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Articolo 563 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Azione contro gli aventi causa dai donatari soggetti a riduzione

Dispositivo dell'art. 563 Codice Civile

Se i donatari contro i quali è stata pronunziata la riduzione [559 c.c.] hanno alienato a terzi gli immobili donati e non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione(1) della donazione(2), il legittimario, premessa l'escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti, nel modo e nell'ordine in cui si potrebbe chiederla ai donatari medesimi [559 c.c.], la restituzione degli immobili [2652 n.8, 2690 n. 5 c.c.](3) .

L'azione per ottenere la restituzione deve proporsi secondo l'ordine di data delle alienazioni, cominciando dall'ultima(4) . Contro i terzi acquirenti può anche essere richiesta, entro il termine di cui al primo comma(5), la restituzione dei beni mobili, oggetto della donazione, salvi gli effetti del possesso di buona fede [1153 c.c.](6) .

Il terzo acquirente può liberarsi dall'obbligo di restituire in natura le cose donate pagando l'equivalente in danaro.

Salvo il disposto del numero 8) dell'articolo 2652, il decorso del termine di cui al primo comma e di quello di cui all'articolo 561, primo comma, è sospeso nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta del donante che abbiano notificato e trascritto, nei confronti del donatario e dei suoi aventi causa(7), un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione. Il diritto dell'opponente è personale e rinunziabile. L'opposizione perde effetto se non è rinnovata prima che siano trascorsi venti anni dalla sua trascrizione(8)(9).

Note

(1) Le parole "trascrizione della" sono state inserite dall'art. 3 c. 1, lett. a), della L. 28 dicembre 2005, n. 263.
(2) Le parole "e non sono trascorsi venti anni dalla donazione" sono state inserite dall'art. 2 c. 4 novies lett. a), n. 2, del D. Lgs. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni nella L. 14 maggio 2005, n. 80.
(3) Esperita vittoriosamente l'azione di riduzione, il legittimario può agire nei confronti dell'avente causa del donatario per ottenere la restituzione dell'immobile qualora:
- il legittimario abbia preventivamente escusso il patrimonio del donatario e questo si sia rivelato incapiente;
- non siano trascorsi più di vent'anni dalla trascrizione della donazione.
(4) La legittimazione passiva è data in base all'ordine cronologico delle donazioni e non della alienazioni. La domanda di restituzione deve, quindi, essere proposta contro l'avente causa del donatario più recente, a prescindere da quale sia stata l'ultima alienazione.
(5) Le parole ", entro il termine di cui al primo comma" sono state inserite dall'art. 2 c. 4 novies lett. a), n. 3, del D. Lgs. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni nella L. 14 maggio 2005, n. 80.
(6) Sono fatti salvi gli acquisti dei beni mobili fatti da chi era in buona fede, ignorava cioè di ledere l'altrui diritto, ove abbia conseguito il possesso del bene.
(7) Le parole "e dei suoi aventi causa" sono state inserite dall'art. 3 c. 1, lett. b), della L. 28 dicembre 2005, n. 263.
(8) L'opposizione è un atto personale, ma non personalissimo. Il titolare può rinunciarvi, prima del suo esercizio e dopo (in tal caso si tratterà di una revoca). La rinuncia ha ad oggetto la sola opposizione e non anche il termine ventennale.
(9) Il comma è stato aggiunto dall'art. 2 c. 4 novies lett. a), n. 4, del D. Lgs. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni nella L. 14 maggio 2005, n. 80.

Ratio Legis

I legittimari possono far valere le loro ragioni anche nei confronti degli aventi causa dei donatari, sussistendo i presupposti di cui alla norma in commento. La loro posizione, quindi, è ulteriormente rafforzata.

Spiegazione dell'art. 563 Codice Civile

Questo articolo, sebbene letteralmente consideri l’ipotesi di alienazione dei soli beni donati, deve ritenersi applicabile anche quando siano stati alienati dagli onorati beni che abbiano costituito oggetto di disposizione testamentaria. All’identica efficacia della disposizione testamentaria lesiva, finché la stessa non sia ridotta, corrisponde un’identica disciplina degli effetti dell’alienazione dei beni oggetto della liberalità da parte dell’onorato. Anche sotto questo aspetto la differenza fra donazioni e disposizioni testamentarie dipende soltanto da ciò, che per effetto delle donazioni esiste una situazione precostituita all’apertura della successione.

Un primo importante limite all’efficacia reale della riduzione nel caso di avvenuta alienazione è costituito dalla necessità della preventiva escussione dei beni del donatario o onorato. Nel conflitto fra interesse del legittimario a conseguire la legittima in natura e interesse del terzo a conservare il bene acquistato, è stato ritenuto più meritevole di tutela il secondo: il legittimario non può pretendere dai successivi acquirenti la restituzione in natura dei beni costituenti oggetto della liberalità, se può conseguire dal gratificato il valore di quei beni. È una deroga assai importante alla retroattività reale della riduzione e al principio che la legittima è quota in natura.
Al legittimario spetta l'azione reale, per la restituzione dei beni elargiti, verso i subacquirenti, quando egli non riesca a realizzare sui beni del gratificato il diritto al valore della liberalità lesiva, con due ulteriori limitazioni: la prima, per i mobili, discende dal principio che il possesso vale titolo rispetto agli acquirenti di buona fede; la seconda, per cui è apportata una deroga ulteriore al principio della legittima quota in natura, dipende dalla facoltà attribuita, col terzo comma, al subacquirente di prestare, in luogo dei beni acquistati, l’equivalente in danaro.
Si è in tal modo risolta, contro l'opinione giustamente prevalente nel silenzio del codice anteriore, la questione se la restituzione da parte del terzo dovesse avvenire in natura o potesse avvenire per equivalente.

La restituzione può essere chiesta, solamente se non sono ancora trascorsi vent'anni dalla trascrizione della donazione, ai successivi acquirenti "nel modo e nell’ordine con cui si potrebbe chiederla ai donatari medesimi". Ciò significa che, trattandosi di beni donati, i subacquirenti vengono, rispetto all’obbligo della restituzione, ordinati in tante categorie quante sono le donazioni, di cui costituivano oggetto i beni da essi acquistati, con la conseguenza che gli acquirenti dei beni oggetto dell'ultima donazione formano col loro dante causa la prima categoria di obbligati e così via. In ciascuna categoria di subacquirenti viene poi a stabilirsi un ordine ulteriore, secondo l’ordine di data delle alienazioni, cominciando dall’ultima, sicché, se uno stesso gratificato ha posto in essere più alienazioni, prima devono essere restituiti i beni oggetto dell’ultima alienazione e poi via via quelli delle alienazioni anteriori. Il criterio dell’ordine retrogrado di data è stato adottato anche per le alienazioni, in base alla considerazione che la causa prossima dell’efficacia reale della riduzione deve ravvisarsi, nel caso di più alienazioni, nell’alienazione ulteriore.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 563 Codice Civile

Cass. civ. n. 35461/2022

Le donazioni contrattuali, aventi ad oggetto beni che provenivano "direttamente" dal patrimonio del donante, non portano di per sè alla trasformazione del diritto del legittimario al bene "in natura" in un diritto di credito. Infatti, se il donatario beneficiario della disposizione lesiva ha alienato l'immobile donatogli, il legittimario, nel caso in cui ricorrano le condizioni stabilite dall'art. 563 c.c., può chiederne la restituzione anche ai successivi acquirenti, che sono invece al riparo da ogni pretesa restitutoria del legittimario nella diversa ipotesi di riduzione di una donazione indiretta (ad esempio nell'intestazione di beni in nome altrui). Invero, nella donazione indiretta poiché l'azione di riduzione non mette in discussione la titolarità del bene, il valore dell'investimento finanziato con la donazione indiretta dev'essere ottenuto dal legittimario leso con le modalità tipiche del diritto di credito.

Cass. civ. n. 27065/2022

In tema di successioni, il coniuge o i parenti in linea retta del simulato alienante che, prima dell'apertura della successione dello stesso, intendano notificare un'opposizione alla donazione ai sensi dell'art. 563, comma 4 c.c., sono tenuti ad esperire previamente l'azione di simulazione, onde accertare che le parti abbiano inteso effettivamente realizzare una donazione, nei cui confronti soltanto l'opposizione è prevista. Ne consegue che ad essi, in quanto terzi, non si applicano le limitazioni alla prova della simulazione dettate dall'art. 1417 c.c. per le parti del contratto, essendo tale azione funzionale alla tutela di un'aspettativa di diritto riconosciuta al futuro legittimario.

Cass. civ. n. 4523/2022

L'azione di simulazione di un contratto dissimulante una donazione di un bene immobile può essere esperita, dal coniuge o dal parente in linea retta del disponente, anche prima dell'apertura della successione di quest'ultimo, allo specifico scopo di consentire l'opposizione di cui all'art. 563, comma 4, c.c. e di rendere, in futuro, possibile l'esperimento della domanda di restituzione del bene donato di cui all'art. 563, comma 1, c.c..

Cass. civ. n. 22457/2019

Il giudice innanzi al quale sia stata proposta un'azione di simulazione di una compravendita in quanto dissimulante una donazione, azione finalizzata alla successiva trascrizione dell'atto di opposizione, ai sensi dell'art. 563, comma 4, c.c., deve rilevare d'ufficio l'esistenza di una diversa causa di nullità della donazione e, ove sia già pendente il giudizio di appello e sia, perciò, ormai inammissibile un'espressa domanda di accertamento in tal senso della parte interessata, deve rigettare l'originaria pretesa, previo accertamento della nullità, nella motivazione, con efficacia, peraltro, di giudicato in assenza di sua impugnazione.

Cass. civ. n. 18280/2017

In tema di successione necessaria, ove la lesione della legittima sia determinata dall'alienazione a terzi, ad opera dell'erede o del legatario, di beni oggetto di disposizione testamentaria, legittimato passivo rispetto all'azione di riduzione esperita dal legittimario è soltanto il beneficiario della disposizione testamentaria lesiva della legittima, e non anche i possessori dei beni con cui questa deve essere reintegrata - i quali, al contrario, sono legittimati passivi rispetto alla domanda di restituzione conseguente al vittorioso esperimento della prima azione - avendo l'azione di riduzione comunque ad oggetto i beni appartenenti al "de cuius", sebbene già alienati, atteso che l'effetto della pronunzia è comunque quello di rendere inefficace nei confronti del legittimario la disposizione lesiva, e ciò anche nei confronti degli eventuali terzi acquirenti, salvi, nei confronti di costoro, gli effetti derivanti dall'omessa trascrizione della domanda di riduzione, ex art. 2652, n. 8, c.c..

Cass. civ. n. 1357/2017

In materia di successione testamentaria, il legittimario che agisca in riduzione ha l'onere d'indicare entro quali limiti sia stata lesa la sua quota di riserva, determinando con esattezza il valore della massa ereditaria, nonché quello della quota di legittima violata, dovendo, a tal fine, allegare e provare, anche ricorrendo a presunzioni semplici, purché gravi precise e concordanti, tutti gli elementi occorrenti per stabilire se, ed in quale misura, sia avvenuta la lesione della riserva, oltre che proporre, sia pure senza l'uso di formule sacramentali, espressa istanza di conseguire la legittima, previa determinazione della medesima mediante il calcolo della disponibile e la conseguente riduzione delle donazioni compiute in vita dal "de cuius".

Cass. civ. n. 14473/2011

In materia di successione testamentaria, il legittimario che propone l'azione di riduzione ha l'onere di indicare entro quali limiti è stata lesa la sua quota di riserva, determinando con esattezza il valore della massa ereditaria nonché il valore della quota di legittima violata dal testatore. A tal fine, ha l'onere di allegare e comprovare tutti gli elementi occorrenti per stabilire se, ed in quale misura, sia avvenuta la lesione della sua quota di riserva oltre che proporre, sia pure senza l'uso di formule sacramentali, espressa istanza di conseguire la legittima, previa determinazione della medesima mediante il calcolo della disponibilità e la susseguente riduzione delle donazioni compiute in vita dal "de cuius".

