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Il fatto di essere comproprietari della casa coniugale non riduce l’assegno di mantenimento

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Il fatto di essere comproprietari della casa coniugale non riduce l’assegno di mantenimento

La Corte di Cassazione è intervenuta recentemente con una nuova pronuncia in tema di assegno di mantenimento, analizzando, in particolare il seguente quesito: il fatto che la casa coniugale sia in comproprietà tra i coniugi, può incidere nella determinazione del giudice in ordine all’ammontare dell’assegno di mantenimento?

Va osservato che il giudice, nel momento in cui decide se e in che ammontare disporre il pagamento di un assegno di mantenimento a carico di un coniuge in favore dell’altro, deve tenere in considerazione il principio fondamentale secondo cui il coniuge, dopo la separazione o il divorzio, deve essere in grado di mantenere un tenore di vita analogo a quello di cui godeva in costanza di matrimonio.

Le disposizioni relative ai rapporti patrimoniali tra ex coniugi, inoltre, non sono immodificabili in via assoluta, in quanto esiste uno specifico procedimento che può essere instaurato al fine di ottenere la modifica delle condizioni di separazione o divorzio, il quale consente, appunto, di rivedere gli accordi originari, nell’ipotesi in cui le condizioni economico-patrimoniali dei coniugi siano mutate rispetto al momento in cui è stata pronunciata la separazione o il divorzio.

Come ovvio, il giudice, nel determinare l’ammontare dell’assegno di mantenimento, terrà conto delle condizioni economiche dei coniugi e, dunque, non solo delle loro capacità reddituali ma anche delle loro proprietà immobiliari.

Tuttavia, occorre chiedersi, come anticipato, se anche il fatto di essere titolari di una quota di proprietà della casa familiare possa incidere nella determinazione dell’assegno di mantenimento.

In particolare, nel caso esaminato dalla Corte (sentenza n. 8158 del 2016), il coniuge aveva agito in giudizio allo scopo di ottenere la modifica delle condizioni di divorzio, chiedendo, nello specifico, la riduzione dell’assegno di mantenimento che in sede di divorzio era stato posto a suo carico in favore della moglie, alla quale era stata assegnata, altresì, la casa familiare, in comproprietà di entrambi i coniugi.

Tuttavia, i giudici di primo e di secondo grado ritenevano congrue le determinazioni del Tribunale, dal momento, in considerazione del “raffronto tra le situazioni economiche dei coniugi e della non autosufficienza dei figli maggiorenni”.

Il coniuge ricorre, dunque, in Cassazione, sostenendo che i giudici dei precedenti gradi di giudizio non avrebbero accertato se la consorte “fosse priva di adeguati mezzi propri e/o versasse nell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive con riferimento al parametro del tenore di vita condotto in costanza di matrimonio (unico criterio da prendere in considerazione per l’accertamento in astratto del diritto all’assegno divorzile)”.

Secondo il ricorrente, infatti, la Corte d’Appello avrebbe tenuto in considerazione solo la condizione reddituale del medesimo, con un accertamento effettuato solo in via presuntiva e del tutto sommaria.
Inoltre, secondo il ricorrente, il giudice non avrebbe tenuto in considerazione le condizioni economico-patrimoniale dell’ex moglie e, in particolare, le sue proprietà immobiliari, tra le quali rientrava una quota pari al 50 % della casa a suo tempo adibita a residenza familiare.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ritiene di dover aderire alle considerazioni svolte dal Tribunale e dalla Corte d’Appello, confermando le condizioni di divorzio stabilite nella relativa sentenza.

Secondo la Corte, infatti, la presunta mancata valutazione, da parte dei giudici dei precedenti gradi di giudizio, delle proprietà immobiliari dell’ex moglie è del tutto infondata, in quanto deve ritenersi che “in ordine alla casa coniugale, la comproprietà non è produttiva di alcun reddito”.

Di conseguenza, il fatto che la casa coniugale sia, per una quota, di proprietà dell’ex coniuge, non ha alcuna rilevanza ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento da porre a carico di un coniuge a vantaggio dell’altro, dal momento che la casa in comproprietà non viene considerato un bene produttivo di reddito.


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