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Articolo 2437 bis Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Termini e modalità di esercizio

Dispositivo dell'art. 2437 bis Codice Civile

Il diritto di recesso è esercitato mediante lettera raccomandata(1) che deve essere speditaentro quindici giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese della delibera che lo legittima, con l'indicazione delle generalità del socio recedente, del domicilio per le comunicazioni inerenti al procedimento, del numero e della categoria delle azioni per le quali il diritto di recesso viene esercitato. Se il fatto che legittima il recesso è diverso da una deliberazione, esso è esercitato entro trenta giorni dalla sua conoscenza da parte del socio.

Le azioni per le quali è esercitato il diritto di recesso non possono essere cedute e devono essere depositate presso la sede sociale.

Il recesso non può essere esercitato e, se già esercitato, è privo di efficacia, se,entro novanta giorni, la società revoca la delibera che lo legittima ovvero se è deliberato lo scioglimento della società(2).

Note

(1) Per esercitare il diritto di recesso è in ogni caso ammesso l'impiego di altri strumenti come telegrafo, telex, notificazioni a mezzo ufficiale giudiziario, a condizione che sia garantito lo stesso o maggior grado di certezza della raccomandata.
(2) I termini stabiliti per l'esercizio del recesso sono posti a pena di decadenza.

Ratio Legis

La disposizione in commento disciplina i termini e le modalità di esercizio del recesso, conformemente alla sua natura di atto unilaterale e recettizio, ulteriormente disponendo l'incedibilità delle azioni recedute sino all'avvenuta liquidazione della partecipazione in favore del recedente.

Spiegazione dell'art. 2437 bis Codice Civile

Il diritto di recesso è esercitato mediante lettera raccomandata. La disposizione è derogabile mediante apposita clausola statutaria che preveda l’esercizio di tale facoltà mediante fax o posta elettronica certificata.

La raccomandata deve essere spedita entro quindici giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese della delibera oppure entro trenta giorni dalla conoscenza del diverso fatto che legittima il recesso. Sul punto si ammette generalmente la possibilità di prevedere un termine più lungo in favore del socio. Al contrario, andrà considerata nulla, per contrasto con il divieto posto dall’art. 2437, co. 6, qualsiasi disposizione statutaria che abbia l’effetto di abbreviare il termine legale.


Le azioni per le quali è esercitato il diritto di recesso non possono essere alienate e dovranno rimanere depositate presso la sede sociale sino alla revoca della delibera che ha legittimato il recesso oppure sino al rimborso delle azioni stesse.

È discusso se il recesso abbia efficacia immediata oppure costituisca solamente il primo degli atti necessari ad integrare una fattispecie a formazione progressiva.
Secondo una teoria il recesso sarebbe difatti efficace solo in esito alla liquidazione della quota del recedente, ciò implicando la possibilità per quest’ultimo di revocare la propria dichiarazione di recesso.
Secondo altra teoria, accolta anche dalla giurisprudenza e dal Comitato Triveneto dei Notai (massima I.H.5), il recesso avrebbe invece efficacia immediata, essendo tuttavia sottoposto alla condizione risolutiva della revoca della deliberazione.

Relazione al D.Lgs. 6/2003

(Relazione illustrativa del decreto legislativo recante: "Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.")