Cass. civ. n. 5042/2011

L'azione di riduzione proposta dal legittimario nei confronti del terzo acquirente dal donatario richiede la preventiva escussione dei beni del donatario medesimo, ma solo a condizione dell'effettiva esistenza di una situazione di possidenza in quest'ultimo, trattandosi non di una formalità procedurale, ma di un adempimento che, per la finalità ad esso connessa, in tanto è richiesto in quanto vi sia un patrimonio sul quale si possa esplicare.

Cass. civ. n. 4130/2001

Poiché per il disposto dell'art. 563 c.c. in caso di lesione di legittima, il terzo acquirente dei beni donati può liberarsi dall'obbligo di restituzione in natura dei medesimi pagando l'equivalente in danaro, il legittimario a seguito del favorevole esperimento prima dell'azione di riduzione e poi di quella di restituzione, non può considerarsi entrato a far parte della comunione ereditaria, con la conseguente possibilità di esercitare la prelazione e il riscatto.

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Consulenze legali
relative all'articolo 563 Codice Civile

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S. M. chiede
mercoledì 27/09/2023
“Richiesta di chiarimenti su Vs risposta al quesito Q202334460

Mi piacerebbe avere dei chiarimenti, onde evitare fraintendimenti interpretativi.

1) in caso di opposizione alla donazione (che potrebbe avvenire anche oltre i 20 anni dalla donazione o dalla morte della nonna?) da parte di uno degli appartenenti all'asse ereditario, ciò comporterebbe l'obbligo da parte di Lorella di accettare un'offerta alla vendita pervenuta da terzi? Nel caso l'appartamento fosse già stato venduto, Lorella dovrebbe riconoscere la quota parte spettante agli altri eredi?

2) gli aventi diritto in caso di eredità, sarebbero figli, nipoti e pronipoti del donante? O la cosa si potrebbe estendere oltre?
Inoltre i coniugi degli eredi (Nipote3 Leonardo e Nipote1 Franco) avrebbero in qualche forma la possibilità di avanzare una qualche pretesa e/o formalizzare in futuro un'opposizione alla donazione?

3) Se ho ben inteso, l'esercizio della rinuncia all'opposizione può essere effettuata sin da subito da Figlio2 (Figlio1 non è più in vita), Nipote1 e Nipote3. Prima ancora che avvenga la donazione. E' corretto?
Per i figli dei nipoti (ad oggi in età scolare) come ci si dovrebbe comportare? Nipote1 e Nipote3 dovrebbero rinunciare per sè ed i propri figli?

4) La rinuncia all'esercizio dell'opposizione può essere effettuata solo quando sarà aperta la successione, quindi alla dipartita della nonna? Se così fosse, la nonna ad oggi non avrebbe alcuna certezza che l'immobile giunga a Lorella come da sue volontà.

5) La rinuncia all'opposizione deve essere per forza sottoscritta presso un Notaio oppure ci sono forme economicamente meno dispendiose e legalmente valide? Ad esempio la sottoscrizione dinanzi al sindaco del paese? Una PEC inviata alle parti contenente il documento di rinuncia all'opposizione?

6) La donazione con "dispensa di collazione" farebbe sì che l'immobile non rientri in nessun "calcolo" tra figli e nipoti. In tal caso, nessuno degli aventi diritto (ora o in futuro) potrebbe opporsi?

7) Non volendo nipote3 (Lorella) entrare in possesso sin da subito di tale immobile (ciò avrebbe impatto su ISEE e costi vari di gestione), è altrettanto valido effettuare una donazione con "dispensa di collazione" da Nonna a Figlio2 ottenendo di fatto l'esclusione di Figlio1 ed i suoi eredi?


Per comodità, allego lo schema familiare citato nella mia richiesta iniziale.”
Consulenza legale i 05/10/2023
Al fine di rispondere a ciascuna delle domande poste senza tralasciarne alcuna, vengono qui di seguito riportati i singoli quesiti con le relative risposte.

1.In caso di opposizione alla donazione (che potrebbe avvenire anche oltre i 20 anni dalla donazione o dalla morte della nonna?) da parte di uno degli appartenenti all'asse ereditario, ciò comporterebbe l'obbligo da parte di Lorella di accettare un'offerta alla vendita pervenuta da terzi? Nel caso l'appartamento fosse già stato venduto, Lorella dovrebbe riconoscere la quota parte spettante agli altri eredi?

L’opposizione alla donazione non può più avvenire trascorsi venti anni dalla donazione.
L’art. 563 c.c., infatti, dispone espressamente che il termine dei venti anni è sospeso se, prima del suo decorso, i parenti in linea retta del donante abbiano notificato e trascritto, nei confronti del donatario e dei suoi aventi causa, un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione.
Pertanto, se contro la donataria Lorella venisse pronunziata la riduzione della donazione e questa dovesse aver venduto nel frattempo l’appartamento, gli eredi legittimari, in favore dei quali è stata pronunciata la sentenza che dispone la riduzione, possono preliminarmente escutere i beni del donatario e, se tale escussione dovesse risultare infruttuosa, chiedere all’acquirente dell’appartamento la restituzione dello stesso.
Su Lorella non sorge alcun obbligo di accettare eventuali offerte di vendita provenienti da terzi.

2. gli aventi diritto in caso di eredità, sarebbero figli, nipoti e pronipoti del donante? O la cosa si potrebbe estendere oltre?
Inoltre i coniugi degli eredi (Nipote3 Leonardo e Nipote1 Franco) avrebbero in qualche forma la possibilità di avanzare una qualche pretesa e/o formalizzare in futuro un'opposizione alla donazione?

Occorre intanto precisare che con l’espressione “aventi diritto” ci si riferisce a coloro che alla morte della de cuius (nonché donante) si vengono a trovare nella posizione di legittimari.
Sono tali, stando allo schema inviato a questa Redazione, Leonardo (chiamato a succedere per rappresentazione del padre Figlio 1 premorto) e suoi eventuali discendenti (se anche Leonardo non potesse o non volesse accettare), nonché il Figlio 2 (ed eventuali discendenti diretti se Figlio 2 non potesse o non volesse accettare).
I coniugi degli eredi diretti (nipote 3 Leonardo e Nipote 1 Franco, quest’ultimo solo in caso di rappresentazione) non possono avanzare alcuna pretesa nei confronti della successione della Nonna, rimanendo estranei a quell’eredità.

3. Se ho ben inteso, l'esercizio della rinuncia all'opposizione può essere effettuata sin da subito da Figlio2 (Figlio1 non è più in vita), Nipote1 e Nipote3. Prima ancora che avvenga la donazione. E' corretto?
Per i figli dei nipoti (ad oggi in età scolare) come ci si dovrebbe comportare?
Nipote1 e Nipote3 dovrebbero rinunciare per sè ed i propri figli?

La rinuncia all’opposizione presuppone necessariamente una donazione attuale o passata (non è possibile con riferimento ad una donazione futura).
Inoltre, fin quando non si apre la successione della donante e finchè non si verifichi il presupposto della rappresentazione (premorienza di uno dei discendenti diretti della de cuius), unici soggetti che possono rinunziare ad opporsi alla donazione sono il Nipote 3 Leonardo (chiamato per rappresentazione di Figlio 1) ed il Figlio 2.
La rinunzia è personale, il che comporta che non si può rinunciare anche per altri, anche se si tratta dei propri figli.

4. La rinuncia all'esercizio dell'opposizione può essere effettuata solo quando sarà aperta la successione, quindi alla dipartita della nonna? Se così fosse, la nonna ad oggi non avrebbe alcuna certezza che l'immobile giunga a Lorella come da sue volontà.

La rinuncia alla facoltà di opporsi alla donazione può essere effettuata anche contestualmente alla donazione, perfino nel corpo dello stesso atto di donazione, senza che sia necessario attendere l’apertura della successione della nonna.

5. La rinuncia all'opposizione deve essere per forza sottoscritta presso un Notaio oppure ci sono forme economicamente meno dispendiose e legalmente valide? Ad esempio la sottoscrizione dinanzi al sindaco del paese? Una PEC inviata alle parti contenente il documento di rinuncia all'opposizione?

A differenza dell’atto stragiudiziale di opposizione alla donazione che, ex art. 563 c.c., deve essere notificato e trascritto nei confronti del donatario e dei suoi eventuali aventi causa (il che presuppone il rispetto della forma dell’atto pubblico o della scrittura privata con sottoscrizione autenticata), nessuna forma particolare il legislatore prescrive per la rinuncia all’opposizione.
Da ciò se ne deve far derivare che, in applicazione del principio generale di libertà delle forme che regge il nostro ordinamento giuridico, la rinuncia si ha per perfezionata qualunque sia la forma in cui essa venga dichiarata.
Per quanto concerne il momento di produzione dei suoi effetti, nella legge non si rinviene alcun indice di recettizietà della rinuncia stessa, dal che se ne deve far conseguire che la rinuncia produrrà i suoi effetti per il solo fatto del suo compimento, senza che debba essere indirizzata ex art. 1334 del c.c. ad un certo particolare soggetto (che, peraltro, sarebbe pure difficile individuare, tenuto conto che si potrebbe pensare al donatario, ma anche all’avente causa dal donatario).
In considerazione di quanto appena detto, dunque, può ritenersi valida una volontà di rinunzia manifestata attraverso PEC (va, invece, escluso il ricorso alla sottoscrizione di quell’atto dinanzi al Sindaco del Paese).

6. La donazione con "dispensa di collazione" farebbe sì che l'immobile non rientri in nessun "calcolo" tra figli e nipoti. In tal caso, nessuno degli aventi diritto (ora o in futuro) potrebbe opporsi?

La donazione con dispensa da collazione avrà il solo effetto di attribuire alla donataria il valore della quota di disponibile del patrimonio della donante.
Ciò, tuttavia, non soltanto non impedisce agli eredi legittimari di opporsi alla donazione, ma neppure esclude che l’immobile debba essere preso in considerazione in sede di riunione fittizia dei beni, onde determinare il valore complessivo della massa ereditaria da dividere e, conseguentemente, il valore della disponibile.

7. Non volendo nipote3 (Lorella) entrare in possesso sin da subito di tale immobile (ciò avrebbe impatto su ISEE e costi vari di gestione), è altrettanto valido effettuare una donazione con "dispensa di collazione" da Nonna a Figlio2 ottenendo di fatto l'esclusione di Figlio1 ed i suoi eredi?

La finalità suddetta può essere meglio raggiunta mediante un atto di donazione in favore di Lorella e con riserva di usufrutto in favore della donante.
La soluzione a cui sopra si fa riferimento, invece, comporterebbe un duplice passaggio di proprietà, oltre all’incertezza che poi Figlio 2 decida realmente di trasmettere quel bene alla figlia Lorella.

Serafina M. chiede
venerdì 01/09/2023
“Sono a richiedere una vostra consulenza sul tema successorio.
Ho provato a riepilogare nell'immagine allegata lo stato delle cose.

Il NONNO non c'è piu' e la NONNA è ancora vigile e attiva.
Al momento la situazione familiare è serena e vige un clima di forte disponibilità per identificare una soluzione che soddisfi la NONNA e che sia legalmente valida/inoppugnabile.

NONNO e NONNA hanno avuto due figli, uno dei quali ("Figlio1 nell'allegato") non c'è più.
In linea successoria, alla morte della NONNA, gli eredi sarebbero "Figlio 2" e l'unico erede di "Figlio 1" (chiamato nell'immagine "Leonardo").

Ora, la NONNA è proprietaria (tra le altre cose) di un appartamento acquistato decine di anni dopo la dipartita del marito, il cui valore commerciale è abbondantemente sotto al milione. Anzi, probabilmente sotto 100.000 euro.
Alla dipartita della NONNA, tale appartamento (suppongo) debba andare in parti uguali a "Figlio 2" e "Leonardo" (erede di "Figlio1").
La NONNA però (avendo già fatto regalie mobiliari ed immobiliari a "Leonardo" e "Franco", ovvero i due nipoti) vorrebbe che l'immobile di cui sopra giungesse a "Lorella" (unica nipote donna).

