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Articolo 63 Testo unico degli enti locali (TUEL)

(D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267)

[Aggiornato al 30/01/2024]

Incompatibilità

Dispositivo dell'art. 63 TUEL

1. Non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale o circoscrizionale:

  1. 1) l'amministratore o il dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza in cui vi sia almeno il 20 per cento di partecipazione, rispettivamente da parte del comune o della provincia o che dagli stessi riceva, in via continuativa, una sovvenzione in tutto o in parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi nell'anno il dieci per cento del totale delle entrate dell'ente;
  2. 2) colui che, come titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento ha parte, direttamente o indirettamente, in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni o appalti, nell'interesse del comune o della provincia, ovvero in società ed imprese volte al profitto di privati, sovvenzionate da detti enti in modo continuativo, quando le sovvenzioni non siano dovute in forza di una legge dello Stato o della regione, fatta eccezione per i comuni con popolazione non superiore a 3.000 abitanti qualora la partecipazione dell'ente locale di appartenenza sia inferiore al 3 per cento e fermo restando quanto disposto dall'articolo 1, comma 718, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
  3. 3) il consulente legale, amministrativo e tecnico che presta opera in modo continuativo in favore delle imprese di cui ai numeri 1) e 2) del presente comma;
  4. 4) colui che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile od amministrativo, rispettivamente, con il comune o la provincia. La pendenza di una lite in materia tributaria ovvero di una lite promossa ai sensi dell'articolo 9 del presente decreto non determina incompatibilità. Qualora il contribuente venga eletto amministratore comunale, competente a decidere sul suo ricorso è la commissione del comune capoluogo di circondario sede di tribunale ovvero sezione staccata di tribunale. Qualora il ricorso sia proposto contro tale comune, competente a decidere è la commissione del comune capoluogo di provincia. Qualora il ricorso sia proposto contro quest'ultimo comune, competente a decidere è, in ogni caso, la commissione del comune capoluogo di regione. Qualora il ricorso sia proposto contro quest'ultimo comune, competente a decidere è la commissione del capoluogo di provincia territorialmente più vicino. La lite promossa a seguito di o conseguente a sentenza di condanna determina incompatibilità soltanto in caso di affermazione di responsabilità con sentenza passata in giudicato. La costituzione di parte civile nel processo penale non costituisce causa di incompatibilità. La presente disposizione si applica anche ai procedimenti in corso;
  5. 5) colui che, per fatti compiuti allorché era amministratore o impiegato, rispettivamente, del comune o della provincia ovvero di istituto o azienda da esso dipendente, o vigilato, è stato, con sentenza passata in giudicato, dichiarato responsabile verso l'ente, istituto od azienda e non ha ancora estinto il debito;
  6. 6) colui che, avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente, verso il comune o la provincia ovvero verso istituto od azienda da essi dipendenti è stato legalmente messo in mora ovvero, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano notificazione dell'avviso di cui all'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602;
  7. 7) colui che, nel corso del mandato, viene a trovarsi in una condizione di ineleggibilità prevista nei precedenti articoli.

2. L'ipotesi di cui al numero 2) del comma 1 non si applica a coloro che hanno parte in cooperative o consorzi di cooperative, iscritte regolarmente nei registri pubblici.

3. L'ipotesi di cui al numero 4) del comma 1 non si applica agli amministratori per fatto connesso con l'esercizio del mandato. (1)

Note

(1) Con sentenza 3 - 5 giugno 2013, n. 120, la Corte Costituzionale ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'articolo 63 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nella parte in cui non prevede l'incompatibilità tra la carica di parlamentare e quella di sindaco di un Comune con popolazione superiore ai 20.000 abitanti".

Massime relative all'art. 63 TUEL

Corte cost. n. 120/2013

È incostituzionale l'art. 63 T.U. 18 agosto 2000 n. 267, nella parte in cui non prevede l'incompatibilità tra la carica di parlamentare e quella di sindaco di un Comune con popolazione superiore ai 20.000 abitanti.

Cass. civ. n. 26210/2010

In tema di elettorato passivo, la causa d'incompatibilità per lite pendente prevista dall'art. 63, comma 1, n. 4, del D.Lgs. n. 267, sussiste qualora il sindaco sia evocato in causa dal comune, ai sensi dell'art. 2476 c.c., quale amministratore di una società da esso partecipata, per i danni arrecati nella gestione, stante il conflitto d'interessi sostanziale con l'ente locale.