9 La delega prevede che la disciplina del recesso sia rivista nel senso di consentire allo statuto di ampliare le cause di recesso, e di individuare criteri di determinazione del valore della partecipazione del recedente che contemperino i suoi interessi e l'esigenza di tutelare l'integrità del capitale sociale e gli interessi dei creditori, il tutto nel quadro di una concezione del recesso come estremo, ma efficace mezzo di tutela del socio avverso cambiamenti sostanziali dell'operazione cui partecipa. All'art. 2437 del c.c. le cause di recesso, aumentate come numero, vengono divise in tre categorie; a) cause di recesso necessarie, ineliminabili; aumentate rispetto all'attuale, anche in dipendenza della nuova disciplina complessiva; b) cause di recesso previste in principio, ma eliminabili in sede di statuto; c) altre cause di recesso determinabili dallo statuto; libertà questa limitata alle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, in considerazione della turbativa che in società con diffusa platea azionaria porterebbero facili, diffusi recessi. Posto che la nuova disciplina delle s.p.a. tende a porre al suo centro l'azione, piuttosto che la persona del socio, si è ritenuto di consentire il recesso per una parte della partecipazione, ritenendo coerente che, mutato il quadro dell'operazione, il socio voglia rischiare di meno, ma continuare ad essere socio. All'art. 2437 bis le modalità del recesso chiariscono i profili procedurali, senza indicare nulla di particolare. All'art. 2437 ter le modalità di determinazione del valore della quota del recedente, fortemente penalizzanti nell'attuale disciplina, costituiscono grave problema, trattandosi di conciliare un atto, ed un intento, liquidatorio, quale quello del socio, con i caratteri di una società, di un'impresa, in esercizio, e le due prospettive: liquidazione e continuità sono in contrasto. Per l'ipotesi che nulla lo statuto preveda si è fatto riferimento alla "consistenza patrimoniale", volendo così indicare la non vincolatività dei dati contabili, ed alle "prospettive reddituali", come elemento correttivo della situazione patrimoniale; il riferimento ad un valore di mercato è eventuale. Si è però previsto che lo statuto, allora a seconda il diverso assetto delle varie società, possa dare indicazioni analitiche di quali poste rettificare, e sui criteri di rettifica. In questo caso potrà tenersi conto, se statutariamente indicato, anche, ad esempio, dell'avviamento. All'art. 2437 quater il procedimento di liquidazione è stato arricchito di varie ipotesi graduate in successione, prevedendo l'opzione di altri soci, la vendita a terzi. Per la necessaria tutela dei creditori sociali s'è previsto che, dovendo ricorrere al rimborso diretto, soltanto in mancanza di riserve disponibili si possa diminuire il capitale, lasciando però in tal caso alla società facoltà di deliberare lo scioglimento. Alla deliberazione di diminuzione del capitale sociale si applica la disciplina della diminuzione volontaria, con la logica conseguenza che se l'opposizione dei soci è accolta la società si scioglie.

Massime relative all'art. 2437 bis Codice Civile

Cass. civ. n. 28987/2018

In caso di recesso del socio di s.r.l. esercitato successivamente alla trasformazione in s.p.a., in considerazione del rafforzamento della tutela del diritto al disinvestimento dei soci di minoranza, rispetto a quella della stabilità del vincolo associativo, dovuto alle nuove caratteristiche personalistiche del tipo societario della s.r.l. configurato dalla riforma del 2003, la disciplina del diritto di recesso è quella dettata per le s.r.l. dall'art. 2473, comma 2, c.c. che non prevede termini di decadenza, essendo contrario alla lettera del comma 1 della citata norma, nonché alla "ratio legis" e alla buona fede, assoggettare il socio dissenziente ai ridotti termini di esercizio del recesso fissati per le s.p.a. dall'art. 2437 bis c.c., da ritenersi non applicabile analogicamente per la diversità di presupposti del recesso nei due tipi societari; pertanto, in detta ipotesi, il diritto di recesso del socio va esercitato nel termine previsto nello statuto della s.r.l., prima della sua trasformazione in s.p.a., e, in mancanza di detto termine, secondo buona fede e correttezza, quali fonti di integrazione della regolamentazione contrattuale, dovendo il giudice del merito valutare di volta in volta le modalità concrete di esercizio del diritto di recesso e, in particolare, la congruità del termine entro il quale il recesso è stato esercitato, tenuto conto della pluralità degli interessi coinvolti. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto legittimo il recesso dei soci della s.r.l. trasformata in s.p.a., il cui statuto sociale era stato approvato nel 1987 senza previsione delle modalità di recesso, comunicato, in concreto non entro il termine di 15 giorni previsto per le s.p.a. dall'art. 2437 bis c.c. ma poco oltre i 60 giorni).

Cass. civ. n. 5548/2004

Il recesso del socio da una società è un negozio unilaterale recettizio, destinato a perfezionarsi e a produrre i propri effetti sin dal momento in cui la dichiarazione che lo esprime sia pervenuta nella sfera di conoscenza della società destinataria; in caso di società per azioni, l'art. 2437, secondo comma, c.c. (nel testo anteriore alle modifiche apportatevi dal D.L.vo n. 6 del 2003) ne subordina l'esercizio al rispetto di un breve termine di decadenza (tre giorni dalla data dell'assemblea che ha assunto la deliberazione da cui il diritto di recesso del socio dissenziente trae origine, o quindici giorni dall'iscrizione di detta deliberazione nel registro delle imprese se il socio non abbia partecipato all'assemblea). Da tanto consegue, per un verso, che non è configurabile un preannuncio (quasi in guisa di prenotazione) dell'atto di recesso, formulato nel rispetto del predetto termine di decadenza, in vista dell'esercizio di un diritto di recesso da far poi valere al di fuori del termine decadenziale; per l'altro verso, che l'atto di recesso, almeno a partire dal momento in cui sono scaduti i termini per eventuali analoghe dichiarazioni di altri soci assenti o dissenzienti dalla medesima deliberazione, non è suscettibile di revoca né può essere subordinato a condizioni che ne rendano incerti gli effetti nel tempo.

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