La NONNA vorrebbe avere tale certezza sin d'oggi.
Cio' che le è stato suggerito è di donare sin da subito a "FIGLIO 2" tale immobile ottenendo sin d'ora la rinuncia all'opposizione alla donazione da "Leonardo" (erede di "Figlio 1").

Alla dipartita naturale di "Figlio 2", tale immobile andrà in successione a Franco e Lorella ma ottenendo sin da oggi la rinuncia all'eredità (limitatamente a tale immobile) da parte di Franco, l’immobile andrebbe solo a Lorella come da volontà della NONNA.

Funzionerebbe davvero così? Quali sono i riferimenti normativi a riguardo?
Le due rinunce
- ad opporsi alla donazione da parte di Leonardo
- ad opporsi all'eredità di quell’immobile da parte di Franco
come devono essere redatte?

Di contro, se legalmente le cose non stanno come sono state da me rappresentate, quale sarebbe la giusta lettura da dare e come fare per soddisfare la volontà di NONNA?”
Consulenza legale i 07/09/2023
La soluzione suggerita è attuabile solo in parte per le ragioni che qui di seguito verranno illustrate.
L’obiettivo che si vuole raggiungere è quello di far sì che la nipote Lorella possa conseguire, con la maggiore certezza possibile, la piena proprietà dell’appartamento attualmente in titolarità esclusiva della nonna, senza che a tale acquisto si possa in seguito opporre alcun ostacolo.
Ora, come giustamente viene osservato nel quesito, una eventuale donazione diretta alla nipote Lorella di tale immobile andrebbe a ledere il diritto alla quota di riserva spettante agli altri eredi legittimari, che, allo stato attuale, risultano essere il nipote Leonardo, in rappresentazione del padre figlio 1, ed il figlio 2.

Ebbene, un primo strumento giuridico di cui ci si può avvalere per garantire alla nipote Lorella l’acquisto di tale immobile è quello a cui si fa riferimento nel quesito, ovvero la rinunzia ad opporsi alla donazione, istituto che trova esplicito riconoscimento all’art. 563 c.c.
L’opposizione alla donazione non rende la donazione inefficace, ma ha lo scopo di consentire agli eredi legittimari del donante di richiedere la restituzione del bene nei confronti di eventuali terzi acquirenti dell’immobile donato; infatti, una volta notificato al donatario il suddetto atto di opposizione, gli eredi legittimari del donante potranno esercitare l’azione di restituzione anche qualora siano decorsi venti anni dalla trascrizione dell’atto di donazione (il che rende sicuramente incerto l’acquisto da parte del donatario, ponendo non pochi problemi ai fini della libera circolazione dell’immobile che ne costituisce oggetto).

Sotto il profilo prettamente pratico, avrebbero il diritto di opporsi alla donazione i seguenti parenti del donante:
a) il coniuge, anche separato, che il donante aveva al momento della donazione;
b) la persona che diventa coniuge del donante entro venti anni dall’avvenuta donazione;
c) i genitori del donante, ma anche eventualmente i suoi nonni;
d) i figli, nipoti e pronipoti del donante, poiché questi ultimi potrebbero diventare eredi legittimari al posto dei figli del donante, allorchè premuoiano a quest’ultimo.

Tuttavia, lo stesso art. 563 c.c. riconosce ai medesimi soggetti che avrebbero diritto di opporsi alla donazione, la facoltà di rinunciare sin da subito, ed ancor prima della morte del donante, all’esercizio di tale diritto, eliminando definitivamente dalla propria sfera giuridica il potere di sospendere i termini.
Per quanto concerne la forma di tale rinuncia, la stessa può essere formulata nel contesto dello stesso atto di donazione (ed in questo caso viene assorbita nell’ambito del relativo atto pubblico) oppure essere effettuata con atto separato rispetto alla donazione.
Nel caso in esame, considerato che sembra sussistere pieno accordo tra le parti, si reputa conveniente far constare tale volontà di rinuncia dallo stesso atto pubblico di donazione.

Con riferimento agli effetti della rinuncia ad opporsi alla donazione, invece, è bene chiarire che questa deve essere tenuta del tutto distinta dalla rinuncia all’azione di riduzione, la quale, per espressa disposizione di legge (art. 557 del c.c.), non è consentita prima della morte del donante.
Ciò comporta che, apertasi la successione e malgrado la rinuncia di opporsi alla donazione resa ex art. 563 c.c., coloro che si verranno a trovare nella posizione di legittimari della de cuius saranno del tutto liberi di agire in riduzione per far valere il loro diritto alla quota di riserva, con l’unico limite che non potranno recuperare l’appartamento nei confronti di eventuali terzi acquirenti, ma potranno soltanto rivalersi sul patrimonio della donataria.

Non è neppure attuabile la soluzione di donare al figlio 2 l’immobile, in previsione che lo stesso sarà poi devoluto ai suoi figli Franco e Lorella, ma facendo sin da subito rinunciare Franco all’eredità del padre limitatamente a tale immobile.
Tale sistema, infatti, confligge con diverse norme di legge, e precisamente:
a) con il divieto dei patti successori di cui all’[[458c]]. Verrebbe ad essere integrato, in particolare, un patto successorio c.d. rinunziativo, in quanto Franco conviene con Lorella di rinunciare ad un immobile che sarà a lui devoluto in forza di una eredità non ancora devoluta).
b) con il divieto di accettazione parziale dell’eredità di cui al terzo comma dell’art. 475 del c.c..

Pertanto, ciò che si suggerisce è di far sì che la nonna doni direttamente e sin da subito alla nipote Lorella, con dispensa da collazione, l’appartamento di sua proprietà, facendo intervenire a tale atto anche i potenziali eredi legittimari, al fine di manifestare la volontà di rinunciare ad opporsi a quella donazione.
Inoltre, in considerazione di quanto precisato nel quesito, ovvero del fatto che la nonna ha già fatto regalie mobiliari ed immobiliari a Leonardo e Franco, si suggerisce di redigere con gli stessi una scrittura privata da cui far risultare tale fatto, in modo che la stessa possa essere utilizzata, al momento dell’apertura della successione, al fine di ricostruire, ex art. 556 del c.c. e senza alcuna difficoltà, la massa ereditaria e così calcolare correttamente la quota di riserva spettante a ciascun legittimario.
Ciò, infatti, consentirà, per il caso in cui i legittimari non donatari si decidessero ad agire in riduzione, di invocare l’applicazione del terzo comma dell’art. 564 c.c., il quale impone al legittimario che domanda la riduzione, di imputare alla sua porzione legittima le donazioni a lui fatte dalla de cuius, salvo il caso di espressa dispensa da parte della donante (che qui non sembra sussistere).

Infine, sempre che continui a sussistere pieno accordo tra i legittimari della nonna, per rendere definitivamente stabile la donazione ricevuta da Lorella, è opportuno che apertasi la successione, i legittimari non donatari e che avrebbero diritto di agire in riduzione dichiarino espressamente di rinunciare all’esercizio di tale azione, conformemente a quanto previsto dal secondo comma dell’art. 557 c.c.

D. M. chiede
domenica 23/07/2023
“Spett. Redazione Giuridica di Brocardi.it, buongiorno.
Sottopongo alla Vs cortese attenzione questione attinente il Libro Secondo c.c..

I genitori Z1 e Z2 hanno due figlie, L1 (la maggiore) sposata con L2, ed C1 sposata con C2.
L1 sposa L2 e al momento del matrimonio (senza entrare nel merito di come si arriva a tale epilogo) le viene donato un appartamento, con mobilio di valore.
Qualche anno più tardi C1 sposa C2, ricevendo in dote (senza, anche qui, entrare nel merito di come si arriva a tale epilogo) una liquidità pari a circa un quarto del valore dell'appartamento, ed un mobile di discreto valore.
I rapporti fra C1+C2 e Z1+Z2, già tesi prima del matrimonio in quanto a partire da alcuni anni prima era stato posto in essere da Z1+Z2 un clima di accentuata disparità fra le due figlie ed in tutti i modi avevano provato a concorrere alla rottura del rapporto fra C1 e C2, si deteriora definitivamente nel momento del matrimonio di C1, con allontanamento di quest'ultima dai genitori. Allontanamento conseguente alla situazione determinata da Z1+Z2, con l'ovvio beneplacito di L1, arricchitasi a scapito della sorella.
Z1+Z2, trascorsi ad oggi più di dodici anni dalla rottura con la figlia, in questo arco temporale non hanno fatto nulla per recuperare il naturale rapporto genitore-figlio e parrebbero paventare diseredazione.
C1, come rivalsa ad azioni ritenute ingiuste e vessatorie subite negli ultimi quindici anni e al fine di tutelare i propri interessi (nonché quelli dei proprio figli, avuti dopo il matrimonio con C2), intende – prima che siano trascorsi 20 anni dalla donazione fra vivi – stipulare atto notarile di opposizione alla donazione, tramite il quale sospendere i termini di efficacia della donazione.
Temendo la risentita e vendicativa reazione di Z1+Z2, non tanto rispetto alla potenziale "diseredazione", quanto piuttosto nella dissoluzione fittizia o reale dell'asse ereditario di cui essi dispongono, si vorrebbe sapere quali sono - se esistono - le misure a difesa dei propri interessi che C1 può mettere in campo da ora e per il futuro, da avviare in parallelo alla stipula dell'atto notarile di opposizione alla donazione.
Si temono infatti probabilissime finte vendite di immobili di proprietà di Z1+Z2 a beneficio di L1, come anche vendite reali di immobili di proprietà di Z1+Z2 con successivo trasferimento della liquidità a L1 (sempre che tali operazioni non siano già state poste in essere negli ultimi dodici anni).

Grazie del riscontro, cordiali saluti.”
Consulenza legale i 07/08/2023
L’atto di opposizione a cui si fa riferimento nel quesito è quello che il legislatore disciplina all’art. 563 c.c. e si tratta di un particolare strumento negoziale introdotto con il preciso fine di consentire ad eventuali legittimari lesi di recuperare nei confronti anche di un terzo acquirente un bene (immobile) oggetto di donazione da parte del de cuius.
La regola generale sancita al primo comma di tale norma è quella secondo cui se i donatari, nei confronti dei quali sia stata vittoriosamente esperita l’azione di riduzione, abbiano nel frattempo alienato a terzi gli immobili donati, detti immobili non potrebbero più essere recuperati una volta trascorso il termine di venti anni dalla data della trascrizione della donazione (data che, ovviamente, può precedere di parecchi anni quella della morte del donante).
Per evitare, dunque, che i legittimari lesi possano subire un pregiudizio di questo tipo, il legislatore ha ritenuto opportuno mettere a disposizione degli stessi questo particolare strumento negoziale, disponendo all’ultimo comma dell’art. 563 c.c. che il decorso del termine di venti anni è sospeso nei confronti sia del donatario che dei suoi aventi causa allorchè venga notificato loro un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione.

Pertanto, la soluzione di avvalersi della facoltà riconosciuta da questa norma è sicuramente una buona soluzione allorchè si tema, come appare probabile, di poter subire una lesione della propria quota di riserva.
Per quanto concerne le altre misure di cui ci si potrebbe eventualmente avvalere per tutelare la posizione di legittimaria di C1, purtroppo finchè sono in vita le persone della cui successione si tratta non è possibile esercitare alcuna azione a tutela di tale posizione, in quanto ciascuno, finchè è in vita, può disporre dei beni che gli appartengono come meglio crede.

