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Uccide l'alano per proteggere il suo cagnolino

Uccide l'alano per proteggere il suo cagnolino
Sussiste "stato di necessità" se un soggetto uccide il cane altrui per salvare il proprio cagnolino da un'aggressione.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 50329 del 28 novembre 2016, si è occupata di un interessante caso di uccisione di animale (art. 544 bis cod. pen.) e di porto fuori dalla propria abitazione di un puntale in ferro (art. 699 cod. pen.).

Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’Appello di Firenze, aveva confermato la penale responsabilità di un imputato per i reati di cui sopra, con la conseguenza che l’imputato aveva provveduto a proporre ricorso per Cassazione.

L’imputato, in particolare, era stato condannato per aver portato fuori dalla propria abitazione un puntale in ferro, con il quale aveva ucciso, asseritamente senza valido motivo, il cane alano di un altro soggetto, sferrandogli un colpo al di sopra della zampa anteriore sinistra.

Secondo la ricostruzione dei fatti del ricorrente, tuttavia, il grosso animale non era, nel frangente, tenuto al guinzaglio, bensì libero e senza museruola. Il medesimo si era, poi, avvicinato al cane di piccola taglia del ricorrente, aggredendolo e mordendolo vicino alla coda, procurandogli alcune ferite. Di conseguenza, la reazione del ricorrente era stata pienamente giustificata in ragione dell’aggressione.

La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover aderire alle argomentazioni svolte dal ricorrente, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.

Secondo la Cassazione, infatti, la punibilità del reato doveva escludersi in ragione dello “stato di necessità” in cui si era trovato il ricorrente.

Precisava la Cassazione, in proposito, come “la situazione di necessità che esclude la configurabilità del delitto di danneggiamento o uccisione di animali altrui ex art. 638 c.p. comprende non soltanto la necessità di cui all’art. 54 c.p., ma anche ogni altra situazione che induca all’uccisione o al danneggiamento dell’animare per prevenire o evitare un pericolo imminente o per impedire l’aggravamento di un danno giuridicamente apprezzabile alla persona propria o altrui o ai propri beni quando tale danno l’agente ritenga altrimenti inevitabile”.

Evidenziava la Cassazione, pertanto, come dovesse ribadirsi il principio per cui lo stato di necessità si applica anche al reato di uccisione di animali di cui all’art. 544 bis c.p., ipotesi che la Corte d’appello aveva erroneamente escluso, nonostante nell’atto di appello alla sentenza di primo grado fosse chiaramente precisato che l’imputato aveva agito al solo fine di difendere sé stesso e il proprio cane dall’aggressione dell’alano.

Di conseguenza, secondo la Cassazione, la decisione di condanna resa dalla Corte d’appello appariva ingiusta ed illogica, dal momento che la Corte non aveva adeguatamente contestualizzato l’aggressione dell’imputato, il quale aveva agito in considerazione del percepito pericolo per sé e per il proprio cagnolino.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso, rinviando la causa alla Corte d’appello, affinché la medesima riesaminasse la questione, alla luce dei principi sopra esposti.



La sentenza

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 29 ottobre – 28 novembre 2016, n. 50329
Presidente Fiale – Relatore Grillo

Ritenuto in fatto

1.1 Con sentenza del 5 giugno 2014 la Corte di Appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Livorno – Sezione Distaccata di Portoferraio – del 29 ottobre 2012 che aveva affermato la penale responsabilità di V.V. in ordine ai reati di cui agli artt. 699 cod. pen. (porto fuori dalla propria abitazione di un puntale in ferro) e 544 bis cod. pen. (uccisione di animali) (reati commessi entrambi in (omissis) ), condannandolo alla pena ritenuta di giustizia, nonché al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili M.F. , MA.Fr. e A.N.P.A.N.A., da liquidarsi in separata sede, revocava le statuizioni civili disposte nei confronti di MA.Fr. , confermando nel resto.
1.2 Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso, tramite il proprio difensore, V.V. deducendo due motivi: con il primo la difesa lamenta inosservanza della legge processuale penale (artt. 76, 100 e 122 cod. proc. pen.) nonché vizio di motivazione per illogicità manifesta per avere la Corte territoriale confermato le statuizioni civili nei confronti della costituita parte civile A.N.P.A.N.A., dichiarandola ammissibile, nonostante il deposito della

costituzione di parte civile della Associazione animalista (per la quale era stata designata procuratrice speciale l’Avv. S.M.M. ) fosse stato effettuato dall’Avv. Francesco Magro, dichiaratosi sostituto processuale dell’altro difensore e che aveva partecipato a tutte le udienze, ivi compresa quella conclusiva in cui erano state rassegnate le conclusioni e depositata la nota spese, senza essere munito di delega. Con il secondo motivo la difesa lamenta erronea applicazione della legge penale relativamente all’art. 544 bis cod. pen. in riferimento all’art. 54 stesso codice, per avere la Corte territoriale escluso l’ipotesi dello stato di necessità prospettato con l’atto di impugnazione, nonché vizio di motivazione per illogicità manifesta sul punto riguardante la conferma della penale responsabilità in ordine al delitto di cui all’art. 544 bis cod. pen..

