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Rischia il carcere il marito che apre la posta della moglie separata

Famiglia - -
Rischia il carcere il marito che apre la posta della moglie separata
Attenzione ad aprire la posta del proprio consorte, perché questo potrebbe costituire addirittura reato ed, in particolare, il reato di "violazione di corrispondenza", di cui all'art. 616 del c.p..

Va osservato che questa disposizione prevede la pena della reclusione fino ad un anno o della multa da Euro 30 a Euro 516, in tutti i casi in cui qualcuno "prende cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, a lui non diretta, ovvero, sottrae o distrae, al fine di prenderne o di farne da altri prender cognizione, una corrispondenza chiusa o aperta,ma lui non diretta, ovvero in tutto o in parte, la distrugge o sopprime".
La disposizione, inoltre, ore è una circostanza aggravante, con conseguente aumento di pena (che arriva fino a tre anni di reclusione), nell'ipotesi in cui il colpevole riveli il contenuto della corrispondenza stessa, recando in tal modo un danno al destinatario della medesima.

È opportuno anche chiarire cosa si intenda, precisamente per "corrispondenza".
A tale scopo, soccorre l'ultima parte della norma citata, la quale precisa come per "corrispondenza" debba intendersi sia "quella epistolare, telegrafica o telefonica, informatica o telematica ovvero effettuata con ogni altra forma di comunicazione a distanza".

Proprio su quest'argomento si è recentemente pronunciata la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 18462 del 2016, ha chiarito alcuni aspetti della questione.

Nel caso all'esame della corte, la moglie, che già non abitava più col marito, essendo stato avviato il procedimento di separazione, aveva agito in giudizio accusando il marito di aver aperto una lettera arrivata per posta all'indirizzo della casa coniugale e a lei personalmente intestata.

In particolare, la moglie aveva querelato il marito in quanto, lo stesso, "indebitamente, invece che rimetterle la missiva al suo nuovo recapito, aveva aperto la lettera di una finanziaria a lei diretta presso l'indirizzo della casa coniugale".
Il marito, in particolare, si era difeso affermando di aver agito anche nell'interesse della moglie, presupponendo il consenso della stessa, dal momento che la moglie medesima aveva già provveduto a comunicare il proprio nuovo recapito, cui inoltrare la corrispondenza.

Condannato in primo grado, il marito proponeva appello, il quale, tuttavia, veniva rigettato, in quanto non veniva ritenuta rilevante la "scusa" addotta dallo stesso, che aveva sostenuto di "aver agito nell'interesse della moglie assente, sul presupposto del suo consenso all'apertura di corrispondenza a lei diretta, posto che la querelante, già un mese prima del fatto, aveva comunicato il nuovo recapito, cui rimettere la posta a lei diretta".

Giunti al terzo grado di giudizio, la Corte di Cassazione ritiene di dover aderire alle argomentazioni svolte dalla moglie.

Osserva la Corte come il reato di violazione di corrispondenza di cui all'art. 616 del c.p. presuppone la "consapevolezza di prendere conoscenza del contenuto di corrispondenza diretta esclusivamente ad altri" e che il marito stesso aveva riconosciuto espressamente di non aver aperto "per errore" la lettera in questione, ma di averla aperta del tutto consapevolmente, pur immaginando il consenso implicito della moglie.

In proposito, la Corte osserva come sussiste un elemento preciso che è decisivo al fine di decidere il giudizio, rappresentato dal fatto che la moglie avesse comunicato via posta elettronica al marito il suo nuovo indirizzo, al quale recapitare la posta che dovesse arrivare presso l'indirizzo dell'ex residenza coniugale.

Secondo la Cassazione, infatti, proprio questo elemento evidenzia chiaramente come la moglie non avesse affatto delegato il marito ad aprire la propria corrispondenza, chiedendo, al contrario, allo stesso di inoltrare la posta ricevuta al nuovo recapito.

Di conseguenza, del tutto irrilevante è anche la circostanza che, nel caso di specie, la busta contenesse delle bollette aventi ad oggetto le utenze della casa coniugale e che quindi, vi fosse un interesse anche del marito in ordine alle stesse.


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