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Servizio mensa all'interno dell'azienda: puņ essere previsto solo a favore dei lavoratori a tempo pieno

Lavoro - -
Servizio mensa all'interno dell'azienda: puņ essere previsto solo a favore dei lavoratori a tempo pieno
Secondo la Cassazione è legittimo il provvedimento disciplinare comminato nei confronti di un lavoratore part time che pretende di usufruire del servizio mensa, nonostante il medesimo non sia contrattualmente previsto.
E’ del 23 febbraio 2017 una sentenza della Corte di Cassazione in materia di diritto del lavoro (Cass. civ., sentenza 23 febbraio 2017, n. 4661.

In particolare, il servizio mensa all’interno di un’azienda può essere legittimamente limitato solo ad alcune categorie di lavoratori?

Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello di Firenze, in riforma della sentenza di primo grado, aveva rigettato la domanda proposta da un dipendente dell’Enel nei confronti della società stessa, volta a far dichiarare la nullità di un provvedimento disciplinare che gli era stato comminato, per aver “ripetutamente usufruito del servizio mensa durante l'orario di lavoro, pur non prevedendo il contratto di lavoro - a tempo parziale - pause di lavoro e il godimento del servizio”.

Secondo la Corte d’appello, in particolare, il comportamento del lavoratore appariva scorretto, dal momento che il medesimo aveva violato uno specifico divieto contrattuale, fruendo “in maniera sistematica di un servizio precluso nel corso dell'orario di lavoro”.

Di conseguenza, secondo la Corte, la sanzione comminata dalla società datrice di lavoro doveva considerarsi pienamente legittima e proporzionata alla gravità del fatto.

Ritenendo la decisione ingiusta, il lavoratore decideva di rivolgersi alla Corte di Cassazione, al fine di ottenere l’annullamento della sentenza di secondo grado.

Nello specifico, il lavoratore evidenziava come la motivazione resa dalla Corte d’appello fosse insufficiente e contraddittoria, basandosi la medesima esclusivamente “sulla supposta impossibilità di consumare un pasto in 15 minuti”.

Rilevava il lavoratore, dunque, che “una volta ammessa la legittimità della pausa caffè, era necessario dimostrare che per tutte le pause in contestazione il ricorrente avesse consumato un pasto o ecceduto rispetto ai quindici minuti consentiti”.

La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter aderire alle argomentazioni svolte dal lavoratore-ricorrente, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.

Osservava la Cassazione, infatti, che la decisione della Corte d’appello fosse del tutto logica e coerente, in quanto la stessa aveva posto a fondamento delle proprie conclusioni il “dispendio di spesa correlato alla fruizione del servizio mensa, in relazione al quale il datore di lavoro si è accollato contrattualmente un ulteriore costo esclusivamente per i dipendenti full time”.

In sostanza, poiché per contratto il servizio mensa era previsto esclusivamente per i lavoratori a tempo pieno, doveva considerarsi legittimo il provvedimento disciplinare comminato al lavoratore part time che pretendeva di fruirne ugualmente.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dal lavoratore, confermando integralmente la sentenza resa dalla Corte d’appello e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


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