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Infiltrazione acqua in appartamento e danni risarcibili

Infiltrazione acqua in appartamento e danni risarcibili
Il condomino ha diritto di essere risarcito se, a causa delle infiltrazioni, non può dare in locazione l'appartamento.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10870 del 20 aprile 2016, ha affrontato un interessante caso di domanda risarcitoria a causa delle infiltrazioni verificatesi all’interno di un condominio.

In particolare, se a causa delle infiltrazioni un condomino è posto nell’impossibilità di concedere in locazione l’appartamento, ha diritto essere risarcito per il relativo mancato guadagno?

Stando a quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza sopra citata, sembrerebbe proprio di sì.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, un condomino aveva agito in giudizio nei confronti del condominio, al fine di veder condannato il medesimo “a rifare completamente i lavori di risanamento e di protezione dell'edificio dalle infiltrazioni di acque meteoriche”, oltre al “risarcimento del danno derivante dalla mancata locazione dell'appartamento di sua proprietà, quantificato in lire 6.000.000”.

Secondo il condomino, infatti, “l'assemblea del condominio aveva deliberato l'esecuzione dei lavori in oggetto, al fine di impedire il verificarsi di infiltrazioni di acque meteoriche attraverso il tetto del piano attico ed attraverso il terrazzo di copertura dell'edificio”.

Tuttavia, terminati i lavori, “si era verificato il distacco di alcune tegole con grave pericolo per l'incolumità delle persone e con il ristagno eccessivo dell'acqua piovana sul pavimento del terrazzo, circostanze queste che avevano impedito la locazione dell'appartamento”, con conseguente notevole pregiudizio economico per il condomino medesimo.

Nel corso del procedimento, venivano effettuati gli accertamenti tecnici del caso, dal quale emergeva che “i lavori erano stati realizzati senza la dovuta maestria e che l'unico rimedio era pertanto quello di procedere alla demolizione ed al successivo rifacimento sia del pavimento del terrazzo che della copertura del piano attico”.

Il condominio si costituiva in giudizio, sostenendo che “i problemi erano diversi rispetto a quelli segnalati dell'attore, il quale peraltro non aveva dato alcuna collaborazione allorché, tramite una ditta incaricata, si era cercato di porre rimedio ai problemi per cui è causa”.

Poiché, nel frattempo, il condomino decedeva, il giudizio veniva proseguito dagli eredi del medesimo e il Tribunalecondannava il condominio al rifacimento dei lavori indicati dal consulente tecnico d'ufficio nonché al pagamento in favore di parte attrice della somma di euro 3.098,74 oltre interessi e rivalutazione”.

A seguito della parziale riforma della sentenza in grado d’appello, gli eredi del condomino proponevano ricorso per Cassazione, in quanto, a loro dire, il giudice d’appello avrebbe erroneamente escluso il loro diritto al risarcimento del danno, “relativamente al pregiudizio subito per l'impossibilità di poter utilizzare il bene a fini locativi”.

La Cassazione, in effetti, riteneva tale motivo di ricorso meritevole di accoglimento, in quanto non era in contestazione che “la condizione del bene, in conseguenza delle infiltrazioni lamentate in citazione, abbia nei fatti impedito il godimento, anche mediato dell'immobile, impedendo agli attori di poterlo utilmente locare”.

Di conseguenza, “il pregiudizio andava risarcito, anche mediante il ricorso ad elementi di carattere presuntivo”, tra i quali anche quelli direttamente ricavabili dalla consulenza tecnica d’ufficio espletata che “poteva agevolmente permettere di individuare la tipologia e le caratteristiche funzionati e dimensionali del bene, sulla scorta delle quali poter poi procedere al calcolo, eventualmente a sua volta presuntivo, come riconosciuto anche dalla Corte distrettuale, del valore locativo”.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il motivo di ricorso relativo alla domanda di risarcimento danni formulata dagli eredi del condomino e rigettata in secondo grado, rinviando la causa alla Corte d’Appello, affinchè la medesima decida sulla stessa, in base ai principi sopra esposti.


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