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Illecita detenzione di sostanze stupefacenti: quando puņ dirsi destinata a uso personale?

Illecita detenzione di sostanze stupefacenti: quando puņ dirsi destinata a uso personale?
La Corte di Cassazione ha precisato che la destinazione della sostanza stupefacente allo smercio può essere desunta anche dal quantitativo di droga rinvenuto in possesso dell'imputato.
La Corte di Cassazione penale, con la sentenza n. 50742 del 7 novembre 2017, ha fornito alcune interessanti precisazioni in tema di detenzione illecita di sostanze stupefacenti.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello di Trieste aveva confermato la sentenza con cui il Tribunale di Udine aveva condannato un imputato per l’illecita detenzione di marijuana, ai sensi dell’art. 73, comma 5, del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309.

Ritenendo la decisione ingiusta, l’imputato aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.

Secondo il ricorrente, in particolare, la Corte d’appello avrebbe erroneamente escluso che l’imputato fosse consumatore della sostanza di cui era stato trovato in possesso.

La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione all’imputato, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.

Osservava la Cassazione, in proposito, che “non è la destinazione all’uso personale della sostanza stupefacente che costituisce causa di non punibilità, ma, al contrario, è la destinazione della sostanza allo smercio elemento costitutivo del reato di illecita detenzione”.

Di conseguenza, secondo la Corte, è l’accusa che deve dimostrare, in sede di giudizio, la “detenzione della droga per un uso diverso da quello personale”.

Nel caso di specie, tuttavia, secondo la Cassazione, la Corte d’appello aveva dato atto di adeguati e convergenti elementi di prova, che l’avevano indotta a ritenere la “non esclusiva destinazione della droga all’uso personale”.

Nello specifico, infatti, la Corte d’appello aveva osservato che l’imputato era stato trovato in possesso di 362 dosi di marijuana, che corrispondono ad un consumo di “dieci canne al giorno per oltre un mese”, e che, in base alla documentazione sanitaria acquisita in corso di causa, l’imputato risulterebbe essere un consumatore solo sporadico di tale sostanza.

La Corte d’appello, peraltro, aveva evidenziato che “il modesto reddito” dell’imputato non sarebbe stato compatibile con “l’acquisto unitario del quantitativo sequestrato al solo fine di uso personale”.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dall’imputato, confermando integralmente la sentenza impugnata e condannando il ricorrente anche al pagamento delle spese processuali.

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