi esula da questo parere, presupponendo l'esame approfondito degli atti di causa dei tre gradi -, il giudice di primo grado adito per la richiesta della cancellazione potrebbe sospendere il processo in attesa della decisione della Corte di cassazione, annullando il vantaggio "temporale" di ottenere una decisione sulla cancellazione prima della fine del processo originario (art. 295 del c.p.c.: "Il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa").
In ogni caso, non si sottovaluti la durata di un giudizio ordinario intrapreso ex novo ora (è noto che il primo grado di giudizio può durare anche svariati anni).
Sembra invece escluso che si possa chiedere la cancellazione con un'azione di tipo cautelare ex art. 700 del c.p.c., perché essa non si conclude con una sentenza suscettibile di passare in giudicato.

Nel quesito si dice:
"Viceversa se il mio ricorso per cassazione dovesse essere accolto e fosse riconosciuta l’esenzione dalla collazione del fabbricato donatomi, probabilmente la Cassazione rinvierebbe la causa ad un nuovo appello per integrare la mia quota ereditaria dei valori o dei beni relitti ancora necessari per completare la mia quota ereditaria. A questo punto io non potrei (seguendo il principio indicato del formale passaggio in giudicato della sentenza) ottenere la cancellazione della trascrizione per chissà quanti anni ancora".
Circa questo punto, riteniamo che la Corte di Cassazione dovrebbe d'ufficio disporre la cancellazione della trascrizione e, se non dovesse farlo, crediamo sia possibile tentare di ottenere la correzione della sentenza ai sensi dell'art. 287 c.p.c., secondo quanto dichiarato da un indirizzo giurisprudenziale ritenuto maggioritario.

In relazione al dubbio circa il fatto che l’art. 2668 c.c. stabilisce le modalità per la cancellazione della trascrizione delle domande enunciate dagli articoli 2652 e 2653 e delle relative annotazioni, mentre la trascrizione della domanda di divisione giudiziale è prevista dall’art. 2646, riteniamo che la trascrizione sia stata effettuata anche ai sensi dell'art. 2652 nn. 7 e 8 ("le domande con le quali si contesta il fondamento di un acquisto a causa di morte"; "le domande di riduzione delle donazioni e delle disposizioni testamentarie per lesioni di legittima"): pertanto, non sembra si ponga un problema di applicabilità dell'art. 2668.

Infine, quanto alla questione relativa al risarcimento del danno causato dalla mancata utilizzazione del bene, poiché si dichiara che tale risarcimento non è mai stato chiesto in giudizio, va da sé che esso non possa essere accertato e tantomeno liquidato nel giudizio pendente innanzi alla Suprema Corte. Potrà essere chiesto in autonomo giudizio, ma ricordiamo che vale la regola generale della prescrizione decennale per il danno contrattuale e quella quinquennale per il danno extracontrattuale: la valutazione relativa alla prescrizione del diritto va effettuata in concreto verificando il tipo di danno lamentato e il momento in cui si è iniziato a produrre.