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato limitatamente al secondo motivo per le ragioni che seguono. Quale premessa in punto di fatto, anche ai fini della valutazione della fondatezza del primo motivo del ricorso afferente a questioni di natura processuale, va ricordato che il V. era chiamato a rispondere dei reati di cui agli artt. 699 e 544 bis cod. pen. “per avere portato fuori dalla propria abitazione, senza giustificato motivo, un puntale in ferro (che estraeva da un bastone e per sua natura destinato all’offesa alla persona) con il quale uccideva senza valida ragione, un cane alano di proprietà di M.F. , colpendolo con un fendente sferrato al di sopra della zampa anteriore sinistra” (reati commessi in (omissis) ).
1.1 Tanto precisato e passando all’esame del primo motivo, lamenta il ricorrente che la Corte territoriale avrebbe erroneamente disatteso lo specifico motivo di appello riguardante l’ammissione della parte civile A.N.P.A.N.A. (un’associazione animalista) che si era costituita a ministero del suo procuratore speciale Avv. S.M.M. , in quanto all’udienza del 5 dicembre 2011 il deposito della costituzione di parte civile veniva effettuato dall’Avv. Francesco Magro senza che questi fosse delegato da parte dell’Avv. S. . Prosegue il difensore del ricorrente rilevando che il detto Avv. Magro aveva partecipato a tutte le udienze dibattimentali, ivi compresa quella conclusiva in cui aveva depositato conclusioni scritte e nota spese, senza che fosse stato delegato dal menzionato Avv. S. . A detta del ricorrente tale costituzione avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile sin dall’origine, sicché la decisione della Corte di Appello di disattendere l’eccezione sollevata dalla difesa va censurata perché inosservante del disposto normativo che inibisce al sostituto processuale di svolgere compiti di rappresentanza della parte civile.
1.2 La censura non è fondata. Con riferimento ai poteri conferiti al difensore della parte civile ed alle modalità della costituzione, costituisce regola di carattere generale quella secondo cui la persona offesa si costituisce parte civile tramite il difensore munito di procura speciale, con la conseguenza che all’eventuale sostituto da questi nominato ai sensi dell’art. 102 cod. proc. pen. non spetta il potere di costituzione di parte civile, competendogli, invece, soltanto l’esercizio dei poteri ricompresi nel mandato alle liti, ma non l’esercizio di specifici poteri di natura processuale o sostanziale conferibili solo con apposita procura speciale (così Sez. 4 13.5.2005 n. 22601, Fiorenzano, Rv. 231793). È altresì principio indiscusso che la carenza di legittimazione all’esercizio dell’azione civile da parte del difensore derivante dalla mancanza della procura speciale è comunque sanabile o sanata nella ipotesi in cui la persona offesa risulti presente all’udienza al momento del deposito della costituzione che si ritiene in via implicita essere avvenuta personalmente (da ultimo Sez. 4 22.4.2015 n. 24445, Plataroti e altri, Rv. 263730; conforme Sez. 5 23.10.2009 n. 6680, Capuana, Rv. 246147).
1.3 Applicando tali principi alla fattispecie in esame e vertendo la censura su questione processuale che legittima la Corte a compulsare gli atti, va rilevato – come del resto argomentato correttamente dalla Corte territoriale – che la procura speciale per la costituzione di parte civile era stata conferita dall’A.N.P.A.N.A. all’Avv. S. : nell’atto di nomina e conferimento della procura speciale riportato in calce all’atto di costituzione datato 28 giugno 2011 si legge testualmente all’ultima pagina che il legale rappresentante e presidente della A.N.P.A.N.A “Attribuisce infine al medesimo difensore procura speciale per la dichiarazione di costituzione di parte civile nonché la facoltà di nominare sostituti processuali ed altri procuratori al fine dell’espletamento della medesima facoltà di costituzione di parte civile“.
1.4 Risulta, ancora, dall’atto di nomina di sostituto processuale del 2 dicembre 2011 a firma dell’Avv. S. che all’Avv. Francesco Magro, all’uopo designato, viene conferita “procura speciale per la dichiarazione di costituzione di parte civile affinché, in nome e per conto dell’associazione A.N.P.A.N.A si costituisca parte civile nel proc. pen. in epigrafe indicato (proc. a carico di V.V. )” ed ancora “ogni facoltà per l’espletamento del mandato”.