Gli unici mezzi negoziali di cui ci si può avvalere in presenza di fittizie vendite di beni volte ad incrementare il patrimonio di alcuni soltanto dei futuri eredi con trasferimento in loro favore della liquidità che se ne può ricavare, sono l’azione di simulazione, di cui all’art. 1414 del c.c., e l’azione di nullità di cui all’art. 1418 del c.c..
La prima può essere esperita nel caso in cui Z1 e Z2 dovessero alienare fittiziamente alla figlia maggiore L1 alcuni dei loro beni immobili, facendo apparire all’esterno il pagamento del prezzo, per poi far rientrare la somma versata a tal titolo nel patrimonio della stessa acquirente.
In questi casi si sarebbe in presenza di un’ipotesi di c.d. simulazione relativa, fattispecie che ricorre allorchè il negozio simulato (la compravendita) ne cela un altro per l’appunto dissimulato e quest’ultimo avrà effetto tra i contraenti, posto che l’atto simulato ne rispetti i requisiti di forma e di sostanza (come, ad esempio, la forma dell’atto pubblico notarile nel caso di vendita che dissimula una donazione).
L’art. 1417 del c.c. stabilisce precisi limiti di prova nell’esercizio dell’azione di simulazione, ammettendo la prova per presunzioni, nonché in particolare quella per testi, nel solo caso in cui l’attore sia un terzo.
Al contrario, se a far valere la simulazione è una delle parti del contratto simulato, la sola prova ammissibile è quella scritta, consistente nella produzione in giudizio della controdichiarazione che le parti avevano posto in essere tra di loro e dalla quale se ne può appunto dedurre l’intesa simulatoria.

Nel caso in cui, invece, non sia possibile avvalersi dell’azione di simulazione, perché ad esempio l’alienazione di beni dovesse essere effettuata nei confronti di terzi estranei (e, quindi, realmente voluta), ma con successivo trasferimento del ricavato della vendita in favore della figlia maggiore L1, l’unico strumento di cui ci si può avvalere in via preventiva (ovvero prima della morte dei soggetti della cui successione si tratta) può essere l’azione di nullità per difetto di forma, disciplinata dall’art. 1418 c.c.
Costituisce principio consolidato, sia in dottrina che in giurisprudenza, quello secondo cui configura una donazione nulla, per mancanza dell’atto pubblico, il bonifico di una somma di denaro effettuato per spirito di liberalità, ovvero senza che l’operazione bancaria sia motivata dal fatto di essere il pagamento di un prezzo di un bene acquistato o di un servizio ricevuto dal beneficiario del bonifico (in tal senso si è espressa la Corte di Cassazione SS.UU. civili con sentenza n. 18725 del 27.07.2017).
Conseguenza del positivo esperimento dell’azione di nullità della donazione è che la donazione si considera come mai avvenuta e ciò che ne ha costituito oggetto rientra nel patrimonio del donante.

Unica eccezione a tale principio ricorre in caso di donazione di modico valore ovvero di donazione indiretta.
In particolare, il valore modico del bene donato deve essere rapportato alle condizioni economiche del donante, il che deve intendersi nel senso che la donazione non deve incidere in modo apprezzabile sul suo patrimonio.
Sul piano pratico, e con particolare riferimento al caso di specie, ciò comporta che se i genitori Z1 e Z2 trasferiranno alla figlia maggiore L1 le somme ricavate da eventuali alienazioni di beni di loro proprietà mediante elargizione di piccole somme di denaro effettuate in maniera frazionata nel corso degli anni, risulterà estremamente difficile poter invocare il difetto di nullità di quei trasferimenti di denaro, qualificabili come regalie di modico valore.
Stesso discorso vale per il caso di donazione indiretta, ovvero allorchè la donazione di denaro dovesse essere effettuata per una finalità ben precisa, quale quella di consentire al donatario di acquistare uno specifico bene: in tal caso non è mai necessario rispettare la forma dell’atto pubblico, neanche se il valore della donazione dovesse essere elevato.
Tuttavia, in questa seconda ipotesi C1 avrebbe il vantaggio, in sede di eventuale esercizio dell’azione di riduzione per lesione della quota di riserva, di considerare, in sede di determinazione della porzione disponibile ex art. 556 c.c., il valore di ciò che L1 ha acquistato per effetto della donazione indiretta.

Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto ed in considerazione del fatto che già C1 ha ricevuto meno rispetto alla sorella maggiore L1, ciò che si consiglia è di notificare alla donataria L1, entro il termine di venti anni, l’atto di opposizione di cui all’art. 563 c.c.
Qualora, poi, in conseguenza di ciò, i genitori Z1 e Z2, con l’accordo della figlia L1, dovessero cercare di porre in essere atti volti a spogliarsi dei beni che gli appartengono con il solo scopo di accrescere gratuitamente il patrimonio della stessa L1, occorrerà valutare, se ne ricorrono i presupposti, se poter esercitare o meno le azioni di simulazione o di nullità, fermo restando che non può in alcun caso impedire ai proprio genitori di disporre in vita dei beni che gli appartengono.

O. R. chiede
domenica 08/05/2022 - Campania
“Salve, desidero porre un quesito in materia di donazione immobiliare. Nel 2005 mio padre viene a mancare e facciamo successione legittima tra mia madre, mio fratello e me, della casa di proprietà acquistata precedentemente da mia madre e mio padre in comunione di beni. Nel 2008 la stessa mi viene donata da mia madre e mio fratello con atto di donazione in cui donano le loro quote oltre anticipi di quote (mia madre). Trascorsi ora 14 anni potrei venderla o aspettare per forza i 20 anni (mia madre è ancora in vita) e inoltre qualora mia madre dovesse venire a mancare in questi anni devo aspettare altri 10 per il consolidamento. Premetto che mio fratello prima di questa donazione era già stato soddisfatto con acquisti di due unità immobiliari i cui passaggi notarili (compravendite) i miei genitori li fecero già intestati direttamente a lui e quindi non dimostrabile i soldi utilizzati che erano dei miei genitori e inoltre ho un rapporto conflittuale con mio fratello . Grazie infinite.”
Consulenza legale i 12/05/2022
La situazione proprietaria che si presenta alla morte del padre, relativamente alla casa di abitazione in comunione tra i coniugi, è la seguente (art. 581 c.c.):
CONIUGE:
9/18 iure proprio + 3/18 iure successionis: in totale 12/18
FIGLIA 1: 3/18 iure successionis
FIGLIO 2: 3/18 iure successionis.

Nel 2008 la FIGLIA 1 diviene proprietaria dell’intero, ricevendo in donazione i 12/18 dalla madre ed i 3/18 dal fratello, FIGLIO 2.
Ora, la decisione di vendere il suddetto immobile, la cui provenienza risulta essere in prevalenza donativa (per ben 15/18), pone senza alcun dubbio il problema del rischio che il terzo acquirente possa, un domani, subire l’azione di restituzione da parte del FIGLIO 2, erede legittimario.
Il legislatore, all’art. 563 c.c. fissa in venti anni, decorrenti dalla data di trascrizione della donazione, il termine entro il quale è possibile domandare la restituzione contro i terzi aventi causa dal donatario.
La riforma, operata dall’art. 2 del Decreto Legge n. 35 del 14.03.2005, ha riconosciuto la possibilità, per coloro che sarebbero legittimari se si aprisse in quel momento la successione del donante, di trascrivere un atto di opposizione alla donazione, a cui si attribuisce l’effetto di sospendere il predetto termine prescrizionale.
Ciò comporta che, in assenza di un formale atto di opposizione alla donazione, decorsi vent’anni dalla trascrizione del contratto di donazione, non si correrà alcun rischio nell’acquistare un immobile proveniente da donazione, poiché non sarà più possibile, per eventuali altri legittimari, agire vittoriosamente contro il terzo avente causa dal donatario.

Occorre a questo proposito chiarire che, almeno secondo una tesi prevalente, in caso di mancata opposizione al momento della donazione comincia a decorrere il termine ventennale, ma tale termine potrebbe essere poi sospeso per effetto dell'opposizione fatta in un momento successivo; in particolare si sostiene che l’atto di opposizione possa essere compiuto entro il termine ventennale di decadenza e che non sarebbe soggetto al termine decennale di prescrizione.

Sulla decorrenza di tale termine non può, invece, incidere la successiva morte della madre, al verificarsi della quale non occorrerà attendere altri dieci anni per poter alienare liberamente l’immobile (il termine di venti anni, infatti, andrà sempre calcolato dalla trascrizione della donazione, ossia dal 2008, salvo sempre l’eventuale notifica e trascrizione di un successivo atto di opposizione entro i venti anni).
Del termine di 10 anni dall’apertura della successione della madre, invece, si dovrà tener conto quale termine entro il quale il fratello potrà decidere se agire in riduzione o meno, qualora dovesse ritenersi leso nella sua quota di legittima (l’esercizio positivo dell’azione di riduzione, però, non lo legittimerebbe ad agire in restituzione nei confronti del terzo acquirente se trascorsi 20 anni dalla donazione).

Peraltro, considerato quanto viene detto nel quesito, ossia che tra i figli legittimari vi è un rapporto conflittuale, si ritiene impensabile di poter proporre al fratello di rinunciare al diritto di opposizione, ipotesi questa espressamente prevista dall’ultima parte dell’ultimo comma dell’art. 563 c.c., nè di rinunciare all’esercizio dell’azione di riduzione dopo la morte della madre (facoltà anche questa riconosciuta al comma 2 dell’art. 557 c.c.).
Si ritiene, poi, che non possa avere alcun riscontro giudiziale positivo la pretesa da parte della FIGLIA 1 di voler includere nella massa ereditaria, ai fini del calcolo della quota di riserva, quanto dal fratello ricevuto a titolo di donazione indiretta (per essere stato beneficiario dell’acquisto, con denaro dei genitori, di due appartamenti), in quanto nel quesito viene espressamente precisato che non è dimostrabile che i soldi utilizzati provenivano dal patrimonio dei genitori.

In conclusione, le soluzioni prospettabili per poter effettuare quella vendita in sicurezza sono le seguenti:
a) attendere il decorso di venti anni dalla trascrizione della donazione (dunque, fino al 2028), nella speranza che in questo arco temporale non venga notificato e trascritto alcun atto di opposizione ex art. 563 c.c. sia da parte del fratello che, se ve ne sono, da parte degli eredi legittimari di quest’ultimo;
b) proporre al fratello di effettuare una rinuncia all’esercizio del diritto di opposizione ex art. 563 ultimo comma c.c. e, se nel frattempo dovesse verificarsi anche la morte della propria madre, proporgli di rinunciare all’esercizio dell’azione di riduzione (dati i rapporti conflittuali si ritiene che questa sia un’ipotesi improbabile, anche se, stando a quanto viene detto nel quesito, ragioni equitative dovrebbero indurlo ad acconsentire);
c) se non si ha intenzione di attendere questi eventi, ricorrere ad una delle soluzioni che dottrina e giurisprudenza si sono inventati per situazioni del genere, ovvero stipulare in sede di vendita una polizza di assicurazione, per mezzo della quale coprire il rischio gravante sull’acquirente in caso di vittorioso esperimento dell’azione di restituzione da parte di terzi legittimari.
Lo stesso art. 563 c.c. prevede, infatti, che il terzo acquirente possa liberarsi dall’obbligo di restituire l’immobile acquistato al legittimario leso, “pagando l’equivalente in danaro”, ed è proprio tale rischio che può formare oggetto di un contratto di assicurazione.
La polizza assicurativa può essere stipulata sia al momento in cui viene perfezionata la donazione dell’immobile, da parte del donatario, sia al momento in cui verrà perfezionato l’acquisto da parte di un terzo avente causa dal donatario.

A. M. chiede
domenica 12/12/2021 - Veneto
“Buongiorno.

Il quesito che vi pongo riguarda la rivendita di immobili da donazione.

I miei genitori vorrebbero donarmi un appartamento di loro proprietà. La mia intenzione è rivendere l'appartamento tra qualche anno, quando l'inquilino a cui attualmente è affittato lo libererà.

Io sono single senza figli, ma ho un fratello sposato con due figli, di cui uno maggiorenne e l'altro minorenne.

Ho sentito che è molto difficile vendere immobili derivanti da donazione, perché esiste la possibilità che i legittimari rivendichino il bene entro 20 anni dalla donazione, o 10 dall'apertura della successione, con conseguente annullamento della compravendita e pretesa della restituzione del bene nei confronti dell'acquirente terzo.