Giuseppe C. chiede
mercoledì 24/12/2014 - Calabria
“In data 1984 su un fabbricato, donatomi da mio padre in data 1979 (senza alcuna imputazione), è stato trascritto da parte di due coeredi un atto di citazione tendente ad ottenere: 1) la nullità delle donazioni per incapacità di intendere e di volere del de cuius donante; 2) la riduzione delle donazioni per lesione di legittima; 3) la divisione ereditaria secondo le nome di legge (1/3 moglie 1/5 dei 2/3 a ciascuno dei 5 figli). Con sentenze di primo grado e con sentenza di appello sono stati respinti i primi due motivi di causa mentre è stato accolto il terzo motivo e si è proceduto alla suddivisione dell'asse ereditario secondo le norme della successione legittima. In tale divisione sono rimasto assegnatario del fabbricato donatomi calcolato con imputazione in conto di legittima. Avverso tale definizione ho proposto ricorso in cassazione per chiedere l'imputazione con esenzione dalla collazione del fabbricato donatomi. Al mio ricorso ha fatto solo resistenza (accettando quindi tutte le risultanze dell'appello) soltanto una delle due coeredi che aveva anche provveduto ai sensi di legge a rinnovare la trascrizione. Nessun altro coerede ha presentato contro ricorso. Ritengo pertanto che i primi due punti dell'atto di citazione siano passati in giudicato (non avendo nessuna parte proposto ricorso in cassazione) e che il terzo punto potrà solo migliorare la mia quota ereditaria ma non potrà minimamente inficiare l'attribuzione alla mia quota del fabbricato donatomi. Al coerede resistente ho chiesto il consenso alla cancellazione della trascrizione ma non ho ricevuto alcuna risposta. Il mio avvocato ritiene che per ottenere la cancellazione della trascrizione occorre che passi in giudicato la sentenza di tutta la causa e che quindi occorre aspettare il giudizio della cassazione ed in caso di rinvio in appello occorre aspettare l'esito di tutta la causa.
Ciò mi sembra una assurdità e ritengo invece possibile l'instaurazione di un giudizio autonomo per accertare il passaggio in giudicato dell'attribuzione alla mia quota ereditaria del fabbricato donatomi.
Le chiedo pertanto un parere circa l'eventualità di poter espletare un'azione autonoma per ottenere la cancellazione della trascrizione che mi procura enormi danni non potendo procedere alla sua commercializzazione ed eventualmente l'iter giudiziario da seguire.
Per completezza di informazione preciso che sia in primo grado che in appello ho richiesto la cancellazione della trascrizione ma la domanda è stata rigettata perché la richiesta poteva essere fatta solo col passaggio in giudicato della sentenza (e l'art. c.c.2668 II comma?!!).
Nel ricorso per cassazione la richiesta di cancellazione non è stata riproposta. Si potrà richiedere in sede di udienza ?”
Consulenza legale i 09/01/2015
Nella vicenda esposta si è avuta la trascrizione di tre domande giudiziali proposte nel medesimo processo: nullità di donazione per incapacità di intendere e di volere del donante; riduzione delle donazioni per lesione di legittima; divisione ereditaria.
In relazione alle prime due domande, sembra essersi formato il giudicato sostanziale, in quanto, una volta respinte in appello, nessuno ha coltivato l'impugnazione in Cassazione.
In merito alla terza domanda, tuttavia, pende ancora il giudizio di Cassazione.

Ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 2646 del c.c. si deve trascrivere la domanda di divisione giudiziale di cui all'art. 713 del c.c., ciò che è avvenuto nel caso di specie. La trascrizione è stata peraltro rinnovata da uno dei coeredi, quindi è tuttora efficace.
L'art. 2668, primo comma, c.c., dice che la cancellazione della trascrizione delle domande enunciate dagli articoli 2652 e 2653 e delle relative annotazioni si esegue in due casi: quando vi è il consenso delle parti interessate; quando è ordinata giudizialmente con sentenza passata in giudicato.

Il secondo comma del medesimo articolo stabilisce che la cancellazione va ordinata giudizialmente qualora la domanda sia rigettata o il processo sia estinto (per rinunzia o inattività delle parti).

Nel nostro caso, non può trovare applicazione il secondo comma dell'art. 2668: questo parla infatti delle ipotesi di rigetto della domanda o di estinzione del processo. Il processo avente ad oggetto la domanda di divisione sta proseguendo, e quindi certamente non è estinto; e neppure può dirsi che la domanda di divisione sia stata rigettata, anzi, è stata accolta anche in appello (costringendo la parte soccombente a proporre il ricorso per cassazione).

Quindi, se anche è vero che le prime due domande sono passate in giudicato (e quindi in relazione ad esse - in via ipotetica - il giudice potrebbe ordinare la cancellazione della trascrizione delle relative domande), permarrebbe pur sempre in vita la terza domanda, la cui trascrizione, allo stato attuale, non può essere cancellata.

