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Palpare il sedere è reato

Palpare il sedere è reato
Commette violenza sessuale chi tocca il gluteo di una donna non consenziente, anche solo per pochi attimi.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35473 del 2016, si è pronunciata in ordine ad un interessante caso di violenza sessuale (art. 612 bis codice penale), commessa da un soggetto nei confronti di una donna, la quale aveva agito in giudizio a seguito di un palpeggiamento posto in essere dall’uomo.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello aveva confermato la sentenza di condanna emessa in primo grado, in quanto il giudice riteneva pienamente credibile la deposizione resa dalla persona offesa e dei relativi riscontri.

Avverso tale sentenza, proponeva ricorso per Cassazione l’imputato, sostenendo che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere credibili le dichiarazioni rese dalla persona offesa e avrebbe travisato i fatti.

La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter aderire alle argomentazioni svolte dal ricorrente, evidenziando come, anche in materia di reati sessuali, il giudice può giungere ad affermare la responsabilità penale dell’imputato anche sulla base delle sole dichiarazioni della persona offesa.

Nel caso di specie, peraltro, la Corte d’appello aveva “puntualmente argomentato circa le circostanze di tempo e di luogo nel quale i fatti si sono verificati, con specifico riguardo alle condizioni psicologiche” della persona offesa.

Osservava la Cassazione, inoltre, come il giudice di secondo grado avesse “puntualmente considerato la contraddittorietà ed inverosimiglianza delle versioni difensive rese dall’imputato, con particolare riguardo alla affacciata ipotesi che il contatto con il gluteo della (…) fosse avvenuto con la fondina della pistola di ordinanza”.

Alla luce delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, dunque, la Corte d’appello aveva, del tutto correttamente, ritenuto assodato che l’imputato avesse “posto la propria mano sul gluteo della persona offesa stessa” e che, soprattutto, ve l’avessemantenuta per un periodo apprezzabile”, con la conseguenza che il giudice non aveva avuto dubbi “circa la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato contestato”.

Precisava la Corte di Cassazione, in proposito, che “in tema di violenza sessuale, vanno considerati atti sessuali quelli che siano idonei a compromettere la libera determinazione della sessualità della persona o ad invadere la sfera sessuale con modalità connotate dalla costrizione (violenza, minaccia o abuso di autorità), sostituzione ingannevole di persona, abuso di inferiorità fisica o psichica, in essi potendosi ricomprendere anche quelli insidiosi e rapidi, che riguardino zone erogene su persona non consenziente (come ad esempio palpamenti, sfregamenti, baci)”.

In altri termini, non conta per quanto tempo si svolga l’atto, potendo integrare la fattispecie della “violenza sessuale” anche un palpamento o uno sfregamento rapido e fugace.

Tutto ciò considerato, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dall’imputato, condannando il medesimo al pagamento delle spese processuali.


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