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Articolo 32 Testo unico edilizia

(D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380)

[Aggiornato al 08/02/2024]

Determinazione delle variazioni essenziali

Dispositivo dell'art. 32 Testo unico edilizia

1. Fermo restando quanto disposto dal comma 1 dell'articolo 31, le regioni stabiliscono quali siano le variazioni essenziali al progetto approvato, tenuto conto che l'essenzialità ricorre esclusivamente quando si verifica una o più delle seguenti condizioni:

  1. a) mutamento della destinazione d'uso che implichi variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968;
  2. b) aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato;
  3. c) modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza;
  4. d) mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito;
  5. e) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali.

2. Non possono ritenersi comunque variazioni essenziali quelle che incidono sulla entità delle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative.

3. Gli interventi di cui al comma 1, effettuati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali, sono considerati in totale difformità dal permesso, ai sensi e per gli effetti degli articoli 31 e 44. Tutti gli altri interventi sui medesimi immobili sono considerati variazioni essenziali.

Spiegazione dell'art. 32 Testo unico edilizia

La norma in commento definisce i caratteri della fattispecie –per così dire- intermedia tra quelle sanzionate ai sensi del precedente art. 31, ossia le opere eseguite con variazioni essenziali rispetto al permesso di costruire.

L’individuazione del carattere della essenzialità viene rimessa alla legislazione regionale, nel rispetto dei limiti stabiliti dallo stesso articolo 32 e costituiti dalla presenza di almeno una delle condizioni di cui alle lettere a) – e) del comma 1 e dall’irrilevanza delle variazioni incidenti sull’entità delle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative.

La prima fattispecie di variazione essenziale è il mutamento di destinazione d’uso non autorizzato, che determini una variazione degli standards previsti dal D.M. 2 aprile 1968.
Il solo mutamento d’uso preso in considerazione, in particolare, è quello operato tra categorie funzionalmente autonome, in quanto i mutamenti attuati all’interno della stessa categoria funzionale costituiscono un’espressione della facoltà di godimento dell’immobile spettante al proprietario.

La seconda fattispecie è l’aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato.
La norma non stabilisce specificamente cosa debba intendersi con l’espressione “aumento consistente”, lasciando dunque un certo spazio alla legislazione regionale per la determinazione dei concreti parametri ai quali fare riferimento.

La terza fattispecie concerne le modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza.
I parametri di urbanistico-edilizi si identificano con l’altezza, superficie, cubatura e distanze previsti nel titolo abilitativo.
Le modifiche all’ubicazione del fabbricato rilevanti ai fini dell’articolo in esame, invece, consistono non solo nello spostamento del manufatto su un’area totalmente diversa da quella di progetto, ma anche in ogni significativa traslazione dell'edificio rispetto alle tavole progettuali, capace di incidere sul rispetto delle prescrizioni normative in tema di distanze minime dalle strade o dai confini, nonché sulla destinazione urbanistica dei suoli.

Se le precedenti ipotesi di variazione essenziale si riferiscono soprattutto ad un parametro quantitativo, la quarta fattispecie considera i mutamenti di tipo qualitativo rispetto al progetto approvato, che conducano ad una diversa classificazione dell’intervento edilizio (ad esempio con il passaggio da un’attività edilizia soggetta a SCIA a una assentibile con il permesso di costruire).
È chiaro che le varie ipotesi rischiano di soprapporsi, rendendo complicato l’inquadramento dei casi concreti nell’una o nell’altra; un aiuto nell’interpretazione, oltre che dalla legislazione regionale, è dato dal fatto che le variazioni essenziali individuate dall’articolo in commento sono quelle che si pongono a metà tra la “totale difformità” dal permesso di costruire di cui all’art. 31 e la “parziale difformità” sanzionata dall’art. 34 del Testo Unico.

