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Il datore di lavoro legge la posta elettronica del dipendente? Reato di “accesso abusivo a sistema informatico”

Il datore di lavoro legge la posta elettronica del dipendente? Reato di “accesso abusivo a sistema informatico”
Può accadere che, lavorando a stretto contatto con il nostro datore di lavoro, lo stesso riesca ad annotarsi la password che abbiamo inserito nel momento in cui abbiamo letto le nostre e-mail, in modo tale da poter spiare poi le nostre conversazioni private.

Ma cosa succede se ci accorgiamo che il nostro capo ha letto, senza il nostro permesso, le nostre e-mail? Esistono possibilità di tutela?

La risposta è affermativa, in quanto tale comportamento del datore di lavoro potrebbe configurare addirittura un reato e, nello specifico, il reato di “accesso abusivo a sistema informatico”, previsto dall’art. 612 ter c.p.

In particolare, l’art. 612 ter c.p., punisce con la reclusione fino a tre anni “chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo
La norma, inoltre, prevede un aumento di pena, che va da uno a cinque anni, nel caso in cui (I) il fatto sia commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato, (II) il colpevole, nel commettere il fatto abbia usato “violenza sulle cose o alle persone” o sia stato “palesemente armato” e (III) dal fatto derivi “la distruzione o il danneggiamento del sistema o l'interruzione totale o parziale del suo funzionamento, ovvero la distruzione o il danneggiamento dei dati, delle informazioni o dei programmi in esso contenuti”.

In altri termini, commette il reato di “accesso abusivo a sistema informatico” chi, senza il consenso dell’interessato, acceda ad un sistema informatico che sia protetto da password (si tratta, come noto, della “parola d’ordine” necessaria per entrare in determinati programmi o servizi web).

Non solo: commette il reato anche il soggetto cui sia stata comunicata la password ma al quale si stato detto di uscire dal sistema/programma/servizio web in un determinato momento. Se infatti, il soggetto in questione resta all’interno del sistema informatico oltre il termine concesso dall’avente diritto, il reato può dirsi ugualmente integrato.

Ebbene, proprio sull’argomento relativo all’accesso abusivo alla posta elettronica altrui, si è recentemente pronunciata la Corte di Cassazione che, con la recentissima sentenza n. 13057 del 5 maggio 2016, ha condannato per il reato sopra citato il datore di lavoro che aveva letto la posta elettronica di un proprio dipendente.

Nel caso esaminato dalla Corte, il dipendente si era accorto di questo comportamento e aveva presentato querela.

La Corte di Cassazione, ritiene di dover aderire alle argomentazioni svolte dal dipendente, non ritenendo fondate le osservazioni del datore di lavoro, il quale aveva tentato di far credere ai giudici che la posta elettronica non rappresentasse un “sistema informatico”, cui si riferisce la norma di cui all’art. 612 ter c.p.

Osserva la Corte, infatti, come non possa mettersi in discussione che anche la posta elettronica rientra nella definizione di “sistema informatico” cui si riferisce l’art. 612 ter c.p., il cui scopo fondamentale è di tutelare le “aggressioni alla propria sfera personale”.

Infatti, per “sistema informatico” non si può intendere solo il computer in sé (inteso come “macchina” e come programmi nello stesso installati) ma, certamente anche quello spazio in cui possono essere memorizzati i propri messaggi o le proprie fotografie, documenti e cosi via.

Attenzione, però, perché per potersi parlare di “accesso abusivo a sistema informatico” è necessario che l’accesso alla posta elettronica sia protetto da una password: la previsione di una password, infatti, rende evidente la volontà del soggetto titolare dell’indirizzo di posta elettronica di mantenere la propria corrispondenza informatica riservata, impedendone l’accesso a coloro che non siano in possesso dei dati di accesso.


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