Cass. civ. n. 23337/2010

In tema di cause d'ineleggibilità, è incompatibile con la carica di consigliere comunale la funzione di Presidente del consiglio di amministrazione di una società di capitali, appaltatrice di servizi pubblici del Comune, anche se l'ente territoriale abbia una partecipazione societaria inferiore al 20% del capitale sociale, dal momento che l'art. 63, comma 1 del D.Lgs. n. 267 del 2000 che regola tali cause d'ineleggibilità, prefigura due distinte ed autonome ipotesi d'incompatibilità, non suscettibili d'interpretazione integrativa, richiedendo solo in quella regolata al n. 1 della norma, relativa all'esigenza di escludere ogni forma d'ingerenza o di controllo dell'ente territoriale sulla società, non solo pubblicistico ma anche statutario o contrattuale, la partecipazione nella misura del 20% del capitale sociale, il n. 2, invece, pur prevedendo il medesimo presupposto soggettivo nel candidato, ovvero la carica di titolare, amministratore o dipendente, si riferisce espressamente all'esercizio di servizi, esazione di diritti, esecuzione di somministrazioni od appalti nell'interesse del comune, mirando ad evitare il potenziale conflitto d'interessi con l'ente pubblico committente.

Cass. civ. n. 16754/2010

In tema di elettorato passivo, la causa d'incompatibilità per lite pendente prevista dall'art. 63, comma 1 n. 4, D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, può essere esclusa soltanto in presenza di atti implicanti il sostanziale venir meno del conflitto, la manifesta infondatezza dell'azione, o il carattere pretestuoso della lite (inteso come artificiosa e maliziosa creazione di una situazione di fatto diretta a danneggiare il candidato); tali atti devono emergere da una delibazione di elementi di tale evidenza ed inequivocità da escludere qualsiasi invasione della "potestas iudicandi" propria del giudice davanti al quale pende la controversia addotta come causa d'incompatibilità.

Cass. civ. n. 19233/2009

Non è incompatibile con l'assunzione della carica di consigliere comunale, ai sensi dell'art. 63, comma 1 n. 4, D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, la pendenza di un giudizio civile promosso dall'eletto, nel quale il Comune non sia stato identificato come soggetto direttamente ed effettivamente obbligato alla prestazione pretesa dall'attore, ma sia stato chiamato a titolo di garanzia impropria da un altro Comune, convenuto in giudizio dall'eletto: in tal caso, infatti, avuto riguardo all'autonomia dei due rapporti sostanziali dedotti nello stesso processo, l'eletto non assume la posizione di parte "contro" il Comune, prescritta dalla norma citata ai fini della sussistenza della causa d'incompatibilità.

Cass. civ. n. 16053/2009

In tema d'incompatibilità alla carica di consigliere comunale, l'art. 63 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con il D.Lgs. n. 267 del 2000, nel prevedere, tra le ipotesi che impediscono di ricoprire la carica pubblica, anche la pendenza di una lite civile od amministrativa con il Comune, esclude l'incompatibilità quando la controversia riguardi un fatto connesso con l'esercizio del mandato. Rientra in tale previsione normativa la pendenza di una lite relativa al rimborso delle spese sostenute dal pubblico amministratore per difendersi in un procedimento penale per peculato, anche se quest'ultimo si sia concluso con assoluzione per l'assenza del requisito della correlazione con l'attività istituzionale, in quanto l'elemento discriminante ai fini della configurabilità del fatto connesso con l'esercizio del mandato deve essere individuato con riferimento alla contestazione del reato proprio e non alla decisione, a nulla rilevando che l'assenza di abuso delle pubbliche funzioni sia accertata all'esito del giudizio.