Ciò chiarito, ci si può chiedere se le tre domande possano essere trattate separatamente, e cioè se in relazione alle sole prime due possa essere chiesta la cancellazione della trascrizione. La giurisprudenza è di avviso contrario. E' stato ritenuto, infatti, che per procedere alla cancellazione della trascrizione di una domanda giudiziale sia necessario che la sentenza sia formalmente passata in giudicato nella sua interezza: "per procedere alla cancellazione della domanda è sempre necessario che la sentenza sia formalmente in giudicato e che, se impugnata, su di essa si sia comunque e definitivamente pronunciato il giudice dell'impugnazione: si pensi, infatti, al caso, improbabile ma possibile, che il giudice dell'impugnazione, non avvedendosi della sostanziale definitività di un capo non impugnato della sentenza, la riformi anche in ordine a quello, precludendo, quindi, sia pure erroneamente, ma validamente sotto l'aspetto giuridico, di procedere alla cancellazione della domanda" (Trib. Verbania 18.12.2003).

Di fatto, mancando il passaggio in giudicato formale, la parte non può ottenere l'indispensabile certificazione da parte del cancelliere di passaggio in giudicato della sentenza, richiesta poi dal Conservatore.

In base a tale orientamento giurisprudenziale, sia il giudice di primo che di secondo grado non hanno accolto la richiesta di cancellazione della trascrizione, poiché non tutti i capi della sentenza hanno visto il rigetto della domanda.

Circa l'ultima questione, quella relativa alla possibilità di chiedere in udienza - non essendo stato fatto nel ricorso - la cancellazione della trascrizione, si deve innanzitutto ricordare che il giudice di terzo grado, se rigetterà la domanda trascritta (accogliendo quindi il ricorso) potrà anche d'ufficio ordinare la cancellazione della trascrizione. Si ritiene quindi che tale richiesta non fosse da proporre a pena di decadenza nel ricorso introduttivo, posto che comunque la questione relativa alla cancellazione era stata già coltivata nei due giudizi di merito (il terzo grado di giudizio civile attiene solo alle questioni di legittimità).

Qualora la Corte di cassazione non ordinasse la cancellazione della trascrizione una volta concluso il terzo grado di giudizio, vi sono comunque delle soluzioni. In giurisprudenza si sono reputate possibili diverse strade, tra le quali si segnala come alternativa ritenuta maggiormente idonea la proposizione di un ricorso per la correzione dell’errore materiale della sentenza (art. 287 del c.p.c.).

Enrico C. chiede
martedì 21/10/2014 - Sicilia
“Buon giorno. Io avevo una trascrizione a favore, registr. generale 2044, pubblico ufficiale tribunale ordinario di roma-sezione civile,domanda giudiziale-accertamento di diritti reali, immobili siti in Palermo. La domanda era per l'accertamento del diritto di prelazione. La sentenza di primo grado si è chiusa con sentenza di incompetenza territoriale,in quanto l'immobile si trova a Palermo.
Mi hanno fatto cancellare la trascrizione dicendomi che, senza questa cancellazione, non avrebbero potuto vendermi la casa e io l'ho fatto, da un notaio. Dopo questo, anche se avevamo firmato un accordo in cui loro si impegnavano a vendermi l'appartamento, non hanno venduto la casa a me, ma ad un altro, ad un prezzo ancora più basso. E' regolare questa cancellazione e questo comportamento? Mi dicono che io non ho più diritto sulla casa.Grazie”
Consulenza legale i 27/10/2014
Per risolvere il quesito proposto, va innanzitutto premesso che il codice civile prevede una serie di domande giudiziali che si devono trascrivere ai sensi dell'art. 2652 del c.c.. Si tratta di un elenco tassativo, che la giurisprudenza ha esteso analogicamente in alcuni casi a fattispecie non espressamente ricomprese. L’effetto della trascrizione consiste in una prenotazione degli effetti della sentenza di accoglimento, che seppure intervenuta dopo l'eventuale acquisto del bene da parte di un terzo, prevarrà su quest’ultimo se la domanda giudiziale è stata trascritta prima.

Nel quesito si parla genericamente di "accertamento del diritto di prelazione".
Il diritto di prelazione, che consiste nel diritto di essere preferito rispetto ad altro soggetto nella conclusione di un determinato contratto, a parità di condizioni, può sorgere in due modi:
1) in base ad un patto tra le parti, un vero e proprio accordo;
2) per legge (ad es. il coerede ha diritto di prelazione sulla quota degli altri eredi, se questi vogliono alienarla, art. 732 del c.c.).

