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Articolo 157 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Cessazione degli effetti della separazione

Dispositivo dell'art. 157 Codice Civile

I coniugi possono di comune accordo far cessare gli effetti (1) della sentenza di separazione, senza che sia necessario l'intervento del giudice, con una espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione [154] (2).

La separazione può essere pronunziata nuovamente soltanto in relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione.

Note

(1) Una volta dichiarata la separazione, si producono effetti personali e patrimoniali che l'articolo in esame limita al caso in cui i coniugi, di comune accordo e con dichiarazione espressa o sulla base di elementi esteriori ed obiettivi, decidano di ripristinare la convivenza materiale e l'unione spirituale. Gli effetti si produrranno ex nunc, salvi comunque (per gli effetti esterni del ripristino della comunione legale) i diritti acquisiti dal terzo in buona fede, in mancanza di pubblicità della riconciliazione.
(2) La riconciliazione dei coniugi (di cui all'art. 154 del c.c.) avviene allorché sia ripristinato il consorzio familiare e restaurata così la comunione materiale e spirituale tra i coniugi. Non saranno quindi sufficienti i ritorni saltuari nella residenza comune, o rapporti sessuali avvenuti in tali occasioni, che non determinano una unione od una comunione idonee agli effetti del predetto articolo.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 157 Codice Civile

Cass. civ. n. 27963/2022

La parte che ha interesse a far accertare l'avvenuta riconciliazione dei coniugi, dopo la separazione, ha l'onere di fornire una prova piena e incontrovertibile, che il giudice di merito è chiamato a verificare, tenendo presente che, in mancanza di una dichiarazione espressa di riconciliazione, gli effetti della separazione cessano soltanto col fatto della coabitazione, la quale non può ritenersi ripristinata per la sola sussistenza di ripetute occasioni di incontro e di frequentazione, ove le stesse non depongano per una reale e concreta ripresa delle relazioni materiali e spirituali e che il relativo apprezzamento non può essere oggetto di sindacato di legittimità, in presenza di una motivazione adeguata ed esaustiva.

Cass. civ. n. 1630/2018

In forza dell'art. 157 c.c., gli effetti della separazione personale, in mancanza di una dichiarazione espressa di riconciliazione, cessano soltanto col fatto della coabitazione, la quale non può, quindi, ritenersi ripristinata per la sola sussistenza di ripetute occasioni di incontri e di frequentazioni tra i coniugi, ove le stesse non depongano per una reale e concreta ripresa delle relazioni materiali e spirituali costituenti manifestazione ed effetto della rinnovata società coniugale. Ne consegue, che passata in giudicato la sentenza di separazione personale con addebito reciproco, il coniuge superstite al fine di far valere diritti successori, è tenuto ad allegare specificamente l'avvenuta cessazione degli effetti della separazione, con correlata caducazione della sentenza a far data dal ripristino della convivenza spirituale e materiale.

Cass. civ. n. 19535/2014

Per provare la riconciliazione tra coniugi separati, non è sufficiente che i medesimi abbiano ripristinato la convivenza, essendo invece necessaria la ripresa dei rapporti materiali e spirituali, caratteristici della vita coniugale.

Cass. civ. n. 28655/2013

La cessazione degli effetti civili della separazione si determina a seguito di riconciliazione, che non consiste nel mero ripristino della situazione "quo ante", ma nella ricostituzione del consorzio familiare attraverso la ricomposizione della comunione coniugale di vita, vale a dire la ripresa di relazioni reciproche, oggettivamente rilevanti, tali da comportare il superamento di quelle condizioni che avevano reso intollerabile la prosecuzione della convivenza e che si concretizzino in un comportamento non equivoco incompatibile con lo stato di separazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva escluso la riconciliazione, reputando che il mantenimento di due residenze separate e la perpetuazione di una condotta adulterina da parte del marito, pur costituendo una prosecuzione del "menage" coniugale anteriore alla separazione, non potessero considerarsi elementi significativi di una ripristinata unione materiale e spirituale, mentre i contributi di natura economica e l'assistenza di un coniuge all'altro in occasione di una degenza ospedaliera potevano essere dettati da ragioni umanitarie e da solidarietà post-coniugale).

Cass. civ. n. 19541/2013

La riconciliazione successiva al provvedimento di omologazione della separazione consensuale, ai sensi dell'art. 157 cod. civ., determina la cessazione degli effetti della precedente separazione, con caducazione del provvedimento di omologazione, a far data dal ripristino della convivenza spirituale e materiale, propria della vita coniugale. Ne consegue che, in caso di successiva separazione, occorre una nuova regolamentazione dei rapporti economici tra i coniugi, cui il giudice deve provvedere sulla base di una nuova valutazione della situazione economico-patrimoniale dei coniugi stessi, che tenga conto delle eventuali sopravvenienze e, quindi, anche delle disponibilità da loro acquisite per effetto della precedente separazione.