La quinta fattispecie fa riferimento alle violazioni della normativa antisismica di natura sostanziale, ossia la realizzazione di un edificio mancante delle caratteristiche imposte dalla legislazione in materia, escludendo le irregolarità di tipo formale o procedurale.

Per gli interventi eseguiti in zona vincolata, infine, il Legislatore ha introdotto una disciplina più severa in considerazione delle peculiari esigenze di tutela di tale patrimonio edilizio, equiparando le ipotesi previste dal comma 1 dell’articolo 32 alla fattispecie della totale difformità dal permesso di costruire e qualificando tutti gli altri interventi eseguiti in tali aree a variazioni essenziali.
Pertanto, anche nel caso di opere abusive di modesta entità, esse saranno sanzionate ai sensi dell’art. 31 del Testo Unico.

Massime relative all'art. 32 Testo unico edilizia

Cons. Stato n. 70/2018

L'intervento assentito da una concessione edilizia in variante, comportante una diminuzione della superficie occupata ed una parziale traslazione dell'ingombro, deve essere ascritta alla categoria delle varianti c.d. non essenziali laddove comporta solo una nuova localizzazione dell'immobile nell'ambito della medesima area e non su un'area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista, in virtù di un'operazione di rotazione o traslazione.

Cons. Stato n. 5756/2011

Nel caso in cui il P.R.G., pur consentendo un modifica della sagoma nella percentuale indicata, non permetta un allargamento del sedime, può essere negato il permesso di costruire. Pertanto, risulta irrilevante che il volume di ampliamento dell'edificio venga realizzato sopra il garage interrato, posto che la nozione di "area di sedime” si riferisce ex se non all'interrato, ma alla sola edificazione "fuori terra", in quanto indica la superficie coperta di un edificio risultante dalla proiezione sul piano orizzontale delle parti edificate fuori terra e delimitate dalle superfici esterne delle murature perimetrali.

Cons. Stato n. 6878/2010

Ai sensi dell'art. 32 lett. c), D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, costituisce variante essenziale rispetto al progetto approvato la modifica della localizzazione dell'edificio tale da comportare lo spostamento del fabbricato su un'area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista, trattandosi di modifica che comporta una nuova valutazione del progetto da parte dell'amministrazione concedente, sotto il profilo della sua compatibilità con i parametri urbanistici e con le connotazioni dell'area, mentre sono ininfluenti rispetto all'obbligo di acquisizione da parte dell'interessato di un nuovo permesso di costruire la circostanza che le altre caratteristiche dell'intervento (sagoma, volumi, altezze etc.) siano rimaste invariate rispetto all'originario permesso di costruire, e l'assenza di ogni incidenza della variante sul regime dei distacchi e delle distanze.

Cons. Stato n. 2227/2009

La radicale diversità dell'intervento edilizio, per caratteristiche tipologiche, pianovolumetriche o di utilizzazione, da quello di progetto, desumibile da una serie di elementi costitutivi (quali, l'aumento consistente di volumetria; rilevante inosservanza degli indici di altezza massima e delle distanze; edificazione in esubero rispetto al rapporto di copertura; realizzazione di corpi di fabbrica ulteriori rispetto al progetto; realizzazioni interamente fuori terra del piano seminterrato; inosservanza dei prescritti limiti dimensionali), costituisce un insieme espressione della realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso da quello assentito. Configurandosi, in tal caso, delle variazioni essenziali, per la cui connotazione è sufficiente (ex art. 32 T.U. n. 380/2001) il verificarsi anche di una sola delle condizioni indicate dalla norma medesima, va considerato vincolato il comportamento dell'Amministrazione comunale che si determini nel senso della demolizione e, nel caso di inottemperanza, dell'acquisizione del bene e dell'area di sedime al patrimonio del Comune.