Ho anche letto che un emendamentoalla legge di bilancio 2019 voleva modificare alcuni articoli del Codice Civile, al fine di impedire che chi acquista un immobile donato corra il rischio di doverlo restituire, se i familiari del venditore fanno valere una lesione della quota legittima e pretendono di avere indietro l'immobile per compensare il danno patrimoniale subìto. Tuttavia, non riesco a capire se questo emendamento sia stato approvato in via definitiva o meno.

Anche se io sono in ottimi rapporti con mio fratello e la sua famiglia e quindi, prevedibilmente, essi non rivendicheranno mai alcunché, mi metto nei panni del potenziale acquirente dell'appartamento, il quale avrà il legittimo interesse a fare un acquisto al riparo da potenziali rivalse da parte dei legittimari.

Vorrei pertanto porvi le seguenti domande:
1- E' vero che, a distanza di anni, i legittimari possono annullare la vendita dell'immobile o avanzare pretese nei confronti dell'acquirente?
2- La proposta di riforma contenuta nell'emendamento alla legge di bilancio 2019, come accennato sopra, è stata approvata in via definitiva o è ancora tutto fermo?
3- Nel caso in cui, dalle risposte alle domande precedenti, si deduca che non sia possibile rivendere l'appartamento avuto in donazione dai miei genitori senza che gli acquirenti corrano il rischio di doverlo restituire in futuro, quali altre strade, diverse dalla donazione, mi consigliate di seguire per ricevere l'appartamento e rivenderlo con facilità?

Grazie e buon lavoro.”
Consulenza legale i 20/12/2021
Il timore che viene manifestato nel quesito è in effetti fondato.
La vendita di immobili il cui titolo di provenienza sia costituito da un atto di donazione è sempre molto complicata, e ciò per diverse ragioni.
Innanzitutto le banche sono molto restie nel concedere mutui ed iscrivere ipoteca su immobili di provenienza donativa, in quanto sugli stessi possono essere fatte valere le pretese ereditarie di coloro che appartengono alla cerchia degli eredi legittimari del donante, ossia di coloro a cui l’ordinamento giuridico riconosce un inalienabile diritto a ricevere una porzione ben definita del patrimonio del donante al momento della sua morte.

Infatti, qualora per effetto della donazione dovesse verificarsi una lesione della c.d. quota di riserva o di legittima ed il legittimario leso chiami in causa il donatario, nel momento in cui il patrimonio del donatario convenuto in giudizio non dovesse risultare sufficiente a soddisfare le ragioni del legittimario (ad esempio perché l’immobile donato è stato alienato a terzi e la somma conseguita dalla vendita interamente consumata), a farne le spese ne sarà proprio colui che in quel momento si trova ad essere proprietario dell’immobile oggetto dell’originaria donazione, poiché l’immobile gli può essere chiesto in restituzione, con la quasi certezza che egli non riuscirà a conseguire alcun ristoro economico dalla “usurpazione” di quel bene.

Di tale meccanismo di rivalsa del legittimario nei confronti del terzo acquirente si occupano proprio gli artt. 561 e 563 c.c., i quali disciplinano la riduzione delle donazioni immobiliari lesive della legittima e la restituzione degli immobili donati.
In realtà un parziale rimedio al problema della circolazione degli immobili donati è stato introdotto nel 2005 con la riforma degli articoli sopra menzionati per effetto del D.l. 35/2005, convertito nella Legge n. 80/2005.
In particolare, a seguito di tale riforma è stato previsto che, dopo venti anni dalla trascrizione della donazione nei registri immobiliari, un’eventuale controversia ereditaria tra gli eredi del donante non impedisce ai beni costituenti oggetto di donazione di circolare liberamente e non può neppure provocare la cancellazione delle ipoteche che siano state nel frattempo iscritte sul bene (come quelle delle banche a garanzie dei mutui concessi).
Scopo di tale riforma è stato proprio quello di mettere in sicurezza dopo un certo lasso di tempo la circolazione dei beni donati, in modo tale che l’avente causa dal donatario non sia costretto a ricevere un trattamento perfino deteriore rispetto a colui che, acquistando un bene da chi non ne sia il proprietario, dopo un ventennio di possesso consegue in capo a sé, mediante l’usucapione, il titolo acquisitivo del bene posseduto.

Tuttavia, il nuovo testo dell’art. 563 c.c., sempre per come riformulato a seguito del d.l. n. 35/2005, dispone che anche il decorso di questo ventennio dalla trascrizione della donazione è impedito se il discendente, il coniuge o l’ascendente del donante stipulino il c.d. “atto di opposizione alla donazione”, atto di natura stragiudiziale, che va notificato al donatario e trascritto nei Registri immobiliari.
Il compimento di tale atto, in sostanza, impedisce, anche dopo il ventennio, di considerare ininfluente la donazione rispetto alla circolazione del bene donato, con la conseguenza che si ritorna alla stessa situazione che si aveva prima della riforma legislativa.
Ciò significa che solo dal comportamento inerte del legittimato all’opposizione, protratto per un ventennio, ne può conseguire la purgazione del bene donato dagli ostacoli che alla circolazione dello stesso deriverebbero dalla sua sottoponibilità all’azione di restituzione.

Pertanto, come correttamente si osserva nel quesito posto, anche in caso di rinunzia preventiva da parte dei legittimari alla suddetta facoltà di opposizione (ipotesi espressamente prevista dall’ultimo comma dell’art. 563 c.c.), colui che acquista dal donatario non può conseguire alcuna certezza giuridica del suo acquisto per almeno venti anni dalla donazione.

Viene a questo punto chiesto quali altri soluzioni possono prospettarsi per ricevere l’appartamento dal proprio genitore e poterlo successivamente rivendere senza alcuna limitazione.
La difficoltà di trovare una valida soluzione deriva, nel caso di specie, dalla circostanza che il bene che si vuole far confluire gratuitamente nel patrimonio del figlio risulta già essere in proprietà del padre, in quanto nessun problema circolatorio si porrebbe nel caso delle c.d. donazioni indirette, ovvero quando ad esempio i genitori pagano il prezzo dell’immobile acquistato dal figlio ed a lui intestato.
In tal caso, infatti, il figlio donatario potrebbe tranquillamente vendere l’immobile senza che l’acquirente ed ogni suo successivo avente causa (quale la banca che riceve ipoteca a garanzia di un finanziamento) possano temere di subire conseguenze negative per effetto di eventuali liti ereditarie che insorgano tra i familiari del donante.
In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza n. 11496 del 12 maggio 2010, nella quale la S.C. ha statuito che l’immobile donato può essere oggetto di azione di restituzione solo se esso sia effettivamente “passato” dal patrimonio del donante a quello del donatario. Nel caso della “donazione indiretta”, seppur oggetto della donazione sia sostanzialmente l’immobile acquistato dal donatario con utilizzo di denaro fornito dal donante, tale immobile tecnicamente non viene trasmesso dalla sfera patrimoniale del donante a quella del donatario (come accade nella “donazione diretta”).
L’immobile pagato con la provvista fornita dal donante viene trasmesso al donatario (acquirente nel contratto di compravendita) direttamente da colui che nella compravendita ha assunto il ruolo di parte venditrice.

Nell’esperienza quotidiana, tuttavia, sono molti più frequenti casi come quello in esame, ossia di donazione diretta dell’immobile, e questa è la ragione per cui nella prassi professionale ci si è adoperati per trovare delle tecniche c.d. di sterilizzazione della donazione, volte appunto a mettere in sicurezza la circolazione del bene donato e la sua sottoponibilità ad ipoteca.
Si ritiene poco opportuno passare in rassegna tutte le soluzioni prospettate, in quanto si rischierebbe con molta probabilità di confondere le idee.
Di tali soluzioni, tuttavia, ve ne sono alcune che vogliono qui proporsi e che si ritiene sia il caso di sottoporre all’attenzione del notaio dinanzi al quale dovrà necessariamente essere stipulato l’atto di trasferimento dell’immobile.
La prima soluzione potrebbe essere quella di inserire nell’atto di donazione una rinunzia all’azione di restituzione da parte degli altri legittimari non donatari.
Tale tesi argomenta dalla possibilità riconosciuta dallo stesso art. 563 c.c. di rinunciare a proporre l’atto di opposizione alla donazione e trova sostenitori sia in dottrina che in giurisprudenza (in particolare si segnala Tribunale di Torino 25.09.2014).
A differenza di ciò che accadeva in passato, la tutela del legittimario nei confronti del terzo acquirente non è più temporalmente illimitata e automaticamente discendente dalla legge, ma temporalmente limitata e rimessa a un atto d’impulso del legittimario, peraltro rinunziabile (si fa riferimento all’atto di opposizione ex art. 563 c.c. ed alla sua rinunciabilità).
Ciò ha indotto ad escludere che l’azione di restituzione possa considerarsi un diritto che spetta sulla successione futura, con l’ovvia conseguenza che un’eventuale rinunzia all’azione non potrebbe considerarsi riconducibile entro i confini del patto successorio rinunziativo.
Peraltro, se si condivide l’idea che il divieto del patto successorio deve intendersi come divieto di disporre, tra vivi, della delazione, sarebbe fin troppo semplice dimostrare che la rinunzia alla restituzione non è un atto con il quale il legittimario dispone della delazione.
Si sostiene che la rinuncia all’azione di restituzione contro un bene determinato e specifico non varrebbe ad intaccare i diritti del legittimario, il quale potrebbe egualmente continuare ad agire contro il donatario, nei confronti del quale conserverebbe pur sempre l’azione di riduzione e il diritto a pretendere il valore del bene.

Peraltro, sempre a sostegno della rinunciabilità all’azione di restituzione, si osserva che il diritto del legittimario non è proteso ad una certa porzione qualitativa del bene, ma ad una determinata quota di patrimonio, ossia a una certa quantità, la realizzazione della quale può considerarsi soddisfatta anche mediante il conseguimento dell’equivalente.
Qualora il notaio a cui si vorrà proporre tale soluzione, accettasse di seguirla, si porrebbe la necessità di affrontare un’altra problematica, ossia quella relativa alla sua pubblicità.
La presunta esistenza del principio di tassatività degli atti soggetti a trascrizione, infatti, induce ad escludere che un atto di tale natura possa essere autonomamente trascritto, con la conseguenza che l’unica possibilità di darne notizia sarebbe per il tramite di un’annotazione a margine della trascrizione dell’atto di donazione (trattasi di soluzione sostenuta in dottrina e che ha trovato anche alcuni consensi nella giurisprudenza, cfr. Trib. Torino, 25 settembre 2014).

Non può, comunque, nascondersi che l’espediente appena suggerito della rinunzia preventiva all’azione di restituzione non consente di rendere l’acquisto del terzo del tutto esente da rischi e che una sicurezza di tale acquisto può realmente realizzarsi soltanto dopo che siano decorsi venti anni dalla trascrizione della donazione.
Il rischio che si corre, infatti, è quello del sopravvenire di altri e nuovi potenziali legittimari successivamente alla stipulazione del contratto di donazione e alla rinunzia preventiva all’azione di restituzione (un esempio può essere quello del donante che si risposa).

Altra soluzione prospettabile, qualora non si voglia proprio lasciare traccia della donazione, potrebbe essere quella di stipulare un contratto di compravendita tra padre e figlio, con pagamento dilazionato del prezzo (contenente però trasferimento immediato della proprietà e rinunzia all’ipoteca legale) e successiva rinuncia da parte del padre ad esigere il credito vantato nei confronti del figlio.
In questo caso il trasferimento dell’immobile si realizza a titolo oneroso, mentre ciò di cui si impoverisce il patrimonio del padre è la somma di denaro che avrebbe potuto conseguire dal pagamento dilazionato del prezzo di vendita; pertanto, gli altri legittimari potranno agire in riduzione soltanto con riferimento al diritto di credito a cui il padre ha rinunciato in favore di uno solo dei figli.

Come si è prima accennato, la prassi negoziale ha escogitato tante altre soluzioni, quali la risoluzione per mutuo consenso della donazione prima di effettuare la vendita al terzo acquirente, o quella della fideiussione (che si fa prestare al donante ed agli altri legittimari non donatari) o ancora quella della stipula di una polizza assicurativa.
Ciascuna di esse presenta i suoi pregi ed i suoi difetti, ma come prima si è detto non si ritiene opportuno qui approfondirle in quanto si tratta di soluzioni un po’ più elaborate sotto il profilo tecnico giuridico e che, come tali, potrebbero non incontrare il favore del notaio a cui si conferirà l’incarico di redigere l’atto.

