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Il T-red non segnalato non comporta violazione della privacy

Il T-red non segnalato non comporta violazione della privacy
La Corte di Cassazione, con la sentenza n.8415 del 2016, è tornata sull’argomento relativo alla legittimità delle multe comminate a seguito di infrazione rilevata da apparecchiature elettroniche.
In particolare, questa volta si trattava di un’infrazione rilevata dai “T-red, vale a dire, quei semafori con la telecamera, che segnalano quando il soggetto passa col rosso.

Nel caso all’esame della Corte, il conducente di un’autovettura aveva impugnato davanti al Giudice di Pace i verbali con cui i vigili gli avevano contestato di essere passato col semaforo rosso, a seguito di rilevazione fotografica effettuata da un “T-red”, in quanto, a suo dire, lo stesso non era stato adeguatamente segnalato, con conseguente violazione del diritto alla riservatezza dei propri dati personali.

Il Giudice di Pace, tuttavia, non accoglieva il ricorso, con la conseguenza che il conducente proponeva appello dinanzi al Tribunale, il quale, tuttavia, riteneva di dover confermare la decisione del giudice di primo grado.

In particolare, il Tribunale osservava come “l’apparecchiatura utilizzata dalla polizia locale per rilevare l’attraversamento dell’incrocio con luce semaforica rossa non era equiparabile a un impianto di videoroveglianza, posto che la riproduzione fotografica non aveva ad oggetto il conducente, il quale non era identificabile”, con la conseguenza che tale dispositivo non poteva considerarsi “uno strumento atto al trattamento dei dati personali, onde non erano applicabili le norme sancite a tutela della riservatezza”.

Giunti al terzo grado di giudizio, la Corte di Cassazione osserva come “anche i conducenti dei veicoli e le persone che accedono o transitano in area dove sono attivi sistemi elettronici di rilevazione automatizzata delle violazioni debbano essere previamente informati in ordine al trattamento dei dati personali”.

Infatti, in proposito, “il provvedimento generale del Garante dell’8 aprile 2010 prescrive che un’idonea informativa in materia possa essere anzitutto assicurata mediante l’utilizzo di strumenti appropriati che rendano agevolmente conoscibile la presenza nelle aree interessate degli strumenti di rilevamento di immagini”.
Nello specifico, il provvedimento prevede “che possano svolgere un ruolo efficace, in proposito, gli strumenti di comunicazione al pubblico e le iniziative periodiche di diffusa informazione, ad integrazione delle quali possono operare modalità applicative di diversa natura, come volantini, pannelli a messaggio variabile, annunci televisivi e radiofonici, reti civiche e altre forme di comunicazioni istituzionale, nonché appositi cartelli”.

Tuttavia, secondo la Corte di Cassazione, “le discipline attinenti, rispettivamente, alla tutela dei dati personali e alla circolazione dei veicoli, operano su piani differenti”, dal momento che una violazione dell’obbligo di informativa “costituisce un illecito rispetto al sistema di tutela approntato per la tutela dei dati personali, il cui rispetto è presidiato da un autonomo apparato sanzionatorio”.

La violazione della riservatezza dei dati personali, invece, secondo la Cassazione, non ha effetto “con riguardo alla contestazione dell’illecito di cui si dolga il conducente del veicolo, siccome non preavvertito della presenza del dispositivo di rilevazione”.
Tali avvisi, infatti, non hanno la funzione di tutelare la riservatezza del conducente ma quella di “orientare la condotta di guida del trasgressore, così da evitare che lo stesso incorra in una violazione delle norme che regolano la circolazione”.

Prosegue la Corte osservando come, comunque, proprio perché l’informativa in questione è preordinata a disciplinare la condotta di guida, costituendo una norma di garanzia per l’automobilista, la mancanza di essa non è priva di effetto ma determina la nullità della sanzione”, dal momento che “il potere sanzionatorio in materia di circolazione stradale” non è “tanto ispirato dall’intento della sopresa ingannevole dell’automobilista indisciplinato, in una logica patrimoniale captatoria, ma anche da uno scopo di tutela della sicurezza stradale, oltre che di riduzione dei costi economici, sociali e ambientali derivanti dal traffico veicolare, nonché di fluidità delle circolazioni”.

Di conseguenza, poiché nel caso di specie, il conducente aveva impugnato la multa in ragione della presunta violazione della sua riservatezza, l’impugnazione doveva essere rigettata, in quanto, sotto questo profilo, non vi era alcun motivo di nullità della sanzione stessa.


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