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Consulenze legali
relative all'articolo 32 Testo unico edilizia

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

N. M. chiede
venerdì 13/05/2022 - Sicilia
“Costruisco realizzando una volumetria maggiore del 20% di quella autorizzata dal titolo abilitativo. Faccio richiesta di permesso di costruire con variazione essenziale, dichiarando d'inserire una nuova particella di terreno nell'Area d'intervento.
La nuova particella di terreno, catastalmente, quando e come va inserita nell'area d'intervento: prima della richiesta del permesso di costruire in variante essenziale, prima o dopo il rilascio del permesso di costruire?
Il Comune mi rilascia il permesso di costruire in variante?”
Consulenza legale i 20/05/2022
In merito al primo profilo, anche se nel quesito non viene specificato l’esatto tipo di intervento eseguito, si nota che le variazioni che hanno effetto sullo stato dei beni devono essere denunciate al catasto entro il termine di trenta giorni dalla fine lavori.
Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate, la data di ultimazione dei lavori corrisponde, in generale, a quella in cui le unità sono divenute abitabili o servibili all’uso cui sono destinate e, nei casi di denunce di variazione, con la data in cui si è verificata ed è intervenuta la mutazione dello stato delle unità (LINEE GUIDA OPERATIVE - Accettazione degli atti di aggiornamento del Catasto Edilizio Urbano (Do.C.Fa.) del luglio 2021).

L’aspetto edilizio, invece, appare decisamente più problematico, in quanto sembra che si voglia utilizzare lo strumento della variante in corso d'opera per sanare un aumento di volumetria che è già stato realizzato.
In proposito, la giurisprudenza ha chiarito che vi sono tre tipologie di varianti: 1) le cd. "varianti leggere o minori", quelle che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie; 2) le varianti in senso proprio, consistenti in modificazioni qualitative o quantitative, seppure di consistenza non rilevante rispetto al progetto approvato le quali necessitano del rilascio del cd. "permesso in variante; 3) le cd. "varianti essenziali", caratterizzate da incompatibilità quali -quantitativa con il progetto edificatorio originario, le quali sono soggette al rilascio di un permesso a costruire nuovo ed autonomo rispetto a quello originario (Consiglio di Stato, sez. VI, 15 febbraio 2021, n. 1388).
La possibilità di ottenere una variante al titolo edilizio dopo la realizzazione dei lavori è però limitata, ai sensi dell’art. 22, comma 2 bis, T.U. Edilizia (recepito sostanzialmente dall’art. 10, comma 3, L.R. Sicilia n. 16/2016), alle opere “che non configurano una variazione essenziale, a condizione che siano conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie e siano attuate dopo l'acquisizione degli eventuali atti di assenso prescritti dalla normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico e dalle altre normative di settore”.

Nel nostro caso, tuttavia, le modifiche consistono in un rilevante aumento di cubatura, che supera la soglia della variazione essenziale stabilita dalla Legge (art. 32, T.U. Edilizia e art. 12, L.R. Sicilia n. 16/2016) e che preclude il ricorso al suddetto rimedio.
In sostanza, non si tratta di una variante, bensì di un abuso edilizio, che come tale dovrebbe essere sanato mediante l’accertamento di conformità alle condizioni previste dall’art. 36, T.U. Edilizia.

La giurisprudenza ha recentemente affrontato la possibilità di ottenere con un unico atto a contenuto plurimo una sanatoria e una variante, ammettendola in astratto ma richiedendo ai fini della legittimità di tale soluzione “la compatibilità in concreto della coesistenza di tali atti in quello che li riunisce, ovvero, più semplicemente, la mantenuta possibilità che ciascuno esplichi la sua finalità, senza attingerla ai contenuti dell'altro, a maggior ragione ove eterogeneo finanche nei presupposti” (Consiglio di Stato sez. II, 28 agosto 2020, n. 5288).
Il caso di specie, però, non sembra ricadere in tale ipotesi (a meno di particolari non portati a conoscenza dello scrivente, che non ha a disposizione i documenti) e vi è purtroppo il rischio che il Comune decida di non concedere il titolo abilitativo richiesto.