Corte cost. n. 240/2008

È dichiarata inammissibile la q.l.c. dell'art. 63, comma 1, numero 4), D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, il quale stabilisce, tra l'altro, che "non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale colui che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile od amministrativo, rispettivamente, con il comune o la provincia", sollevata con riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., nella parte in cui non ha efficacia verso i titolari della rappresentanza organica di soggetti che si trovino nella stessa situazione di lite pendente già contemplata dalla norma stessa. Il giudice rimettente nel caso di specie chiede alla Corte una pronuncia additiva che abbia l'effetto di estendere l'ambito di applicazione dell'istituto dell'incompatibilità per lite pendente, estendendolo all'ipotesi in cui l'eletto sia titolare della rappresentanza organica di un soggetto avente lite con l'ente locale. La soluzione richiesta dal rimettente non può ritenersi imposta dalle norme costituzionali invocate, posto che "spetta al legislatore, nel ragionevole esercizio della sua discrezionalità, attuare l'art. 51 Cost., stabilendo il regime delle cause di ineleggibilità e incompatibilità", pertanto la Corte non può assumere una decisione di natura additiva.

Cass. civ. n. 8387/2008

In materia di elezione alla carica di consigliere comunale, sussiste l'incompatibilità di cui all'art. 63, comma 1 n. 1, D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, nel testo vigente anteriormente alla modificazione della norma da parte dell'art. 14-decies D.L. 30 giugno 2005 n. 115, introdotto dalla legge di conversione 17 agosto 2005 n. 168, nel caso del dipendente, che sia titolare di poteri di coordinamento, di una banca di credito cooperativo, affidataria del servizio di tesoreria comunale del Comune al quale si riferisce l'elezione. Nel giudizio avente ad oggetto la causa di incompatibilità prevista dall'art. 63, comma 1 n. 1, D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, accertata e dichiarata con delibera del Consiglio comunale anteriormente all'entrata in vigore dell'art. 14-decies D.L. 30 giugno 2005 n. 115, introdotto dalla legge di conversione 17 agosto 2005 n. 168, non è applicabile tale ultima norma, in quanto, in mancanza di espressa previsione in tal senso, la medesima non è dotata di efficacia retroattiva.

Cass. civ. n. 5211/2008

Il giudizio instaurato per la corresponsione dell'indennità di funzione prevista per gli amministratori comunali va annoverato tra le liti di cui all'art. 63, comma 1, n. 4, D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, la cui pendenza costituisce causa di incompatibilità con la carica di consigliere comunale, non applicandosi ad esso l'esimente della connessione con l'esercizio del mandato, di cui al comma 3 dello stesso art. 63; il compenso o l'indennità di carica, infatti, attiene ad una situazione a contenuto patrimoniale che riguarda la persona dell'amministratore comunale, ma non riguarda l'espletamento di funzioni istituzionali del consigliere e non è finalizzata al perseguimento di interessi generali dell'ente territoriale o della collettività.

Costituisce lite pendente con il Comune, tale da determinare la incompatibilità con la carica di consigliere comunale, ai sensi dell'art. 63, comma 1, n. 4, D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, l'impugnazione avverso la statuizione relativa alla regolamentazione delle spese processuali del giudizio di primo grado, concluso con la dichiarazione di cessazione della materia del contendere; la pendenza della lite cessa, infatti, solo allorché il processo venga definito con una sentenza non più suscettibile di impugnazione ordinaria, salva l'ipotesi di pronuncia di estinzione del giudizio per rinuncia accettata dalla controparte, cui non è equiparabile la sentenza che dichiari cessata la materia del contendere, nella quale il giudice si sia pronunciato anche in ordine alla liquidazione delle spese, previa valutazione della soccombenza virtuale.

