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Chi risarcisce i danni subiti all'interno di un cantiere stradale?

Chi risarcisce i danni subiti all'interno di un cantiere stradale?
Cosa succede se stanno facendo dei lavori per strada e un automobilista o un pedone subiscono dei danni? In questo caso, chi è tenuto a risarcire i danni subiti?

Proprio su questa questione è intervenuto il Tribunale di Firenze, con la sentenza n. 3983 del 12 novembre 2015, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.

Nel caso esaminato dal Tribunale, un motociclista, che aveva impattato contro un dosso posto all’interno del cantiere stradale, cadendo a terra e procurandosi delle lesioni, aveva agito in giudizio sia nei confronti del Comune che nei confronti della società che stava eseguendo i lavori, al fine di ottenere una sentenza di condanna al risarcimento dei danni.

Il Comune si difendeva affermando che non vi era alcuna sua responsabilità, in quanto era stato posto, a 55 metri di distanza, un cartello che avvisava della presenza del dosso, con la conseguenza che la responsabilità del sinistro era da ricondursi esclusivamente, o almeno in parte, al motociclista, che non aveva adeguato la velocità alla situazione della strada.

Ebbene, il Tribunale ritiene le argomentazioni svolte dal motociclista, parzialmente fondate.

In particolare, il Tribunale osserva come non risulti contestato che il motociclista procedesse a velocità troppo elevata e che, effettivamente, era stato collocato il cartello segnaletico a 55 metri di distanza dal dosso, così come era stato collocato anche il cartello che segnalava il cantiere stradale.

Di conseguenza, secondo il Tribunale, sussiste l’ipotesi del “concorso di colpa del danneggiato”, di cui all’art. 1227 codice civile, nella misura del 50%.

Con particolare riferimento alla responsabilità della società che stava eseguendo i lavori, il Tribunale osserva che seppur fosse vero che la segnalazione del cantiere non era stata adeguata, in quanto non erano stati apposti gli opportuni segnali luminosi per la sicurezza notturna, ciò non aveva minimamente inciso nella produzione dell’evento dannoso, il quale si era verificato di giorno e non di notte.

L’unico elemento che consentiva di ritenere sussistente un profilo di responsabilità in capo alla società era rappresentato dal fatto che la stessa aveva omesso di collocare gli “altri segnali di preavviso di cantiere in corso ancor prima dell’arrivo dei veicoli sul loco – c.d. segnaletica di avvicinamento”.

Fatte queste considerazioni, il Tribunale osserva come, già con la sentenza n. 15386 del 2005 e n. 12425 del 2008, la Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare come, in caso di danni determinati da cantieri stradali, “se l’area del cantiere è stata completamente delimitata ed affidata all’esclusiva custodia dell’appaltatore con conseguente divieto su di essa del traffico veicolare e pedonale, dei danni subiti all’interno di questa area ne risponde esclusivamente l’appaltatore che né l’unico custode, mentre, nell’ipotesi in cui l’area risulti ancora adibita al traffico, ciò denota che l’ente titolare della strada ne ha conservato la custodia sia pure insieme all’appaltatore utilizzando la strada ai fini della circolazione”.

Dunque, occorre distinguere: se l’area di cantiere è stata chiusa al traffico, degli eventuali danni risponde la società che sta eseguendo i lavori; se, invece, la strada è ancora aperta al traffico dei veicoli, la responsabilità è sia dell’ente che gestisce la strada (nel caso in esame, il Comune) che della società che sta eseguendo i lavori, in quanto entrambi hanno la custodia di quell’area.

Di conseguenza, secondo il Tribunale, in quest’ultimo caso, “la responsabilità per i danni subiti dall’utente a causa di lavori in corso su detta strada grava su entrambi i soggetti”, salva la possibilità per il Comune che abbia risarcito l’intero danno, di pretendere il pagamento della propria quota di competenza da parte della società in questione.

In tali ipotesi, infatti, sussiste, quindi, “una responsabilità da omessa custodia del bene (ex art. [[n2051 c.c.) gravante sui custodi del bene, che avrebbero dovuto attivarsi per evitare che sul piano viabile si formasse un ostacolo improvviso alla normale circolazione”.


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