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Opere effettuate dal condomino su parti di sua proprietà esclusiva: è necessario il consenso di tutti i partecipanti al condominio?

Opere effettuate dal condomino su parti di sua proprietà esclusiva: è necessario il consenso di tutti i partecipanti al condominio?
Se la realizzazione di un'opera su una parte di proprietà esclusiva consente ad un condomino la comunicazione tra il proprio appartamento ed altra unità immobiliare attigua, sempre di sua proprietà, ma ricompresa in un diverso edificio condominiale, è necessario il consenso scritto di tutti i partecipanti al condominio.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27164 del 16 novembre 2017, si è occupata di un interessante questione di carattere condominiale.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, il Tribunale di Ragusa, in riforma della sentenza di primo grado, emessa dal Giudice di Pace di Modica, aveva rigettato la domanda proposta da un condomino, “volta alla ricostruzione di un muretto e di una ringhiera di separazione dei balconi di due unità immobiliari”, entrambe di proprietà del convenuto ma comprese in due distinti, seppur confinanti, edifici condominiali, “che il convenuto aveva posto in comunicazione rimuovendo gli indicati manufatti”.

Secondo il Tribunale, in particolare, i “balconi aggettanti non costituiscono parti comuni dei fabbricati condominiali, ma rientrano nelle rispettive proprietà esclusive, e sono perciò modificabili senza che possa sussistere violazione dell'art. 1102 c.c.”.

Ritenendo la decisione ingiusta, il condomino soccombente in secondo grado aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.

La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover dar ragione al ricorrente, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.

Osservava la Cassazione, in proposito, che l’art. 1102 c.c. “riguarda esclusivamente le opere compiute dal condomino sulla cosa comune”, mentre è l’art. 1122 c.c. che “disciplina l'ipotesi in cui l'opera sia effettuata dal condomino sulla cosa propria”.

Nel caso di specie, dunque, poiché i balconi aggettanti costituivano un prolungamento dei due appartamenti del convenuto, secondo la Cassazione doveva applicarsi l’art. 1122 c.c.

Ebbene, la Cassazione evidenziava che l’art. 1122, nel disciplinare l’effettuazione, da parte del condomino, di opere sulla cosa propria, prevede un “limite”, che consiste nel “danno alle parti comuni dell'edificio, danno che comprende ogni diminuzione di valore riferito alla funzione della cosa, considerata nella sua unità”.

Secondo la Cassazione, dunque, nel caso in esame, il Tribunale aveva erroneamente omesso di prendere in considerazione l’osservazione effettuata dal condomino attore, secondo cui l'aver reso i due edifici comunicanti, mediante la rimozione delle separazioni esistenti sui balconi di proprietà del convenuto, aveva comportato la illegittima costituzione di una servitù di passaggio a danno della proprietà condominiale di uno dei fabbricati.
Rilevava la Cassazione, in particolare, che il Tribunale non aveva valutato “che anche un'opera su parte di proprietà esclusiva, che consenta ad un condomino la comunicazione tra il proprio appartamento ed altra unità immobiliare attigua, sempre di sua proprietà, ma ricompresa in un diverso edificio condominiale, può determinare la creazione di una servitù a carico di fondazioni, suolo, solai e strutture dell'edificio (per la cui costituzione è necessario il consenso scritto di tutti i partecipanti al condominio)”.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dal condomino in questione, annullando la sentenza impugnata e rinviando la causa al Tribunale di Ragusa, affinchè il medesimo decidesse nuovamente sulla questione, sulla base dei principi sopra enunciati.


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