Cass. civ. n. 3744/2001

Perché si abbia riconciliazione, con conseguente cessazione degli effetti della separazione, occorre il ripristino del consorzio familiare attraverso la restaurazione della comunione materiale e spirituale dei coniugi cessata appunto con la separazione. Il relativo accertamento, implicando un'indagine di fatto, è rimesso all'apprezzamento del giudice di merito e non è, quindi, censurabile in cassazione in mancanza di vizi logici o giuridici. (Sulla base dell'enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto raggiunta la prova dell'intervenuta riconciliazione, a tal fine attribuendo rilevanza ai comportamenti posti in essere dai coniugi per un apprezzabile periodo di tempo successivamente alla separazione consensuale — comportamenti ritenuti significativi di una ripresa della convivenza e di una rinnovata comunione — piuttosto che a supposti aspetti psicologici, quali l'intento di creare una situazione meramente apparente onde celare la separazione ai genitori della moglie e l'esistenza di una relazione extraconiugale che il marito intratteneva con un'altra donna).

Cass. civ. n. 4748/1999

L'accertamento dell'avvenuta riconciliazione tra coniugi consensualmente separati, per avere essi tenuto un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione, implicando un'indagine di fatto, è rimessa all'apprezzamento del giudice di merito e non è, quindi, censurabile in cassazione in mancanza di vizi logici o giuridici. Ad un tal riguardo, la circostanza che il marito, al momento della ripresa della convivenza con il coniuge, avesse in corso delle relazioni extraconiugali, delle quali non risulti che la moglie avesse conoscenza, non impedisce — di per sé — di ritenere intervenuta la riconciliazione tra i coniugi, quando questa sia stata argomentatamente desunta da un accenno di elementi univocamente significativi dell'intervenuta restaurazione del rapporto coniugale.

Cass. civ. n. 11523/1990

La riconciliazione fra i coniugi — intesa quale situazione di completo ed effettivo ripristino della convivenza, mediante ripresa dei rapporti materiali e spirituali che, caratterizzando il vincolo del matrimonio ed essendo alla base del consorzio familiare, appaiono oggettivamente idonei a dimostrare una seria e comune volontà di conservazione del rapporto, a prescindere da irrilevantí riserve mentali — è fonte non soltanto di effetti processuali, preclusivi del giudizio di separazione in corso, ma altresì di effetti sostanziali, consistenti nel determinare l'inidoneità dei fatti ad essa anteriori — posti in essere durante la convivenza o la separazione di fatto — ad assumere autonomo valore giustificativo di una pronuncia di separazione personale, emessa su domanda successiva all'evento riconciliativo rimasto privo di esito definitivo, con la conseguenza che, ai fini di tale pronuncia e della valutazione dell'addebito, sono utilizzabili soltanto i fatti successivi all'evento medesimo, mentre quelli anteriori possono essere considerati al solo scopo di lumeggiare il contesto storico nel quale va operato l'apprezzamento in ordine all'intollerabilità della convivenza.

Cass. civ. n. 6860/1983

Affinché lo stato di separazione tra i coniugi di cui all'art. 3 L. 1 dicembre 1970, n. 898 possa ritenersi interrotto per effetto di riconciliazione e quindi non idoneo per la pronunzia di divorzio è necessaria la ricostituzione del consorzio familiare attraverso la restaurazione della comunione materiale e spirituale tra i coniugi, cessata con la pronunzia di separazione, onde non sono sufficienti a tal fine i saltuari ritorni del marito nel luogo di residenza della moglie nonché gli stessi rapporti sessuali avvenuti in tali occasioni, trattandosi di fatti inidonei a privare di valore lo stato perdurante di separazione.

Cass. civ. n. 559/1982

Mentre nell'ipotesi della separazione di fatto la ripresa della convivenza nel solo aspetto materiale o il ristabilimento della mera affectio coniugalis fa venir meno l'uno o l'altro dei due elementi essenziali per ravvisare la fattispecie di tale separazione, nell'ipotesi invece di separazione legale, per rimuovere la situazione concreta e giuridica determinata dal provvedimento giudiziale deve verificarsi la riconciliazione dei coniugi con i requisiti previsti dalla legge e cioè la ricostituzione del consorzio familiare nei suoi rapporti materiali e spirituali, oppure una espressa dichiarazione in tal senso.

