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Articolo 103 Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)

(D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917)

[Aggiornato al 01/01/2024]

Ammortamento dei beni immateriali

Dispositivo dell'art. 103 TUIR

1. Le quote di ammortamento del costo dei diritti di utilizzazione di opere dell'ingegno, dei brevetti industriali, dei processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico sono deducibili in misura non superiore al 50 per cento del costo; quelle relative al costo dei marchi d'impresa sono deducibili in misura non superiore ad un diciottesimo del costo.

2. Le quote di ammortamento del costo dei diritti di concessione e degli altri diritti iscritti nell'attivo del bilancio sono deducibili in misura corrispondente alla durata di utilizzazione prevista dal contratto o dalla legge.

3. Le quote di ammortamento del valore di avviamento iscritto nell'attivo del bilancio sono deducibili in misura non superiore a un diciottesimo del valore stesso.

3-bis. Per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, la deduzione del costo dei marchi d'impresa e dell'avviamento è ammessa alle stesse condizioni e con gli stessi limiti annuali previsti dai commi 1 e 3, a prescindere dall'imputazione al conto economico.

4. Si applica la disposizione del comma 8 dell'articolo 102.

Massime relative all'art. 103 TUIR

Cass. civ. n. 14872/2020

In tema di dichiarazione dei redditi di una società, quale che sia il loro valore di libro risultante dal bilancio regolarmente approvato dall'assembla dei soci con il consenso del collegio sindacale, l'Amministrazione finanziaria può sempre sindacare la deducibilità dei relativi costi (nella specie, quello afferente alle quote di ammortamento del valore dell'avviamento di un'azienda ceduta alla contribuente) ove dimostri che è stato iscritto a bilancio non il valore reale del bene, materiale o immateriale, bensì quello che risulta frutto della violazione del principio fissato dall'art. 2423, comma 2, c.c. in forza del quale l'imprenditore non può inserire poste inesistenti o sopravalutate.

Cass. civ. n. 7950/2019

In tema di determinazione del reddito d'impresa, i contributi in conto capitale (compresi quelli in conto impianti, che ne costituiscono una sottospecie) ed i contributi in conto di esercizio (anche nella forma di contributi a fondo perduto), pur avendo diverse caratteristiche, sono egualmente destinati ad integrare i ricavi o a ridurre i costi della gestione caratteristica dell'impresa o delle gestioni accessorie differenti da quella finanziaria, come si ricava sia dagli artt. 85, 102 e 103 del d.P.R. n. 917 del 1986, sia dai principi contabili e, pertanto, devono essere tutti iscritti in bilancio nel conto economico dell'impresa. (Nella specie, la S.C. ha annullato la decisione impugnata che aveva invece affermato che i contributi POR, ricevuti dall'impresa, dovessero essere appostati solo nello stato patrimoniale e non dichiarati, tra i ricavi, nel conto economico).

Cass. civ. n. 18994/2018

In tema di agevolazioni fiscali per le aree svantaggiate, il beneficio del credito d'imposta ex art. 8, comma 2, della l. n. 388 del 2000 per i soggetti titolari di redditi d'impresa che, nel periodo ivi indicato, abbiano effettuato nuovi investimenti, spetta per i beni, materiali e immateriali, nuovi e fiscalmente ammortizzabili, ossia strumentali all'esercizio dell'impresa. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato la decisione impugnata che non aveva riconosciuto il credito d'imposta per l'acquisto di spese di pubblicità inerenti all'attività d'impresa).

Cass. civ. n. 17181/2018

La cessione di azienda con costituzione di una rendita vitalizia in favore del cedente determina, in favore dello stesso, una plusvalenza tassabile, in quanto, benché assicuri un'utilità aleatoria correlata alla durata della vita del beneficiario, presenta un valore economico accertabile sulla base di calcoli attuariali, secondo criteri riconosciuti dall'ordinamento, non ostando, peraltro, a detta tassazione il rischio di una doppia imposizione, essendo la rendita assimilabile a fini fiscali al reddito di lavoro dipendente, in quanto detto divieto scatta solo nell'ipotesi di liquidazione della seconda imposta da parte dell'Amministrazione: ne deriva che, per la cessionaria, l'erogazione della rendita non costituisce costo di esercizio, bensì costo di acquisizione dell'azienda.