1.5 Risulta, infine, dall’esame del verbale di udienza del 5 dicembre 2011 che nessuna delle persone offese costituitesi parte civile era presente, mentre – per quanto qui rileva – era presente l’Avv. Francesco Magro nella sua qualità di sostituto processuale dell’Avv. S.M.M. , il quale – sempre in tale veste – depositava atto di costituzione di parte civile nell’interesse della predetta associazione.
2. Sulla base di tali dati ritiene il Collegio che la decisione della Corte territoriale di ammettere la costituzione di parte civile dell’associazione animalista per assenza di vizi tali da comportarne l’inammissibilità sia corretta e rispettosa dell’art. 122 cod. proc. pen., in quanto il sostituto designato era in realtà soggetto espressamente designato dal procuratore speciale a svolgere la sua medesima attività: non, quindi, mero sostituto processuale ex art. 102 sfornito di poteri speciali, ma soggetto che derivava la propria legittimazione da uno specifico conferimento di incarico in tutto analogo a quello affidato al difensore originario che, per effetto della procura speciale rilasciatagli, era nelle condizioni di nominare altro soggetto in sua vece dotato dei medesimi poteri ed investito dei medesimi compiti.
2.1 Come affermato da una risalente – e condivisibile – decisione di questa Corte Suprema, il soggetto al quale il danneggiato dal reato abbia conferito procura speciale per la costituzione di parte civile, può delegare tale attività a condizione che la procura preveda espressamente una simile facoltà” (Sez. 5 8.2.2005 n. 11954, Marino, Rv. 231713). Tale soluzione si giustifica alla luce di un consolidato orientamento della giurisprudenza civile di legittimità secondo la quale quando la procura speciale “contenga un autonomo mandato ad negotia conferente al difensore il potere di nominare altri difensori, costui, in forza della rappresentanza sostanziale attribuitagli, può validamente rilasciare in nome del dominus altre procure speciali” (Cass. civ., sez. 1, 28 giugno 2002, n. 9493, Rv. 555456; nello stesso senso Sez. 3, 8.2.2012 n. 1756, Rv. 621422).
2.2 Ne consegue che, pur in assenza della persona offesa all’udienza di costituzione della parte civile (circostanza che avrebbe in ogni caso sanato l’eventuale vizio di carenza di legittimazione) e pur in presenza di una nomina di sostituto processuale, gli speciali poteri a costui conferiti dal difensore munito di procura speciale e di poteri di rappresentanza sostanziali direttamente riconducibili al dominus rendevano perfettamente conforme a legge l’atto di costituzione di parte civile così come riconosciuto dal Tribunale. Conseguentemente il primo motivo di ricorso va disatteso.
3. A diversa conclusione ritiene invece di dover pervenire il Collegio con riferimento al secondo motivo. Anche in questo caso ritiene il Collegio di dover sinteticamente esporre la vicenda storica che ha dato origine al processo in esame.
3.1 Come è dato leggere dal testo della sentenza impugnata, in data (omissis) l’odierno ricorrente, provvisto di un cd. “bastone animato”, era intento a passeggiare in compagnia del proprio cane in una zona del centro abitato di Portoferraio adiacente alla spiaggia quando veniva avvicinato da un cane di grossa taglia (un alano) di proprietà di tale M.F. , ma in quella circostanza condotto in quella zona dal figlio del M. a nome Francesco: questi non teneva il grosso cane al guinzaglio ma lo aveva lasciato libero. L’animale, senza guinzaglio né museruola, si era avvicinato al cane di piccola taglia del V. , aggredendolo e mordendolo vicino alla coda, procurandogli due piccole ferite riscontrate successivamente dal veterinario presso il quale il cane del V. era stato condotto dopo l’episodio. Il V. a seguito dell’aggressione dell’alano, lo aveva colpito con il bastone animato la cui lama (lama della lunghezza di circa 35 cm.) era penetrata nel fianco dell’animale uccidendolo.
3.2 La Corte di Appello ha disatteso la tesi difensiva secondo la quale il V. avrebbe colpito il cane di grossa taglia sia perché impaurito della aggressione che l’alano aveva manifestato verso il cane di piccola taglia condotto al guinzaglio dal V. , sia perché impaurito che l’alano potesse azzannare alla gola esso V. , dopo la prima aggressione al cagnolino. Secondo il giudizio della Corte territoriale il gesto del V. (che, sulla base della testimonianza di MA.Fr. , alla vista dell’alano che si dirigeva libero verso il proprio cane, aveva brandito il bastone verso l’altro cane estraendo la lama) sarebbe stato deliberato e non il risultato di una azione necessitata per salvare l’incolumità propria e del suo piccolo cane, tenuto anche conto del punto in cui il cane alano era stato colpito (lateralmente e non frontalmente)che rendeva implausibile la tesi adombrata della difesa personale.