Per quanto concerne, infine, la proposta di modifica degli artt. 561 e 563 c.c., a cui pure si è fatto riferimento nel quesito, da una ricerca effettuata risulta che trattasi allo stato attuale di un disegno di legge (DDL n. 232), d’iniziativa della senatrice Ginetti, comunicato alla Presidenza in data 06.04.2018, annunciato nella seduta n. 4 dell’11.04.2018 e assegnato alla seconda commissione permanente giustizia in sede redigente in data 26.06.2018, di cui ancora non è iniziato l’esame.
Si legge nella relazione illustrativa di tale disegno di legge che per mezzo di esso si intende in effetti realizzare un intervento legislativo sulla materia relativa alla circolazione dei beni immobili di provenienza donativa, al fine di tutelare l’interesse alla speditezza dei traffici giuridici, nella consapevolezza che l’attuale sviluppo sociale ed economico del Paese suggerisce una semplificazione delle procedure per incrementare la circolazione dei beni.
In particolare, ciò che viene proposto è di portare il limite degli impugnabilità dagli attuali venti anni a dieci anni, termine dopo il quale si potrà effettuare il trasferimento senza incorrere nel rischio di dover soggiacere ad eventuali azioni di restituzione.
In definitiva, anche a seguito di tale riforma, il rischio per i terzi acquirenti permarrebbe sempre, anche se per un periodo dimezzato.

Gaia B. chiede
lunedì 11/01/2021 - Lombardia
“Buongiorno,
sono proprietaria da 5 anni di un immobile ricevuto in parte tramite atto di donazione mentre l'altra parte tramite atto di cessione. Ora su questa casa ho un mutuo 25ennale per ristrutturazione, ma essendo rimasta sola ed essendo grande la casa, vorrei venderla appena possibile. Sono consapevole delle problematiche relative alla donazione, avendo un fratello che, seppur totalmente disinteressato all'impugnazione, la potrebbe volere.
Vi contatto per sapere come posso fare per mettere in vendita e vendere l'immobile senza problemi.”
Consulenza legale i 17/01/2021
L’alienazione in sicurezza di un immobile, proveniente in tutto o in parte da donazione, è possibile avvalendosi di una soluzione elaborata dalla prassi notarile e convalidata dalla giurisprudenza, ossia facendo firmare agli altri eredi legittimari (in questo caso al solo fratello) una rinuncia a contestare la donazione, con la quale l’erede si impegna a non effettuare l’azione di restituzione dell’immobile venduto.
Per effetto di tale accordo, il legittimario rinunciante non perde il diritto a conseguire la quota di riserva che la legge gli riconosce, ma si impegna solamente a non chiedere indietro l’immobile oggetto dell’accordo, ferma restando la possibilità di rivalersi in modo diverso nei confronti del donatario.

Del problema della circolazione degli immobili donati, a cui si fa riferimento nel quesito, dottrina e giurisprudenza sono stati in effetti chiamati ad occuparsi abbastanza spesso negli ultimi anni, giungendosi perfino a prospettare l’opportunità di un intervento di riforma del diritto ereditario, che fosse in grado di garantire sia l’alienante che l’acquirente.
Peraltro, accanto ai rischi che corrono le parti del contratto di vendita, si aggiungono anche le difficoltà, per chi acquista e non è in grado di sostenere per intero le relative spese, di ottenere un mutuo, considerato che generalmente gli istituti di credito non sono disponibili a finanziare l’acquisto di un immobile che il venditore ha ricevuto per donazione.
Infatti, gli istituti di credito sanno bene che la donazione può essere contestata entro venti anni dalla data della sua trascrizione oppure entro dieci anni dalla data di apertura della successione, coincidente con la morte del donante.
In caso di contestazione, il legittimario può chiedere la restituzione del bene donato anche nei confronti di un eventuale terzo acquirente.

Proprio per cercare di evitare o, quantomeno, di attenuare tali inconvenienti e favorire così anche la circolazione dei beni ricevuti in donazione, la prassi ha elaborato la soluzione a cui si è fatto riferimento all’inizio, ossia la rinuncia formale a contestare la donazione, consistente in una esplicita manifestazione di volontà in tal senso espressa dall’erede che avrebbe il diritto di contestare (in questo caso il fratello), raccolta in un atto pubblico (potrebbe anche farsi rendere nello stesso atto di vendita che si andrà a redigere).
Il fondamento normativo di tale soluzione si rinviene all’art. 563 c.c., norma che fa riferimento proprio all’azione che il legittimario, in favore del quale sia stata pronunciata la riduzione della donazione, può esperire contro gli aventi causa dai donatari soggetti a tale riduzione.
L’ultimo comma di tale norma, infatti, sancisce il carattere personale e rinunziabile del diritto del legittimario di opporsi alla donazione, onde poter recuperare il bene donato anche nei confronti degli eventuali terzi acquirenti.

In favore di una soluzione di tale tipo si è da ultimo espresso il Tribunale di Pescara con sentenza n. 250/2017, la quale a sua volta ricalca quanto già espresso dal Tribunale di Torino con sentenza n. 2298/2014.
In tale sentenza viene appunto riconosciuta la legittimità della rinuncia del legittimario ad esercitare l’azione di restituzione dell’immobile donato, ammettendone la sua validità anche se compiuta prima della morte del donante e prima dei 20 anni dalla trascrizione della donazione.
Si aggiunge che se la stessa viene resa con atto notarile (come è stato prima suggerito), può essere annotata nei registri immobiliari in modo da essere pubblica e conoscibile da parte di chiunque (requisito della c.d. opponibilità).

Ciò che va sottolineato di tale soluzione (e che occorrerebbe chiarire al fratello per convincerlo a rendere la dichiarazione) è che con tale accordo il legittimario non perde il diritto ad avere riconosciuta la propria quota di legittima, ma si impegna soltanto a non chiedere indietro l’immobile oggetto dell’accordo.
Al contrario, perderebbe anche il diritto ad avere riconosciuta la quota di riserva che per legge gli compete nel caso in cui, oltre a rinunciare all’azione di restituzione dell’immobile, manifestasse anche la volontà di rinunciare all’azione di riduzione, ipotesi quest’ultima possibile soltanto dopo la morte del donante, come chiaramente si evince dalla lettura del secondo comma dell’art. 557 del c.c..

Questa fin qui suggerita è la soluzione indubbiamente meno dispendiosa, ma che richiede la necessaria collaborazione del fratello.
Altra soluzione che può prospettarsi, per il caso in cui non si riesca ad ottenere la rinuncia da parte del fratello, sempre ragionando su quanto previsto nel corpo dell’art. 563 c.c., è quella di stipulare una polizza assicurativa, per mezzo della quale è possibile coprire il rischio gravante sull’acquirente in caso di vittorioso esperimento dell’azione di restituzione da parte di terzi acquirenti.
Infatti, l’art. 563 c.c. riconosce al terzo acquirente il diritto di liberarsi dall’obbligo di restituire l’immobile acquistato al legittimario leso “pagando l’equivalente in denaro” (così il terzo comma).
E’ proprio questo rischio che può formare oggetto di un contratto di assicurazione, il quale può essere stipulato da parte del donatario sia al momento in cui viene perfezionata la donazione dell’immobile che nel momento in cui viene perfezionato l’acquisto da parte di un terzo avente causa dal donatario.
Ovviamente per i costi della polizza occorrerà prendere contatti con una compagnia di assicurazione che si occupi di garantire questo tipo di rischio.


Piero D. B. chiede
giovedì 13/09/2018 - Lombardia
“La donazione dei genitori, con dispensa di collazione e imputazione ai figli A e B, con firma di mancata opposizione del figlio C ai sensi del ex art. 563 del c.c. è un "Patto Successorio" e quindi Nullo?
Oppure non è un patto successorio, quindi "valido"?”
Consulenza legale i 18/09/2018
La domanda che viene posta è frutto delle modifiche apportate all’art. 563 c.c. prima dalla Legge 14.05.2005 n. 80 e successivamente dall’art. 3 della Legge 28.12.2005 n. 263, per effetto delle quali è stato notevolmente ristretto l’ambito di operatività di tale norma, e ciò al fine di favorire la circolazione dei beni donati.
E’ proprio in prospettiva di tale finalità del legislatore che verrà data risposta al quesito, per una maggiore completezza della quale si ritiene necessario analizzare nel complesso il meccanismo giuridico delineato dal suddetto art. 563 c.c.

Prevede tale norma che l’azione di restituzione contro i terzi acquirenti adesso è esperibile, almeno in linea generale, solo entro venti anni dalla trascrizione della donazione; decorso tale termine, il legittimario, che abbia esperito vittoriosamente l’azione di riduzione, non potrà più ottenere dal terzo la restituzione degli immobili, ma potrà solo pretendere dal donatario l’equivalente in denaro.
Conseguenza di tale scelta legislativa sarà che, qualora il donatario non disponga nel proprio patrimonio di denaro sufficiente per soddisfare la pretesa del legittimario leso, quest’ultimo, di fatto, si troverà nell’impossibilità di soddisfare i suoi crediti.

Tuttavia, il nuovo quarto comma dell’art. 563 c.c. prevede che il decorso del termine ventennale rimanga sospeso per il coniuge o i parenti in linea retta del donante che abbiano notificato e trascritto, nei confronti del donatario e dei suoi aventi causa, un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione.
Dalla lettura della norma si desume che trattasi di un atto cui deve attribuirsi carattere negoziale, recettizio e formale; in particolare, il requisito della formalità lo si fa chiaramente discendere dalla necessità della trascrizione, per la quale la forma minima richiesta è quella della scrittura privata con sottoscrizione autenticata.

Per quanto concerne il requisito della notifica, sembra che questa debba intendersi in senso lato, ossia quale attività diretta a produrre in qualche modo la conoscenza dell’atto in capo al destinatario, il che induce a ritenere che non debbano essere rispettate delle forme particolari, anche se in realtà, ai fini di una maggiore certezza, si ritiene opportuno che venga eseguita a mezzo di ufficiale giudiziario.
Ma, è lo stesso quarto comma dell’art. 563 c.c. a qualificare il diritto esercitabile mediante l’atto di opposizione come personale e rinunziabile, il che comporta che, nel momento stesso in cui sorge il diritto (ossia al momento della stipula dell’atto di donazione), i legittimari non donatari potranno decidere di rinunciarvi.
La rinuncia alla facoltà di opposizione avrà indubbiamente l’effetto di precludere al rinunziante la possibilità di opporsi in un momento successivo alla donazione, ovvero di provocare la sospensione del termine ventennale.

Nulla vieta che essa possa essere contenuta nello stesso atto di donazione da cui origina il diritto che forma oggetto di rinuncia, non avendo il legislatore previsto per la stessa forme ed oneri pubblicitari particolari (ciò che, invece, in questo modo verrebbe garantito, beneficiando la rinuncia della forma dell’atto pubblico e contestuale trascrizione propria della donazione in cui è contenuta).
Sotto il profilo degli effetti, va precisato che tale rinuncia precluderà al rinunziante soltanto la possibilità di opporsi alla donazione, ovvero di provocare in un successivo momento la sospensione del termine ventennale, il che consentirà di garantire con maggior certezza la finalità voluta dal legislatore del 2005, ossia quella di favorire la circolazione dei beni donati.

Nessun effetto, invece, potrà ad essa attribuirsi sulla facoltà del legittimario rinunziante di agire in riduzione, trattandosi di un diritto irrinunciabile finche vive il donante, e ciò secondo il chiaro disposto del secondo comma dell’art. 557 del c.c., norma che non è stata in alcun modo intaccata dalla riforma del 2005.
Non disponendo, dunque, il legittimario rinunziante del suo diritto ad agire in riduzione, né comportando tale rinunzia il venir meno del suo diritto di pretendere comunque l’equivalente monetario di quanto gli spetta dagli altri eredi, deve escludersi che una siffatta rinuncia preventiva possa configurare un patto successorio rinunziativo vietato, avendo soltanto, si ripete, l’effetto di precludergli la possibilità di ottenere la restituzione del bene dagli eventuali terzi acquirenti.