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Consulenze legali
relative all'articolo 157 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

R.D. chiede
martedì 16/11/2021 - Sardegna
“Io e mia moglie siamo separati legalmente da molti anni. I rapporti sono buoni. Lei vive a Roma io a Olbia. Vorrei riprendere la residenza a Roma ho 88 anni, ma ho il problema della casa dove abitare. Chiedo potrebbe mia moglie affittarmi una stanza avendo una villetta con sei stanze, tre agni e altri servizi e vive da sola? c'è un altro sistema? Grazie.”
Consulenza legale i 24/11/2021
Stando a quanto viene riferito nel quesito, i coniugi sarebbero “separati legalmente” e non ancora divorziati. Ora, il fatto che marito e moglie, già separati, tornino in qualche modo a vivere sotto lo stesso tetto può avere rilevanza nell’eventuale giudizio di divorzio: infatti l’art. 3 della legge 898/1970 prevede che la separazione debba essersi protratta "ininterrottamente” per il periodo di tempo previsto dalla norma.
Inoltre, l’art. 157 c.c. stabilisce che i coniugi possano far cessare gli effetti della separazione “con un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione”.
Tuttavia, nel nostro caso la situazione potrebbe essere formalizzata mediante la stipula di un contratto di locazione, o di comodato (se gratuito) tra le parti, per cui a ben vedere non si tratterebbe di una tipica ripresa di una convivenza coniugale.
Del resto, anche qualora la si considerasse una ripresa della convivenza, la Cassazione (Sez. I Civ., 17/09/2014, n. 19535) ha affermato che “per provare la riconciliazione tra coniugi separati, non è sufficiente che i medesimi abbiano ripristinato la convivenza, essendo invece necessaria la ripresa dei rapporti materiali e spirituali, caratteristici della vita coniugale”.
Anzi, la "semplice" coabitazione non equivale di per sé alla convivenza coniugale: si veda Cass. Civ., Sez. I, 25/05/2007, n. 12314, secondo cui “l’elemento oggettivo del ripristino della coabitazione tra i coniugi è potenzialmente idoneo a fondare il positivo convincimento del giudice quanto all’avvenuta riconciliazione, con la conseguenza che spetterà al coniuge interessato a negarla dimostrare che il nuovo assetto posto in essere, per accordi intercorsi tra le parti o per le modalità di svolgimento della vita familiare sotto lo stesso tetto, era tale da non integrare una ripresa della convivenza, e quindi da non configurarsi come evento riconciliativo”.

Non c'è dunque alcun pericolo che l'abitazione sotto il medesimo tetto faccia di per se stessa scattare la "riconciliazione" in senso tecnico.
La locazione di una stanza nella casa della moglie è più che lecita e possibile, e appare senz'altro una soluzione praticabile.

G. M. G. chiede
martedì 20/10/2020 - Lazio
buongiorno , la prescrizione per la revoca di una separazione consensuale è 5 anni. Questo significa che la sentenza di revoca del giudice deve essere emessa entro 5 anni dalla data della separazione per non essere prescritta ? grazie”
Consulenza legale i 27/10/2020
Per rispondere al quesito è necessario fare un po’ di chiarezza.
Si ha separazione consensuale quando i coniugi sono d’accordo nel “rompere” il vincolo matrimoniale, anche se si tratta di una rottura non necessariamente definitiva, come vedremo fra poco.
Da un punto di vista processuale, i coniugi sottopongono il loro accordo al Tribunale, che ne verifica l’adeguatezza (soprattutto in presenza di figli minori) e, se tale verifica è positiva, omologa la separazione.
Vi sono poi altre procedure, recentemente introdotte, per giungere ad una separazione consensuale: si tratta della negoziazione assistita, in cui i coniugi firmano un accordo con l’assistenza dei rispettivi avvocati, e l’accordo deve essere autorizzato dal Pubblico Ministero (nella sostanza, equivale all’omologa del Tribunale), e della separazione conclusa dinanzi al Sindaco quale ufficiale di stato civile.
In ogni caso, una volta omologato o autorizzato l’accordo, quest’ultimo non può essere “revocato”, quanto meno non nel senso stretto della parola. Semmai è possibile che dopo la separazione intervenga una riconciliazione, la quale fa cessare gli effetti della separazione (art. 157 del c.c.).
Ipotesi diversa - e forse è quella a cui si riferisce il quesito - è quella dell’impugnazione dell’accordo omologato per vizi del consenso, cioè per errore, violenza o dolo. Si veda in proposito Cass. Civ., Sez. I, n. 17902/2004: “è ammissibile l'azione di annullamento disciplinata dagli articoli 1427 e seguenti del c.c. nell'ipotesi di vizi del consenso dei coniugi nella separazione consensuale omologata. Tale principio trova fondamento nella natura della separazione consensuale omologata caratterizzata essenzialmente dal ruolo primario della volontà concorde dei coniugi di separarsi ovvero di definire i vari aspetti della vita coniugale e familiare”.
Ed ancora, secondo Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 10932/2008: “l'inquadramento dell'accordo di separazione nella categoria negoziale, pur escludendo che allo stesso possa esser attribuita natura di contratto, non esclude che all'accordo stesso possano applicarsi, nei limiti della loro compatibilità, le norme del regime contrattuale che riguardano in generale la disciplina del negozio giuridico o che esprimono principi generali dell'ordinamento, come quelle in tema di vizi del consenso e di capacità delle parti. Tuttavia, tali vizi dovranno esser dedotti mediante instaurazione di un giudizio ordinario diretto ad ottenere l'annullamento del negozio stesso”.
Ora, l’art. 1442 del c.c. stabilisce che l’azione di annullamento del contratto per errore, violenza o dolo si prescrive in cinque anni; la decorrenza è diversa a seconda del tipo di vizio.
Per evitare il decorso della prescrizione non è tuttavia necessario che il giudice decida sulla domanda di annullamento entro cinque anni: infatti è l’azione che deve essere iniziata nel suddetto termine.