Cass. civ. n. 3384/2008

Qualora nel corso della lite amministrativa pendente, il giudice dichiari, con provvedimento adottato secondo la procedura di cui all'art. 26, ultimo comma, L. 1034/1971, come modificato dall'art. 9 L. 205/2000, la cessazione della materia del contendere, con compensazione delle spese, in considerazione dell'avvenuta composizione degli interessi sostanziali delle parti che abbia comportato il venir meno del contenzioso relativo alla controversia giudiziaria instauratasi, la contestazione da parte dell'ente in ordine alla mancata condanna di controparte al pagamento delle spese processuali, se connotata, alla stregua dei compiuti accertamenti di fatto, da caratteri di strumentale artificiosità, finalizzata alla conservazione di una situazione di fatto diretta a danneggiare l'eletto medesimo, quale la prosecuzione della pendenza della lite al fine di consentire la pronuncia di decadenza del consigliere eletto per incompatibilità ex art. 63, comma 1, n. 4, D.Lgs. 267/2000, può essere considerata inidonea a configurare, da sola, quella situazione di «pendenza sostanziale della lite» prevista quale causa d'incompatibilità per l'esercizio della carica di consigliere comunale. L'art. 63, comma 1, n. 4, D.Lgs. 267/2000, nel disciplinare l'incompatibilità per lite pendente, ha attribuito rilievo determinante all'attuale pendenza di un'effettiva controversia giudiziaria, quale espressione processuale di una reale situazione di conflitto di interessi tra l'eletto e l'ente territoriale, e non semplicemente alla lite potenziale o al contrasto, reale o potenziale, di interessi, tale da determinare una situazione di conflitto tra eletto ed ente pubblico, anche se non formalizzato in una contesa giudiziaria in atto, con la conseguenza che l'incompatibilità in questione va accertata con riferimento al concetto tecnico di parte di una controversia effettiva, sul piano processuale e sostanziale, che non è riferibile alla diversa figura del soggetto genericamente interessato all'esito della lite per le ricadute che possano derivargli. Il giudice del contenzioso elettorale, davanti al quale venga dedotta la questione, deve valutare la sussistenza in concreto, sia sul piano processuale che su quello sostanziale, di tale effettiva pendenza, restando invece irrilevante la pura e semplice constatazione del mero dato formale dell'esistenza di un procedimento civile o amministrativo tra l'eletto e l'ente, in mancanza di una concreta contrapposizione di parti e di una reale situazione di conflitto di interessi. Ai fini della rimozione della causa d'incompatibilità per lite pendente, prevista dall'art. 63, comma 1, n. 4, D.Lgs. 267/2000, è necessario e sufficiente che il soggetto, il quale versi in una siffatta situazione, ponga in essere atti idonei, anche se non formalmente perfetti rispetto alla specifica disciplina che eventualmente li regoli, a far venir meno nella sostanza l'incompatibilità d'interessi realizzatasi a seguito dell'instaurazione della lite medesima. E poiché il sostanziale e incondizionato abbandono della vertenza elimina in radice la ragione di incompatibilità, la causa d'incompatibilità per lite pendente può essere esclusa in presenza di atti implicanti il sostanziale venir meno del conflitto, o il carattere pretestuoso della lite, inteso come artificiosa e maliziosa creazione o conservazione di una situazione di fatto diretta a danneggiare l'eletto.

Cass. civ. n. 626/2008

In tema di elettorato passivo, l'ipotesi prevista dall'art. 63, comma 1, n. 1, D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 - per il quale, tra l'altro, non può ricoprire la carica di presidente della provincia l'amministratore con poteri di rappresentanza o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza in cui vi sia almeno il 20% di partecipazione da parte della provincia - non ricorre per il solo fatto che tale ente partecipi ad una società per azioni quale socio maggioritario, detenendo il 28,24% del capitale sociale. La nozione di vigilanza, infatti, è ben diversa da quella di controllo esercitata dall'interno attraverso una preponderante influenza nella formazione della volontà della società, essendo quest'ultima dipendente dalla natura e dall'entità della partecipazione e la prima, invece, dallo specifico rapporto fra due soggetti in forza di leggi e/o statuti.

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Consulenze legali
relative all'articolo 63 TUEL

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A. O. chiede
giovedì 22/09/2022 - Sardegna
“Nel mio Paese, che ha una popolazione inferiore ai 5.000 (cinquemila) abitanti, il Comune ha costruito tempo fa, con un finanziamento regionale, un bacino collinare per la raccolta dell’acqua ai fini irrigui, allo scopo di soddisfare le esigenze degli abitanti proprietari dei terreni a valle.
I cittadini interessati, per gestire al meglio la risorsa pubblica, si sono costituiti in Condominio, hanno nominato un amministratore che ha chiesto e ottenuto dall’Ente la concessione del bene per lo sfruttamento dell’acqua.
Il suddetto amministratore, che è un geometra libero professionista, chiede un corrispettivo per il suo lavoro a tutti i condomini, che sono circa 450 (quattrocentocinquanta), ai quali fa pervenire trimestralmente una bolletta, nella quale sono elencate le seguenti voci:
- Il costo dell’acqua;
- Il compenso dell’amministratore e il numero delle mensilità dovute;
- Il compenso lordo mensile dell’amministratore e l’importo complessivo;
- Le spese varie per fornitori, per anticipo spese lettura al contatore e per la consegna della bolletta;
- Gli eventuali residui a debito.
Nell’indicazione del compenso lordo mensile è precisato, tra parentesi, netto € 3,50 + tasse € 0,87; significa che il compenso mensile netto richiesto ai condomini è di circa € 1.575,00.
L’anno scorso l’amministratore è stato eletto nel Consiglio comunale e chiamato a ricoprire la carica di assessore ai lavori pubblici che svolge tutt’ora.
La domanda è la seguente:
“La carica di amministratore del condominio, che gestisce un bene di proprietà del Comune e quella di assessore ai LLPP dello stesso Ente sono compatibili?”.
Vi ringrazio tanto per la cortese risposta.
Saluti cordiali”
Consulenza legale i 04/10/2022
Con riguardo alla specifica disciplina delle ineleggibilità e incompatibilità negli enti locali, nella fattispecie vengono in rilievo per quanto qui ci occupa gli artt. 60, comma 1, n. 11, del T.U.E.L. e l’art. 63 del T.U.E.L., comma 1, nn. 1 e 2, ai sensi del quale non possono ricoprire la carica di consigliere comunale (o di assessore):

