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L'impresa edile è responsabile per le crepe e gli avvallamenti delle mattonelle del pavimento

L'impresa edile è responsabile per le crepe e gli avvallamenti delle mattonelle del pavimento
Secondo la Cassazione, in presenza di vizi dell'immobile tali da comprometterne il pieno godimento, l'impresa edile che ha costruito l'immobile può essere condannata al risarcimento dei danni.
E’ del 26 giugno 2017 un’interessante sentenza della Corte di Cassazione in tema di responsabilità dell’appaltatore per i vizi riscontrati nell’immobile da questi costruito.

Nel caso esaminato dalla Cassazione due soggetti avevano acquistato un appartamento compreso in un complesso residenziale costruito da un’impresa edile ma, a seguito di un sopralluogo, gli stessi si erano accorti della presenza di “gravi difetti, consistenti in crepe ed avvallamenti della pavimentazione in mattonelle”.

I proprietari dell’appartamento, dunque, dopo aver prontamente denunciato i vizi riscontrati, avevano agito in giudizio, al fine di ottenere la condanna dell’impresa edile al risarcimento dei danni, ai sensi dell’art. 1669 c.c., per un importo pari alla somma necessaria all’eliminazione dei vizi stessi, oltre all’importo relativo ai disagi sofferti.

La Corte d’appello di Venezia, confermava la gravità dei difetti costruttivi denunciati, i quali, secondo la Corte, era talmente diffusi da compromettere il “normale e pieno utilizzo della pavimentazione”.

Ritenendo la decisione ingiusta, l’impresa edile decideva di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.

Secondo la ricorrente, in particolare, la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto che i vizi oggetto di contestazione avessero il carattere di “gravità” di cui all’art. 1669 cod. civ.

Secondo la ricorrente, inoltre, i vizi non erano così diffusi come affermato dai proprietari dell’appartamento in questione.

La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione alla ricorrente, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.

Evidenziava la Cassazione, in proposito, che l’art. 1669 c.c. prevede un’ipotesi di “responsabilità extracontrattuale”, stabilita dalla legge “al fine di promuovere la stabilità e solidità degli edifici, nonché delle altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, e al fine di tutelare in tal modo l’incolumità personale”.

Precisava la Corte, inoltre, che l’art. 1669 c.c. include tra i difetti, di cui il costruttore è responsabile, “anche quelli che, pur non compromettendo la stabilità, totale o parziale, dell’edificio, possano essere, comunque, qualificati ‘gravi’”.

In sostanza, secondo la Cassazione, si può parlare di “gravi difetti di costruzione”, ai sensi dell’art. 1669 c.c., “in presenza di qualsiasi alterazione che incida sulla funzionalità globale dell’immobile, o che ne menomi in modo considerevole il godimento, o ne pregiudichi la normale utilizzazione, in relazione alla sua destinazione economica e pratica”.

Ebbene, nel caso di specie, dalle indagini effettuate era emersa la sussistenza dei vizi lamentati, i quali erano riconducibili “tecnica costruttiva adoperata” e alla “qualità delle piastrelle impiegate”.

Di conseguenza, secondo la Cassazione, la Corte d’appello aveva del tutto correttamente ritenuto che, “per la diffusione del problema della pavimentazione in tanti diversi ambienti della casa”, fosse compromesso il pieno godimento della stessa.

Per quanto riguarda la quantificazione del danno, inoltre, la Corte d’appello aveva, altrettanto correttamente, evidenziato che i lavori di ripristino “dovessero consistere nell’integrale rifacimento della pavimentazione nei locali indicati, non soltanto per garantire un’omogeneità cromatica (che non sarebbe stata ottenuta sostituendo le sole piastrelle lesionate), ma anche perché era necessario eseguire altresì i nuovi sottofondi”.

Pertanto, secondo la Cassazione, l’impresa edile era stata giustamente condannata ai sensi dell’art. 1669 c.c., essendo l’impresa tenuta a risarcire il danno subito dai proprietari dell’edificio.

Evidenziava la Cassazione, inoltre, che il risarcimento del danno riconosciuto ai proprietari dell’edificio poteva essere tale da consentire loro la completa ristrutturazione dell’appartamento, trattandosi di un’obbligazione risarcitoria finalizzata “al completo ripristino dell’edificio”.

Ciò considerato, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dall’impresa edile, confermando integralmente la sentenza impugnata e condannando la ricorrente anche al pagamento delle spese processuali.


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