Julio R. chiede
giovedì 18/06/2020 - Lombardia
“Io sono sposato in Perù, con la moglie cittadina naturalizzata Italiana (1990), non abbiamo figlie, abbiamo la Omologa di separazione Consensuale del tribunale di Monza 31.10.2011, al epoca eravamo residenti a Cinisello Balsamo; ci abbiamo riconciliati il 2013 a tutte gli effetti, continuando abitare a Cinisello Balsamo fino al 2017 che siamo stati sfratati della abitazione di proietta. il 2018 siamo stati assegnatari di una casa popolare a Milano, dove abitiamo sempre nello stesso nucleo familiare. 3 anni fa ho fatto richiesta di la cittadinanza Italiana per Matrimonio per quello vorrei anulare la separazione. Volevo sapere se lo posso fare in Comune?”
Consulenza legale i 23/06/2020
La riconciliazione tra i coniugi è disciplinata dall’art. 157 del c.c., secondo il quale i coniugi possono, di comune accordo, far cessare gli effetti della sentenza di separazione (nel nostro caso dell'omologa di separazione consensuale), senza che sia necessario l'intervento del giudice.
Ciò può avvenire sia con una espressa dichiarazione, sia con un “comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione” (naturalmente occorre almeno la ripresa della convivenza tra i coniugi).
Il secondo comma della norma precisa che, quando vi sia stata riconciliazione, la separazione può essere pronunciata nuovamente soltanto in relazione a fatti e comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione stessa.
Non è dunque necessario rivolgersi nuovamente al giudice al fine di far accertare l’avvenuta riconciliazione, ma sarà necessario (come si vedrà tra poco) redigere una espressa dichiarazione, come previsto dalla norma stessa.
La dichiarazione scritta, con cui i coniugi manifestano la loro riconciliazione ai sensi dell'articolo 157 del c.c., verrà iscritta nell’archivio informatico dello stato civile, come disposto dall’art. 63, lett. g del D.P.R. 396/2000.
Nel caso di domanda di riconoscimento della cittadinanza italiana per matrimonio ex art. 5 della L. n. 91/1992, occorre precisare che il termine utile per l'acquisto della cittadinanza dovrà essere calcolato a partire dalla "data della dichiarazione di riconciliazione, come annotata a margine dell'atto di matrimonio"; lo ha chiarito la circolare n. 6415/2011 del Ministero dell'Interno, aggiungendo che la domanda di riconoscimento della cittadinanza dovrà essere dichiarata inammissibile in presenza di una riconciliazione solo di fatto.

Giancarlo chiede
mercoledì 24/11/2010
“I coniugi con separazione omologata che hanno vissuto sotto lo stesso tetto e hanno procreato altro figlio. Cosa debbono fare per annullare formalmente l'atto di separazione?”
Consulenza legale i 26/11/2010

Le dichiarazioni con le quali i coniugi separati manifestano la loro riconciliazione sono soggette ad iscrizione negli archivi dello stato civile ex art. 63, lett. g) d.p.r. 396/2000, e ad annotazione a margine dell'atto di matrimonio. Praticamente i coniugi fanno una dichiarazione scritta di riconciliazione che viene allegata agli atti della separazione e quest'ultima decade automaticamente.
La dichiarazione espressa ha efficacia autonoma rispetto al comportamento delle parti, a nulla rilevando che l'effettiva ripresa della convivenza non sia seguita per motivi di forza maggiore o per il successivo pentimento di uno dei coniugi.
Perchè si abbia riconciliazione per fatti concludenti, invece, è necessario il ripristino del consorzio familiare attraverso la restaurazione della comunione sia materiale che spirituale.


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