a) l'amministratore o il dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza in cui vi sia almeno il 20 per cento di partecipazione rispettivamente da parte del comune o della provincia o che dagli stessi riceva, in via continuativa, una sovvenzione in tutto o in parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi nell'anno il dieci per cento del totale delle entrate dell'ente;
b) colui che, come titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento ha parte, direttamente o indirettamente, in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni o appalti, nell'interesse del comune o della provincia, ovvero in società ed imprese volte al profitto di privati, sovvenzionate da detti enti in modo continuativo, quando le sovvenzioni non siano dovute in forza di una legge dello Stato o della regione, fatta eccezione per i comuni con popolazione non superiore a 3.000 abitanti qualora la partecipazione dell'ente locale di appartenenza sia inferiore al 3 per cento e fermo restando quanto disposto dall'articolo 1, comma 718, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
c) gli amministratori ed i dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente rispettivamente dal Comune o dalla Provincia.

Analizzando le norme del regolamento trasmesso a corredo del quesito, pare che il condominio si configuri come un semplice ente di gestione della condotta idrica, con la ripartizione delle relative spese tra i vari condomini.
L’amministratore, inoltre, è dotato della rappresentanza legale del condominio e tra i suoi compiti rientrano ad esempio la convocazione dell’assemblea, la sorveglianza sul regolare funzionamento degli impianti, la tenuta della contabilità e della corrispondenza del condominio (artt. 17 – 19 del regolamento).
Tuttavia, né il contenuto del regolamento, né la ricostruzione dei fatti contenuta nel quesito, lasciano intendere che il condominio sia in qualche modo dipendente dal Comune o, tantomeno, che sia il destinatario di finanziamenti o erogazioni pubbliche da parte dell’ente locale.
Sulla base delle informazioni a disposizione dello scrivente, dunque, non appare allo stato sussistere alcuna condizione di incompatibilità tra le due cariche in parola.

Infine, per meglio inquadrare la questione, è importante considerare che nell’attuale sistema di governo degli Enti locali vi è una distinzione abbastanza netta tra gli organi che esercitano i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo (Sindaco, Consiglio e Giunta) da quelli che si occupano della gestione amministrativa, finanziaria e tecnica (Dirigenti).
Se si ha riguardo a questo principio di carattere generale ed alle competenze della Giunta come definite dall’art. art. 48 del T.U.E.L., si può ritenere che l’attività di vigilanza potenzialmente incompatibile con la carica di amministratore del condominio dovrebbe a rigore essere esercitata dai Dirigenti, eliminando alla radice qualsiasi potenziale conflitto di interessi.
In ogni caso, vista anche la natura collegiale della Giunta e del Consiglio, è possibile ricorrere – al fine di scongiurare anche la minima parvenza di parzialità - anche al meccanismo dell’astensione del consigliere/assessore dalle deliberazioni che potenzialmente possono interessare il condominio.

Marcello D. chiede
mercoledì 17/02/2021 - Toscana
“Vorrei sapere se la carica di Consigliere Comunale di un Comune con meno do 2.000 ab. è incompatibile con cariche nel CDA o con la Presidenza di una Partecipata o
di un Ente Regionale (nella fattispecie un Ente Parco Regionale).

