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Sinistro stradale: il conducente non è responsabile se il ciclista taglia la strada

Sinistro stradale: il conducente non è responsabile se il ciclista taglia la strada
La responsabilità del conducente coinvolto nell’investimento di un ciclista può essere esclusa non solo quando l’investitore abbia fornito la prova di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, ma anche quando risulti che non vi era alcuna possibilità di evitare l’incidente.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9278 dell’11 aprile 2017, si è occupato di un interessante caso in materia di risarcimento del danno da sinistro stradale (art. art. 2054 del c.c. cod. civ.).

Nel caso esaminato dalla Cassazione, due genitori avevano agito in giudizio al fine di ottenere la condanna del conducente di un’autovettura al risarcimento dei danni subiti a seguito di un sinistro stradale, in occasione del quale aveva perso la vita la loro figlia minore, investita dall’auto in questione mentre era in bicicletta.

Il Tribunale, tuttavia, aveva rigettato la domanda dei genitori e la sentenza era stata confermata anche nel successivo giudizio d’appello, dal momento che la Corte riteneva che il sinistro si fosse verificato per esclusiva responsabilità della vittima stessa.

Ritenendo la decisione ingiusta, i genitori della minore deceduta decidevano di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza loro sfavorevole.

Secondo i ricorrenti, in particolare, la Corte d’appello non aveva adeguatamente valutato i profili di colposità in capo al conducente dell’autovettura che aveva investito la loro figlia.

La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter aderire alle argomentazioni svolte dai ricorrenti, dal momento che la Corte d’appello aveva “espressamente evidenziato come il sinistro in esame si fosse verificato esclusivamente a causa della repentina e improvvisa svolta a sinistra del minore rimasto vittima dello scontro, avendo quest’ultimo, in sella alla propria bicicletta, improvvisamente tagliato la strada alla convenuta, impossibilitata a impedire l’impatto con lo stesso, pur avendo adeguato la propria condotta di guida ai parametri di diligenza normativamente prescritti nella specie”.

In sostanza, poiché era stato dimostrato che l’incidente si era verificato a causa della condotta tenuta dalla minore, il conducente dell’autovettura non poteva in alcun modo considerarsi responsabile e non poteva essere condannato al risarcimento dei danni.

Era stato, infatti, provato che il conducente dell’autovettura si era trovato nell’impossibilità oggettiva di evitare lo scontro, dal momento che la minore deceduta di era proiettata “repentinamente e imprevedibilmente dinanzi al veicolo della P. , che procedeva, nell’occasione, a velocità adeguata e coerente alle circostanze, senza che la questione della distanza di sicurezza valesse a rivestire alcun rilievo causale nella specie (con particolare riguardo al profilo della causalità della colpa), in considerazione del concreto comportamento della vittima”.

A sostegno della propria decisione, la Cassazione richiamava una precedente sentenza, nella quale era stato affermato che “la responsabilità del conducente coinvolto nell’investimento di un pedone (o, come nella specie, di un ciclista), pur essendo presunta, può essere tuttavia esclusa non solo quando l’investitore abbia fornito la prova di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, ma anche quando risulti con certezza, dalle modalità del fatto, che non vi era alcuna reale possibilità di evitare, da parte sua, l’incidente” (Cass. civ., sentenza n. 1422 del 21 aprile 1976).

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dai ricorrenti, condannando i medesimi anche al pagamento delle spese processuali.


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