Comm. Trib. Reg. Lazio n. 3970/2018

Non costituiscono cessione di un ramo d’azienda né il trasferimento di tutti i beni tranne il personale dipendente, elemento indispensabile all’esercizio dell’attività di vigilanza privata, né il trasferimento del solo pacchetto clienti, dovendosi in entrambi i casi escludere la prosecuzione dell’attività aziendale originaria (in assenza di dipendenti nel primo caso e di strutture nel secondo). Ne consegue che il cessionario non può portare in deduzione le quote di ammortamento dell’avviamento iscritto in bilancio.

Cass. civ. n. 9993/2018

In tema di accertamento, nell'ipotesi di beni ammortizzabili, il termine di decadenza per l'esercizio del potere impositivo decorre dall'annualità nella quale è stata presentata la dichiarazione in cui i costi sono stati concretamente sostenuti e la quota di ammortamento è stata iscritta in bilancio, rispetto alla quale sorgono i presupposti del diritto alla deduzione, a ciò non ostando il principio di autonomia dei periodi di imposta, che non opera in relazione a situazioni geneticamente unitarie ma destinate a ripercuotersi su annualità successive, e non potendo il contribuente, come peraltro affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 280 del 2005, essere esposto all'azione del Fisco per un periodo eccessivamente dilatato.

Cass. civ. n. 30807/2017

In tema d'IVA, l'acquisto della sola nuda proprietà di un immobile, che non venga in rilievo come bene-merce, non è suscettibile di generare un'imposta rimborsabile o detraibile per carenza della possibilità giuridica di destinare il bene in funzione degli scopi dell'impresa. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza con la quale era stata ritenuta rimborsabile l'IVA corrisposta, per l'acquisto della sola nuda proprietà di un immobile, da parte di una società gerente villaggi turistici e strutture analoghe).

Cass. civ. n. 5887/2017

In tema di agevolazioni fiscali per le aree svantaggiate, il beneficio del credito d'imposta di cui all'art. 8, comma 2, della l. n. 388 del 2000 per i soggetti titolari del reddito d'impresa che, nel periodo ivi indicato, abbiano effettuato nuovi investimenti, spetta per i beni, materiali e immateriali, nuovi e fiscalmente ammortizzabili, ai sensi degli artt. 103 e 104 (già 67 e 68) del d.P.R. n. 917 del 1986, e di natura strumentale rispetto all'esercizio dell'impresa, in applicazione del criterio del rapporto di inerenza previsto dagli artt. 109 e 164 (già 75 e 121-bis) del d.P.R. n. 917 del 1986, per cui va riconosciuto in caso di acquisto di biancheria avvenuto nell'esercizio di attività di lavanderia industriale, consistente nella pulizia e nel noleggio della stessa a strutture alberghiere e di ristorazione, non potendo, peraltro, escludersi la configurabilità della biancheria quale bene strumentale ammortizzabile in base alla tabella di cui al d.m. 31 dicembre 1988, che, al contrario, espressamente la contempla come tale, sebbene rispetto ad altri gruppi di attività.

Cass. civ. n. 15572/2016

In tema di agevolazioni fiscali per le aree svantaggiate, gli investimenti consistenti in spese incrementative di beni non di proprietà dell'impresa - che li utilizza in virtù di un contratto di locazione o di comodato - possono ugualmente beneficiare del credito d'imposta previsto dall'art. 8 della l. n. 388 del 2000 purché le opere abbiano una loro individualità ed autonoma funzionalità, al termine del periodo di locazione o di comodato possano essere rimosse dall'utilizzatore ed avere un impiego a prescindere dal bene a cui accedono e siano iscritte in bilancio tra le "immobilizzazioni materiali"; viceversa, qualora si tratti di opere non separabili dal bene altrui (come, nell'ipotesi dell'ampliamento di un fabbricato insistente su area di proprietà di terzi), devono essere iscritte tra le "immobilizzazioni immateriali" e non possono beneficiare dell'agevolazione, trattandosi di costi e non di beni. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Lazio, Sez. dist. Latina, 12/05/2010).

Cass. civ. n. 6200/2015

In materia d'IVA, in virtù del principio fondamentale di neutralità, il contribuente può portare in detrazione l'imposta assolta sulle spese di ristrutturazione dell'immobile destinato all'esercizio dell'attività d'impresa, anche se non ne è proprietario, ma conduttore o comodatario, essendo irrilevanti la disciplina civilistica e gli accordi intercorsi tra le parti, salvo che i costi siano fittizi e sia, perciò, configurabile una fattispecie fraudolenta. (rigetta, Comm. Trib. Reg. della Sicilia, sez. dist. di Messina, 14/03/2011).

