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Possesso di pistola ad aria compressa

Possesso di pistola ad aria compressa
Non commette reato di porto abusivo di armi chi detiene una pistola ad aria compressa con una potenzialità inferiore a 7,5 joule.
La Corte di Cassazione penale, con la sentenza n. 13601 del 23 marzo 2011, ha fornito alcune interessanti precisazioni in materia di detenzione di armi.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva assolto l’imputato dai delitti di rapina, violenza sessuale e lesioni, asseritamente posti in essere nei confronti di una prostituta.

Il giudice di secondo grado, in particolare, motivava la propria decisione in ragione della “inutilizzabilità del verbale di denuncia e l’insufficienza probatoria degli altri elementi raccolti in atti”.

La Corte d’appello, invece, con la medesima sentenza, confermava la condanna dell’imputato del reato di “porto di una pistola giocattolo priva di tappo rosso”, che veniva qualificato ai sensi dell’art. 4 della legge n. 110 del 1975 (porto di armi o di oggetti atti ad offendere).

Avverso tale pronuncia, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, evidenziando come si trattasse di “di pistola ad aria compressa in libero porto, non essendo stato provato che la stessa rilasci energia cinetica superiore a 7,5 joule (v. L. n. 526 del 1999)”.

Secondo il ricorrente, inoltre, l’eventuale sanzione per la mancata giustificazione al porto doveva essere di natura amministrativa e non di natura penale.

La Corte di Cassazione riteneva di dover aderire alle argomentazioni svolte dal ricorrente, accogliendo il relativo ricorso.

Secondo la Cassazione, infatti, il giudice di secondo grado avrebbe erroneamente “irrogato in sede di appello, in mancanza di gravame dell’accusa, pena più grave per specie (reclusione) rispetto a quella stabilita in primo grado (che aveva ritenuto il fatto integrare contravvenzione), in violazione dell’art. 597 c.p.p., comma 3”.

Secondo la Cassazione, inoltre, sarebbe “del tutto mancata, da parte della Corte territoriale, la dovuta indagine, trattandosi di una pistola ad aria compressa, in ordine alla sua effettiva potenzialità, in relazione al disposto della L. n. 526 del 1999, incidente sulla disciplina della L. n. 110 del 1975, posto che il giudizio di primo grado, riconoscendo il reato L. n. 110 del 1975, ex art. 4, ha evidentemente ritenuto potenzialità inferiore a 7,5 joule (altrimenti sarebbe scattata la qualifica di arma comune da sparo)”.

In altri termini, secondo la Corte di Cassazione, la Corte d’appello avrebbe errato nel non procedere ad un’adeguata indagine in ordine alla potenza della pistola in questione, quando, invece, il reato di cui all’art. 4 della legge n. 110/1975 presuppone che la pistola abbia una potenzialità inferiore a 7,5 joule.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione annullava la sentenza di secondo grado, rinviando la Causa alla Corte d’appello, affinchè la medesima decidesse in base ai principi sopra enunciati.


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