3.3 Reputa il Collegio che la motivazione della Corte territoriale presti il fianco a censura soprattutto con riferimento al punto inerente alla inconfigurabilità dello stato di necessità ed alla inconsistenza della tesi difensiva secondo la quale il V. avrebbe colpito il grosso alano per difendere se stesso e il proprio cane, nonché al punto inerente alla qualificazione del gesto del V. come reazione a freddo stizzita verso il cane di grossa taglia per punirlo della aggressione precedente.
4. Il delitto di uccisione di animali delineato dall’art. 544 bis (che si pone in continuità normativa rispetto al reato di cui all’art. 727 cod. pen. prima della riforma attuata dall’art. 1 comma 1 della L. 20 luglio 2004, n. 189) si configura come reato a dolo specifico, nel caso in cui la condotta lesiva dell’integrità e della vita dell’animale che può consistere sia in un comportamento commissivo come omissivo, sia tenuta per crudeltà, e a dolo generico quando essa è tenuta, come nel caso in esame, senza necessità.
4.1 Ritiene in proposito il Collegio che nel concetto di necessità che esclude la punibilità del delitto in parola sia compreso lo stato di necessità di cui all’art. 54 c.p., e ogni altra situazione che induca all’uccisione o al danneggiamento dell’animale per evitare un pericolo imminente o per impedire l’aggravamento di un danno alla persona o ai beni ritenuto altrimenti inevitabile (Sez. 3, 24.10.2007 n. 44822, Borgia, Rv. 238456).
4.2 In ripetute occasioni questa Corte ha affermato il principio secondo il quale “la situazione di necessità che esclude la configurabilità del delitto di danneggiamento o uccisione di animali altrui ex art. 638 cod. pen. comprende non soltanto la necessità di cui all’art. 54 cod. pen. ma anche ogni altra situazione che induca all’uccisione o al danneggiamento dell’animale per prevenire o evitare un pericolo imminente o per impedire l’aggravamento di un danno giuridicamente apprezzabile alla persona propria o altrui o ai propri beni quando tale danno l’agente ritenga altrimenti inevitabile” (Sez. 2,11.11.2010 n. 47322, Calzoni, Rv. 248999, secondo cui è stata ritenuta integrante lo stato di necessità l’uccisione di un cane pastore tedesco a fronte della situazione di pericolo per altro cane di proprietà dell’imputato già aggredito poco prima e per la moglie dell’imputato; conforme Sez. 2, 15.2.2006, n. 8820 Saddi, Rv. 234743; idem 28.10.1997 n.1963, P.M. in proc. Ziccardi, Rv. 209928).
4.3 Va quindi ribadita la regola della configurabilità dello stato di necessità in riferimento al delitto di uccisione di animali, ipotesi che la Corte territoriale ha decisamente scartato sul presupposto che nemmeno l’imputato avrebbe sostenuto la tesi della necessità di difendere il proprio cane dall’aggressione del cane del M. (profilo del tutto errato in quanto nell’atto di appello – come emerge pacificamente dalla pag. 5 – era stato prospettato dal V. il fatto che egli aveva agito per difendere se stesso ed il proprio cagnolino dall’aggressione del cane del M. ).
5. Sotto tale aspetto la decisione della Corte territoriale è carente di motivazione oltre che manifestamente illogica anche perché, scartata la tesi dello stato di necessità, attribuisce – ma sulla base di apodittiche affermazioni – la responsabilità dell’evento al V. per la sua deliberata intenzione di intimidire l’animale prima brandendo il bastone acuminato e, dopo l’aggressione, per la sua reazione a freddo concretizzatasi nel trafiggere il fianco dell’alano con un colpo secco, senza quindi contestualizzare il momento della aggressione, della percezione del pericolo e della reazione da parte del V. a tale situazione di emergenza.
6. La sentenza impugnata va, quindi, annullata limitatamente al reato di cui all’art. 544 bis cod. pen., con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Firenze, la quale in tale sede, si atterrà ai principi di diritto enunciati da questa Corte in tema di configurabilità in concreto dello stato di necessità. Nel resto il ricorso va rigettato, dichiarandosi l’irrevocabilità delle statuizioni di responsabilità relative alla contravvenzione.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al delitto di cui all’art. 544 bis cod. pen. con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Firenze. Rigetta il ricorso nel resto e dichiara irrevocabili le statuizioni di responsabilità relative alla contravvenzione.



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