Cass. civ. n. 13143/2014

In tema di agevolazioni per gli investimenti nelle aree svantaggiate, la fruizione del credito di imposta secondo il regime originario di ammissione previsto dall'art. 8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, richiede che la stipula del contratto di acquisto dei nuovi beni sia anteriore all'8 luglio 2002, in quanto l'effetto traslativo si produce in forza del solo consenso tra le parti, ai sensi dell'art. 1376 cod. civ., senza che rilevi la loro consegna successivamente a tale data. Né è necessario, ai fini della prova dell'avvio dell'investimento in epoca precedente, che il contratto d'acquisto abbia data certa, qualora gli elementi fattuali acquisiti al processo consentano di ritenere che l'emissione dei buoni d'ordine e le relative conferme si siano inequivocabilmente verificate entro la data suddetta. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. della Campania, sez. dist. di Salerno, 14/05/2007).

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Consulenze legali
relative all'articolo 103 TUIR

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ALFREDO C. chiede
venerdì 22/09/2017 - Lazio
“Una spa ha sostenuto dei costi per "ricerca e sviluppo" indicati nell'attivo del Patrimoniale da ciò è derivato un credito d'imposta.
La domanda: come deve essere rappresentato in contabilità nel patrimonio questo credito d'imposta e quale deve essere la contropartita nel patrimoniale passivo.
Grazie e cordiali saluti”
Consulenza legale i 24/09/2017
Una delle novità apportate dal D. Lgs. n. 139/2015, in tema di redazione di bilanci d’esercizio e consolidati, e incluse dal Consiglio nazionale dei Commercialisti nei principi contabili nazionali riguarda le immobilizzazioni immateriali e dovrà essere applicata ai bilanci con esercizio avente inizio dal 1° gennaio 2016 o da data successiva.

In base al nuovo principio contabile n. 24, che disciplina le modalità di contabilizzazione delle predette immobilizzazioni, occorre adesso distinguere tra i costi di sviluppo ed i costi di ricerca.

I costi di sviluppo sono connessi all’applicazione dei risultati della ricerca di base o di altre conoscenze possedute o acquisite in un piano o in un progetto per la produzione di materiali, dispositivi, processi, sistemi o servizi, nuovi o sostanzialmente migliorati, prima dell’inizio della produzione commerciale o dell’utilizzazione.

La ricerca di base, invece, è un’indagine originale e pianificata intrapresa con la prospettiva di conseguire nuove conoscenze e scoperte, scientifiche o tecniche, che si considera di utilità generica alla società. I costi di ricerca di base sono normalmente precedenti a quelli sostenuti una volta identificato lo specifico prodotto o processo che si intende sviluppare.

In base al citato principio contabile n. 24, i costi sostenuti per la ricerca di base sono costi di periodo e sono addebitati al conto economico dell'esercizio in cui sono sostenuti, poiché rientrano nella ricorrente operatività dell'impresa e sono, nella sostanza, di supporto ordinario all’attività imprenditoriale della stessa.
Quelli di sviluppo, invece, vengono capitalizzati nell’attivo patrimoniale e sono composti: dagli stipendi, i salari e gli altri costi relativi al personale impegnato nell’attività di sviluppo; dai costi dei materiali e dei servizi impiegati nell’attività di sviluppo; dall'ammortamento di immobili, impianti e macchinari, nella misura in cui tali beni sono impiegati nell’attività di sviluppo; dai costi indiretti, diversi dai costi e dalle spese generali ed amministrativi, relativi all’attività di sviluppo; dagli altri costi, quali ad esempio l'ammortamento di brevetti e licenze, nella misura in cui tali beni sono impiegati nell'attività di sviluppo.

