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Articolo 402 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Poteri tutelari spettanti agli istituti di assistenza

Dispositivo dell'art. 402 Codice Civile

L'istituto di pubblica assistenza esercita i poteri tutelari sul minore ricoverato o assistito, secondo le norme del titolo X, capo I di questo libro [343 ss.], fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore [346], e in tutti i casi nei quali l'esercizio della responsabilità genitoriale o della tutela sia impedito [330, 384]. Resta salva la facoltà del giudice tutelare [43 e 45] di deferire la tutela all'ente di assistenza o all'ospizio [354], ovvero di nominare un tutore a norma dell'articolo 354(1).

Nel caso in cui il genitore riprenda l'esercizio della responsabilità genitoriale, l'istituto deve chiedere al giudice tutelare di fissare eventualmente limiti o condizioni a tale esercizio [332, 406](2).

Note

(1) Il comma è stato così modificato dall'art. 146 della L. 24 novembre 1981 n. 689.
(2) Si veda l'art. 3 della L. 4 maggio 1983 n. 184. Nel comma in esame si prevede che il giudice tutelare possa intervenire per un diretto controllo sull'esercizio della responsabilità genitoriale precedentemente persa, ed ora riacquistabile: il controllo delle motivazioni dei genitori, prima, e il successivo esercizio condizionato o limitato sono a tutela della genuinità delle intenzioni.

Spiegazione dell'art. 402 Codice Civile

A maggior commento di questa disposizione, già contenuta nel progetto della Commissione parlamentare, e per spiegare la connessione di questa disposizione con la istituzione della tutela e del suo nuovo organo, il giudice tutelare, si può riportare il seguente brano del rapporto della Sottocommissione:
"Noi siamo partiti dal presupposto che non debba esservi fanciullo che non abbia chi lo assista, lo protegga, lo rappresenti in tutti gli atti della sua vita civile. L'antico concetto che la tutela sia giustificata solo quando esiste un patrimonio da amministrare, a parte la sua erroneità concettuale, essendo l'uomo sempre un soggetto di rapporti patrimoniali per lo meno virtuali, è incompatibile con i fini di interesse pubblico che giustificano l'assistenza e la protezione dei fanciulli abbandonati. Il ricovero e l'assistenza del minore nell'interno dell'istituto di assistenza, come il suo collocamento esterno, devono essere considerati, perciò, come esercizio di un vero e proprio potere tutelare sulla persona del minore, che sussiste fino a che non sia stato provveduto, come dice l'art. 3, alla nomina di altro tutore, da parte del giudice tutelare. Questo potere tutelare è tanto più necessario in quanto per il combinato disposto degli articoli 325 e 351, nel testo approvato dalla Commissione parlamentare, il semplice fatto dell'impedimento o della sospensione dell'esercizio della patria potestà da parte di entrambi i genitori dà luogo all'apertura della tutela, e basta, perciò, a costituire il titolo giuridico perché possa intervenire automaticamente il potere tutelare dell'Opera assistenziale."
Il rapporto poi aggiunge:
"Di massima importanza è la regola contenuta nel capoverso di questo articolo terzo e per la quale si dispone che in ogni caso in cui il genitore del minore abbandonato riprenda l'esercizio della patria potestà, l'Istituto di pubblica assistenza deve richiedere che il giudice tutelare intervenga. Purtroppo, infatti, spesso avviene che i genitori legittimi naturali, dopo avere abbandonato l'infante od il fanciullo o avere provocato il suo internamento in un reclusorio, ricompaiano per pretendere di ritirarlo in famiglia quando è divenuto un giovinetto educato ed abile al lavoro, procedendo, ove necessario, ad atti di riconoscimento o di legittimazione."
"Nello stato attuale della legislazione, l'Istituto non può opporsi alle loro richieste, anche se dubiti che il genitore reclami il figlio a solo scopo di sfruttamento e che si tratti di ambienti familiari di corruzione o di mala vita. La disposizione mira a proteggere il minore ed il pubblico interesse, stabilendo che la restituzione del minore non possa avvenire se non attraverso una procedura che si svolgerà davanti al giudice tutelare, il quale potrà fissare eventualmente dei limiti e delle condizioni atte a proteggere l'avvenire del minore".

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

196 In conformità alle considerazioni di ordine sistematico sopraccennate, sono regolati nell'art. 402 del c.c. i poteri tutelari spettanti in via provvisoria agli istituti di assistenza quando il tutore non sia ancora nominato e in ogni caso quando l'esercizio della patria potestà o della tutela sia impedito, salva la facoltà del giudice tutelare di deferire, a termini dell'art. 354, la tutela del minore all'istituto in cui il minore stesso si trova ricoverato. Queste norme costituiscono speciali adattamenti dell'istituto tutelare, ma assumono in pari tempo una portata di carattere generale e una importanza rilevante, perché sono la enunciazione di un principio fondamentale in materia di assistenza ai minori, che, cioè, la tutela di ogni minore, che venga raccolto o allevato in un istituto assistenziale, spetta senz'altro all'istituto stesso fino a quando non si sia definitivamente provveduto. Tale potere tutelare costituisce una spiccata, manifestazione della funzione pubblica assistenziale svolta dagli appositi istituti del Regime.

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