Va infine precisato che tale rinuncia è da ritenere irrevocabile, in tal senso argomentandosi dal disposto dell’art. 525 del c.c., norma insuscettibile di applicazione analogica e che ammette la revoca della rinuncia solo con riferimento al diritto di accettare l’eredità.

S. P. chiede
giovedì 08/02/2018 - Veneto
“Buongiorno,
Nel 2002 mio marito stipulava la vendita di un appartamento sito in Vieste, presso un notaio di Bologna. " L'acquirente" fu il figlio di mio marito, figlio del primo matrimonio.
Successivamente nel 2003 ebbi una figlia che adesso ha 14 anni. Poi ci sposammo dopo che il padre ottenne il divorzio dalla precedente moglie. Superfluo raccontare le ragioni che con il tempo incrinarono irrimediabilmente i rapporti tra mio marito e il figlio.
L'anno scorso andammo io e mio marito da un notaio per fare un atto unilaterale di blocco della prescrizione dei vincoli ventennale sulle donazioni, affiche la figlia potesse un domani godere della quota di legittima. Il notaio, osservando l'atto mi diceva che avrei dovuto prima fare una causa civile, nella quale si chiedesse al giudice che venisse riconosciuta la donazione, ( secondo lui facilmente ottenibile perchè ci sono 2 testimoni nell'atto, e non risultano gli èstremi del pagamento.)
Nell'atto sono citati i nomi di due testimoni, ed e del tutto evidente che il giovane studente che all'epoca aveva appena compiuto 18 anni, non poteva disporre del denaro necessario all'acquisto.
Oltre alla Vostra opinione in merito, volevo sapere, considerato che io e mia figlia minore siamo residenti in provincia di Padova, quale e la giurisdizione, quella del notaio? Quella della casa venduta? O la residenza, mia e di mia figlia?”
Consulenza legale i 21/02/2018
L’atto unilaterale dal notaio di cui si fa menzione nel quesito corrisponde all’istituto dell’atto di opposizione alla donazione previsto dall’art. 563 del codice civile così come novellato dalla L.80 del 2005.
L’atto di “opposizione” alla donazione è un atto stragiudiziale che può essere compiuto solo dal coniuge e dai parenti in linea retta del donante e che va notificato al donatario e trascritto nei Registri Immobiliari.
Il fine principale di tale istituto è quello di sospendere il decorrere del termine ventennale, decorso il quale il legittimario, leso o pretermesso, a seguito dell’inutile escussione dei beni del donatario, non potrebbe più agire con l’azione di restituzione dei beni donati contro gli aventi causa dal donatario medesimo.
Tale termine ventennale è previsto dal primo comma dell’art. 563 c.c. che testualmente dispone: “Se i donatari contro i quali è stata pronunziata la riduzione hanno alienato a terzi gli immobili donati e non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione, il legittimario, premessa l'escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti, nel modo e nell'ordine in cui si potrebbe chiederla ai donatari medesimi, la restituzione degli immobili”.

Fatto questo brevissimo accenno all’istituto dell’opposizione, si evidenzia che il problema nella presente fattispecie è che non si tratta una donazione vera e propria, bensì di vendita simulata che dissimula una donazione (la casa, infatti, era stata - formalmente - venduta al figlio e non donata).
Sul punto, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 11012/13 si è pronunciata affermando la necessità che prima di tale opposizione si dovesse aver esperito con successo l’azione di simulazione.
Più recentemente, la corte di Appello di Roma (Decreto n. 5675/2017 del 27.4.2017), invece, ha affermato anche la possibilità di trascrivere nei R.R.I.I. l'atto stragiudiziale di opposizione alla donazione anche nei confronti di un atto formalmente diverso dalla donazione già nelle more del giudizio di cognizione sull'accertamento della simulazione dell'atto impugnato.

A prescindere che si segua l’una o l’altra interpretazione giurisprudenziale (e comunque - detto in parole semplici - una sentenza di Cassazione prevale su una pronuncia di Corte di Appello) si ritiene che quanto suggerito dal notaio sia corretto.
L’azione civile cui ha fatto riferimento quest’ultimo è sicuramente infatti l’azione di simulazione di cui sopra.
Ciò è necessario proprio perché si tratta di una donazione dissimulata attraverso una compravendita.
Parimenti, siamo concordi nel ritenere che la prova della simulazione sia facilmente raggiungibile.
In merito poi alla eventuale prescrizione di tale azione, si osserva che secondo la tesi giurisprudenziale prevalente, vige la prescrizione ordinaria decennale quando l’azione sia finalizzata ad accertare il riconoscimento dell’esistenza e dell’efficacia del contratto dissimulato (Cass. 4569/1979); mentre è imprescrittibile l’azione diretta ad accertare la nullità del negozio giuridico simulato o dissimulato (Cass. 4986/1991). Ciò posto, tornando alla domanda contenuta nel quesito in merito al giudice territorialmente competente presso cui esercitare l’azione civile di cui sopra, si osserva quanto segue.
La norma generale (se parliamo di cause tra persone fisiche e non giuridiche) è quella contenuta nell’art. 18 del codice di procedura civile secondo cui è competente il giudice del luogo ove il convenuto ha la residenza o il domicilio. Il convenuto, detta in termini semplici, è colui che è chiamato in giudizio: quello contro cui, in sostanza, si propone la causa.
In via alternativa, è anche competente il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l'obbligazione dedotta in giudizio (art. 20 c.p.c.).
Nel caso di specie, deve intendersi quindi il luogo ove era stato stipulato il contratto di compravendita.


Anonimo chiede
mercoledì 13/09/2017 - Abruzzo
“Oggetto: Donazione : azione di restituzione e/o riduzione ?
Gli attori sono G. (79 anni) e D. (49 anni).
Excursus.
1979 - G. e F. sono comproprietari pieni della propria casa di M. al 50% ciascuno
1984 - A seguito della morte di F., cade in successione il 50% della casa. G. diventa proprietario al 75%. L’unico figlio D. diventa proprietario al 25%.
25 marzo 1986 - G. dona a D. la nuda proprietà del 75%, riservando per sé l'usufrutto vita natural durante. Da questo momento D. è proprietario pieno al 25% e nudo proprietario per il restante 75%. Viceversa, G. non è più proprietario della casa di M., ma solo usufruttuario della quota del 75%.
5 aprile 1986 - G. contrae matrimonio con R., in regime di separazione legale dei beni.
4 ottobre 2002 – Poiché G. e R, si trasferiscono in altra città, G. dona a D. anche l'usufrutto del 75% della casa di M.. Da questo momento D. è proprietario pieno del 100%
Note e mia conclusione
1) Rispetto a G., non vi sono altri legittimari, oltre a R.(ma quest’ultima con effetto dal 5 aprile 1986). R.non ha eredi legittimi.
2) In merito alla casa donata nei due tempi sopra citati da G. a D., un’azione di restituzione non è proponibile da parte dell’unica altra legittimarla, cioè da R., perché D. era già proprietario in data antecedente al matrimonio di G. con R.
3) l'usufrutto ha natura personale, nella fattispecie era riservato solo al donante e quindi non è trasmissibile neanche come legato. Pertanto non può essere oggetto ad azione di riduzione.
4) Conclusione: la casa di M. può essere liberamente ceduta da D.. Non esistono impedimenti neanche nel caso che il potenziale acquirente voglia chiedere un mutuo fondiario, perché la banca mutuante potrà accendere ipoteca di primo grado, senza rischi.
Gradirei sapere se sia giusta la mia conclusione e, in caso di dissenso, quale sia il rimedio per consentire a D. di mettere in vendita liberamente la casa.”
Consulenza legale i 17/09/2017
Le considerazioni a cui si giunge nel quesito si ritengono pienamente corrette sulla base delle ragioni giuridiche che qui di seguito si esporranno.

Deve intanto confermarsi che la vendita di immobili provenienti da donazione è una operazione estremamente delicata e complessa, avendo la donazione la caratteristica d’essere un titolo facilmente revocabile.
Diverse sono le ragioni per cui la proprietà da donazione potrebbe essere revocata, e precisamente:
  • il primo, ed anche il più semplice, può essere quello del cambio di idea del donante, il quale, pentito dal gesto di donazione, richiede indietro l’immobile;
  • un altro motivo, più frequente, può essere quello della richiesta da parte di un legittimario (per esempio un altro figlio del donante), che chiama in causa il donante stesso allorchè ritenga che l’operazione lede la sua quota di legittima;
  • un ulteriore motivo, più difficile a verificarsi ma non infrequente nella pratica, é quello dei figli illegittimi: si pensi al caso di un padre che, accordandosi con i propri figli, trasferisce a ciascuno, tramite donazione, la rispettiva quota dei propri averi immobiliari e non. Compiuto tale atto, si presenta un’ imprevisto figlio illegittimo del donante, il quale chiede l’annullamento di ogni donazione effettuata agli originari figli, con la conseguenza che l’intero capitale del donante verrà ridiviso anche con il figlio illegittimo arrivato in ritardo (si tenga presente che l’annullamento della donazione può avvenire anche successivamente alla morte del donante e fino a dieci anni dopo).

Ora, il problema maggiore si verifica nel caso in cui, nel frattempo, qualcuno dei figli donatari abbia rivenduto il bene ricevuto in donazione, poiché in questo caso si assisterà ad una revocatoria a catena degli atti successivi alla donazione originaria, fin quando l’immobile rientrerà nel patrimonio dell’originario proprietario, o dei suoi eredi se nel frattempo il donante è deceduto.

Ecco perché l’acquisto di un immobile da un soggetto che l’ha ricevuto in donazione é effettivamente un atto alquanto pericoloso, in quanto, una volta acquistato e pagato, non si ha la garanzia totale di esserne effettivamente i proprietari indiscutibili (almeno fino a che non siano trascorsi dieci anni dalla morte del donante).
Ed è proprio questa la ragione per cui quasi tutti gli istituti bancari sono molto restii a finanziare e concedere mutui su tali immobili; infatti, la revoca per una delle ragioni sopra esposte del titolo di proprietà potrà condurre ad annullare sia gli atti notarili di compravendita che le ipoteche nel frattempo iscritte dalle banche per la concessione dei mutui, con la naturale conseguenza che la banca sarebbe costretta a cancellare la propria ipoteca sull’immobile in caso di annullamento della donazione, restando senza più garanzie per i soldi concessi a mutuo.

Nel caso di specie, a parte la remota ipotesi del sopravvenire di eventuali figli illegittimi, il problema di una eventuale revoca delle donazioni fatte in vita dal donante si pone con riguardo alla seconda moglie, in quanto, secondo un recente orientamento giurisprudenziale (Corte di Cassazione, sentenza n. 4445 del 7 marzo 2016), le seconde nozze comportano per ciascun coniuge diritti successori nei confronti dell'altro.

