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Il portiere abita nel condominio in comodato? Se cessa il rapporto di lavoro il contratto si risolve

Il portiere abita nel condominio in comodato? Se cessa il rapporto di lavoro il contratto si risolve
In molti condomini vige la figura del portiere, che svolge funzioni di vigilanza all’interno dello stabile e al quale può essere concesso in comodato (in breve, si tratta del contratto, disciplinato dall’art. 1803 codice civile, con cui viene attribuito ad un soggetto il potere di utilizzare un bene, anche immobile, gratuitamente, a tempo indeterminato o determinato) uno degli appartamenti del condominio stesso, dove lo stesso risiede.

Ma se il portiere cessa di svolgere le sue funzioni a vantaggio dello stabile, ha diritto lo stesso di continuare a vivere nell’appartamento concesso in comodato, continuando a non corrispondere nessun affitto (canone di locazione), o si deve ritenere che il contratto si sciolga con la conseguenza che l’ex portiere dovrà rilasciare l’immobile?

Proprio su questa questione si è pronunciata la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4658 del 26 febbraio 2014, la quale ha fornito alcune interessanti precisazioni sul punto.

In primo grado il Tribunale aveva ritenuto che il contratto di comodato continuasse a rimanere in vita, con conseguente diritto dell’ex portiere di continuare a vivere nell’immobile senza corresponsione di alcun corrispettivo. La decisione veniva ribaltata in secondo grado, in quanto la Corte d’Appello riteneva che, al contrario, il contratto di comodato dovesse intendersi risolto dopo la fine del rapporto lavorativo con il portiere.

Il portiere, dunque, propone ricorso per Cassazione, impugnando la decisione assunta dalla Corte d’Appello.

Giunti, quindi, al terzo grado di giudizio, la Corte di Cassazione ritiene di dover aderire alle argomentazioni svolte dalla Corte d’Appello.

In sostanza, secondo la Cassazione, non si poteva ritenere che le parti avessero voluto stipulare il contratto di comodato per una durata pari alla vita del portiere, dal momento che la stipula del contratto stesso trovava giustificazione nelle esigenze del portiere di abitare nello stesso stabile in cui svolgeva la sua attività lavorativa.

Di conseguenza, secondo la Corte, una volta cessato il rapporto di lavoro, viene meno anche il motivo per cui il contratto di comodato era stato stipulato e, pertanto, il rapporto contrattuale doveva ritenersi risolto.

La Cassazione, dunque, giunge alla conclusione di rigettare il ricorso proposto dal portiere, confermando la sentenza della Corte d’Appello che aveva accertato l’avvenuta risoluzione del contratto di comodato, con conseguente obbligo per il portiere di rilasciare l’immobile.


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