La sola attinenza a specifici progetti di sviluppo non è condizione sufficiente affinché i relativi costi abbiano legittimità di capitalizzazione. Per tale finalità, essi debbono anche rispondere positivamente alle seguenti specifiche caratteristiche:
  • essere relativi ad un prodotto o processo chiaramente definito, nonché identificabili e misurabili. Ciò equivale a dire che la società deve essere in grado di dimostrare, per esempio, che i costi di sviluppo hanno diretta inerenza al prodotto, al processo o al progetto per la cui realizzazione essi sono stati sostenuti. Nei casi in cui risulti dubbio se un costo di natura generica possa essere attribuito ad un progetto specifico, ovvero alla gestione quotidiana e ricorrente, il costo non sarà capitalizzato ma spesato al conto economico;
  • essere riferiti ad un progetto realizzabile, cioè tecnicamente fattibile, per il quale la società possieda o possa disporre delle necessarie risorse. La realizzabilità del progetto è, di regola, frutto di un processo di stima che dimostri la fattibilità tecnica del prodotto o del processo ed è connessa all’intenzione della direzione di produrre e commercializzare il prodotto o utilizzare o sfruttare il processo. La disponibilità di risorse per completare, utilizzare e ottenere benefici da un’attività immateriale può essere dimostrata, per esempio, da un piano della società che illustra le necessarie risorse tecniche, finanziarie e di altro tipo e la capacità della società di procurarsi tali risorse. In alcune circostanze, la società dimostra la disponibilità di finanziamenti esterni ottenendo conferma da un finanziatore della sua volontà di finanziare il progetto;
  • essere recuperabili, cioè la società deve avere prospettive di reddito in modo che i ricavi che prevede di realizzare dal progetto siano almeno sufficienti a coprire i costi sostenuti per lo studio dello stesso, dopo aver dedotto tutti gli altri costi di sviluppo, i costi di produzione e di vendita che si sosterranno per la commercializzazione del prodotto.

Per quanto riguarda i costi di ricerca precedentemente capitalizzati:
  • potranno essere riclassificati nella voce Costi di sviluppo se soddisfano i requisiti sopra elencati;
  • dovranno essere stralciati se non rispettano i requisiti previsti al paragrafo 49 dell’OIC 24 a riduzione del patrimonio netto, come previsto dall’OIC 29.

Tenuto conto di ciò, il credito di imposta ottenuto per l’attività di ricerca e sviluppo deve essere trattato contabilmente in modo diverso, in riferimento alla tipologia di spesa alla quale lo stesso si riferisce.

Più in particolare, se si riferisce a costi di ricerca, per quanto detto prima, dovrà essere imputato integralmente nella voce A5 “altri ricavi e proventi” del conto economico dell’esercizio in cui esiste la ragionevole certezza che le condizioni per la sua attribuzione siano soddisfatte e, quindi, la certezza della sua erogazione. L’imputazione potrà avvenire in contropartita di un conto patrimoniale accesso al credito verso l’Ente erogante da decurtare in funzione delle compensazioni effettuate in F24.

Se, invece, si riferisce a costi di sviluppo patrimonializzati, l’OIC 24 dice che “sono rilevati a conto economico con un criterio sistematico, gradualmente lungo la vita utile dell’immobilizzazione immateriale”.

Ciò può essere applicato con due metodi:
  1. con il primo metodo (metodo indiretto) il contributo, ricevuto sotto forma di credito di imposta, è portato indirettamente a riduzione del costo in quanto imputato al conto economico nella voce A5 “altri ricavi e proventi” e, quindi, rinviato per competenza agli esercizi successivi attraverso l’iscrizione di “risconti passivi”;
  2. con il secondo metodo (metodo diretto) il contributo è portato a riduzione del costo delle immobilizzazioni immateriali cui si riferisce.

Con il primo metodo sono imputati al conto economico, da un lato, gli ammortamenti calcolati sul costo lordo delle immobilizzazioni immateriali, dall’altro, gli altri ricavi e proventi per la quota di contributo di competenza dell’esercizio.

Con il secondo metodo sono imputati al conto economico solo gli ammortamenti determinati sul valore dell’immobilizzazione immateriale al netto dei contributi.

L’iscrizione del contributo, erogato sotto forma di credito di imposta, in apposita voce tra i risconti passivi, da ridursi ogni periodo con accredito al conto economico, lascia inalterato il costo dell’immobilizzazione, ma produce gli stessi effetti sull’utile dell’esercizio e sul patrimonio netto della contabilizzazione del contributo come riduzione del costo.

Anche in questo caso, l’iniziale imputazione del credito di imposta potrà avvenire sempre in contropartita di un conto patrimoniale accesso al credito verso l’Ente erogante da decurtare in funzione delle compensazioni effettuate in F24.

Da un punto di vista fiscale, in genere, questi crediti di imposta non concorrono né alla determinazione del reddito tassabile ai fini Irpef/Ires né alla base imponibile Irap; inoltre, non rilevano ai fini del rapporto di deducibilità degli interessi passivi. Occorre, tuttavia, fare sempre riferimento alla norma istitutiva del contributo che ne disciplina anche i profili fiscali.