Così, in caso di decesso del congiunto, il coniuge sposato in seconde nozze acquisterà la qualità di erede legittimario ed avrà diritto alla quota di eredità, secondo le norme successorie.
Ciò significa che se il coniuge defunto, prima di sposarsi in seconde nozze, dispone in favore dei figli una o più donazioni, sottraendo di fatto alla massa ereditaria beni o somme di denaro, il secondo coniuge del de cuius avrà diritto a vedere ricostruita la massa ereditaria, tanto con tutti i beni appartenenti al de cuius al momento della morte, quanto con i beni eventualmente donati in vita dal defunto, sia prima che dopo il matrimonio.
Secondo la Suprema Corte, infatti, non ha alcun rilievo la circostanza che solo a seguito dell'evento matrimonio il coniuge acquisisca la qualità di legittimario, entrando di fatto solo in quel momento nella vita familiare del nuovo coniuge, ritenendo ingiustificabile che le donazioni possano avere un trattamento diverso a seconda che siano o meno antecedenti al matrimonio.
A sostegno di tale tesi la Suprema Corte di Cassazione ha statuito che "come il figlio sopravvenuto può chiedere la riduzione di tutte le donazioni compiute in vita dal padre, anche di quelle compiute prima della sua nascita in favore della madre o di un altro coniuge ormai non più tale, allo stesso modo il coniuge sopravvenuto rispetto ai figli può chiedere la riduzione di tutte le donazioni compiute dal de cuius in favore dei figli, anche di quelle precedenti il matrimonio poste in favore dei figli nati da altro coniuge o nati fuori dal matrimonio".
Pertanto, dovendosi equiparare la posizione del coniuge a quella dei figli, si deve concludere che per calcolare la quota di legittima spettante allo stesso, occorrerà procedere alla riunione fittizia della massa ereditaria, tenendo conto delle donazioni e delle liberalità poste in essere durante l'intera vita del de cuius in favore dei figli, senza che si debba distinguere tra quelle precedenti o posteriori al secondo matrimonio.

In forza di tale ricostruzione giuridica, dunque, il secondo coniuge nel nostro caso avrebbe diritto alla quota di riserva, essendo in sua facoltà di chiedere la ricostituzione della quota spettantele mediante una apposita azione giudiziaria, l’azione di riduzione, la quale va proposta entro 10 anni dalla morte del donante e contro il donatario anche per le donazioni antecedenti al matrimonio.
Per quanto concerne la differenza tra azione di riduzione e azione di restituzione, va detto che l'azione di riduzione, disciplinata dagli articoli 553 e ss. c.c., è un'azione personale di accertamento costitutivo (sia della lesione di legittima che delle altre condizioni dell'azione stessa), alla quale consegue l'inopponibilità, al legittimario che l'abbia esperita, delle disposizioni ridotte; si rivolge contro le disposizioni testamentarie (a titolo universale o particolare) e contro le donazioni effettuate in vita dal de cuius, in favore di chiunque.
A tale azione può poi accompagnarsi quella (di condanna) di restituzione ex art. 563 c.c, la quale va esperita nel caso in cui non sia data volontaria esecuzione alla sentenza di riduzione ovvero il bene non sia nella disponibilità del convenuto (è proprio il caso in cui il donatario abbia a sua volta alienato a terzi il bene oggetto della donazione ridotta).
Il legittimario potrà ottenere dai terzi acquirenti la restituzione dell'immobile se abbia trascritto la domanda di riduzione nei dieci anni dall'apertura della successione, ovvero, qualora l'abbia trascritta oltre tale termine, se la trascrizione sia anteriore a quella dell'atto di acquisto del terzo.

Quanto sopra riportato, però, ha un suo fondamento giuridico sempre che non siano trascorsi 20 anni dalla trascrizione della donazione (salva l'ipotesi di sospensione di tale termine ai sensi dell'art. 563, IV co., c.c., ossia nel caso in cui gli eredi notifichino e trascrivano un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione).
Infatti, l’azione di restituzione si prescrive in ogni caso trascorsi 20 anni dalla donazione, indipendentemente dalla circostanza che il donante sia ancora in vita o meno.

Quanto detto da ultimo, dunque, può dare una certa tranquillità nel procedere alla alienazione dell’immobile di cui si discute, considerato che la prima donazione risale al 1986 (da tale data sono trascorsi ben 31 anni), mentre l’ultima donazione (risalente al 2002, e quindi ancora nel ventennio), è quella relativa all’usufrutto, per la quale, come si fa giustamente osservare, non sarà possibile agire in riduzione difettando l’oggetto stesso della donazione per il suo venir meno al momento della morte del donante.

Qualora, malgrado il trascorrere del ventennio, la banca dovesse creare delle difficoltà, una soluzione che potrebbe suggerirsi è quella di far sottoscrivere l’atto di vendita dell’immobile proveniente da donazione anche al secondo coniuge legittimario, al fine di farlo rinunciare espressamente ad ogni e qualsivoglia pretesa e revisione delle donazioni avute dal donante stesso.
In sostanza, l’unico erede legittimario garantirebbe di non avanzare pretese future in merito all’immobile che è stato in parte donato e poi compravenduto.



L. G. chiede
lunedì 25/09/2023
“Il fratello di mia moglie vuole costruire una casa su un terreno che gli verrà donato dal padre (mio suocero). Con la sorella (mia moglie, sono solo due fratelli) si sono messi d’accordo (anche se in realtà ha fatto tutto lui) che a lui spetta la parte di terreno dove vorrebbe costruire casa e a mia moglie il terreno dove c’è la casa dei genitori. I due pezzi sono confinanti, quindi la zona è la stessa, la cubatura fabbricabile è la stessa per i due lotti, ma la differenza è che quella che spetterebbe al fratello è completamente sgombro e ha compreso circa 2000mq di terreno agricolo, mentre su quello della sorella c’è sì la casa, ma una struttura costruita prima della guerra che penso sia da demolire qualora si voglia fare qualcosa. Al catasto il terreno che spetterebbe a mia moglie vale meno dell’altro, ma secondo me il valore commerciale è inferiore, sia perché più piccolo, sia perché non sgombro.
A gennaio dovrebbero andare dal notaio per fare la donazione. La mia domanda è: conviene che venga fatta solamente la donazione al fratello e il resto verrà ereditato? Noi conviviamo già in una casa di mia proprietà, non vorrei che per mia moglie quella varrebbe come seconda casa. Nel caso è possibile fare una donazione anche a mia moglie lasciando l’usufrutto ai genitori in modo da non pagarci in futuro le tasse come seconda casa (almeno finché resteranno in vita)?
Il fratello per avere accesso al mutuo ha chiesto a mia moglie di firmare una dichiarazione in cui dice che non avrà mai pretese sul terreno donato e che lui a sua volta firmerà una dichiarazione in cui dice che lascerà il resto alla sorella: questi documenti sono legalmente validi?
Il fatto che a catasto il valore del terreno che verrà donato (o ereditato) a mia moglie vale di più (non è stata fatta una stima “commerciale”) può essere un motivo per cui in futuro il fratello può rivalersi?”
Consulenza legale i 01/10/2023
La prima questione che si chiede di affrontare è quella se sia più opportuno e/o conveniente ricevere un bene in donazione ovvero aspettare l’apertura della successione di colui che dovrebbe trasmetterlo.
In linea generale, può dirsi che sotto il profilo delle spese e secondo la legislazione per il momento vigente non vi sono grosse differenze tra i due tipi di trasferimento (entrambi vengono tassati allo stesso modo).
In passato, invece, in presenza di più eredi tale questione sarebbe stata risolta preferendo la donazione, e ciò perché mentre nella successione l’aliquota veniva determinata sul valore globale del patrimonio, con la donazione era possibile frazionare il patrimonio e per ogni donatario l’aliquota veniva considerata singolarmente (si consideri che la tassazione era fortemente progressiva e quindi spesso le donazioni dai genitori ai figli determinavano un importante risparmio fiscale).

Secondo la legislazione attualmente vigente, invece, le regole per successione e donazione sono le stesse; infatti, nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta è prevista un’esenzione d’imposta fino ad un milione di euro per ogni erede ed inoltre le aliquote sono fisse e non progressive e quindi il frazionamento del patrimonio non produrrebbe alcun effetto.
Ovviamente non è possibile ipotizzare quale potrà essere in futuro il trattamento fiscale della successione e su quale base di calcolo verranno valutati gli immobili (oggi su valori catastali obiettivamente spesso modesti).

Sotto il profilo della garanzia del trasferimento, la donazione è un atto che contiene in sé maggiori rischi, primo fra tutti quello di poter essere impugnata dagli altri eredi legittimari anche dopo la morte del donante, nel caso in cui per effetto di essa sia stata lesa la quota di riserva.
Per tale ragione, infatti, difficilmente le banche sono ben disposte a concedere un mutuo o un prestito se viene loro offerto di iscrivere l’ipoteca a garanzia di quel mutuo su un immobile oggetto di donazione (ciò che vale anche nel caso in cui un genitore decida di donare un immobile ad uno dei figli, il quale a sua volta prevede di ristrutturare quell’immobile facendo ricorso ad un prestito).
Di contro, la successione si presenta come una forma di trasferimento più sicuro, anche se è ben noto che anch’essa può essere ugualmente impugnata dagli eredi che ritengano, eventualmente, di aver subito una lesione della loro quota di riserva.

Da un punto di vista pratico, invece, il trasferimento in vita dei beni presenta il vantaggio, per coloro che si troveranno nella posizione di chiamati all’eredità, di non doversi occupare di tutte le pratiche successorie legate al trasferimento di beni mortis causa, quali la presentazione della dichiarazione di successione ed il conseguenziale pagamento delle relative imposte

Ebbene, se come si intuisce dalla lettura del quesito l’immobile che dovrebbe pervenire alla figlia presenta un valore catastale maggiore rispetto a quello che deve essere donato al figlio, ciò che può consigliarsi è di non fare ricorso alla donazione, proprio per evitare i rischi a cui sopra si è fatto riferimento.
Qualora, invece, si decidesse ugualmente di optare per la donazione, allora sicuramente quella con riserva di usufrutto presenta un innegabile vantaggio fiscale, e ciò per le seguenti ragioni:
a) il valore dell’usufrutto che il donante si riserva, maggiore o minore secondo l’età del donante stesso, andrà a ridurre la tassazione;
b) chi riceve la sola nuda proprietà di un immobile non può goderne fino al momento della estinzione dell’usufrutto, ma nel contempo non è tenuto a sopportarne il relativo carico fiscale, in quanto gli oneri per imposte dirette (tra cui l’IMU), le eventuali spese condominiali, oltre a quelle di manutenzione ordinaria restano a carico dell’usufruttuario (pertanto, conviene a chi risulta già proprietario di prima casa).

Altro aspetto che si chiede di analizzare è quello relativo alle dichiarazioni che i germani vorrebbero scambiarsi.
Occorre intanto precisare che nessuna validità giuridica potrebbe essere attribuita alla dichiarazione che il fratello vorrebbe rilasciare in favore della sorella, ovvero quella con la quale si impegna a “lasciare il resto alla sorella”.
Una dichiarazione di questo tipo, infatti, rientra tra i c.d. patti successori rinunziativi, espressamente vietati dall’art. 458 c.c., come tale definendosi quel negozio inter vivos (contratto o negozio unilaterale gratuito od oneroso) con cui taluno rinunzia ai diritti eventualmente allo stesso spettanti su una successione altrui non ancora aperta.

Del tutto valida, invece, è la dichiarazione che la sorella dovrebbe rilasciare in favore del fratello, concretandosi in un atto espressamente previsto dal codice civile, e precisamente all’art. 563 c.c.
Si tratta, con molta probabilità, della rinuncia ad opporsi alla donazione, la quale consente di mettere in sicurezza una eventuale e futura vendita del bene donato, considerato che, in mancanza di tale rinuncia, vi sarebbe sempre il rischio per un eventuale compratore (così come per un eventuale creditore ipotecario) di dover restituire il bene agli eredi del donante (nel caso di specie la figlia non donataria) laddove questi ne chiedessero la restituzione.
E’ bene precisare (ciò che sicuramente farà anche il notaio a cui ci si rivolgerà) che la dichiarazione di rinunzia ad opporsi alla donazione incide esclusivamente sulla facoltà di sospendere il termine per chiedere la restituzione del bene donato, mentre non compromette in alcun modo i diritti del medesimo legittimario che fa la rinuncia.
Infatti, se la sua quota di riserva non dovesse essere rispettata, sarebbe sempre possibile esperire, dopo l’apertura della successione, l’azione di riduzione della donazione, la quale consentirebbe di avere indietro il bene donato o, laddove sia stato venduto, di ottenere dal donatario, che si è avvantaggiato di quella donazione, una somma di denaro parti al valore del bene stimato al momento di apertura della successione.

L’ultima domanda concerne il problema della stima che dovrà esser data ai beni al momento dell’aperura della successione, al fine di determinare eventuali lesioni della quota di riserva.

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