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I genitori non riescono a trovare un accordo sulla scuola in cui il figlio deve andare a studiare? Decide il Giudice nell’interesse del figlio

Famiglia - -
I genitori non riescono a trovare un accordo sulla scuola in cui il figlio deve andare a studiare? Decide il Giudice nell’interesse del figlio
In sede di separazione o divorzio i coniugi, come ovvio, devono riuscire ad accordarsi anche per quanto riguarda l’eduzione e l’istruzione dei figli.
Tuttavia, questo, a volte, risulta tutt’altro che facile, essendo molto frequenti i litigi fra ex coniugi proprio per contrasti circa la decisione da assumere.
Cosa fare, quindi, se non si riesce a trovare l’accordo con l’ex coniuge?
Ovviamente non resta che ricorrere al Giudice.

Proprio su quest’argomento si è recentemente pronunciato il Tribunale di Milano, con un decreto del 04 febbraio 2015, che ha fornito alcune interessanti precisazioni in proposito.

Un primo problema che si pone quando il Giudice si trova a dover decidere in merito all’educazione e istruzione dei minori è quello relativo ai criteri da seguire nell’assumere la determinazione più opportuna.

In ordine a questo punto, il Tribunale di Milano ha precisato che il criterio fondamentale consiste nel prendere in considerazione il prevalente interesse del figlio: di regola, dunque, il Giudice opterà per la scuola pubblica, a meno che non vi siano delle particolari circostanze che suggeriscono di far studiare il minore in una scuola privata (si pensi, per esempio, al caso in cui in bambino abbia delle particolari difficoltà di apprendimento che rendono opportuno ricorrere ad una struttura privata e specializzata).

Va osservato infatti, che la decisione in favore della scuola pubblica, rappresenta, come affermato dal Tribunale, una “scelta neutra”, che non influenza il figlio nei confronti di un determinato indirizzo educativo piuttosto che di un altro.

Altro problema che si pone è quello di quale procedura debba seguire il Giudice nel caso in cui ravvisi un insanabile contrasto tra i genitori circa questo importante aspetto della vita dei figli.

In proposito, il Tribunale di Milano, nella stessa sentenza sopra citata, ha precisato come la norma a cui far riferimento in questi casi, è rappresentata dall’art. 709 ter c.p.c., che detta la disciplina per la soluzione delle “controversie insorte tra i genitori in ordine all’esercizio della potestà genitoriale o delle modalità dell’affidamento”.
In base a quanto stabilito dalla norma stessa, quindi, “a seguito del ricorso, il giudice convoca le parti e adotta i provvedimenti opportuni. In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente:
1) ammonire il genitore inadempiente; 2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore; 3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro; 4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende”.

In sintesi, dunque, il criterio è molto semplice: in caso di persistente e insanabile contrasto tra i genitore nell’assumere una decisione in merito all’educazione e istruzione dei figli minori, gli stessi possono rivolgersi al Giudice, in modo che sia egli stesso ad assumere la decisione che ritiene più opportuna.

Il Giudice, in particolare, dovrà assumere la decisione che ritenga più rispondente al prevalente interesse del figlio: tale interesse, dunque, è l’unico criterio che guida il Giudice nel decidere in un modo piuttosto che in un altro.

A seguito del ricorso al Giudice, inoltre, va osservato che lo stesso, in caso di inadempimenti da parte dei genitori, può assumere dei provvedimenti anche molto rilevanti, potendo arrivare a condannare il genitore che non abbia rispettato quanto disposto dal Tribunale al pagamento di una sanzione che, nei casi più gravi, può arrivare fino a 5.000 euro, oltre che condannarlo al risarcimento del danno nei confronti dell’altro genitore.


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