Nel primo caso, la Corte di cassazione, con sentenza a Sezioni Unite del 23 marzo 2011, n. 6597 , ha stabilito: "La domanda giudiziale volta ad ottenere l'accertamento dell'esistenza di un patto di prelazione in caso di vendita di un bene immobile, in assenza di una specifica previsione normativa al riguardo, non è suscettibile di essere trascritta; il patto di prelazione, infatti, non può essere assimilato al contratto preliminare, in quanto in quest'ultimo è individuabile un'obbligazione già esistente, rispetto alla quale ha senso assicurare l'effetto di prenotazione della trascrizione, effetto che non è invece collegabile al patto di prelazione, che non prevede alcun obbligo di futuro trasferimento".
In caso di prelazione prevista per legge (cd. prelazione legale), ciò che si va a trascrivere non è una vera e propria domanda di accertamento del diritto di prelazione, bensì una domanda di riscatto del bene, diretta ad ottenere da parte del giudice la diretta attribuzione della cosa, con meccanismo assimilato a quello della domanda di esecuzione in forma specifica di contratto ex art. 2932 del c.c.. Quindi, si tratta di una trascrizione ai sensi del n. 2) dell'art. 2652 c.c.

Per venire al caso di specie, quindi, due sono i casi:
- o la trascrizione riguardava una domanda relativa ad un patto convenzionale di prelazione, e in tal caso la trascrizione eseguita si appalesa come inutile o irrilevante, posto che concerneva atti giuridici non soggetti a trascrizione (in altre parole, quella trascrizione non tutelava in alcun modo la persona a favore della quale era stata eseguita);
- o la trascrizione concerneva un diritto di prelazione legale, nel qual caso era stata legittimamente eseguita ai sensi dell'art. 2652 c.c. n. 2).

Se ci trovassimo nel secondo caso, comunque la trascrizione non aveva più ragione di permanere, in quanto il giudizio si è concluso con una sentenza di incompetenza territoriale del giudice adito.
Questo tipo di sentenza attiene solo al "rito" e non al "merito" della causa: essa non decide sulla sostanza della causa - non dice se all'attore spetta veramente un diritto di prelazione - ma solo su un aspetto formale del processo. Va da sé che l'effetto prenotativo della trascrizione della domanda giudiziale non può prodursi in relazione a una sentenza che si limita a dire che il giudice adito non è territorialmente competente.

La cancellazione delle domande giudiziali trascritte ai sensi dell'art. 2652 c.c. è disciplinata dall'art. 2668 del c.c., il quale sancisce all'ultimo comma - che parla di contratto preliminare ma possiamo tranquillamente assimilare al nostro caso - che essa va disposta se è consentita dalle parti interessate o è ordinata giudizialmente con sentenza passata in giudicato. Ai sensi del secondo comma, il giudice deve ordinare la cancellazione della domanda quando il processo si estingue per inattività delle parti, caso che si è qui verificato perché il giudizio non è stato riassunto dinnanzi al giudice competente.
Nel nostro caso, la parte ha acconsentito alla cancellazione e quindi la cancellazione è stata correttamente eseguita. D'altronde, appare chiaro che la controparte avrebbe potuto ottenere una cancellazione su ordine del giudice, visto che non vi erano ragioni per la permanenza di quella trascrizione (come già detto, la sentenza sull'incompetenza territoriale non era sufficiente).

La cancellazione della trascrizione può quindi ritenersi, salvo circostanze ulteriori non specificate nel quesito, corretta e legittima.
Si deve sottolineare, ad ogni buon conto, che la domanda proposta nel giudizio concluso con la sentenza di incompetenza territoriale può essere riproposta dinnanzi al giudice competente.

Altra questione è quella che concerne il mancato rispetto dell'accordo con cui le parti si sono impegnate a concludere il contratto di compravendita del bene.
In questa ipotesi, che bisognerebbe approfondire analizzando il testo dell'accordo sottoscritto, si ravvisa un inadempimento contrattuale che potrebbe legittimare il promissario acquirente ad agire nei confronti del promittente venditore che non ha rispettato i patti.

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.