Grazie”
Consulenza legale i 24/02/2021
Le cause di incompatibilità/ineleggibilità che in astratto possono venire in rilievo nella fattispecie sono quelle previste dall’art. 63, comma 1, nn.1) e 2), TUEL e dall’art. 60, comma 1, n. 11, del TUEL.

Nel rimandare alla lettura del testo completo di tali articoli, si rileva che -per quanto qui ci occupa- i concetti fondamentali da tenere presenti per dare una risposta al quesito sono i seguenti:
1) la vigilanza del Comune deve consistere in una vera e propria ingerenza nel funzionamento dell'ente, ossia nel potere di incidere sul processo formativo della volontà dell'organismo, potere che, ove non giustificato dalla particolare natura dell'organismo stesso, deve essere previsto espressamente da una disposizione di legge, da una clausola convenzionale o dall'atto costitutivo (Cassazione civile, sez. I, 02 febbraio 2016, n. 1949);
2) le sovvenzioni erogate all’Ente vigilato devono avere i caratteri della facoltatività, nel senso che non devono trovare origine in un obbligo stabilito dalla legge, della continuità e di un'apprezzabile consistenza quantitativa, obiettivamente rapportata all'entità complessiva delle entrate annuali dell'ente sovvenzionato (Parere ministero interno, dipartimento per gli affari interni e territoriali, 30.12.2014);
3) ai fini del riconoscimento di un rapporto di dipendenza di un ente rispetto ad un altro non è sufficiente che l'ente territoriale disponga di una generica potestà d'indirizzo politico-amministrativo, ma occorre che esso sia titolare di un penetrante potere d'ingerenza che lo ponga in condizione di dirigere l'attività dell'ente sottordinato, in modo da assicurarsi che esso agisca in conformità alle specifiche prescrizioni impartite in via generale o per ogni singolo atto, configurandosi quindi come un mero strumento della volontà direttiva dell'ente territoriale (Cassazione civile, sez. I, 02 febbraio 2016, n. 1949).

Gli Enti Parco regionali sono disciplinati dalla L.R. Toscana n. 30/2015, che li definisce come Enti dotati di personalità giuridica di diritto pubblico, istituiti per iniziativa della Regione stessa (art. 15).
Anche il Presidente, il consiglio direttivo e il collegio dei revisori dei conti sono di nomina regionale e, precisamente, la competenza spetta al Presidente della Giunta Regionale ed al consiglio regionale (art. 20 e 21, L.R. Toscana n. 30/2015).
I rappresentanti degli Enti locali (nella specie i Sindaci) dei territori compresi, anche parzialmente, nell’area del parco, invece, fanno parte di un organo denominato “comunità del parco”, disciplinato dall’art. 22 della Legge Regionale citata.
Ad ognuno dei membri della comunità è attribuita una diversa quota percentuale di rappresentatività determinata sulla base dell’estensione del territorio e della popolazione residente.
Tale organo collegiale esercita diverse funzioni, quali ad esempio l’adozione dello Statuto, la formulazione dell’elenco dei candidati a Presidente dell’Ente Parco, la redazione del bilancio preventivo e del bilancio di esercizio.
Infine, la comunità del parco, e dunque i Comune in essa ricompresi, concorre al finanziamento delle spese per la gestione del parco e svolge altresì funzioni di indirizzo e di promozione dell’attività dell’ente.

Alla luce di tutto quanto sopra esposto, nel caso di specie non paiono ricorrere i presupposti per l’applicazione delle cause di incompatibilità e/o ineleggibilità de quibus.
Infatti, il singolo Comune facente parte della comunità del Parco non sembra in grado, per come è strutturato l’organo e per le funzioni ad esso attribuite, di poter esercitare una vera e propria “vigilanza” sull’Ente Parco nel senso sopra illustrato.
Infatti, le prerogative fondamentali del funzionamento dell’Ente spettano al Presidente ed al consiglio direttivo, che però come visto sono di nomina esclusivamente regionale.
Per di più, le somme erogate dal Comune quale contributo al funzionamento del Parco non sono facoltative, tanto che è addirittura prevista una sorta di esecuzione coattiva da parte della Regione in caso mancato pagamento della quota dovuta (art. 22, L.R. Toscana n. 30/2015).
Inoltre, la natura di Ente di diritto pubblico attribuita al Parco per espressa previsione legislativa esclude l’applicabilità dell’ipotesi di cui all’art. 63, comma 1, n. 2, TUEL, che si riferisce espressamente alle sole “società ed imprese volte al profitto di privati”.
Infine, non pare sussistere nemmeno un rapporto di dipendenza tra il Comune e l’Ente Parco, dato che i rappresentanti degli Enti locali possono soltanto esercitare, peraltro in forma collegiale, le funzioni di cui all’art. art. 22, L.R. Toscana n. 30/2015, che non configurano il penetrante potere d'ingerenza preso in considerazione dall’art. 60, comma 1, n. 11, del TUEL.
Per quanto riguarda, invece, l'ipotesi della "partecipata" accennata nel quesito, lo scrivente non è in possesso di sufficienti elementi per valutare la questione, che può comunque essere inquadrata secondo i principi illustrati nel secondo paragrafo del presente parere.

