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Polizza per il furto dell'auto: attenzione alle clausole!

Polizza per il furto dell'auto: attenzione alle clausole!
Nell'assicurazione contro il furto dell'autovettura la polizza opera solo se si consegnano entrambe le chiavi della macchina.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14422 del 15.7.2016, ha fornito alcune interessati precisazioni in tema di assicurazione contro il furto della propria autovettura.

Nel caso esaminato dalla Corte, l’assicurato aveva agito in giudizio nei confronti della propria Assicurazione al fine di ottenere la condanna della medesima al pagamento dell’indennizzo ed al risarcimento dei danni derivanti dal mancato utilizzo dell’autovettura, che gli era stata rubata nel periodo di vigenza della polizza assicurativa.

Il Tribunale, tuttavia, rigettava la domanda, in quanto l’assicurazione non sarebbe stata operante, dal momento che le Condizioni Generali di contratto prevedevano “la consegna di tutte e due le chiavi di accensione del veicolo”, mentre l’assicurato ne aveva consegnata solo una, nonostante la denuncia dello smarrimento dell’altra.

Tale sentenza veniva confermata dalla Corte d’Appello e, pertanto, l’assicurato proponeva ricorso in Cassazione.

Secondo il ricorrente, infatti, le suddette clausole contrattuali sarebbero state nulleai sensi della normativa sulle clausole vessatorie nei contratti dei consumatori (dapprima racchiusa negli artt 1469 bis del codice civile e poi trasfusa con alcune modifiche negli artt. 33 - 38 del Codice del consumo – Decreto Legislativo n. 205/2006) che, com’è noto, sanziona con la nullità tout court le clausole vessatorie, senza che rilevi – a differenza dell’art. 1341 del codice civile – l’avvenuta specifica sottoscrizione da parte dell’aderente”.

Secondo la Cassazione, tuttavia, tale motivo di ricorso non appariva ammissibile, in quanto imputava “alla sentenza impugnata di non avere giudicato la fattispecie secondo la disciplina consumeristica (…) senza precisare dove ed in che termini della relativa questione il giudice d’appello, che effettivamente non fa a quella disciplina alcun riferimento, fosse stato investito”.

Infatti, poiché “nell’esposizione del motivo si dice che la qualità di consumatore era stata allegata fin dall’atto introduttivo del giudizio in primo grado (…) sarebbe stato necessario evidenziare se ed in che termini la questione ricollegata a quella qualità (…) era stata decisa dal primo giudice e, quindi, indicare se e come della decisione di quel giudice ci si fosse lamentati”.

Nel caso di specie, invece, nessuna di tali indicazioni era stata fornita nel motivo di ricorso.

La Corte osservava, inoltre, come tale motivo di ricorso fosse inammissibile anche per un’altra ragione: infatti, il ricorrente aveva fatto riferimento ad una clausola delle condizioni generali di assicurazione che faceva riferimento alle ipotesi di “smarrimento, furto o danneggiamento delle chiavi”.

Tuttavia, nel caso di specie, il ricorrente aveva denunciato lo smarrimento della seconda chiave solo dopo aver denunciato il furto dell’auto. Pertanto, “inerendo la controversia alla richiesta di corresponsione dell’indennizzo per tale furto”.

Osservava la Corte, peraltro, come l’obbligo di restituire entrambe le chiavi dell’auto rubata ha un proprio fondamento logico, avendo lo scopo di “evitare che si chieda la garanzia per un furto eventualmente agevolato dall’essere state lasciate le chiavi inserite nella messa in moto del veicolo”.

In proposito, la Cassazione rilevava, altresì, che, come affermato dalla medesima Corte, con la sentenza n. 10194 del 2010, “qualora le parti del contratto abbiano espressamente subordinato l’operatività della garanzia assicurativa all’adozione, da parte dell’assicurato, di determinate misure di sicurezza, il giudice non può sindacare la loro concreta idoneità ad evitare l’evento dannoso, e quindi – ove l’evento si sia verificato indipendentemente da tale inosservanza – non può giungere alla conclusione per cui, pur a fronte della loro inosservanza, l’assicuratore debba comunque corrispondere l’indennizzo”.

Pertanto, anche a voler ritenere ammissibile il motivo di ricorso, secondo la Cassazione, il medesimo risulterebbe comunque infondato nel merito.

Alla luce di tali considerazioni, la Cassazione rigettava il ricorso e condannava il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


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