Nicola M. chiede
sabato 07/03/2020 - Sicilia
“E' stata presentata una richiesta di concessione edilizia con allegato il progetto A che prevede un edificio di tre piani.
Dopo oltre un anno la stessa ditta per lo stesso edificio presenta una seconda richiesta di concessione edilizia con il progetto B che prevede un edificio di soli due piai ma dello stesso volume.
il Comune rilascia concessione edilizia scrivendo al primo paragrafo del testo: ''vista l'istanza presentata con la prima richiesta di concessione edilizia che aveva il progetto A; visto il progetto allegato alla predetta istanza redatto dal proggettista B della seconda richiesta di Concessione edilizia: Si rilascia concessione edilizia.
Si attribuire ad una richiesta l'allegato di un'altra richiesta? Con la predetta istanza si indica la sola richiesta di concessione edilizia presentata e presente nel testo della concessione edilizia rilasciata.”
Consulenza legale i 17/03/2020
Anzitutto, va sottolineato che i provvedimenti amministrativi inviati a corredo del quesito risalgono al 2014 ed al 2016 e, dunque, sono ormai definitivi, essendo da tempo trascorso il termine decadenziale di sessanta giorni per la loro impugnazione.
Dall’esame della documentazione inviata, inoltre, non sembra emergere alcun profilo di responsabilità penale; pertanto, l’esame del permesso di costruire rilasciato dal Comune verrà svolto nel presente parere soltanto per quanto riguarda la sua legittimità sul piano amministrativo.

A tal fine, è necessario preliminarmente chiarire il concetto di variante al permesso di costruire.
Negli interventi edilizi di una certa entità è molto frequente che si presenti la necessità di modificare il progetto originario e tali innovazioni sono ammesse a condizione che, oltre ad essere conformi alla normativa edilizia ed urbanistica di riferimento, vengano anche autorizzate con apposito titolo edilizio prima dell’inizio dei relativi lavori.
La giurisprudenza distingue due tipi di varianti: le varianti in senso proprio, ossia le modifiche qualitative o quantitative di limitata consistenza rispetto al complesso dell'edificio compatibili con il disegno globale del progetto originario e con le modalità essenziali di esercizio dell'attività costruttiva a suo tempo autorizzata, e le varianti essenziali, cioè le modifiche afferenti ad elementi qualificanti dell'opera che incidono direttamente ed in modo rilevante sulla sua conformazione, struttura ed ubicazione (Consiglio di Stato, sez. IV, 11 ottobre 2019, n.6926).
I criteri guida che in genere si utilizzano per comprendere la differenza tra i due tipi di varianti sono quelli indicati dall'art. 32, T.U. Edilizia, che richiama, tra gli altri, l’aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato e le modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi ovvero della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza.
Le varianti in senso proprio sono autorizzate con un titolo edilizio complementare ed accessorio, anche sotto il profilo temporale della normativa operante, rispetto all'originario permesso a costruire; le varianti essenziali, invece, sono soggette al rilascio di un permesso a costruire del tutto nuovo ed autonomo rispetto a quello originario, per il quale valgono le disposizioni vigenti al momento di realizzazione della variante (T.A.R. Genova, sez. I, 15 marzo 2019, n.215).

Nel caso di specie, viste le rilevanti differenze tra il primo ed il secondo intervento edilizio riguardanti il numero di piani, il numero e la destinazione degli edifici ed il volume complessivo, pare che si ricada in un’ipotesi di variante essenziale da trattare come una vera e propria nuova ed autonoma richiesta di permesso.
Da ciò discende, anzitutto, che il progetto originario presentato nel 2013 è completamente superato e non deve essere più considerato dal Comune, che correttamente si è riferito soltanto al secondo progetto “in variante”.
Inoltre, l’assentibilità delle opere deve essere valutata dall’Ente sulla base delle norme edilizie ed urbanistiche vigenti al momento dello svolgimento dell’istruttoria relativa alla seconda domanda, in applicazione del principio tempus regit actum.