Gino S. chiede
venerdì 05/08/2016 - Emilia-Romagna
“Buona sera, sono un consigliere comunale in un Paesino di circa 4.000 abitanti ed avrei bisogno di un vostro parere.
A seguito delle elezioni comunali, tra i consiglieri eletti sono stati nominati
Tizio, quale consigliere e vicesindaco
Caio, quale consigliere ed assessore
che fanno parte di una società consortile srl, formata da rappresentanti di Cooperative. Caio è uno di questi rappresentanti nel consiglio d'amministrazione mentre Tizio ne è dipendente con funzioni tecnico-amministrative.
La società riceve ed ha ricevuto appalti da parte dell'Amministrazione Comunale.
Gli stessi due amministratori all'atto d'accettazione della carica di consigliere non hanno dichiarato di far parte di questo consiglio d'amministrazione nè come consigliere nè come dipendente.
A questo punto in base all'art 63 del TUEL sono :
ineleggibili ?
Incompatibili?
Decadono?
Gli atti di giunta da loro compiuti in questo periodo quale effetto hanno (non sono validi?)
La dichiarazione fatta nel primo consiglio comunale di accettazione per la nomina di consigliere comunale è nulla ?
Può considerarsi una dichiarazione falsa come atto pubblico?

Consulenza legale i 09/08/2016
Ai sensi dell’art. [[n63 TUEL]] T.U.E.L., sono incompatibili alla carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale i soggetti che, tra gli altri, in qualità di “titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento hanno parte, direttamente o indirettamente, in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni o appalti, nell'interesse del comune o della provincia, ovvero in società ed imprese volte al profitto di privati, sovvenzionate da detti enti in modo continuativo, quando le sovvenzioni non siano dovute in forza di una legge dello Stato o della regione, fatta eccezione per i comuni con popolazione non superiore a 3.000 abitanti qualora la partecipazione dell'ente locale di appartenenza sia inferiore al 3 per cento”; “l'ipotesi di cui al numero 2) del comma 1 non si applica a coloro che hanno parte in cooperative o consorzi di cooperative, iscritte regolarmente nei registri pubblici”.

I soggetti indicati come vicesindaco ed assessore risultano pertanto incompatibili con queste cariche. La peculiarità dell’incompatibilità (a differenza dell’incandidabilità e dell’ineleggibilità, che fanno decadere ipso facto i soggetti eletti) risiede nel fatto che è possibile eliminare la causa dell’incompatibilità per evitare qualsivoglia decadenza dalla carica stessa. In altre parole, i soggetti individuati ben potrebbero dare le dimissioni dalla società al fine di mantenere in vita la carica comunale ricoperta.

Occorre altresì verificare le cariche ricoperte dai soggetti all’interno della società: parrebbe infatti che l’assessore, essendo solo un dipendente con funzioni tecnico-amministrative, non dovrebbe svolgere funzioni di coordinamento e quindi non risultare incompatibile.

Con l’incompatibilità le elezioni sono pienamente valide finchè il soggetto non abbia deciso se rimuovere la causa di incompatibilità oppure no: in questo caso, subentrerà il primo degli esclusi.

Per ciò che concerne gli atti assunti dai soggetti incompatibili, questi dovrebbero essere pienamente efficaci (salvo approfondimenti caso per caso) se non riguardano argomenti per cui potrebbe sussistere un conflitto di interessi (ad esempio, l’affidamento di un nuovo appalto alla società di cui essi fanno parte): in tal caso, la delibera è impugnabile e passibile di invalidità.