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Passaggio sim tra operatori troppo lento

Passaggio sim tra operatori troppo lento
Viene riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni subiti nel caso in cui la compagnia telefonica tardi nell'attivare l'utenza a seguito del passaggio da un vecchio a un nuovo operatore.
Cosa succede se la compagnia telefonica tarda ad attivare la nostra utenza a seguito del passaggio da un vecchio ad un nuovo operatore? E’ possibile chiedere il risarcimento dei danni?

Secondo quanto statuito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11914 del 2016, sembrerebbe proprio di si.

Nel caso esaminato dalla Corte, una società aveva agito in giudizio nei confronti di una compagnia telefonica al fine di ottenere ai sensi dell'art. 1218 del c.c. e dell'art. 1256 del c.c., il risarcimento dei danni dovuti alla sospensione dell’utenza telefonica nella fase di passaggio dal vecchio al nuovo operatore.

La società, in particolare, esponeva che, dopo diversi solleciti, in seguito al distacco della vecchia linea, non era riuscita ad ottenere l’allacciamento a quella nuova; la nuova compagnia telefonica aveva comunicato di essere impossibilitata ad adempiere agli impegni assunti a causa di una delibera con la quale “le veniva interdetto di procedere in via unilaterale al rientro dei clienti in precedenza abbonati ad altri gestori”, essendo necessario raggiungere degli specifici accordi in merito alle modalità del rientro stesso.

Nel corso del procedimento, dunque, la compagnia telefonica citata in giudizio estendeva il procedimento anche all’altra compagnia telefonica coinvolta, ritenendola unica responsabile del disservizio riscontrato.

Il Tribunale, in primo grado, accoglieva la domanda proposta, condannando entrambe le compagnie telefoniche al risarcimento del danno.

La Corte d’Appello, tuttavia, ribaltava tale decisione, con la conseguenza che la società danneggiata decideva di proporre ricorso in Cassazione.

La Cassazione ricordava, in via preliminare, che l'art. 1218 del c.c. e l'art. 1256 del c.c. prevedono che il debitore sia responsabile “per l’inadempimento dell’obbligazione fino al limite della possibilità della prestazione, presumendosi, fino a prova contraria, che l’impossibilità sopravvenuta, temporanea o definitiva, della prestazione stessa gli sia imputabile per colpa”.

Tale impossibilità sopravvenuta, per liberare il debitore da responsabilità, deve essere “obiettiva, assoluta e riferibile al contratto e alla prestazione ivi contemplata e deve consistere non in una mera difficoltà, ma in un impedimento, del pari obiettivo e assoluto, tale da non poter essere rimosso, a nulla rilevando comportamenti di soggetti terzi rispetto al rapporto”.

Nel caso di specie, secondo la Cassazione, risultava “certa l’esistenza di una causa esterna incidente sul momento strumentale dell’adempimento, vale a dire sulla migrazione dell’utenza telefonica”, mentre mancava “la valutazione sulla non imputabilità remota alla società debitrice della predetta causa”.

Infatti, la sola delibera interdittiva “non determina automaticamente il carattere non imputabile dell’impossibilità di adempiere, sotto la specie della diligenza impiegata in concreto, sia per evitare che sorgesse, sia per rimuovere tempestivamente, l’ostacolo all’adempimento”.

Invece, nel caso in esame, la Corte d’Appello non aveva in alcun modo valutato la diligenza nella condotta del nuovo operatore, il quale, venuto a conoscenza della delibera in questione, aveva aspettato ben due mesi prima di comunicare il fatto alla società cliente, senza, peraltro, adottare alcun provvedimento a protezione della medesima.

La Corte di Cassazione, quindi, procedeva ad annullare la sentenza resa dalla Corte d’Appello, che aveva riformato la decisione di condanna di primo grado, rinviando la causa alla Corte d’Appello stessa affinché decidesse tenendo in considerazione il principio di diritto secondo cui, in relazione ad un contratto telefonico, “in presenza di un atto dell’autorità legislativa, amministrativa o giudiziaria che abbia inciso negativamente sull’attuazione del rapporto obbligatorio, è necessario, per giustificare l’inadempimento o il ritardo nell’esecuzione della prestazione, che l’impresa non vi abbia colposamente dato causa”.

Inoltre, “la diligenza e buona fede nell’esecuzione del contratto (…) impongono di comunicare tempestivamente al proprio cliente l’impossibilità di eseguire la prestazione e di adottare gli opportuni provvedimenti al fine del contenimento dei danni”.


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