Riguardo questo specifico aspetto -sul quale è possibile allo scrivente fare solo un controllo “formale”, non avendo a disposizione il progetto e, soprattutto, la normativa locale- si nota che il Comune sembra aver agito in modo legittimo, in quanto tutti gli atti richiamati nella parte motiva del provvedimento in discorso, ai fini della valutazione delle opere, sono successivi alla seconda istanza di rilascio del titolo edilizio.
In particolare, si citano una Deliberazione di C.C. del giugno 2015, un parere dell’Ufficio lavori pubblici del novembre 2015, una convenzione stipulata nel gennaio 2016, nonché un parere igienico sanitario del luglio 2014 e il nulla osta della Soprintendenza per i beni culturali del giugno 2014.
Considerando le date di tali provvedimenti, sembra plausibile ritenere che essi si riferiscano non al progetto originario ma a quello in variante, che –indipendentemente dal nome con il quale viene identificato- è stato sostanzialmente trattato come un’autonoma istanza di permesso di costruire.
Tale ipotesi diventa certa per quanto riguarda il nulla osta della Soprintendenza, che, secondo quanto si legge nella documentazione inviata, si era espressa il 11.12.13. in relazione al primo progetto ed è stata poi nuovamente interpellata al fine di valutare anche la compatibilità paesaggistica della variante.
Gli unici riferimenti alle prime richieste di permesso si trovano nell’incipit dell’atto, ma sembrano soltanto un mero errore materiale, posto che dalla motivazione emerge che le opere paiono essere state correttamente identificate e che l’esame della nuova istanza sia stato svolto tenendo in considerazione la corretta disciplina applicabile (cioè quella post maggio 2014).
Il provvedimento finale, dunque, non pare censurabile sotto tale profilo, posto che secondo la giurisprudenza l'errore materiale in cui è incorsa l'Amministrazione non inficia l’atto se sono chiari e comprensibili i relativi presupposti fattuali e giuridici, a meno che ne sia assolutamente indeterminabile l'oggetto (Consiglio di Stato, sez. V, 11 luglio 2014, n.3572).

Passando ora al nulla osta paesaggistico ed alla circostanza che esso non menzioni le case famiglia, ma solo l’edificio di culto e l’oratorio, si precisa che non avendo a disposizione i documenti allegati al provvedimento finale non è possibile allo scrivente chiarire se l’intervento sia stato qualificato in questo modo per mere ragioni di sintesi o per una carenza di istruttoria sul punto.
Solo in quest’ultimo caso, infatti, si potrebbe configurare un’eventuale illegittimità dell’atto, comunque non più impugnabile, come sopra precisato.

Infine, si chiarisce che le zone F sono destinate dall’art. 2, D.M. n. 1444/1968, alle “attrezzature e impianti di interesse generale”, che integrano una categoria logico giuridica nettamente differenziata rispetto a quella delle "opere pubbliche".
Esse, infatti, comprendono quegli impianti e attrezzature che, sebbene non destinati a scopi di stretta cura della p.a., sono idonee a soddisfare bisogni della collettività, ancorché vengano realizzati e gestiti da soggetti privati, con la conseguenza che tra le opere di interesse generale realizzabili nelle zone F dei piani regolatori vi sono non soltanto le strutture pubbliche in senso stretto (quali scuole, chiese, ospedali), ma anche quelle private, purché contrassegnate da una generale fruibilità pubblica (T.A.R. Napoli, sez. II, 19 dicembre 2013, n.5876; T.A.R. Napoli, sez. II, 13 febbraio 2004, n.2135).
Pertanto, nel caso di specie non costituisce un impedimento il fatto che l’opera non sia stata realizzata su iniziativa pubblica, bensì di un soggetto privato.